Pubblicazione quotidiana a stampa, in cui sono riportati e commentati notizie e
avvenimenti politici, economici, sportivi di interesse pubblico. ║ Per
estens. - Il termine indica anche periodici, soprattutto settimanali. ║
Altri strumenti pubblicistici, come radio, televisione, cinema, hanno adottato
il termine
g. per indicare il tipo di informazione quotidiana che offrono
al pubblico:
g. radio,
telegiornale,
cinegiornale, ecc.
║
G. murale: periodico destinato all'affissione sui muri o su un
apposito tabellone, di norma a sfondo politico o sindacale. ║ Quaderno su
cui si prende nota, con scansione giornaliera, dei fatti più importanti
che accadono; diario. • St. - L'esigenza di disporre di mezzi di
informazione pubblica fu avvertita fin dall'età più antica.
Precursori dei moderni
g. possono essere considerati i romani
Acta
diurna o
Acta populi, piccoli manifesti scritti a mano, affissi nei
luoghi più frequentati, istituiti ufficialmente da Giulio Cesare (59
a.C.). Precursori del
g. furono anche le cronache e i notiziari diffusi
in età medievale e rinascimentale su fogli di carta, dapprima scritti a
mano, poi stampati, che via via assunsero il nome di
avviso, novella,
gazzetta. Assai più recente è la nascita del
g. vero e
proprio, denominato inizialmente gazzetta. I primi
g. moderni apparvero,
infatti, all'inizio del Seicento, circa un secolo e mezzo dopo l'invenzione
della stampa. Si trattò inizialmente di bollettini d'informazione,
dapprima occasionali poi periodici, il cui testo consisteva in una serie di
notizie, ricavate da varie fonti ed elencate una di seguito all'altra. In questa
fase iniziale, la stampa dei
g. non si distingueva molto da quella dei
libri, di cui ricalcava il formato e l'impaginazione. Il tipografo era spesso
anche l'editore e il direttore del
g. In concorrenza con i tipografi
furono, all'inizio, i maestri di posta che reclamavano presso le autorità
il "privilegio" di raccogliere notizie e di distribuirle. Le loro richieste
vennero in buona parte accolte ed essi riuscirono ad assumere una posizione di
preminenza; molti
g. ebbero come vignetta tipica un postiglione o un
corno di postiglione e, nel XVII sec., la denominazione
Post Zeitung
(Corriere) tradotta nelle varie lingue divenne uno dei titoli più
frequenti dei
g. di tutta Europa. Allorché il foglio divenne
periodico, di norma con periodicità settimanale (settimanale era anche il
servizio dei corrieri che portavano le notizie), furono dapprima i maestri di
posta e poi i librai che presero l'iniziativa di pubblicare i
g. in
concorrenza tra di loro. Quando i detentori del potere si resero conto del
valore politico che il
g. aveva come organo di informazione, si
cercò di utilizzare quei fogli per fini particolari, non più
esclusivamente economici. Cominciò allora a delinearsi la figura del
redattore, distinta da quella dello stampatore e del libraio-editore, mentre il
potere costituito riservava a sé il diritto di concedere o meno la
facoltà di stampare un periodico. Tra i primi
g. o gazzette
figurano la "Nieuwe Tydingen", nata in Olanda all'inizio del Seicento per
iniziativa di Abraham Verhoeven; l'"Aviso-Relation oder Zeitung", che
iniziò le pubblicazioni ad Augusta (Germania) nel 1609, su iniziativa di
Johann Carolus, con una periodicità settimanale; la "Ordinäre
Wochenzeitung", uscita nel 1610 a Basilea (Svizzera) con una periodicità
settimanale; la "Frankfurter Zeitung", uscita a Francoforte nel 1615. Il primo
