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Giuseppe d'Asburgo.

Arciduca d'Austria. Appartenente al ramo palatino d'Ungheria, ebbe una parte di primo piano nel rovesciamento della Repubblica dei Consigli (1919) e nella feroce repressione che seguì. Durante la prima guerra mondiale comandò truppe ungheresi sul fronte russo, su quello serbo e infine su quello italiano. Fu al comando della VI armata sul Piave durante l'offensiva del giugno 1918; rese omaggio al soldato italiano nel suo Diario di guerra. Il 27 ottobre dello stesso anno l'imperatore lo rimandò in Ungheria dove nel frattempo si era costituito il partito comunista, nel quale entrarono migliaia di socialisti rivoluzionari, attivisti sindacali antimilitaristi, e numerosi proletari e democratici che tornavano dalla prigionia in Russia con le idee acquisite nel vivo della rivoluzione. Tra questi era Bela Kuhn. G. rientrò nel paese proprio nel momento del trapasso dei poteri dalle mani di Karoly, che aveva dato vita a un effimero gabinetto socialdemocratico, al partito comunista guidato da Kuhn e sostenuto dalle masse popolari e proletarie. L'arciduca prestò giuramento di fedeltà al Consiglio Nazionale ungherese, cercando di far leva sugli elementi conservatori, feudali e borghesi che ancora vi facevano parte, ma si rifiutò di prestar giuramento al Governo. Anzi, mentre le armate proletarie conquistarono al Partito comunista e al Governo un ruolo nazionale respingendo fuori dalle frontiere le truppe straniere, serbe, romene e ceche, G. sollecitò Vienna a organizzare la reazione, e l'organizzò egli stesso. A Szeged, con la complicità socialdemocratica e di altri gruppi borghesi promosse spietati attacchi contro la Repubblica dei Consigli. Attuata una marcia su Budapest e rovesciato il potere popolare, fu tra i massimi responsabili del "terrore bianco". Si ebbero ferocissimi massacri, torture, diciottomila arresti, e si lanciò anche in una spietata campagna antisemitica. Furono uccisi migliaia di lavoratori, democratici, ebrei e comunisti, fra i quali i dirigenti Tibor Szamuely e Otto Korwin. G., per incarico anche dell'Intesa, assunse i pieni poteri ai quali, però, fu costretto a rinunciare il 23 agosto 1919 per imposizione degli stati vincitori della guerra ostili a una restaurazione degli Asburgo. Praticamente da allora non si occupò più attivamente di politica, per quanto talvolta il suo nome, anche nel secondo dopoguerra, sia ricorso come quello del futuro re d'Ungheria. Morì in esilio (Alcsùt, Ungheria 1872 - Rain, presso Straubing, Baviera 1962).