Romanzo di Emile Zola, pubblicato nel 1885. Tredicesimo del ciclo del
Rougon
Macquart, è uno dei più famosi del grande romanziere francese,
che vi afferma la sua certezza in un futuro "in cui fiorirà per tutti gli
uomini il diritto alla vita e alla felicità". Macquart cerca lavoro nelle
miniere ed è colpito dalle sofferenze e dalle ingiustizie cui assiste e
che vorrebbe abolire con una propaganda rivoluzionaria: una scintilla potrebbe
riscattare diecimila minatori oppressi che vivono in orribile
promiscuità. Fra tanti compagni onesti, Stefano incontra il perverso
Chaval, che prende a odiarlo e seduce la mite Caterina, e Suvarin, un russo che
sogna il rinnovamento universale attraverso la distruzione dell'umanità.
Stefano, al contrario, si ispira a Marx e ad un socialismo evoluzionista.
Frattanto la Compagnia delle miniere, in conseguenza di dissesti, tenta di
abbassare ulteriormente i salari; scoppia un grande sciopero e Stefano si pone
alla testa della rivolta operaia, ma è malvisto per la sua intransigenza.
Suvarin, allora, attua i suoi piani di nichilista. In un infrenabile impeto
d'odio, Stefano uccide Chaval e, in una tragica scena, accanto al di lui
cadavere, fa sua Caterina, che la morte ghermirà ben presto, stremata di
stenti. Salvato, Stefano punta su Parigi nel miraggio della prossima redenzione
popolare. Incessantemente polemica, l'opera ha pagine molto forti, epiche
immagini, e costituisce senza dubbio un importante documento storico.