g. inglese apparve nel 1626 con il titolo "The Weekly News". Solo cinque
anni più tardi cominciò la pubblicazione a Parigi della "Gazette",
un settimanale di informazioni diretto dal medico Théophraste Renaudot
che aveva ottenuto un apposito privilegio da Luigi XII. Renaudot, per primo,
mise a disposizione le pagine del
g. per iniziative di pubblicità
commerciale. Tra il 1630 e il 1640 apparvero anche le prime gazzette italiane,
dapprima a Venezia, poi a Firenze e Roma. Uno dei primi periodici italiani fu
"Successi del mondo", che iniziò le pubblicazioni a Torino nel gennaio
1645 sotto la direzione del sacerdote Antonio Socini; la periodicità era
bisettimanale e la tiratura di poche centinaia di copie; il suo formato era
analogo a quello di un libro, stampato su una sola colonna, con le notizie che
si susseguivano senza titolo su quattro pagine. Nel 1660 nacque a Lipsia il
primo quotidiano, la "Leipziger Zeitung", ma oltre alla diversa
periodicità, non si distingueva sostanzialmente dalle gazzette
tradizionali. Solo più tardi, con l'avvento di concezioni liberali e
l'affermazione della libertà d'opinione, si ebbe lo sviluppo di una
pubblicistica vera e propria. Nel corso del Settecento si ebbe una ricca
fioritura di settimanali e sorsero i primi veri quotidiani, inizialmente in
Inghilterra, poi in Germania, Francia e Italia. Il primo quotidiano inglese, il
"Daily Courant", fu fondato a Londra nel 1702. Nel 1754 uscì il "Daily
Advertiser", che presentava la pagina suddivisa in quattro colonne, diventando
il modello della grande maggioranza dei
g. inglesi sino al 1808, quando
il "Times" di Londra apparve per la prima volta stampato su cinque colonne.
Fondato nel 1785 da John Walter, con il nome di "Daily Universal Register", tre
anni dopo assunse il definitivo nome di "Times", diventando presto il quotidiano
di maggior prestigio internazionale, all'avanguardia sia per l'elaborazione che
per l'impiego di mezzi tecnici sempre più perfezionati. Nel 1777 nacque
il primo quotidiano francese, il "Journal de Paris", e più o meno allo
stesso periodo risale la nascita di vari quotidiani stampati negli altri Paesi
dell'Europa continentale, Italia compresa. Sia per i contenuti che per la forma
i primi quotidiani non si distinsero dalle precedenti gazzette e
l'editore-stampatore continuò ad occupare una posizione di preminenza.
Solo dopo la Rivoluzione francese, con l'affermarsi della cosiddetta stampa di
opinione, in cui la personalità del giornalista acquistava un'importanza
prevalente, si assistette a una sostanziale modifica: la notizia venne
arricchita da commenti e la figura del redattore o direttore del
g.
assunse una posizione di primo piano, mentre l'editore o finanziatore passava in
secondo piano. Tra i
g. che ebbero particolare importanza durante la
Rivoluzione francese (nel giro di tre anni, 1789-92, furono fondati in Francia
oltre 1.400
g. politici, contro i 14 precedenti) si ricordano l'"Ami du
Peuple" di Marat che, successivamente, fondò e diresse il "Journal de la
République française"; il "Défenseur de la Constitution" di
Robespierre; "Le Tribun du peuple" di Babeuf; "Les Révolutions de Paris"
di Proudhon. Anche in Italia, con la libertà di stampa concessa dalla
Repubblica Cisalpina, si ebbe una ricca fioritura di
g. Il ripristino
della censura sotto Napoleone limitò notevolmente le iniziative
pubblicistiche, che subirono un ulteriore giro di vite con la Restaurazione.
