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Giuraménto.

Affermazione di verità (g. assertorio) o promessa solenne (g. promissorio) effettuata sotto la testimonianza della divinità. Dato il carattere delicato della promessa il g. promissorio non può essere emesso da minorenni o atei. In caso di spergiuro varie sono le sanzioni, che vanno da quelle religiose (nel g. promissorio) a quelle giuridiche (nel g. assertorio). Gli appartenenti alle varie religioni giurano sui testi sacri: i cristiani sul Vangelo, gli ebrei sul Pentateuco, i musulmani sul Corano. Nelle legislazioni primitive il g. serviva a convalidare atti e negozi giuridici, poiché religione e diritto non erano nettamente contrapposti, ma spesso si compenetravano a vicenda (civiltà egiziana, babilonese, ebraica). Nelle polis greche era imposto ai cittadini per garantire il rispetto della legge e delle istituzioni. In materia processuale il g. costituiva la soluzione di ogni lite. Tale carattere venne mantenuto nel diritto romano (iusiurandum); in campo processuale si distinsero: il g. volontario, che non richiedeva la presenza del magistrato ed era deferito dall'attore al convenuto e viceversa, su ogni oggetto della controversia; il g. necessario: con la mancata prestazione da parte del convenuto si considerava fondata la pretesa dell'attore; il g. promissorio e confirmatorio, per costituire e confermare le obbligazioni; il g. estimatorio, per la valutazione dell'entità della lite riguardo alla condanna. Il Medioevo vede la vasta diffusione di questa formula sacramentale punto di incontro della spiritualità cristiana e del lealismo germanico; Franchi e Longobardi lo applicarono in materia penale e civile. Il diritto comune si rifà al diritto romano, mentre il g. confirmatorio trova seguito nel diritto canonico. L'illuminismo giuridico del XVIII sec., imbevuto di antistoricismo e di ricerca razionale della verità, limita l'applicazione di questo istituto a casi particolari. Negli ordinamenti attuali ha valore di prova solo qualora siano stati esperiti negativamente tutti gli altri mezzi processuali. Il g. civile come mezzo di prova costituenda è di due specie: g. decisorio, deferito da una parte all'altra per farne dipendere la soluzione della causa; g. suppletorio, è quello deferito dal giudice a una delle due parti per decidere la causa; quando la domanda o le eccezioni non siano pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova; ovvero quello che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti, come nel caso di cosa smarrita (g. estimatorio). Riguardo all'efficacia, qualora una parte abbia prestato g., l'altra non è ammessa a provare il contrario, né a far revocare la sentenza per g. falso: può tuttavia richiedere il risarcimento dei danni in caso di condanna penale per falso g. Riguardo all'oggetto non può essere deferito per i diritti indisponibili, né sopra un fatto illecito, o sopra un contratto, che richiederebbe forma scritta, né contro atti sottoscritti da pubblici ufficiali. La parte a cui viene deferito il g. può riferirlo all'altra, purché i fatti siano comuni. Nel processo penale il g. conserva il carattere solenne originario essendo obbligatorio per testimoni, periti, interpreti, come attestazione di dire la verità, tale funzione può essere richiesta nel processo civile. Chi presta g. deve restare in piedi a capo scoperto davanti all'autorità che lo richiede, deve rispondere "lo giuro" dopo aver ascoltato la formula prevista. Il falso g. della parte è punito fino ad un massimo di tre anni; per i testimoni e i periti il reato è di testimonianza e perizia infedele. Il g. con formula speciale deve essere prestato dai funzionari statali, che si impegnano a seguire i principi fondamentali dell'ordinamento; dai componenti della Camera e del Senato all'atto dell'assunzione della carica, dai soldati di truppa, sottufficiali e ufficiali.