Patriarca di Costantinopoli. Discepolo del retore Libanio e del filosofo
Andragazio, la sua formazione teologica fu curata da Diodoro di Tarso. Fu
ordinato diacono nel 381 dal vescovo di Antiochia, Melezio, e presbitero da
Flavio nel 386. Alla morte di Nettario (397), l'imperatore Arcadio lo fece
nominare vescovo di Costantinopoli da Teofilo. Riformatore dei costumi, la sua
condanna dei vescovi simoniaci e la sua intercessione per i monaci origenisti
cacciati dal patriarca d'Alessandria Teofilo gli guadagnarono il favore del
popolo e l'ostilità di parte dei nobili e del clero. Sul malcontento di
questi ultimi fece leva Teofilo, appoggiato dall'imperatrice Eudossia. Sbarcato
a Costantinopoli nel 403, Teofilo fece deporre Giovanni dal sinodo di vescovi
denominato in seguito "Sinodo della Quercia" (dal nome di una villa imperiale
presso Calcedonia in Bitinia). Esiliato in Bitinia, richiamato in patria dalla
volontà popolare, nel 404 fu nuovamente deposto ed esiliato da un
concilio organizzato da Eudossia e, da lontano, diretto da Teofilo, preoccupato
della crescente autorità del vescovo bizantino. Relegato a Cucuso
nell'Armenia (404), morì presso Cumana durante il viaggio di
trasferimento da Cucuso a Pitiunte nel Ponto, suo ultimo esilio. È
considerato uno dei maggiori teologi moralisti della Chiesa antica.
Lasciò una ricca produzione letteraria della quale ricordiamo: tre libri
Contro gli avversari della vita monastica, sei dialoghi
Sul
sacerdozio, numerose opere ascetiche, omelie, discorsi e una copiosa
corrispondenza (Antiochia 345 - Comana, Ponto 407).