Verso la metà del XIX sec., con l'evolvere in senso liberale della
situazione socio-politica e con il diffondersi dell'istruzione e l'accesso alla
politica di strati sempre più vasti di popolazione, crebbe anche
l'esigenza di un'informazione rapida e vasta, per soddisfare la quale si rese
necessaria una progressiva trasformazione degli strumenti tecnici di cui il
giornalismo si serviva. Durante il XIX sec. si ebbero importanti sviluppi
tecnici riguardanti, in primo luogo, le presse da stampa che non erano
sostanzialmente modificate dai tempi di Gutenberg e che davano la
possibilità di tirare 250-300 fogli all'ora. Il primo
g. a essere
stampato per mezzo di un apparecchio meccanico fu, nel 1814, il "Times" di
Londra. La prima pressa meccanica consentiva di stampare oltre 1.000 fogli
all'ora e, perciò, di accelerare la diffusione delle notizie e di
diffondere il
g. in un maggior numero di copie. Un ulteriore progresso si
ebbe nella seconda metà del secolo, soprattutto grazie alla scoperta del
telegrafo di Morse (1844) e alla nascita della rotativa (1846) che portò,
nei decenni successivi, all'adozione di macchine capaci di stampare un sempre
maggior numero di copie all'ora. Se ciò, da un lato, consentì una
diffusione di massa del
g. nel XIX sec., comportò anche l'esigenza
di un'attrezzatura che, per il suo esercizio, necessitava di ingenti capitali.
Inoltre, parallelamente ai perfezionamenti tecnici, si assisteva allo sviluppo
di altri settori, tra cui quello riguardante la distribuzione, data la
necessità di fare arrivare il
g. il più presto possibile
nelle mani del lettore. Un altro fattore di fondamentale importanza venutosi a
creare dal momento in cui il
g. diventò un consumo di massa, era
quello del suo prezzo di vendita, tenuto al di sotto dei costi di produzione.
Ciò fu reso possibile dall'apporto della pubblicità, dalla quale
molti
g. iniziarono a trarre i ricavi maggiori. Ne conseguì un
nuovo tipo di condizionamento esterno, dovuto sia al fatto che per ottenere
molta pubblicità era necessario avere un'alta tiratura e, quindi,
adeguare il
g. alla mentalità del maggior numero possibile di
lettori, sia al fatto che la pubblicità rappresentava spesso una forma di
finanziamento occulto, e quindi di controllo, da parte di potenti gruppi di
potere economico, per cui la libertà di stampa tendeva a diventare
puramente formale. Diverso fu il caso dei Paesi socialisti in cui, nella
gestione dei
g., il profitto economico non ricopriva grande importanza e
il giornalismo veniva considerato un servizio di pubblica utilità. L'art.
125 della Costituzione dell'Unione Sovietica affermava la funzione sociale della
stampa, cui era affidato il compito di "consolidare il regime socialista",
subordinando a questo compito e "agli interessi dei lavoratori" la
libertà di stampa, che pure veniva affermata unitamente alla
libertà di parola. Il fatto che la stampa quotidiana e periodica
rappresenti un servizio di pubblico interesse venne riconosciuto anche nei Paesi
non socialisti, data la sua innegabile funzione di orientamento dell'opinione
pubblica. Ciò comportava e comporta tuttora che, pur essendo in genere di
proprietà privata, la stampa, soprattutto quella quotidiana, goda di
privilegi e di varie agevolazioni fiscali e tariffarie (per i trasporti, la
carta, le tariffe telefoniche, ecc.). ║
La stampa quotidiana in
Italia: il
g. più antico tuttora pubblicato in Italia è
la "Gazzetta di Parma", nato come settimanale nel 1735 e trasformato
successivamente in trisettimanale, poi in quotidiano. Il primo quotidiano
pubblicato in Italia apparve a Venezia nel 1765 con il titolo: "Diario Veneto";
ebbe pochi mesi di vita, come anche i successivi tentativi, sempre a Venezia, di
pubblicazione del "Giornale Veneto" e del "Novellista Veneto". Assai più
lunga fu la vita della "Gazzetta di Venezia", fondata nel 1787, divenuta
quotidiano due anni dopo, che cessò le pubblicazioni solo nel 1945. La
nascita di gran parte dei grandi quotidiani italiani, tuttora in vita, risale
agli ultimi decenni del XIX sec., fatta eccezione per "La Stampa" di Torino nata
nel 1797 come "Gazzetta Piemontese", con una periodicità settimanale,
divenuta
g. quotidiano, con l'attuale nome, nel 1867. Nel 1859 venne
fondata a Firenze "La Nazione"; nel 1876 nacque "Il Corriere della Sera" di
Milano; nel 1878 "Il Messaggero" di Roma; nel 1881 "Il Piccolo di Trieste"; nel
1885 "Il Resto del Carlino" di Bologna; nel 1886 "Il Secolo XIX" di Genova; nel
1887 "Il Gazzettino" di Venezia; nel 1892 "Il Mattino" di Napoli; nel 1896 il
quotidiano socialista "Avanti!" Nel 1885 si pubblicavano in Italia (che allora
contava meno di trenta milioni di abitanti, in gran parte analfabeti) ben 141
quotidiani, in massima parte concentrati nelle regioni centro-settentrionali.
