PRESENTAZIONE
Tra le più
piccole regioni d'Italia per superficie (5.421 kmq), la
Liguria si
estende ad arco su una stretta fascia della costa tirrenica. Confina a Est con
la Toscana, a Nord-Est con l'Emilia Romagna, a Ovest con la Francia e a sud si
affaccia sul Mar Ligure. Ha una popolazione di 1.572.197 abitanti; la
densità media è di 301 abitanti per kmq, la più alta dopo
la Campania e la Lombardia.
L'insenatura del Mar Ligure lungo l'arco
alpino-appenninico, fra Capo Mele e l'Isola Palmaria, prende il nome di Golfo di
Genova. La regione è priva di pianure considerevoli, essendo il suo
territorio costituito per la totalità da montagne e colline. La costa
è tutto un susseguirsi di promontori rocciosi, insenature e strette
spiagge, e si distingue in Riviera di Ponente, nel tratto a Ovest di Genova, e
Riviera di Levante, formata dal litorale ad Est del capoluogo. Oltre a Genova,
capoluogo di regione, la Liguria è divisa in altre tre province: La
Spezia, Savona e Imperia.
Cartina della Liguria
IL TERRITORIO
La mancanza di pianura contraddistingue questa
regione dal territorio stretto e disposto ad arco. Predominano i rilievi,
costituiti dalle Alpi Marittime e dall'Appennino Ligure.
I due sistemi
risultano contigui e si differenziano solo per la formazione geologica. Il loro
punto di saldatura è convenzionalmente posto al Colle di Cadibona, alle
spalle di Savona.
La catena appenninica, che corre lungo la costa, possiede
cime poco elevate (la più alta è il Monte Saccarello, 2.200 m). Le
vallate trasversali permettono una facile comunicazione con la Pianura Padana.
Oltre al Colle di Cadibona, i valichi più importanti sono il Passo del
Turchino (538 m) e il Passo dei Giovi (472 m). I fiumi che percorrono le vallate
sono brevi e a regime torrentizio; il maggiore è il Magra, mentre tra i
minori ricordiamo il Roia, il Bisagno, il Polcevera e il Vara.
Il
litorale, variegato e ricco di insenature naturali, è più aspro e
selvaggio a oriente, lungo la Riviera di Levante, in cui ripide scarpate seguono
ad aspri promontori, quelli di Portofino e Portovenere. A occidente le montagne
scendono più gradatamente verso il mare, permettendo la formazione di
spiagge e di piccole pianure (Piana d'Albenga).
Il clima risente
dell'influenza del mare, che esercita un'azione benefica e mitigatrice. La
catena montuosa dell'Appennino protegge la fascia costiera dai venti del Nord.
Il clima quindi è mite d'inverno e ventilato d'estate. Notevole
è la piovosità, perché le montagne condensano
l'umidità generata dall'evaporazione marina.
Le caratteristiche
climatiche fanno sì che cresca spontanea la macchia mediterranea, che
solitamente è presente a latitudine inferiore.
PARCHI NAZIONALI E REGIONALI
Parco Nazionale delle Cinque Terre
Oasi naturalistica che nel tempo ha preservato intatte le caratteristiche di una natura incontaminata. Il paesaggio, formato da rocce di origine ed età diverse, è contrassegnato da una particolare acclività e dalla mancanza di tratti pianeggianti. La costa, alta e frastagliata, è lineare, scarsamente incisa da insenature e promontori, scavata dal mare in amene e suggestive grotte. Le poche spiagge, sabbiose e ciottolose, sono il risultato di apporti detritici dei corsi d'acqua, di frane o di accumuli di materiali lasciati dall'uomo.
Il Parco Nazionale delle Cinque Terre è naturalmente anche felice habitat per svariate specie faunistiche che qui trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi. La riserva, ricca di specie animali e vegetali, è stata istituita per conservarne la biodiversità e gli habitat lungo la costa, regolamentando gli usi e le attività che vi si svolgono: qui si alternano falesie a strapiombo sul mare, baie, spiaggette, grotte e anfratti fra gli scogli. I fondali delle Cinque Terre sono considerati fra i più vari e ricchi di fauna marina della Liguria. In una superficie di fondale relativamente ridotta come quella delle Cinque Terre, condividono lo spazio vitale numerosissime specie, alcune poco frequenti in altre località del Mediterraneo, ciascuna delle quali rappresentata da un notevole numero d'individui. Il fondale costiero roccioso, caratterizzante la quasi totalità dell'area protetta, se si escludono le spiagge di Monterosso e Corniglia, agevola l'insediamento di numerose specie algali. Alle varie profondità si osserva infatti una grande presenza di questi organismi che, grazie alla loro capacità di produrre nutrimento a partire dall'energia solare, realizzano il primo anello della catena alimentare.
Nelle Cinque Terre la coltura è cultura
Le attività umane hanno contribuito a creare un paesaggio unico al mondo espressione di una cultura profondamente legata alla terra d'appartenenza, di un'ineguagliabile vicenda a carattere collettivo capace di piegare le avversità dell'ambiente naturale ai propri bisogni di vita.
Modifiche sono state portate dall'uomo nel corso di circa mille anni di storia, con il lavoro continuo ed assiduo di molte generazioni che hanno sostituito il manto boschivo originario che copriva i fianchi scoscesi dei monti con la coltivazione della vite in terrazzamenti, resa possibile dalla frantumazione della roccia, dalla realizzazione di muri a secco e dalla creazione dell'humus coltivabile.
Dal primo secolo del Basso Medioevo fino ai nostri giorni, è stata la lotta continua fra l'uomo e la natura sostenuta da uomini e donne delle varie generazioni, a modellare il paesaggio a ricostruirlo ad ogni crollo provocato dal cedimento di muri sotto le frane causate dalla pioggia. I muri a secco sono costituiti esclusivamente con massi d'arenaria sapientemente sovrapposti e saturati di pietrisco e terra, senza l'uso di materiali di coesione. La buona qualità della pietra, ma soprattutto la sapiente arte della messa in opera dei sassi sono la garanzia di una più elevata resistenza ai crolli.
