Stato (88.946 kmq; 6.482.000 ab.) dell'Asia occidentale. Confina a Nord con la
Siria, a Est con l'Iraq, a Sud-Est e Sud con l'Arabia Saudita, a Ovest con
Israele e si affaccia a Ovest sul Mar Rosso. Capitale: Àmman.
Città principali: Zarqa, Irbid, Àqaba. L'ordinamento statale della
G. è la Monarchia costituzionale; il potere legislativo
spetta al re e all'Assemblea nazionale (Senato e Camera dei Deputati).
Il sovrano nomina altresì il primo ministro, che detiene il potere
esecutivo, ma che deve avere la fiducia dell'Assemblea nazionale.
Solo nel 1992 sono stati pienamente legalizzati i partiti politici e
le prime elezioni multipartitiche si sono tenute nel 1993. Amministrativamente
la
G. è divisa in 13 governatorati. Moneta:
dinar, suddiviso in 100
fils. Lingua ufficiale: arabo. La
religione prevalente è la musulmana, con minoranze cristiane e
greco-ortodosse. La popolazione è costituita in gran parte da Palestinesi,
emigrati nel Paese in seguito alle guerre arabo-israeliane del 1948-49,
del 1967 e delle guerre del Golfo Persico del 1990-91 e del 2003.
GEOGRAFIAIl Paese
comprende la Transgiordania, a Est del Giordano, formata da un vasto tavolato
quasi desertico; ad Ovest del Giordano la
G. si estende nella Palestina,
di cui include la Samaria e parte della Giudea, con i quartieri arabi di
Gerusalemme attualmente occupati dalle truppe israeliane. Queste due regioni
sono nettamente delimitate dalla profonda depressione formata dal corso del
fiume Giordano e dal Mar Morto, posto a 400 m sotto il livello del mare. La
regione occidentale è fertile e fittamente popolata; la Transgiordania,
più arida, presenta condizioni favorevoli all'insediamento e alle colture
solo nella parte Nord-Ovest, irrigata da brevi corsi d'acqua affluenti del
Giordano. Il clima è caratterizzato da estati calde e asciutte e da
inverni miti; procedendo verso Est le precipitazioni si fanno sempre più
scarse e si accentuano le escursioni termiche stagionali e diurne, per cui la
vegetazione da steppica diviene desertica.
Cartina della
GiordaniaECONOMIAIl
maggiore centro commerciale e industriale è Àmman. I principali
prodotti dell'agricoltura sono cereali, ortaggi e legumi; l'area coltivabile
è pari al 12% della superficie territoriale. L'allevamento
(soprattutto ovini e caprini) è la risorsa delle popolazioni nomadi.
Unica risorsa mineraria i fosfati. Di scarso rilievo l'attività
industriale (cementifici, tabacchifici, distillerie). La
G. ha 366 km
di linee ferroviarie e 6.640 km di strade. Unico porto: Àqaba, sul Mar Rosso; mentre
gli aeroporti internazionali sono quelli di Amman e di Àqaba.
STORIAIl territorio
giordano, noto in età romana come Regno dei Nabatei, fu legato sin
dall'età più antica ai traffici che si svolgevano lungo le
carovaniere medio-orientali. Assoggettato da Roma, fu elevato a provincia
dell'Impero col nome di Arabia Petrea. La decadenza dell'Impero romano si
ripercosse anche su questo territorio che, a partire dal III sec., vide
cancellarsi ogni traccia dell'antica prosperità. Il punto più
basso della decadenza fu toccato durante la dominazione ottomana. Solo nella
seconda metà del XIX sec. si ebbe il risveglio del nazionalismo arabo
contro il dominio turco. Di questa situazione approfittò la Gran
Bretagna, che durante la prima guerra mondiale ottenne contro la Turchia l'aiuto
militare delle tribù arabe soggette all'autorità dello sceriffo
della Mecca, Husain, appartenente alla famiglia Hashimita. Al termine della
guerra, il figlio di Husain, Abdullah, ottenne l'emirato della Transgiordania,
di cui venne proclamata l'indipendenza nel maggio 1923. Stato vassallo della
Gran Bretagna, non si oppose all'attuazione del progetto per la costituzione di
una sede nazionale ebraica. Così, nel 1937, nonostante la dura
opposizione delle popolazioni arabe da secoli stanziate nella zona, l'emiro
accolse la proposta inglese per la spartizione della Palestina in due Stati,
ebraico l'uno e arabo l'altro. Nel marzo 1946 la Transgiordania divenne uno
Stato indipendente e al termine della guerra arabo-israeliana (maggio 1948 -
aprile 1949) ottenne una parte della Palestina, la Cisgiordania, assumendo
l'attuale nome. Rilevanti furono le difficoltà che il nuovo Stato dovette
superare sin dalla sua costituzione. Infatti, il Paese, povero e profondamente
diviso, dovette fronteggiare l'eccezionale flusso di profughi palestinesi. La
difficile situazione interna si aggravò ulteriormente in seguito