Durante il periodo fascista, in seguito alla soppressione della stampa dei
g. d'opposizione, il numero delle testate si ridusse considerevolmente
(nel 1939 si stampavano in Italia 66 quotidiani). Una nuova fioritura si ebbe
nell'immediato dopoguerra: nel 1945 si pubblicavano 130 quotidiani con una
tiratura complessiva di poco superiore ai cinque milioni di copie. Immutato
rimaneva lo squilibrio tra regioni centro-settentrionali e meridionali. Nel 1961
il numero delle testate scese a 93 e nel 1970 a 78, a causa della scomparsa di
quotidiani medi e piccoli. Nonostante il consistente aumento della popolazione e
l'allargamento dell'istruzione, la tiratura rimase pressoché stazionaria.
Nella classificazione dei
g. italiani vengono indicati come
piccoli quelli che hanno una tiratura inferiore alle 50.000 copie, come
medi quelli la cui tiratura si pone tra le 50.000 e le 100.000 copie,
come
grandi quelli con una tiratura superiore alle 100.000 copie. In
Italia ai primi posti, per numero di copie, si collocano i seguenti quotidiani:
"Il Corriere della Sera" di Milano, la "Repubblica" di Roma, "La Stampa" di
Torino, "L'Unità", "Il Giorno" di Milano, "Il Messaggero" di Roma, "Il
Resto del Carlino" di Bologna, "La Nazione" di Firenze e "Il Tempo" di Roma. Tra
i
g. a più alta tiratura figurano anche vari quotidiani sportivi.
║
Settimanali illustrati d'attualità: il primo periodico
illustrato, in senso moderno, a uscire in Italia fu "La Tribuna Illustrata",
apparsa nel 1890 come supplemento settimanale al quotidiano romano "La Tribuna".
Esso si proponeva di fornire una lettura elegante, facile, senza pedanterie,
trattando temi diversi con lo scopo di "divertire non volgarmente". La tematica
del
g. escludeva la politica; la sua formula era pertanto quella
dell'evasione della famiglia media, che non intendeva scuotere dal suo
conformismo. Non molto diversa era la formula della "Domenica del Corriere",
fondata a Milano nel 1899 quale supplemento settimanale del "Corriere della
Sera". Assai più recente, rispetto a questi due primi esempi, è la
nascita del moderno settimanale, il cosiddetto
rotocalco, il cui sviluppo
si è avuto nel secondo dopoguerra. Nell'aprile del 1937 uscì,
edito da Rizzoli e diretto da Leo Longanesi, il primo numero del settimanale
"Omnibus", il capostipite dei settimanali illustrati apparsi una decina di anni
più tardi. Nel 1939 "Omnibus" venne soppresso per ordine ministeriale e,
nel giugno dello stesso anno, fu pubblicato il primo numero di "Oggi", anch'esso
edito da Rizzoli e diretto da Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti. Per quanto
politicamente più accorto di "Omnibus", non lo fu abbastanza da evitare
di incorrere anch'esso nelle maglie del regime fascista che ne ordinò la
soppressione nel 1942. Al 1939 risale anche la fondazione del settimanale
"Tempo", diretto da Alberto Mondadori, che cessò anch'esso le
pubblicazioni nel 1942. Nel 1945, per iniziativa dell'editore Mazzocchi,
uscì l'"Europeo", sotto la direzione di Arrigo Benedetti, che presentava
come novità un'impostazione di tipo americano, sia per quanto riguardava
la redazione degli articoli, sia per il grande formato. Nel 1946 uscì a
Roma il primo numero de "Il Mondo", diretto da M. Pannunzio, portavoce della
sinistra liberale. Nel 1954 fu fondato "L'Espresso", anch'esso diretto per
alcuni anni da A. Benedetti. Gli anni dell'immediato dopoguerra videro la
nascita e la morte di varie testate, ma all'inizio degli anni Cinquanta si
giunse a una relativa stabilità e a una strutturazione dei settimanali in
tipi distinti: politici, di attualità, varietà e politica,
femminili, per i giovani, di argomento vario (spettacolo, radio-TV, enigmistica,
umoristici, ecc.), con una tiratura complessiva di circa 20 milioni di copie,