Fra i terrazzamenti sono state costruite, sempre in pietra, lunghissime e ripidissime scalinate, scale ricavate a sbalzo sui muri stessi, piani dove posare e riprendere agevolmente i materiali trasportati a spalla, canaletti di scorrimento ai lati delle mulattiere.
Un'opera titanica ancora più apprezzabile in quanto eseguita né con il lavoro coatto né per il capriccio di capi o sovrani, ma di libera iniziativa da più generazioni, tramandata unicamente per conoscenza senza la guida precostituita da nessun potere centrale e con il solo fine di rendere produttiva una zona incoltivabile. Non si è reso necessario l'apporto di alcun capitale, tutto è stato trovato in loco ed i vitigni si sono moltiplicati con il metodo della propaggine. Il contadino delle Cinque Terre è stato produttore per secoli oltre che del pregiato vino anche e soprattutto di stabilità idrogeologica e di un paesaggio che oggi è stato riconosciuto patrimonio mondiale dell'umanità.
Il mantenimento del territorio e la difesa della sua peculiarità sono unicamente affidati al puntuale assolvimento delle certosine operazioni manutentorie connesse con la coltivazione: laddove la presenza dell'uomo si allenta l'insorgere del degrado è immediato.
La sistemazione a "terrazze" eseguita dagli abitanti delle Cinque Terre a partire dall'anno mille per finalità esclusivamente produttive, ha pertanto determinato effetti, addirittura superiori per importanza, all'obiettivo originario quali:
- la stabilità idrogeologica dei versanti e dei centri abitati sottostanti
- la connotazione del paesaggio.
Nei tempi recenti il mutato equilibrio economico e sociale ha avuto un effetto diretto sul territorio con il conseguente progressivo abbandono delle colture tradizionali che rappresentavano nel frattempo la salvaguardia del territorio stesso.
Tale processo ha raggiunto uno stadio assai prossimo all'irreversibilità; l'inevitabile e drammatica conseguenza sarà il sempre più accelerato degrado dei suoli che comporta:
- l'insorgenza d'eventi franosi di sempre maggiore estensione che minacciano gli stessi centri abitati;
- la sottrazione alla fruizione di rilevanti porzioni di territorio;
- la modifica dei caratteri del paesaggio.
Parco naturale regionale dell'Aveto
Il parco tutela le più alte montagne dell'Appennino Ligure, culminanti nei 1.800 metri del Monte Maggiorasca, in un ambiente prevalentemente di crinale e di pascolo, in parte sullo spartiacque tirrenico-padano. Accanto alle vaste aree prative, troviamo però estese faggete, castagneti, quasi un centinaio di zone umide e lacustri, particolarità geologiche, floristiche e altro ancora. Un ambiente vario, dove, accanto al capriolo e al cinghiale, ha da poco fatto ritorno il grande predatore per eccellenza: il lupo. Senza dimenticare le interessanti testimonianze lasciate dalla millenaria presenza dell'uomo.
L'alta Val d'Aveto, con i suoi laghetti glaciali, è contornata dalle vette più alte della Liguria: il già citato Maggiorasca e il Monte Penna, che con i suoi 1.735 metri di roccia basaltica e il suo profilo slanciato, ha ispirato il simbolo del parco. Altrettanto interessante la Valle Sturla, con i suoi ambienti tipicamente montani e i suoi vasti boschi di castagno.
Il territorio è meta ideale per gli escursionisti; dispone, infatti, di una fitta rete di sentieri segnalati, percorrendo i quali sarà possibile imbattersi in piccoli borghi ancora tipicamente medioevali, castelli, chiese e, a volte, veri tesori d'arte, come l'abbazia di Borzone. Si tratta di un pregevole edificio sacro costituito da una chiesa con torre campanaria, dai resti del chiostro e dagli edifici di Case Araxi. Le origini di questo luogo si perdono nei secoli bui del Medioevo, ma probabilmente il primo nucleo risale all'epoca bizantina (VI secolo).
Di grande interesse sono le miniere della Val Graveglia: grazie all'intervento del parco, è stato completato un ambizioso progetto di recupero delle miniere abbandonate e di allestimento di un Museo Mineralogico a Reppia. Addirittura, la miniera di Gambatesa è oggi visitabile grazie al riuso delle strutture - tra cui un trenino - una volta utilizzate per l'estrazione del manganese.
Parco naturale regionale del Beigua
Il più vasto parco naturale regionale della Liguria rappresenta uno straordinario spaccato della regione: nel raggio di pochi chilometri possiamo trovare ambienti e paesaggi estremamente diversificati, in un mosaico di grande interesse. A cominciare dagli spettacolari panorami visibili dai lunghi crinali del parco: a Sud verso il mare, vicinissimo, e a Nord verso la pianura, con sullo sfondo l'intera cerchia delle Alpi.
Una delle caratteristiche del parco è proprio il notevole sviluppo dei suoi crinali - oltre 26 chilometri - toccando numerose vette, di facile accesso e una più panoramica dell'altra: Monte Beigua (1.287 m), Cima Frattin (1.145 m), Monte Rama (1.148 m), Monte Argentea (1.082 m) e Monte Reixa (1.183 m). Un territorio quindi facilmente percorribile senza grandi dislivelli, caratterizzato da vaste praterie, preziose zone umide, fitte foreste di faggi, roveri e castagni, rupi scoscese, affioramenti rocciosi, pinete di pino marittimo e, infine, lembi di tipica vegetazione mediterranea.
La zona del Monte Beigua viene considerata, in particolare, una tra le aree più ricche di biodiversità della Liguria: questo territorio è segnalato a livello internazionale per il fenomeno della migrazione dei rapaci diurni (in particolare il biancone) e, inoltre, da alcuni anni ha visto il ritorno stabile dell'aquila reale. Tra la fauna terrestre, dobbiamo ricordare il ritorno del lupo e i tipici ungulati appenninici: cinghiale, capriolo e daino. Con un'opportunità tutta particolare: dai crinali affacciati sul mare non è raro poter scorgere, con un po' di fortuna e d'attenzione, le affusolate sagome delle balene transitare nello specchio d'acqua di fronte a Varazze, Cogoleto e Arenzano.
