Teologo eretico. Protagonista delle prime controversie sul monachesimo in
Occidente. Per i suoi scritti contro l'ascetismo cristiano, da lui stesso
praticato in precedenza, venne condannato da papa Siricio nel 390 circa: fuggito
da Roma, si stabilì a Milano, dove, peraltro, ebbe confermata la condanna
da S. Ambrogio. In uno scritto di S. Girolamo,
Adversus Iovinianum,
databile tra il 392 e il 395, sono esposte ed aspramente criticate le dottrine
di
G.: in risposta ad esso il monaco scrisse, in difesa delle proprie
posizioni, una serie di "commentarioli".
G. non ammetteva differenze tra
i diversi gradi di virtù, né considerava un merito la
castità, sostenendo che, per i battezzati, sottratti in tal modo al
potere del demonio, era impossibile il peccato: tutto era pertanto lecito,
purché si fosse sostenuti dalla fede e dalla preghiera. Non sappiamo
però fino a che punto l'esposizione della dottrina di
G. fornitaci
da S. Girolamo fosse fedele. A Roma il monaco ebbe un discreto numero di
seguaci, i cosiddetti giovinianisti (IV sec.).