Giustina o Le disgrazie della virtù.

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Giustina o Le disgrazie della virtù.

(Justine ou Les malheurs de la vertu). Romanzo del marchese de Sade (1791). Rielaborazione del racconto Gli infortuni della virtù (1788), reca nell'ultima e definitiva edizione, del 1797, il titolo La nuova Giustina o le disgrazie della virtù, seguita dalla storia di Giulietta, sua sorella o le Prosperità del vizio. L'autore vuole dimostrare che chi segue la natura (cioè il male) è alla fine felice, mentre chi vi si oppone non può che conoscere la tristezza e la miseria: da ciò la contrapposizione fra la vita felice di Giulietta e quella miserabile di Giustina, che muore colpita da un fulmine, senza aver raggiunto la pace e la tranquillità che le circostanze le avevano offerto. Questa tematica è svolta, nei dieci volumi del libro, con notevoli disuguaglianze stilistiche. Alla rara lucidità, anche formale di Sade filosofo, si contrappone infatti la monotonia e la lascività di Sade narratore.

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Marchese.

Nel Medioevo, titolo del conte la cui giurisdizione si estendeva su una marca, ovvero su un territorio di confine. ║ In epoca moderna, titolo nobiliare che si interpone tra quello di duca e quello di conte. La corona di m. è un cerchio d'oro gemmato, cordonato ai margini, cimato da quattro fioroni d'oro sostenuti da punte e alternati con dodici perle disposte tre a tre, a piramide, in quattro gruppi.

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Sade.

Nobile famiglia francese originaria di Avignone, in cui esercitò, per parecchie generazioni, le più importanti cariche municipali.

Disgrazia.

Stato di privazione della benevolenza e della simpatia di qualcuno. ║ Incidente grave, sciagura, catastrofe. ║ Sfortuna, sventura.

Virtù.