Ma il territorio del parco è stato, da sempre, abitato dall'uomo, come testimoniano numerose e suggestive testimonianze: una miriade di incisioni rupestri, oltre a due siti di grandissimo interesse. Stiamo parlando della famosa "strada megalitica" nella zona di Alpicella - un tratto di sentiero lastricato e delimitato da grandi pietre di oscuro significato - cui si aggiunge il "riparo sotto roccia", frequentato da cacciatori e pastori del Neolitico medio e dell'Età dei Metalli (Rame e Bronzo).
A tempi ben più recenti risalgono invece i numerosi e caratteristici borghi rurali, testimonianza di una secolare cultura contadina, a cui si aggiungono pregevoli testimonianze artistiche, con in primo piano la badia di Tiglieto, che può vantarsi di essere la prima abbazia cistercense in Italia, fondata nell'anno 1120.
Parco naturale regionale Montemarcello-Magra
Il parco nasce dall'unione di due preesistenti aree protette: il Parco Fluviale della Magra, istituito nel 1982, e il Parco di Montemarcello, istituito tre anni più tardi. Un'area protetta che presenta quindi due ambienti naturali nettamente diversificati: il fiume e la collina.
L'area fluviale del parco comprende l'ultimo tratto del fiume Magra - che scorre in un ampio solco vallivo pianeggiante, coltivato e urbanizzato - e il suo maggiore affluente, il Vara, che percorre una valle in gran parte boscosa e ben conservata, specie nella parte alta. Questi due fiumi rappresentano un ambiente fluviale unico per la Liguria, ospitando tra l'altro un patrimonio faunistico particolarmente qualificato, per la presenza di un'importante via migratoria. è così possibile osservare numerose e pregiate specie di volatili, tra cui: airone cenerino, airone rosso, tuffetto, garzetta, gallinella d'acqua, e molte altre. Una fauna facilmente osservabile grazie ai numerosi sentieri che fiancheggiano i due fiumi, in particolare il Magra. La valle del Vara è invece nettamente meno urbanizzata, specie nella parte alta, e offre al turista un ambiente quasi rurale, con numerosi e tipici borghi, a volte con caratteristiche medioevali, con torri e castelli.
L'area collinare del parco è invece costituita dal promontorio del Caprione, che si spinge nel mare con forme aspre e rocciose: da un lato il Golfo di La Spezia e il mare aperto, dall'altro la piana della foce del Magra con, sullo sfondo, le Alpi Apuane. Ricco di boschi e di macchia mediterranea sul versante del Magra, viceversa il versante a mare del promontorio appare molto più aspro, e a tratti roccioso. Anche qui troviamo molti uccelli, oltre a vari mammiferi, tra cui il cinghiale, la donnola e il tasso.
Il promontorio si presta a piacevoli passeggiate, con la possibilità di visitare l'orto botanico e il borgo storico di Montemarcello, in bella posizione panoramica, con le sue viuzze ad angolo retto che non possono non ricordare un "castrum" romano. Interessante anche Punta Bianca, ovvero l'estremità meridionale del promontorio: il nome è dovuto alle bianche rocce calcaree che affiorano, utilizzate in epoca romana come materiale decorativo.
Parco naturale regionale di Piana Crixia
Un parco piccolo, ma di grandissimo interesse naturalistico, con fenomeni erosivi spettacolari, unici in Liguria e con pochi paragoni in Italia, con il famoso "fungo", alto 15 metri.
L'area protetta rientra nel territorio comunale di Piana Crixia: un nome suggestivo, di probabile origine romana. L'ambiente naturale è prettamente collinare - le famose Langhe - con una serie di fenomeni erosivi concentrati in uno spazio ristretto - calanchi e valli sospese - originati dalla particolare morfologia e tipologia dei versanti collinari, che offrono al visitatore spettacolari scorci panoramici e interessanti spunti geologici.
Nel dettaglio, i calanchi sono forme di erosione tipiche di versanti costituiti da rocce sedimentarie argillose o marnose, impermeabili e nello stesso tempo poco consistenti. L'acqua piovana vi scorre tutta in superficie, producendo sulla roccia tenera un'azione erosiva molto accentuata. Si formano così solchi che tendono via via ad allungarsi e a ramificarsi, generando una rete di valli dai fianchi nudi, separate tra loro da crestine sottili in rapida evoluzione.
Troviamo poi numerosi piccoli corsi d'acqua dall'andamento irregolare, con meandri incassati e piccole valli sospese, originate tra l'altro dalla notevole differenza di attività erosiva tra i corsi d'acqua principali e quelli minori, unita alla scarsa consistenza del substrato argilloso.
Questi fenomeni erosivi, con il loro tipico colore grigio, contrastano in modo straordinario con il verde dei campi coltivati e dei boschi circostanti, creando tavolozze di colore tutte particolari.
Famoso è il
Fungo di Piana Crixia; alto una quindicina di metri, è formato da un gigantesco masso di roccia ofiolitica, sorretto da una colonna di conglomerato (roccia sedimentaria costituita da ciottoli di varie dimensioni, cementati da materiale più fine). Il masso ha protetto dal dilavamento la porzione di conglomerato sottostante, mentre tutt'intorno il terreno veniva progressivamente asportato dall'erosione. Sembra impossibile che l'alta colonna di ciottoli cementati possa reggere il peso del gigantesco masso sommitale, ma occorre tenere presente che il conglomerato è una roccia molto più solida di quanto faccia pensare il suo aspetto detritico.
L'erosione, tuttavia, continua giorno dopo giorno, e in un giorno più o meno lontano, il masso non potrà che crollare rovinosamente.
