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Giullare.

Nel Medioevo, colui che esercitava la professione di divertire il pubblico delle diverse classi sociali nelle piazze o nelle corti. I g., in più dei buffoni, esercitavano la poesia, il canto e la musica. La tradizione dei g. si ricollega all'età classica e si prolunga fino al Rinascimento. Per tutto questo tempo l'attività dei g. fu intensa in Spagna, Portogallo, Inghilterra, Francia, Provenza, Italia. Per divertire il pubblico i g. cantavano, suonavano, danzavano, recitavano monologhi drammatici, spesso anche travestendosi e mascherandosi e agivano come saltimbanchi. Erano immancabili nelle feste, nelle fiere, nei pellegrinaggi e nelle nozze. Per il popolo cantavano sulla pubblica piazza o all'angolo della via canzoni di gesta, favole e canzoni amorose e scherzose. Altri invece frequentavano le corti; alcuni passavano vagando da una corte all'altra: altri rimanevano fissi presso lo stesso signore. In Italia si esibivano g. bretoni, normanni, francesi e provenzali, mentre in Spagna si trovavano g. italiani. L'importanza dell'attività poetico-musicale dei g., nella storia della letteratura italiana dei primi secoli, è piuttosto notevole. Per quanto riguarda l'Italia, il repertorio dei g. si ricava dal Sirventese del maestro di tutte le arti, di Ruggero Apuliese di Siena (XIII sec.) e dal più tardo Cantare dei cantari; per la Provenza dai cosiddetti Insegnamenti pe' giullari di Giraut Cabreira e di altri: per la Francia dai Deux bordeors ribauts. Una certa importanza riveste l'attività dei g. anche nel campo drammatico, in quanto si deve ad essi il prolungarsi, durante tutto il Medioevo, della tradizione dei mimi e istrioni; molte produzioni poetiche dei primi secoli (Ritmo cassinese; Lamento della sposa padovana; Canzone del Castra, ecc.) vengono generalmente interpretate come monologhi recitati e rappresentati dai g.