Disposizione a perseguire il bene come fine a sé stesso, fuggendo il male; abito, coscientemente acquisito, di comportarsi secondo la legge imposta dalla morale vigente: uomo di grandi v. ║ Per estens. - Di qualsiasi buona disposizione a osservare determinati doveri o a compiere determinate azioni: v. civili. ║ Qualità, pregio, dote: possedere molte v. ║ Proprietà attiva di erbe, acque, altri corpi o sostanze: un fiore con v. medicinali. ║ In v. di, per v. di: in forza di, grazie a. ║ Fare di necessità v.: adattarsi alle circostanze. ║ Ant. - Forza per cui l'individuo, in modo consapevole e perseverante, persegue il fine che si è posto, superando ogni avversità; valore, coraggio: combattere con grande v.; potenza, capacità, riferita soprattutto a singole facoltà psichiche o intellettuali: v. visiva. - Teol. - Abito operativo per cui si vive rettamente: praticare, amare la v. ║ La teologia cattolica distingue le v. secondo l'oggetto a cui sono rivolte: v. intellettuali, che perfezionano l'intelletto, e v. morali, che orientano la volontà al bene; v. naturali, acquisite con l'esercizio di atti buoni, e v. infuse, effetto della Grazia divina. Comunemente i teologi ritengono che nelle v. infuse rientrino sia le v. teologali (fede, speranza e carità), che hanno Dio per oggetto formale, sia le v. morali, che hanno per oggetto formale qualcosa di diverso da Dio. Le principali v. morali sono quelle cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. - Filos. - Il termine v., tanto in greco (aretè) quanto in latino (virtus), aveva in origine il significato di eccellenza di qualche qualità, non limitata all'agire umano. Nella concezione classica della vita la v. umana era soprattutto la forza d'animo in quanto disprezzo della morte e del dolore, non disgiunta dalla vigoria fisica, dal valore militare. Con Socrate la v. diviene oggetto di indagine filosofica e si identifica con la conoscenza. Seguendo questa impostazione, Platone fa dipendere le v. proprie dell'anima umana dal dominio della parte razionale di essa sulle parti irrazionali. Nella Repubblica le v. principali (la temperanza, la fortezza, la prudenza e la giustizia, denominate poi dal pensiero cristiano v. cardinali), sono poste alla base dell'ottimo Stato politico. Aristotele concepisce la v. come abito, inteso come disposizione stabile dell'anima, che l'uomo non possiede per natura ma che acquisisce attraverso l'esercizio. Aristotele distingue inoltre le v. dianoetiche, legate alla parte razionale dell'anima e relative alla conoscenza filosofica, dalle v. etiche, derivanti dal dominio dell'impulso sensibile secondo il criterio del "giusto mezzo" fra gli estremi. La saggezza, o prudenza, diventa l'unica v. tanto nella concezione epicurea quanto in quella stoica. Gli epicurei la intendono come calcolo razionale dei piaceri; gli stoici la contrappongono alla forza irrazionale e incontrollabile delle passioni in una prospettiva ascetica. Il Cristianesimo introduce l'idea di v. soprannaturali (abiti infusi nell'uomo da Dio), comunemente dette v. teologali, in contrapposizione a quelle puramente umane considerate dall'etica antica. Nel pensiero moderno la v. viene intesa da un lato come sacrificio di sé e dall'altro come spontaneità, impulso naturale. Kant afferma il concetto di v. come sacrificio, tensione, sforzo per conformarsi alla legge morale contrastando le inclinazioni sensibili e gli interessi individuali. La v. è pertanto la sottomissione della volontà a ciò che è comandato dall'"imperativo categorico" (forma che la legge morale assume nell'uomo e in genere in ogni ente razionale finito). Hegel e Marx, superando il livello delle "virtù private", affermano che la piena realizzazione dell'uomo è possibile nell'ordine oggettivo della società e dello Stato. La filosofia contemporanea ha posto in primo piano l'esigenza di una fondazione oggettiva della morale, spostando l'analisi dall'indagine delle v. allo studio dei fondamenti e dell'ordine dei valori. - Icon. - Dal Medioevo le sette v. sono rappresentate da figure femminili contraddistinte da specifici attributi simbolici: la bilancia e la spada per la Giustizia, uno specchio e un serpente per la Prudenza, due vasi o brocche per la Temperanza, ecc. Le raffigurazioni della lotta tra le V. e i Vizi, in cui le prime sono armate, traggono la loro origine letteraria dalla Psychomachia di Prudenzio (i rilievi del portale della cattedrale di Aulnay risalgono al XII sec., quelli di Notre-Dame a Parigi sono del XIII sec.).

Sorella.

Ciascuna delle figlie di medesimi genitori, considerata in rapporto con gli altri figli. ║ S. germana: quella nata dallo stesso padre, ma da madre diversa. ║ S. uterina: quella nata dalla stessa madre, ma da padre diverso. ║ S. adottiva: quella che trae il legame di sorellanza da un atto di adozione. ║ S. di latte: quella allattata dalla medesima balia. ║ Fig. - Sembrare s.: di due persone che si somigliano molto. ║ Fig. - Amarsi come fratello e s.: di un amore casto. ║ Per estens. - Di persona o cosa dotata di natura affine a un'altra: sono s. nel dolore. ║ Titolo attribuito alle religiose che non hanno un grado particolare o cariche speciali: s. Maria sarà presto da voi. ║ Appellativo delle infermiere della Croce Rossa. ║ Al plurale, denominazione di alcuni istituti religiosi femminili: S. dei poveri di santa Caterina da Siena.

Prosperità.

Stato dell'essere prospero; floridezza, rigoglioso sviluppo. ║ Benessere economico.

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Vìzio.