all'assassinio di Abdullah (luglio 1951), accusato dai gruppi arabi più
intransigenti di debolezza nei confronti di Israele. Il difficile problema della
successione fu superato con l'incoronazione del diciottenne Husain (Hussein) nel
maggio 1953. Egli assunse inizialmente una posizione filonasseriana e
antibritannica, allineandosi col fronte unico arabo durante la crisi di Suez del
1956. Successivamente il giovane sovrano adottò una politica
moderatamente filo-occidentale e, per sfuggire all'accerchiamento degli Stati
arabi "rivoluzionari", strinse un patto di alleanza con l'Arabia Saudita e con
l'Iraq. La caduta di re Feysal e la proclamazione della Repubblica in Iraq nel
luglio 1958, ebbe gravi ripercussioni anche in
G. Ancora una volta, re
Husain riuscì a sventare i tentativi delle forze filo-nasseriane di
rovesciare la monarchia. La riconciliazione con l'Egitto e gli altri Stati arabi
rivoluzionari si ebbe alla vigilia del conflitto arabo-israeliano del giugno
1967. La
G. venne travolta dalla fulminea campagna israeliana e, in poche
ore, vide distrutto il proprio potenziale bellico. Con l'occupazione della
Cisgiordania da parte di Israele, la
G. perse la parte più fertile
e sviluppata del suo territorio. Il Paese precipitò in una disastrosa
crisi economica, aggravata dall'afflusso di circa 150 mila profughi dalla
Cisgiordania, mentre la situazione politica andava facendosi sempre più
drammatica per il susseguirsi degli scontri fra truppe regolari e guerriglieri
palestinesi. La stabilità del trono hashimita divenne sempre più
precaria non tanto per l'azione di Israele, quanto dei guerriglieri palestinesi
e della sempre più forte e organizzata opposizione interna che incitava
il popolo alla ribellione, organizzando a più riprese complotti contro il
regime e attentati contro il sovrano. A questa opposizione interna, appoggiata
dal mondo arabo, fece riscontro un avvicinamento ad Israele con cui furono
avviate trattative sotto l'egida degli Stati Uniti. Una parziale riconciliazione
con gli altri Stati si registrò nel 1974, durante la Conferenza di Rabat
nella quale re Husain espresse la rinuncia della
G. a sostenere la causa
palestinese. Le difficoltà diplomatiche, comunque, non cessarono. Dopo un
tentativo di accordo e di cooperazione politico-militare con la Siria,
sottoscritto nel 1975 e venuto a cadere quasi subito, re Husain, dopo la visita
a Gerusalemme di Sadat che provocò il riavvicinamento tra Siria e Iraq,
tentò di seguire una linea politica di mediazione tra l'Egitto e il
Fronte del rifiuto. Anche a causa del fallimento di questo tentativo, la
G. respinse gli accordi di Camp David e, prima Nazione in tutto il mondo
arabo, ruppe le relazioni con l'Egitto (marzo 1979). Data l'identità di
vedute tra
G. e Arabia Saudita (la quale aveva tentato in tutti i modi di
impedire la nascita di una confederazione tra Siria,
G. e Libano) ci fu
un riavvicinamento tra i due Paesi che sostennero la causa irachena in occasione
della guerra Iran-Iraq, nel tentativo di bloccare l'espansione islamica negli
Stati del Golfo Arabico. Ciò provocò contrasti con la Siria
(schieratasi a sostegno dell'Iran) e nel corso del 1981 si giunse addirittura ad
uno stato di forte tensione alla frontiera siro-giordana. Negli anni seguenti,
pur persistendo dissensi sostanziali tra i due Paesi (soprattutto per ciò
che riguarda la questione palestinese), si ebbe un progressivo miglioramento dei
loro rapporti che sfociò, nel gennaio dell'86, nello storico incontro tra
re Husain e il presidente siriano Assad. Già nel corso dell'anno
precedente la
G. aveva conosciuto un altro grande successo diplomatico:
l'OLP fedele ad Arafat aveva infatti accettato di negoziare un progetto per la
risoluzione della causa palestinese ideato proprio da re Husain. Tale progetto
prevedeva la creazione, in Cisgiordania, di uno Stato palestinese federato al
regno hashemita. La linea di riappacificazione fu riconfermata anche
nell'incontro del 1987 tra il presidente siriano e quello iracheno,
nonché nel successivo vertice arabo convocato con successo ad
Àmman per affrontare la crisi del Golfo Persico. La politica estera era
segnata, alla fine degli anni Ottanta, dalla rottura dei legami giuridici e
amministrativi con la Cisgiordania (1988), premessa per la costituzione di uno
Stato palestinese indipendente sotto la guida dell'OLP, e dalla
neutralità dichiarata in occasione della guerra del Golfo. Il Paese
