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Giacobinismo.

Atteggiamento politico di estremismo radicale, simile a quello che distinse i giacobini durante la Rivoluzione francese. Secondo un'accezione introdotta da A. Gramsci, per giacobini devono intendersi quei rivoluzionari che hanno operato un collegamento tra artigiani e operai, e tra ceti popolari urbani e contadini. Il Club dei Giacobini si era costituito nel maggio 1789 con la denominazione ufficiale di Club Breton, modificata poi in quella di Société des Amis de la Constitution. I suoi appartenenti furono poi indicati come giacobini in quanto l'associazione aveva la propria sede nell'ex convento dei frati domenicani (Jacobins). Inizialmente si trattò di un circolo di orientamento monarchico-costituzionale, precluso ai ceti meno abbienti, data l'elevata quota di iscrizione. Il circolo assunse poi un orientamento più radicale e Robespierre ne divenne il capo riconosciuto, portandolo in posizione di preminenza, rispetto alle associazioni rivali. Alla fine del 1790 il Club dei Giacobini contava già 1.100 iscritti, quasi tutti appartenenti alla borghesia. Alla caduta della monarchia erano associate ad esso un migliaio di società locali, collegate attraverso una fitta intelaiatura che ne faceva l'organizzazione politica più efficiente che esistesse allora in Francia. La sua fortuna fu però strettamente legata all'ascesa di Robespierre: la caduta di questi ne segnò la fine.