Parco naturale regionale di Portofino
Il Parco di Portofino offre una visione sintetica della costa ligure, sia dal punto di vista naturalistico sia da quello storico-antropologico. L'assetto attuale del territorio è infatti il risultato di un'originale forma di coevoluzione tra natura e attività umana, che ha dato luogo a una sorprendente varietà di sistemi biologici e di ambienti, ma anche a una specifica cultura materiale (alla confluenza di tre "civiltà": quella marinara, quella dell'ulivo, e quella del castagno). Una fittissima rete di sentieri attraversa ambienti selvaggi, insediamenti rurali e borghi marinari ricchi d'arte e storia, offrendo paesaggi che sono ormai entrati nella leggenda visiva del Mediterraneo.
All'area protetta vera e propria (1.200 ha) è associata un'area cornice di 3.400 ha circa. Nel complesso il territorio del Parco si estende sui comuni di Recco, Camogli, Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Zoagli, Chiavari.
Il settore settentrionale (su calcari marnosi, argilliti e arenarie a strati alterni) è dominato da boschi mesofili (carpino nero, frassino, castagno, nocciolo, acero oppio), mentre quello meridionale (su puddinga: un conglomerato di detriti tondeggianti cementati da matrice calcarea) è ricoperto da una densa macchia mediterranea (erica, corbezzolo, lentisco, mirto), da pinete, foreste di leccio, garighe, praterie di ampelodesma e di felce aquilina. Peculiari sistemi biologici sono inoltre insediati sulle falesie a mare, sulle rupi e sui muri a secco, nelle vallette fresche originate dalla complessa orografia del Promontorio. Il paesaggio agricolo è dominato da uliveti coltivati su fasce spesso con orti al piede in tipiche colture "miste". Presso gli insediamenti, tra lembi di foresta e di macchia, si ritrovano antichi castagneti da frutto, filari di pini domestici, microscopici orti, frutteti, agrumeti, giardini.
L'eccezionale varietà di ambienti e microclimi determina una delle più elevate concentrazioni floristiche del Mediterraneo: oltre 700 specie spontanee abitano un territorio di estensione limitata e con modeste variazioni altitudinali (0-610 m). Una specie delle Alpi Marittime, la rara sassifraga spatolata (Saxifraga cochlearis), convive con quelle mesofile dei boschi misti, con quelle della macchia o addirittura con elementi decisamente termofili, come l'euforbia spinosa o l'ampelodesma africano. Ulivo, pino, leccio e castagno, che altrove occupano quote distinte, qui convivono fin quasi al livello del mare. Di particolare interesse le felci (felci rupicole e dei muri, felce florida, pteride di Creta).
Oltre 20 endemismi liguri sono presenti tra gli invertebrati. Merita anche di essere ricordata la "ninfa del corbezzolo" (Caraxes jasius), in forte rarefazione in Liguria. Tra gli anfibi, da segnalare la raganella mediterranea, il geotritone, la rana italica. Tra i rettili, il geco verrucoso, la tarantola muraiola, il ramarro. L'avifauna (un centinaio di specie) comprende uccelli di macchia (occhiocotto, magnanina, capinera, sterpazzola), di radura (upupa, ortolano, cardellino), di bosco (tordo, cinciarella, fringuello, pettirosso, ghiandaia), di pineta (tortora, colombaccio), rapaci (gheppio, poiana, pellegrino, lodolaio), uccelli marini (gabbiani, sterne, berte, sule). Tra i mammiferi, sono presenti la volpe, il tasso, lo scoiattolo, il riccio, la faina il cinghiale e numerosi micromammiferi.
Lo sperone roccioso del Promontorio, proteso verso il mare aperto e caratterizzato da coste a strapiombo, genera una serie di fondali tra i più interessanti e intatti del Mediterraneo. Vi è rappresentato l'intero spettro delle biocenosi dell'alto Tirreno. Di particolare rilievo la presenza di numerose specie del Mediterraneo meridionale, l'eccezionale ricchezza vegetale e animale del mesolitorale, la varietà dei poriferi, le praterie di posidonia (Posidonia oceanica), le formazioni di gorgonie gialle (Eunicella stricta), arancioni (Eunicella cavolinii), rosse (Paramuricea chamaelon), i popolamenti di corallo (Corallium rubrum). A maggior tutela di questi splendidi fondali è stata di recente istituita dal Ministero dell'Ambiente una Riserva marina.
Riserva naturale regionale di Bergeggi
La riserva di Bergeggi occupa un tratto costiero a scogliera, ricco di grotte e insenature e l'isola antistante, dove si trovano rovine di vari edifici. Per la grande ricchezza dei fondali marini prospicienti la falesia dell'isola, sia dal punto di vista geologico, sia da quello biologico, è prevista l'istituzione di un'area protetta marina.
Riserva naturale regionale dell'Isola Gallinara
La riserva di Gallinara ospita una delle più grandi colonie di gabbiani reali del Tirreno settentrionale, specie floristiche paleomediterranee e rettili rari; l'ambiente marino dell'isola è ancora in gran parte integro e prossimamente sarà tutelato con l'estensione al mare dell'area protetta.
L'ECONOMIA
La struttura economica della Liguria è nettamente diversa da quella di qualsiasi altra regione dell'Italia settentrionale. Il reddito annuo per abitante è tra i più elevati, ma l'economia regionale si basa, più che sull'industria, in grave crisi a partire dagli anni Ottanta (nel 1970 contribuiva per un terzo alla formazione del prodotto regionale, oggi per un quarto), su un'agricoltura specializzata e su una gamma assai vasta di servizi. La regione vive essenzialmente di due risorse, il clima e il mare; l'economia si basa sul turismo balneare, oltreché sulle attività portuali (con le connesse attività finanziarie, bancarie, assicurative) e commerciali.
è scomparsa da tempo l'agricoltura tradizionale, particolarmente faticosa e che produceva, per l'autoconsumo, cereali e patate su fondi esigui, su difficili terreni collinari e montani, su strette terrazze strappate ai pendii, spesso franosi. Anche lo sfruttamento del bosco, che rappresentò nei secoli passati una discreta risorsa per gli abitanti dell'entroterra e da cui si otteneva in primo luogo legna da ardere, oggi non è più conveniente.