ossia circa quattro volte superiore a quella dei quotidiani. Particolare
rilievo, sia come numero di testate che come tiratura, è andata assumendo
la stampa di riviste femminili che, dopo un periodo di crisi agli inizi degli
anni Settanta, ha trovato il modo di aggiornarsi e rinnovarsi nella struttura e
nei contenuti. Un altro filone economicamente consistente sviluppatosi nel corso
degli anni Sessanta è quello della stampa erotica, rivolta a un pubblico
prevalentemente maschile. • Tipogr. ed Edit. - Nel corso della sua storia,
il
g. ha subito cambiamenti di notevole importanza, non solo nei
contenuti, ma anche nella sua presentazione esterna, ossia nella veste grafica e
tipografica. Le caratteristiche esterne del
g. sono, anzi,
sostanzialmente legate alla sua funzione e ai suoi contenuti, per cui
l'importanza dei cambiamenti esterni ha inciso direttamente sulla funzione
stessa del
g. quale strumento pubblicistico, tendente a fornire notizie,
informazioni, commenti, pubblicità. La forma esterna dei primi fogli a
stampa non si distingueva molto da quella dei libri, con cui avevano in comune
il formato e l'impaginazione. Infatti, pur trattandosi in genere di
g.
formati di sole quattro pagine, la prima di esse era occupata interamente dal
titolo e il suo retro era bianco. Pertanto, il testo, per il quale venivano
usati gli stessi caratteri dei libri, cominciava di solito dalla terza pagina ed
era spesso illustrato con incisioni in legno o con una vignetta posta a fine
pagina; esso era stampato senza alcuna divisione di colonne, oppure su due
colonne. Una decisa evoluzione si ebbe nel corso del Settecento, con
l'affermarsi del settimanale e la nascita dei primi quotidiani. Nella stessa
forma esterna il
g. tese a differenziarsi sempre più dal libro. Il
formato diventò più grande, il testo fu stampato su due o
più colonne, mentre si utilizzò un corpo tipografico più
piccolo. La stampa, soprattutto quotidiana, ebbe un incremento ancora maggiore
nel corso dell'Ottocento; i
g. cominciarono ad acquistare caratteri
esterni meglio definiti: il formato si ingrandì, aumentò il numero
delle colonne, i caratteri di stampa si perfezionarono, diventando più
chiari e più nitidi. La migliore utilizzazione dello spazio era dovuta
anche a motivi economici: dato il prezzo ancora relativamente alto della carta e
la necessità di tenere il prezzo il più basso possibile per
aumentare la diffusione, si iniziò a usare caratteri più piccoli
su fogli di dimensioni maggiori. Un'altra ragione della tendenza ad ampliare il
formato del
g. va ricercata nel fatto che, in alcuni Paesi, come per
esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, le tariffe postali venivano
applicate sulla base del numero delle pagine, anziché sul peso;
ciò indusse gli editori a contenere il numero delle pagine, aumentandone
il formato, per usufruire di una più bassa tariffa postale. Fu questo il
motivo principale del grande formato (sino a 88x127 cm) dei
g. americani
dell'Ottocento. Successivamente, pur essendo venute meno le ragioni iniziali, il
formato rimase grande per necessità tecniche. Verso la metà
dell'Ottocento, il
g. cominciò ad assumere le caratteristiche di
un prodotto di massa; il suo prezzo venne notevolmente ridotto, grazie anche
all'apporto della pubblicità che cominciò a diventare uno dei
fattori principali della struttura economica dell'impresa giornalistica, tanto
da consentire di vendere la merce-
g. a un prezzo sensibilmente inferiore
al suo costo di fabbricazione. I miglioramenti tecnici nei processi di stampa,
il ribasso dei costi della carta, la possibilità di riprodurre immagini
sempre più perfette e attraenti sono tra i fattori che hanno maggiormente
contribuito ad accrescere l'attrazione del
g. sul pubblico. Il
g.
