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Giurisdizióne.

(dal latino iuris dictio). Termine che sta ad indicare la potestà d'interpretare ed applicare la norma giuridica al caso specifico ed anche l'insieme degli organi preposti a tale attività. Per g. si può anche intendere la competenza attribuita ai diversi ordini di giudici. Il concetto di g. si sviluppò principalmente nel diritto romano, dove indicava l'azione con la quale il magistrato poneva i termini della controversia nel processo, mentre era un giudice privato che emanava la sentenza, secondo lo schema della "formula". Vi erano poi alcuni casi, in materia di adozioni e di manomissioni, in cui l'intervento del magistrato era diretto o, in materia amministrativa, in circostanze particolari disponeva di mezzi tecnici al di fuori del processo (ad esempio cautiones, interdicta). In età repubblicana il magistrato assunse la denominazione di pretore. Accanto al vecchio pretore (urbanus) nelle cause tra cittadini romani e stranieri venne istituito un nuovo pretore (peregrinus). Nell'età imperiale venne meno la distinzione tra pretore e giudice, istituendosi un nuovo tipo di processo in cui il magistrato trattava la causa direttamente (cognitio extra ordinem), in sostituzione dell'antico processo formulare. Funzioni giurisdizionali furono assunte dai governatori provinciali e dall'imperatore per i giudizi riguardanti cittadini romani. Il princeps, poi, deliberava in ultimo appello; egli delegò successivamente i propri poteri a funzionari inquadrati gerarchicamente (praefect). I regni barbarici, instauratisi dopo le invasioni, applicarono il medesimo sistema, estendendo, però, la rete della burocrazia giudiziaria. Teoricamente nessuna variazione avrebbe dovuto intervenire con l'avvento del feudalesimo in quanto l'imperatore manteneva le funzioni di giudice supremo, ma di fatto il signore del singolo feudo assumeva il potere di giudicare i propri feudatari. Anche in epoca comunale il potere dell'imperatore subì delle limitazioni a causa dell'alto grado di autonomia dei comuni: il fenomeno divenne anche più esteso e accentuato col sorgere dei principati e delle monarchie europee. Si determinò pertanto una profonda crisi nel sistema giurisdizionale, dovuta anche all'instabilità di magistrati e allo strapotere delle classi nobili che monopolizzavano le cariche. La Rivoluzione francese permise di rifondare tutto il sistema in base alla teoria della divisione dei poteri (legislativo, giudiziario ed esecutivo), teoria che è tuttora il fondamento del moderno Stato costituzionale. Attualmente la g. si suddivide in tre settori: la g. civile, il cui compito consiste nel dirimere le controversie sorte tra i soggetti di diritto, la g. penale, che attua la funzione punitiva dello Stato mediante l'applicazione coattiva delle sanzioni penali, la g. amministrativa, che giudica gli atti amministrativi contrari agli interessi dei singoli soggetti, annullando i provvedimenti illegittimi o inopportuni nei casi in cui tale attività non è di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria. La g. civile si divide a sua volta in g. ordinaria (conferita ai giudici dall'autorità giudiziaria ordinaria) e g. speciale (attribuita a giudici diversi). È inoltre da ricordare la g. volontaria, con la quale gli organi giudiziari integrano, assistono e controllano gli atti delle persone fisiche e giuridiche nell'interesse dei soggetti stessi o dello Stato. Elemento differenziante tra la g. amministrativa e quella ordinaria è la natura della lesione sulla quale viene dato il giudizio, lesione dei diritti soggettivi nell'ordinaria, lesione d'interessi legittimi nella competenza dell'amministrativa. Quest'ultima suole essere distinta in: g. amministrativa di legittimità attribuita generalmente al Consiglio di Stato, con la quale si annulla l'atto non conforme alla legge; g. amministrativa di merito, di competenza del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa, a mezzo della quale il giudice esamina l'utilità, la convenienza e l'equità dell'atto, avendo potere di modificarlo o annullarlo; g. amministrativa esclusiva, attribuita al Consiglio di Stato, alla Giunta provinciale amministrativa e, in alcuni casi, alla Corte dei conti, per materie tassativamente indicate, escluse le cause spettanti alle altre autorità. Indipendente è la g. militare, spettante a tribunali territoriali istituiti presso i comandi militari: giudice ultimo è il tribunale supremo di Roma. Perché si possa essere deferiti a tale tribunale sono necessari due requisiti: uno di carattere oggettivo, cioè che i reati siano di competenza del codice militare, l'altro di carattere soggettivo, cioè che non si sia stati ancora congedati definitivamente. In campo internazionale la g. è basata sul principio della territorialità, la g. statale vige esclusivamente all'interno del singolo territorio. I rapporti interstatali sono regolati da trattati e da consuetudini, che pongono precisi limiti all'autorità degli stipulanti. Da considerarsi a parte è la g. ecclesiastica che fa capo ad un ordinamento, quello canonico, separato da quello statale e a base teocratica e assolutistica. Essa ha per fine dichiarato la salute delle anime. Questa potestà riunisce in sé i tre poteri tradizionali (legislativo, esecutivo, giudiziario): la Chiesa rivendica a sé la risoluzione di determinati problemi giuridici, mentre in alcuni casi ammette la concorrenza statale e in altri si rimette completamente all'autorità dello Stato. Il trattato Lateranense e il Concordato non riconoscono la g. ecclesiastica - la dottrina prevalente (Falco, Jemolo) è dell'avviso di escludere ogni riconoscimento statuale in suo favore - ma è diffusa l'opinione che tende a considerare la g. in questione alla stregua di quella degli altri Stati.