Il settore agricolo, il cui reddito globale è comunque tutt'altro che trascurabile, si è indirizzato su alcune produzioni specifiche di alta qualità e di tipo commerciale: un'olivicoltura molto affermata, le primizie ortofrutticole anche in serra nella piana di Albenga (carciofi, asparagi, albicocche ecc.), che vengono poi inviate alle grandi città della Pianura Padana, i vini rinomati prodotti nelle Cinque Terre, e soprattutto i fiori e le piante ornamentali coltivati nelle serre della zona di Sanremo e destinati con successo anche all'esportazione.
Pur essendo la principale regione marinara d'Italia, quella che ha sempre fatto del mare il suo motivo di orgoglio e di particolarità, la Liguria oggi si dedica assai poco alla pesca; le sue acque sono d'altronde povere di pesce (e in più parti sono state inquinate dagli scarichi delle industrie). Il pescato, che comprende i crostacei e i più importanti molluschi, rappresenta poco più del 5% del totale nazionale; occorre dire però che è mancata anche un'adeguata modernizzazione del settore, soprattutto per la carenza di stabilimenti conservieri.
Fin dalle sue origini nel XIX secolo l'industria, invece, ha avuto uno dei suoi poli principali in Liguria, e particolarmente a Genova, che costituiva, con Milano e Torino, il cosiddetto "triangolo industriale", in cui si concentrava la parte più cospicua del settore in Italia. Il ruolo di Genova era quello di centro portuale e cantieristico (secondo una tradizione secolare), dove arrivavano e venivano lavorate le materie prime d'importazione e da dove partivano i prodotti destinati all'esportazione. Questo ruolo venne ulteriormente esaltato negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, che cambiarono il volto dell'economia del Paese, quando nuovi impianti industriali vennero creati tra Genova e Savona.
In quegli anni, insieme all'edilizia, la struttura portante dell'industria ligure era rappresentata dalla siderurgia, dalla meccanica pesante, dalla chimica e dalla petrolchimica, lavorazioni tutte basate su materie prime d'importazione e che dunque si avvantaggiavano della presenza di un grande porto. Lungo il tratto di costa compreso tra il capoluogo regionale e Savona si addensarono i complessi industriali. Le vie di comunicazione stradali e autostradali si moltiplicarono, spesso con viadotti, sopraelevate, trafori stradali, data l'esiguità dello spazio a disposizione: lo stesso aeroporto internazionale di Genova fu costruito nel 1955-1962 su un terreno artificiale, ottenuto colmando un tratto di mare davanti a Sestri Ponente.
L'industria ligure puntò su pochi settori, che meno di vent'anni dopo sarebbero entrati in una crisi più o meno profonda; la stessa edilizia ha ormai scarsa, se non nulla, possibilità di espansione. Sono state così fortemente ridotte le attività del complesso siderurgico di Cornigliano Ligure (sobborgo occidentale di Genova), quelle cantieristiche di Voltri, quelle chimiche di Sestri Ponente; nel frattempo esse avevano provocato danni assai gravi all'ambiente, come accadde ad esempio nello stabilimento chimico di Cengio, in provincia di Savona. Abbastanza sviluppato è rimasto il settore alimentare, che può contare su oleifici, pastifici e stabilimenti conservieri degli ortaggi. La complessiva partecipazione dell'industria al prodotto regionale è ormai solo del 25%, molto più bassa non solo del resto dell'Italia settentrionale, ma persino della media nazionale.
Quasi i tre quarti del reddito della regione provengono dal settore terziario: solo il Lazio supera questo primato, ma sulla base di attività legate essenzialmente alla presenza di Roma, e quindi all'eminente ruolo burocratico e amministrativo della capitale.
La Liguria, meta di turisti stranieri già a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha attualmente nel settore turistico il fattore trainante della propria economia, grazie anche ai collegamenti autostradali e ferroviari con le principali città della Pianura Padana.
Le attività portuali, soprattutto quelle legate al porto di Genova, sono state in passato un altro caposaldo dell'economia regionale; a lungo Genova contese alla città francese di Marsiglia il primato nel Mediterraneo. Oggi rappresentano invece un altro settore in crisi (con tutti i servizi finanziari che ne derivano): sia per i costi molto elevati del carico e scarico delle merci, dello stoccaggio e dei trasporti, sia per un certo ritardo nell'ammodernamento delle strutture, sia per la crisi industriale che coinvolge, in maggiore o in minore misura, l'area del Nord-Ovest d'Italia, gravitante su Genova. Nuoce altresì alla città la concorrenza anche di altri porti, liguri e non, appositamente attrezzati per il traffico di container o per il trattamento di merci oggi importantissime, come il petrolio, per il quale, ad esempio, si va sempre più affermando lo scalo di Savona-Vado Ligure, terminal dell'oleodotto per Trecate, in provincia di Novara. Il porto di Genova è passato da un movimento pari al 25-30% del totale delle merci importate ed esportate d'Italia, a poco più del 10%; con 32 milioni annui di tonnellate di merci smistate ha oggi perso il suo primato italiano, superato da Trieste e tallonato da vicino da Taranto. Anche il movimento dell'aeroporto di Genova è modesto.
Data la conformazione territoriale, con le montagne a picco sul mare, la realizzazione di vie di comunicazione con la Pianura Padana è sempre stata piuttosto difficoltosa. I romani realizzarono lungo la costa la via Aurelia, che collegava Roma con la Francia; su questa arteria furono innestate due diramazioni, una che partiva da Genova e attraversava il passo dei Giovi, l'altra che iniziava a Savona e superava il colle di Cadibona. Ancora oggi le arterie principali, stradali e ferroviarie, seguono questi tracciati. Sulla ferrovia costiera Roma-Livorno-Genova-Ventimiglia si innestano la Genova-Milano e la Savona-Torino; le autostrade comprendono la Milano-Genova (la cosiddetta Autostrada dei Fiori), le litoranee Genova-Ventimiglia e Genova-La Spezia-Livorno (sulla quale si dirama, attraverso il passo della Cisa, il raccordo con Parma e l'Autostrada del Sole), la Savona-Torino e la Voltri-Gravellona Toce (l'Autostrada dei Trafori), che collega la Svizzera con lo scalo portuale di Voltri.
