Termine di origine provenzale con il quale viene indicato un genere di
linguaggio di carattere popolare che si serve di una serie di espressioni
convenzionali il cui significato è conosciuto ed interpretato
correttamente solo all'interno di una ristretta cerchia di persone. I fenomeni
linguistici attraverso i quali si viene progressivamente formando un
g.
consistono essenzialmente nella deformazione di parole ottenuta mediante una
serie di mutamenti di carattere fonetico, l'assimilazione di elementi che
provengono da altre parlate, la trasposizione di significati di termini
linguistici di uso comune. Ogni
g. si sviluppa all'interno di una lingua
come fenomeno secondario e non tende ad alterarne né la struttura
grammaticale né quella sintattica. Il suo sviluppo è
altresì legato all'esistenza di un particolare gruppo di individui che
abbiano la necessità di esprimersi in maniera sicura senza essere intesi
da terzi ed al riparo da ogni possibilità di essere compresi. I gruppi
all'interno dei quali si può venire a formare un
g. sono
essenzialmente collettività di mestiere, società segrete,
associazioni religiose, associazioni di individui che vivono al di fuori della
legge. In Europa i linguaggi gergali più conosciuti sono il
furbesco in Italia, l'
argot in Francia, il
calò in
Spagna, il
calao in Portogallo, il
cant in Inghilterra e il
rotwelsch in Germania. In Italia i primi documenti letterari del furbesco
sono due sonetti composti anteriormente al 1400 da F. Soardi e da F. Feliciano.
Successivamente si espressero in furbesco Luigi Pulci e A. Brocardo. In Francia
il maggiore autore di poesia di carattere gergale è François
Villon.