quotidiano si presenta oggi con un formato relativamente grande (gli attuali
quotidiani italiani hanno un formato di 42-44 cm di base per 58-59,5 cm di
altezza), rispetto a quello della stampa periodica. Viene utilizzata una carta
di qualità relativamente scadente, ma compatibile con una buona
presentazione grafica, basata quasi esclusivamente sul bianco e nero. Vengono
applicati vari accorgimenti grafici per attrarre l'attenzione del lettore:
titoli e sottotitoli; impiego di immagini fotografiche; uso di diversi caratteri
di stampa; disposizione delle colonne. Questo complesso di elementi forma
l'
impaginazione del g. Le misure del
g. non sono standardizzate
né per quanto riguarda il formato, né per quanto riguarda la
suddivisione della pagina in colonne. La suddivisione delle colonne va dalle
nove-otto alle sei colonne nei quotidiani italiani che, per il testo, presentano
un formato relativamente uniforme. Il numero delle colonne è però
a volte inferiore e può arrivare sino alle tre per alcuni
g. che
si stampano all'estero e che presentano un formato assai più piccolo
(circa la metà) di quello normale: si tratta del cosiddetto formato
tabloid, sperimentato in Italia per qualche tempo, nel corso del 1968,
dal quotidiano "Il Giorno" e ripreso in seguito dall'"Occhio", "Stampa Sera" e
altri. Per quanto riguarda la prima pagina, si distinguono due tipi
d'impaginazione: simmetrica e asimmetrica. La prima consiste nell'equilibrare
simmetricamente la pagina in modo che la parte destra e quella sinistra, divise
nel mezzo da una fotografia su due colonne, si equivalgano, anche per quanto
riguarda il rilievo dei titoli. Un altro tipo di impaginazione simmetrica
consiste nel dividere la pagina in quattro settori. L'impaginazione asimmetrica
può assumere invece diverse forme, rompendo la monotonia della pagina.
L'intera impaginazione di un
g. può in ogni caso ispirarsi a
diversi criteri; essa riveste una grande importanza, non solo sotto l'aspetto
tecnico, ma anche dal punto di vista dell'informazione. Per mezzo
dell'impaginazione, della grandezza del titolo, della collocazione, si
può infatti dare maggiore o minore rilievo a una notizia, rispetto a
un'altra, e stimolare la curiosità del lettore, soprattutto quando essa
venga collocata in prima pagina con un grande titolo, così da indurre un
numero maggiore di persone all'acquisto del
g. L'importanza attribuita a
una notizia è, pertanto, sottolineata anche graficamente per mezzo dei
titoli, dall'uso di caratteri diversi, dalla sua posizione e dalla sua
collocazione in una determinata pagina del
g. In genere, il materiale di
un
g. viene raggruppato per argomenti e destinato a pagine fisse:
politica interna, politica estera, cronaca, economia e finanza, cronaca locale,
cultura, notizie sportive, ecc. Una caratteristica che tuttora contraddistingue
i quotidiani italiani, tranne alcune eccezioni, è la
terza pagina,
riservata alla cultura, che contiene brevi racconti, articoli di critica, di
costume, ecc. Un altro importante problema grafico è quello
dell'inserimento della pubblicità, in genere esclusa dalle prime pagine e
condensata nelle ultime. Una distinzione molto importante è quella tra
g. d'opinione (ad esempio, portavoce di partito) e
g.