CENNI STORICI
La Liguria antica
In Liguria la fascia rivierasca che va da Finale Ligure alla Francia costituisce un'area di notevole interesse paleoantropologico, in quanto sono state qui rinvenute tracce di insediamenti umani che risalgono al Paleolitico (grotta dei Balzi Rossi, zona delle Arene Candide, grotta della Basura a Toirano) e che, insieme con i ritrovamenti nel Finalese relativi all'Era neolitica, offrono la più preziosa documentazione di tutta l'Italia nord-occidentale dell'epoca.
Nelle ere protostoriche la regione fu popolata da etnie celtiche e, soprattutto, da Liguri, uno dei principali gruppi dell'Italia primitiva. I Liguri, che occupavano un vasto territorio che si estendeva dall'Appennino settentrionale alle Alpi meridionali e alla valle del Rodano, furono divisi e dispersi dalle ondate migratorie dei Celti: gli abitanti della costa si difesero arroccandosi tra il mare e le montagne e si dedicarono alla navigazione e ai commerci marittimi. Acquisirono così una coesione che permise loro di contrastare l'espansione romana, iniziata al tempo delle guerre puniche, nel III secolo a.C.
La romanizzazione della zona litoranea si completò dopo circa un secolo. Nell'Italia augustea la Liguria fece parte della Regio IX, i cui confini andavano dal mare al Po, dal Trebbia alla Lunigiana. La costruzione della litoranea via Iulia Augusta realizzò la concezione romana della strada orizzontale, dal tracciato coerente con le esigenze di comunicazioni a lunga distanza (da Genova alla Francia e di qui alla Spagna), che interrompeva la supremazia dei percorsi marittimi.
Ai secoli di pace, assicurati dall'Impero romano, seguì il periodo delle incursioni barbariche e dei saccheggi, che in Liguria furono compiuti prima dagli Eruli e poi dai Goti; successivamente la regione passò sotto la dominazione bizantina, che la protesse dall'avanzata dei Longobardi fino al 641 d.C., anno in cui re Rotari occupò Genova e ne distrusse le mura. Tra il IX e il X secolo, l'appartenenza al regno dei Franchi orientali, in cui la Liguria era inserita, non servì a proteggerla dalle devastanti incursioni dei Saraceni e dei Normanni. Il feudalesimo accentuò le peculiarità dell'economia agropastorale di montagna, priva di zone cerealicole, in quanto le poche aree pianeggianti erano paludose e disabitate.
In Liguria, come in tutta l'Italia nord-occidentale, a partire dall'XI secolo la rinascita politica ed economica fu dovuta al fiorire della civiltà comunale: Genova fu la prima città a costituirsi in Comune autonomo, sancito dal patto federativo del 1099. Genova, forte della nuova realtà comunale, avviò un processo di espansione e di predominio nel territorio ligure, cimentandosi al contempo con la concorrente Repubblica marinara di Pisa nel controllo dei commerci con la Francia e l'Oriente. La conquista dell'entroterra potè dirsi compiuta alla fine del XIV secolo, quando i confini della Repubblica di Genova si stabilizzarono nella fascia compresa tra Nizza e Portovenere, con ampie diramazioni appenniniche verso Ovada e Gavi. Da allora fino al XIX secolo la Liguria come stato territoriale dovette tutto a Genova, le cui casate nobiliari (i Grimaldi, gli Spinola, i Doria, i Fieschi, i Clavesana) influenzarono la vita sociale di tutto il territorio costiero, con l'eccezione del Finalese, appartenente al marchesato del Carretto.
Genova: una capitale tutta da scoprire
La Liguria visse le alterne vicende di Genova, la cui storia fu scandita da tre grandi fasi: l'ascesa militare e mercantile come repubblica marinara nel tardo Medioevo, intervallata da lotte tra fazioni nobiliari e da periodi di sottomissione ai Visconti di Milano e ai Francesi; il periodo d'oro della repubblica aristocratica, rafforzata dall'iniziativa diplomatica di Andrea Doria (1528); il declino politico tra Sei e Settecento.
Dopo la parentesi della Repubblica Ligure (1797-1805), voluta da Napoleone in accordo con i gruppi giacobini locali, Genova e la Liguria divennero territorio dell'Impero francese fino a che, con il Congresso di Vienna (1814-15), non furono consegnate ai Savoia. Durante il Risorgimento, sul ceppo della tradizionale ostilità antisabauda mise radici il Movimento democratico repubblicano, nel quale si riconobbe una parte dei ceti professionali urbani, e che fu incarnato dalla figura del genovese Giuseppe Mazzini. Da Quarto, presso Genova, mosse la spedizione dei Mille guidata da Garibaldi (1860), il più rilevante contributo militare e politico dei democratici all'unità nazionale. In quel periodo iniziò un movimento demografico che portò all'abbandono delle zone di montagna: fu l'effetto del successo della coltura dell'olivo, culminata tra la fine del Settecento e la fine dell'Ottocento, il cui alto valore, tipico di ogni coltura specializzata, trasformò radicalmente numerose zone della Liguria occidentale.