Attitudine e pratica del male. - Filos. e Teol. - Il concetto di v. è strettamente connesso a quello di virtù, costituendone la negazione. La teologia morale riconosce sette v. o peccati capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. Secondo l'etica stoica, che fa consistere il bene nel vivere conforme a natura, così come tutte le virtù sono nomi diversi di una stessa virtù fondamentale, avendo in comune i principi e identico il fine, tutti i v. vanno ricondotti a un v. fondamentale, e così come chi possiede una virtù le possiede tutte, chi possiede un v. li possiede tutti. Inoltre, secondo l'etica stoica, non esiste uno stato intermedio tra v. e virtù. Si tratta di un'interpretazione rigida che non tiene conto dell'incertezza e della labilità del confine tra v. e virtù, del filo segreto che unisce gli uni alle altre; emulazione-invidia, parsimonia avarizia, dignità-superbia, ecc. Anche l'accidia, il v. capitale che sembra privo di ogni sbocco positivo, può essere ricondotta all'apatia, nel significato filosofico di mancanza di turbamento, considerata dalla dottrina stoica uno stato di perfezione contemplativa, proprio del saggio, liberatosi dalla stoltezza delle passioni. Per gli stoici si tratta pertanto di una virtù attiva, che richiede sforzi, mentre l'accidia è essenzialmente un v. passivo e, proprio in quanto tale, considerato il peggiore e il più grave dei v. capitali, interpretabile come rifiuto di operare attivamente nel mondo e come conseguente complicità contro quanto di male al mondo c'è e viene fatto. La morale corrente, repressiva, associa spesso il v. al piacere, alla sua ricerca e soddisfazione, in nome di falsi valori morali e di una religiosità che esige il sacrificio di ogni sano appetito naturale (V. anche PECCATO). - Dir. - Difformità tra il prescritto e l'attuato. ║ V. della volontà: con riferimento alle cause di annullamento di un contratto, cause perturbatrici del processo formativo della volontà (errore, dolo e violenza) che influiscono sul soggetto in modo tale che la volontà effettivamente formatasi è diversa da quella che sarebbe stata se quelle perturbazioni non fossero intervenute. ║ V. di legittimità o di merito dell'atto amministrativo: quelli che derivano dall'inosservanza di norme o principi giuridici (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge); e quelli che si connettono alla inosservanza di criteri e di opportunità, e di convenienza di norme di equità: in complesso, all'inosservanza di norme non giuridiche e tuttavia obbligatorie per la pubblica amministrazione. ║ V. occulti della cosa venduta: v. che, se da un canto rendono la cosa non atta all'uso cui è destinata o ne diminuiscono l'uso in modo che, se il compratore li avesse conosciuti, o non l'avrebbe comprata o avrebbe offerto un prezzo minore, dall'altro non erano così manifesti al momento della vendita, da poterne, da parte del compratore, rilevare subito l'esistenza. ║ Vizio di mente: stato mentale, derivante da infermità, che esclude o diminuisce la capacità d'intendere o di volere. Vi sono compresi tutti i processi intellettivi (percezione, attenzione, memoria, giudizio, ecc.) compresi quelli della volontà. L'infermità mentale deve dipendere da uno stato patologico anche temporaneo che turbi l'equilibrio funzionale dell'organismo. Può riguardare inoltre singolarmente e l'incapacità d'intendere (demenza, idiozia, cretinismo, ecc.) e l'incapacità di volere (cleptomania, piromania, ecc.). Secondo che sia totale o parziale il v. di mente esclude o diminuisce l'imputabilità: comunque, in entrambe le ipotesi, il reo è di norma soggetto a una misura di sicurezza, quale il ricovero in manicomio giudiziario ovvero l'assegnazione a una casa di cura o di custodia. - Med. - V. valvolare cardiaco: alterazione delle valvole cardiache dovuta a cause patologiche; può essere congenita o acquisita e trova per lo più origine nella endocardite reumatica. Quest'anomalia può colpire la valvola tricuspide (quella posta tra atrio e ventricolo destro); la valvola mitrale (o bicuspide), situata tra l'atrio e il ventricolo sinistro; la valvola sigmoidea aortica che si trova all'imbocco dell'aorta; la valvola sigmoidea polmonare anch'essa posta all'inizio dell'arteria polmonare. I v. valvolari cardiaci si distinguono in organici e in funzionali: i primi sono originati da una lesione anatomica dell'apparato valvolare; i secondi sono spesso l'espressione di una mancanza di coordinazione e di forza nel lavoro delle fibre muscolari che partecipano al funzionamento delle valvole.

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