d'informazione. Tale distinzione, valida sul piano teorico, è in gran
parte smentita dalla realtà, dato che in pratica non esistono
g.
di pura informazione: la stessa scelta delle notizie riportate e il modo formale
in cui vengono presentate (maggiore o minore rilievo del titolo, collocazione in
prima o altra pagina, ecc.) esprimono l'opinione di chi presenta quegli
avvenimenti con apparente obiettività, senza intervenire direttamente sul
contenuto della notizia. Alcuni
g., per esempio il francese "Le Monde",
usano caratteri diversi per distinguere i fatti dai commenti, i primi stampati
in caratteri tondi, i secondi in corsivo. ║
Realizzazione del g.:
all'interno di un moderno quotidiano d'informazioni l'attività è
nettamente divisa in due settori di lavoro: la
redazione e
l'
amministrazione. Il primo settore si occupa in specifico della
preparazione del prodotto che dovrà essere posto in vendita; il secondo
è preposto a tutte le operazioni commerciali relative alla vendita e alla
pubblicizzazione del prodotto medesimo. Questa sezione del
g. controlla
la gestione e l'amministrazione del
g., le attività di diffusione,
la distribuzione e le rese, il pagamento della percentuale agli edicolanti, i
rapporti con gli inserzionisti pubblicitari e il controllo della manutenzione
degli impianti tipografici (nel caso in cui l'azienda che gestisce il
g.
si serva d'impianti propri). A capo dell'attività della redazione sta il
direttore, solitamente coadiuvato da un redattore-capo, da un capo-cronista e da
una serie di capi-servizio che dirigono i vari settori politici, economici e
culturali dei quali il
g. si occupa con regolarità. Il compito del
direttore consiste nell'assicurare la continuità della linea politica
della testata, nel controllo sui servizi più importanti e nella cura dei
rapporti con l'editore. I servizi in cui è solitamente divisa
l'attività di un
g. sono: un servizio-interni che si occupa di
seguire la politica interna, un servizio-province, un servizio-esteri al quale
fanno capo i vari corrispondenti esteri e gli inviati speciali, un
servizio-economia, un servizio-spettacoli e un servizio-sportivo. Le notizie
vengono raccolte attraverso numerosi canali: per la cronaca il
g. si
serve di una serie di cronisti che frequentano solitamente le questure, gli
ospedali, il Municipio, il Tribunale e altri importanti centri della vita
cittadina. Per notizie di carattere più generale il
g. fa
solitamente uso delle notizie raccolte dalle agenzie, alle quali è di
norma collegato in maniera diretta. Gli inviati speciali e i corrispondenti
esteri inviano i loro servizi per telefono o tramite telescriventi; con lo
sviluppo dei mezzi dell'informatica anche la figura dell'inviato si va
lentamente trasformando. A un'ora prefissata il redattore-capo, d'accordo con il
direttore e con i capi-servizio, traccia il
menabò del
g.,
cioè l'elenco e la distribuzione delle notizie nelle pagine che sono a
disposizione. In passato non appena i vari pezzi venivano passati in tipografia,
si procedeva alla loro distribuzione alle diverse linotype e composti. Terminata
la composizione, il capo-impaginatore curava con i tipografi la preparazione
delle varie pagine e la titolatura dei vari pezzi, precedentemente concordata
con il direttore e con il redattore-capo. Appena le pagine venivano chiuse
(cioè, non appena ultimata la loro composizione), esse erano fissate con
appositi morsetti ai telai, questi passavano sotto la pressa, erano quindi
incisi sui cilindri che poi passavano alla rotativa sulla quale si realizzava il
processo di stampa. Mediante l'uso di apposite macchine, le copie uscivano dalle
rotative già pronte per essere impaccate e affidate agli spedizionieri.