Sulle Riviere di Ponente e di Levante una novità fu rappresentata dalla ferrovia, che seguiva il percorso dell'Aurelia, la strada il cui ripristino fu iniziato da Napoleone e completato nel 1830. Con il treno cominciò la stagione del turismo, inizialmente elitario e prevalentemente costituito da stranieri, alla ricerca di oasi climatiche lungo la costa (Sanremo, Bordighera, Alassio, Santa Margherita e Rapallo), così che la Liguria verso la fine dell'Ottocento poteva considerarsi la prima regione turistica d'Italia. Il coevo decollo industriale si concentrò a Genova, come si è detto, favorito dalla costruzione tra il 1880 e il 1900 di grandi infrastrutture portuali, e a Savona, entrambe collegate dalla ferrovia alle regioni dell'Italia settentrionale. All'inizio del Novecento si formò il polo industriale di La Spezia, legato ai cantieri navali, mentre nell'entroterra genovese si radicava il paesaggio industriale delle ferriere e delle filande, e la zona di Oneglia si specializzava nell'industria alimentare. Proprio la presenza di strutture industriali e aeroportuali espose la Liguria a pesanti bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, epoca in cui la regione fu percorsa da un forte movimento antifascista di resistenza armata all'occupazione tedesca.
IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE
Liguria, un porto d'arte
Contrariamente al facile stereotipo che la vorrebbe una terra chiusa, serrata tra il mare e le montagne, abitata da gente altrettanto ostica, la Liguria è in realtà, da sempre, uno dei crocevia del mondo. Ragioni geografiche e storiche ne hanno favorito il ruolo di frontiera tra rotte marittime e terrestri, fra il Mediterraneo e l'Europa, e tra questi e il resto del pianeta. Nel campo della produzione artistica, committenti e autori hanno avuto modo di confrontarsi per secoli con culture forestiere, sia attraverso opere giunte da ogni dove, sia per l'arrivo di stranieri.
Dalle incisioni rupestri alle vestigia romane
Le tracce più remote si incontrano nell'estremo Ponente, ai Balzi Rossi - uno dei siti più importanti della preistoria italiana, insieme ad altri nel Finalese e a Toirano - frequentato per oltre centomila anni, dal Paleolitico inferiore fino a circa diecimila anni fa. Vi compaiono anche le prime espressioni figurative, con il profilo di un cavallo graffito su una parete rocciosa e una quindicina di statuine femminili, simboliche "Veneri" di fertilità e abbondanza.
Sulle Alpi Marittime, attorno al Monte Bego - oggi oltre il confine francese - si sviluppò dall'Età del Bronzo un eccezionale santuario all'aperto, con circa centomila incisioni rupestri. All'Età del Ferro risale la necropoli di Chiavari, presentata nel locale Museo Archeologico, con corredi che rimandano a una comunità già articolata in classi sociali nell'VIII-VII secolo a.C. Ben più ricca la necropoli della Genova preromana (V-III secolo a.C.), con raffinate ceramiche e altri oggetti importati soprattutto dal mondo greco ed etrusco, in buona parte esposti nel Museo Archeologico di Pegli.
Il lungo processo di romanizzazione, ostacolato dalla strenua resistenza degli indigeni e suggellato infine dall'imponente
Trofeo di Augusto a la Turbie (13-5 a.C.), portò alla fondazione di città provinciali - ma non per questo prive di motivi di interesse - quali Luni (177 a.C.), legata all'esportazione del marmo apuano, Albintimilium (Ventimiglia, 180 a.C.) e Albingaunum (Albenga, un secolo più tardi). In quest'ultima, subentrata Bisanzio a Roma, si realizzò nel Battistero l'unico - piccolo e magnifico - mosaico bizantino del V secolo conservato nel Nord Italia fuori Ravenna. Qui e altrove si incontrano poi marmi e altri segni del successivo dominio longobardo. Rapporti con l'oltremare della rinascenza macedone, tra X e XI secolo, sono dichiarati nell'abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte - incastonata in un'incantevole baia del promontorio di Portofino - tanto nell'impianto architettonico della chiesa, quanto soprattutto nei tipici capitelli "a stampella" del chiostro. Elementi analoghi vennero recuperati a Genova nell'ottocentesca demolizione della chiesa di S. Tommaso e sono ora nel Museo di Sant'Agostino, scrigno di frammenti scultorei recuperati dalle distruzioni degli ultimi due secoli, prodotti dall'età romana al tardo Settecento.
Il periodo comunale e delle Signorie
Costituitosi sul finire dell'XI sec., il Comune genovese mise in atto già nel XII secolo una forte politica di espansione lungo le riviere e penetrazione all'interno, confrontandosi con i poteri feudali e le altre comunità locali, ora accordandosi, ora conquistando, ora fondando città, come Chiavari (1147-78), caposaldo contro i Fieschi, conti di Lavagna, ricordati al di là del torrente Entella dal palazzo con l'adiacente gotica basilica di S. Salvatore, voluta da papa Innocenzo IV nel 1245 sul luogo d'origine del proprio casato.
Vari territori resistettero a lungo, con l'elaborazione di esperienze artistiche autonome e parallele a quelle del capoluogo. Il Comune di Savona capitolò nel 1528, troncando un Rinascimento che aveva visto protagonisti i due pontefici Della Rovere - Sisto IV e Giulio II - con Giuliano da Sangallo architetto del palazzo di famiglia e pittori come Donato de' Bardi e Vincenzo Foppa. Il Finale rimase ai marchesi Del Carretto fino al 1598, per passare alla Spagna e poi all'Austria, che solo nel 1713 lo vendette a Genova.
Al confine col mondo toscano, Sarzana, a lungo contesa tra pisani, lucchesi, milanesi, genovesi e fiorentini, passò alla Repubblica di Genova nel 1562. Erede dell'antica Luni, a cavallo della Via Francigena che dal Nord portava a Roma, essa conserva nella cattedrale la
Croce di Maestro Guglielmo, il primo esempio - datato 1138 - dei molti crocifissi dipinti di cui sono ricche la Toscana e l'Umbria.
Durante il tardo Medioevo e il primo Rinascimento, per l'edificazione, la decorazione e l'arredo della metropoli ci si rivolse in prevalenza ad artefici forestieri e a importazioni, accogliendo culture architettoniche e figurative da varie zone d'Europa e del Mediterraneo. Si andava dall'Oriente islamico e bizantino a diverse aree della Francia; dalla Penisola Iberica alle Fiandre, meta di interessi commerciali riflessi nella cospicua presenza di capolavori fiamminghi. Da regioni italiane, in un ampio arco di tempo giunsero - o inviarono opere - Manfredino da Pistoia, Giovanni Pisano, Barnaba da Modena, Giovanni Mazone, Carlo Braccesco, Matteo Civitali, Andrea Sansovino e molti altri. Preziose reliquie e oggetti di culto pervenuti o prodotti a Genova nei secoli sono splendidamente esposti dal 1956 nel Museo del Tesoro di San Lorenzo, di Franco Albini, gemma della museografia mondiale del dopoguerra.