rimase instabile: la monarchia hashemita non si rivelò in grado di
esprimere gli interessi di una popolazione a sempre più forte maggioranza
palestinese. Per sanare le divisioni interne, nel giugno 1991 fu reintrodotto il
pluripartitismo e il re Husayn nominò un nuovo primo ministro, il
palestinese Taher Masri. Sul piano internazionale, il sovrano cercò di
risolvere il problema dei rapporti con Israele. Nel giugno 1994 i rappresentanti
dei due Stati si incontrarono a Washington e affidarono a una commissione
bilaterale l'analisi delle questioni più scottanti: confini, sicurezza,
gestione delle acque del Giordano. Il 25 luglio re Husain e il primo ministro
israeliano Rabin firmarono una dichiarazione congiunta che, dopo quasi
cinquant'anni, pose termine alla situazione di conflitto fra i due Paesi. Il
trattato impegnò la
G. e Israele all'organizzazione di una
conferenza sulla cooperazione e la sicurezza in Medio Oriente, alla lotta contro
il terrorismo, alla risoluzione della questione dei confini; venne inoltre
trovata una soluzione sulla spartizione delle acque. Per quanto riguarda le
relazioni con i Palestinesi, il 27 gennaio 1995 la
G. raggiunse un
"accordo generale di cooperazione e coordinamento". Nel gennaio dello stesso
anno il re nominò primo ministro Sharif Zaid ibn Sker, sostituito nel
febbraio del 1996 da Abdul Karin al-Kabariti, anch'egli titolare della
Cancelleria e del ministero della Difesa. Nonostante la sua dipendenza dal
petrolio iracheno (75.000 barili a un prezzo favorevole), nel 1996 la
G.
decise di interrompere i rapporti commerciali con Baghdad. L'appoggio
politico a re Husain si rafforzò dopo le elezioni del 4 novembre 1997, in
cui si registrò un calo di votanti. I capi tribali - leader dei beduini
del deserto - per la maggior parte favorevoli a Husain, ottennero 68 degli 80
seggi della Camera dei deputati. Gli altri 12 furono vinti da candidati
integralisti. Le elezioni furono boicottate dal principale gruppo
fondamentalista - il FAI - per protesta contro le restrizioni alle
libertà pubbliche, la politica economica di Husain e l'accordo di
pace con Israele. Abdul Salam Madjali fu nominato per la seconda volta primo
ministro. Nel febbraio del 1998, di fronte alle minacce di un bombardamento
dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, la
G. si preparò a
contenere una prevedibile ondata di rifugiati. Il 7 febbraio 1999 morì re
Husain e gli succedette al trono il figlio Abdallah. Lo scoppio della seconda Intifada
(settembre 2000), che accompagnò il ritorno al potere della destra israeliana,
aggravò il clima di tensione nel Paese. Dopo gli attentati terroristici dell'11
settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono e l'attacco statunitense all'Afghanistan,
la
G. si proclamò disposta a combattere il terrorismo, ma sottolineò
la necessità di proteggere le popolazioni civili dell'Afghanistan e di non
colpevolizzare tutti gli Arabi per la strage commessa. Nel giugno 2003 si svolsero
le prime elezioni parlamentari sotto il regno di Abdallah II, che si conclusero con la vittoria schiacciante dei
partiti "tribali", fedeli al re, e che portarono in Parlamento, per la prima volta nella
storia della
G., una donna, rappresentante del Fronte Islamico. In agosto l'ambasciata
giordana a Baghdad fu oggetto di un attacco terroristico, che causò 11 vittime. In ottobre
si dimise il gabinetto guidato da Ali Abu al-Ragheb e fu designato primo ministro
Faisal al-Fayez. Nel marzo 2005, dopo cinque anni di assenza, la
G. inviò
di nuovo i propri ambasciatori in Israele. Nello stesso mese, tuttavia,
si innescò una crisi diplomatica con il Governo iracheno, che accusò la
G.
di lassismo nei confronti degli autori di attentati in Iraq. In aprile
entrò in carica un nuovo Governo, guidato dal primo ministro Adnan Badran. In novembre
56 persone, per lo più cittadini giordani, rimasero vittima di esplosioni avvenute in tre
hotel internazionali di Amman. La responsabilità dell'accaduto fu attribuita ad
Al-Qaeda, mentre in
G. si celebrò una giornata di lutto nazionale. Nel giugno
2006 fu il primo ministro giordano ad annunciare che il leader di Al-Qaeda in Iraq,
Abu Musab al-Zarqawi, era stato ucciso in un raid aereo. In agosto il re
Abdallah II espresse posizioni critiche verso gli Stati Uniti e Israele in riferimento
alla guerra condotta dallo Stato ebraico in Libano, come risposta al rapimento
di due soldati israeliani da parte degli Hezbollah libanesi.