Tale procedimento veniva seguito anche da
g. con periodicità non
quotidiana, sebbene in questo caso il ritmo di lavoro ne risultasse rallentato
in proporzione alla periodicità del
g. in questione. Oggi tali
tecniche sono mutate, grazie all'avvento dell'elettronica. Spetta tuttora al
capo-redattore la preparazione del menabò e l'indicazione su uno schema
in scala dell'ampiezza di titoli e articoli, della collocazione di foto e
notizie, ma l'afflusso dei vari testi (non più scritti a mano,
bensì computerizzati) avviene in maniera del tutto automatizzata. Ogni
articolo arrivato al giornale, composto in sede o inviato per modem o telefono,
viene catalogato in base all'argomento trattato. Il redattore lavora a un
videoterminale, collegato con un computer centrale e comprendente due altri
schermi più piccoli. Egli richiama dagli archivi i testi di cui ha
bisogno e posiziona tale materiale sullo schermo, che riproduce la pagina, nei
punti esatti fissati sul menabò dal capo-redattore; quando un testo
è considerato definitivo, egli lo invia in fotocomposizione semplicemente
premendo un pulsante, tuttavia può richiamarlo in ogni momento per
modificarlo. Anche i titoli e le didascalie fotografiche vengono composti dal
giornalista per mezzo di un modulo che compare sul video su richiesta e nel
formato da lui scelto. Tutto questo materiale finisce fotocomposto su strisce
cartacee che vengono tagliate e incollate dai tipografi compositori su un
modello di pagina già provvista dell'ingombro della parte pubblicitaria.
Ogni pagina viene poi incisa su lastra con un sistema laser, pronta per essere
stampata. I vecchi
clichés in zinco sono stati sostituiti da
fotografie riprodotte su carta speciale. La videoimpaginazione ha eliminato pure
la figura del tipografo che incollava le strisce di carta. All'interno della
struttura del
g. i pezzi possono essere suddivisi in notizie e commenti.
Le prime, che costituiscono l'ossatura del
g., vengono raccolte nel modo
sopra descritto; i secondi, che rappresentano il commento alle prime, vengono
affidati a giornalisti che si preoccupano di fornire al lettore una serie di
strumenti d'interpretazione della realtà. Il più autorevole di
questi commenti è l'
editoriale, che appare solitamente nelle prime
due colonne della prima pagina; quando non è firmato, esso è steso
di pugno dal direttore e detta la linea del
g. per quanto riguarda la
presa di posizione verso argomenti di particolare importanza. Le polemiche o gli
scritti di tipo particolare vengono detti
corsivi dal nome del
particolare carattere in cui sono composti.
Il menabò della prima pagina di un giornale 1, 3 manchette 2 testata 4 titolo 5 sopratitolo 6 titolo di spalla 7 titolo di apertura 8 sommario 9 foto 10 titolo di taglio 11 sottotitolo • Contab. e Dir. - Registro di un'impresa
commerciale o di un ufficio amministrativo, sul quale vengono annotate in ordine
cronologico tutte le operazioni contabili, l'entrata e l'uscita delle varie
partite di merci, ecc. • Edil. -
G. di cantiere: registro sul quale
si annotano i lavori eseguiti giornalmente da un'impresa appaltatrice. •
Mar. - Documento di bordo, generalmente tenuto al corrente giorno per giorno dal
capitano. • Mil. -
G. di contabilità: registro contabile
della compagnia o reparto corrispondente; esso riporta i nomi degli ufficiali,
sottufficiali e soldati, e la contabilità dei viveri e della paga del
personale di truppa.