Poeta satirico latino. A Roma studiò retorica ed esercitò
l'eloquenza sotto Domiziano, Nerva e Traiano. Esiliato da Roma nel 120 circa, vi
fu richiamato non dopo il 130. Compose 16 satire, divise in cinque libri: il
secondo è costituito dalla sola lunga satira VI, contro le donne.
L'operosità poetica di
G. resta compresa in circa 40 anni; le
satire non poterono essere pubblicate finché visse Domiziano, cioè
fino al 96. Nelle satire si riflette soprattutto la vita di Roma della sua
giovinezza, quella dei tempi di Domiziano. L'avversione di
G. a ogni
forma di tirannia e ingiustizia lo porta a rivolgere la sua satira soprattutto
contro gli aristocratici e i ricchi, contro i liberti saliti in potenza e contro
tutti gli stranieri in genere, specialmente contro i Greci e gli Orientali. I
caratteri della satira di
G. sono la violenza, l'invettiva e la
declamazione. Egli dice di aver preso a modello Lucilio, ma in lui c'è
esuberanza d'immaginazione, calore di sentimento, passione traboccante. Oltre
Lucilio, anche Virgilio, Orazio e Marziale, suo contemporaneo e amico,
esercitarono notevole influsso sull'arte di
G. La lingua è ricca
d'immagini, con un certo colorito arcaico, con largo uso di grecismi e di
citazioni greche. Nello stile vi è contrasto fra la ridondanza delle
amplificazioni e digressioni e la concisione nelle frasi e nei costrutti, talora
a scapito della limpidezza (Aquino 55 d.C. - 135 circa).