A maestranze lombardo-ticinesi, altamente specializzate nel costruire e scolpire, si affidò la maggior parte del patrimonio architettonico, dal Romanico all'Ottocento, passando dal rinnovamento edilizio quattrocentesco e dai grandi cantieri del Cinque e Seicento. Tra le principali dinastie che si tramandavano il mestiere di padre in figlio citiamo i Gagini, i Carlone, gli Orsolino.
Nel Ponente - tra Albenga e Briga - i piemontesi Giovanni Canavesio e i Biazaci lasciarono nel tardo Quattrocento polittici e affreschi di un gustoso realismo popolaresco, mentre il nizzardo Lodovico Brea propose a Taggia, Savona e Genova ben più raffinati richiami all'area ligure-provenzale.
Si data al 1528 l'avvio del "secolo dei Genovesi". Artisti romani furono chiamati a lavorare a Genova e genovesi inviati ad aggiornarsi a Roma.
Nel 1548 il perugino Galeazzo Alessi innalzò un rivoluzionario palazzo "alla romana" per Luca Giustiniani nella villeggiatura di Albaro (attuale facoltà di Ingegneria), prototipo seguito per secoli in analoghe realizzazioni in città e fuori. Lo stesso architetto realizzò per i Sauli l'enorme basilica gentilizia di S. Maria Assunta, ispirata in versione ridotta a una delle proposte per il San Pietro vaticano. Nel Cinquecento si diffuse l'uso di rivestire ad affreschi e stucchi non solo gli interni, ma anche le facciate degli edifici. Un tripudio di figure, colori, messaggi allegorici e finzioni architettoniche trasformò la scena urbana in un paesaggio fantastico, oggi solo in parte conservato nella sua autenticità, in parte irreparabilmente slavato e in parte da poco ridipinto con esiti non sempre convincenti. Luca Cambiaso, Giambattista Castello il Bergamasco, i Semino, i Calvi, e poi Lazzaro Tavarone e Bernardo Castello sono i campioni di questa felice stagione della grande decorazione di palazzi e chiese, autori anche di numerose tele.
La splendida stagione del barocco genovese
Proseguirono e si intensificarono i rapporti con le Fiandre, con una vivace colonia di pittori e argentieri fiamminghi che nel primo Seicento accolse prima Peter Paul Rubens e poi Antonie Van Dyck, autori di pale d'altare, superbi ritratti e altri soggetti. La rubensiana
Circoncisione nella chiesa del Gesù (1605) è indicata da alcuni critici come il primo dipinto barocco nella storia dell'arte. Lo stesso Rubens, colpito dalla modernità e dall'alta qualità residenziale delle dimore genovesi, tornato in patria curò la pubblicazione di un repertorio di accurati rilievi, edito ad Anversa nel 1622. Molti aristocratici intrapresero l'acquisto di opere sul mercato internazionale, unitamente a specifiche commissioni a pittori locali e stranieri. Si costituirono così nell'arco di alcune generazioni favolose quadrerie in parte tuttora private e difficilmente accessibili, in parte purtroppo disperse dagli eredi, in parte divenute musei, come le Civiche raccolte dei Palazzi Rosso e Bianco e le Gallerie nazionali dei Palazzi Spinola e Reale. Tra i nomi forestieri ripetutamente presenti, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Guido Reni, i Carracci, Guercino, Procaccini, Caravaggio, Mattia Preti, Aurelio Lomi, Orazio e Artemisia Gentileschi, Luca Giordano, oltre ai già citati fiamminghi e altri.
Grazie anche a queste presenze, nel Seicento maturò in Liguria una cultura pittorica che con linguaggi originali e variati seppe rielaborare autonomamente una moltitudine di spunti e suggestioni. Si possono ricordare Gio Andrea Ansaldo, Gioacchino Assereto, Gio Bernardo Carbone, i Carlone, Valerio Castello, Gio Andrea e Orazio De Ferrari, Domenico Fiasella, il Grechetto, Giambattista Paggi, Bernardo Strozzi.
A secolo inoltrato, la civiltà barocca espresse capolavori quali gli apparati scultorei del marsigliese Pierre Puget e del genovesissimo Filippo Parodi, di chiara ascendenza berniniana, o la grande pittura - affreschi e tele per trasfigurare palazzi e chiese - soprattutto di Domenico Piola e di suo genero Gregorio De Ferrari, originario di Porto Maurizio.
I Ricca, architetti di Lavina di Rezzo (Imperia), tra Sei e Settecento edificarono interessanti chiese non solo nel Ponente, ma nella stessa Genova e dintorni.
Edicole votive disseminate ovunque nel capoluogo e negli altri centri - la maggior parte dedicate alla Vergine e risalenti ai secoli XVII e XVIII - testimoniano un'intensa religiosità popolare, con oscuri scalpellini a fianco di celebri scultori come Francesco Maria Schiaffino. Allo stesso periodo risale la massima fioritura di presepi artistici, con figurine articolate di legno e vestite, molte delle quali rimangono visibili anche al di fuori del periodo natalizio, in musei e allestimenti stabili.
La scultura lignea sei-settecentesca - nella quale si distinguono i Bissoni e Anton Maria Maragliano, in una tradizione protrattasi nell'Ottocento - produsse gruppi sacri di veristica teatralità, crocifissi e casse processionali tuttora esibiti dalle confraternite nelle manifestazioni devozionali in tutta la regione, tra le quali spiccano le processioni del Venerdì santo a Savona e del 24 giugno a Genova, festa del patrono San Giovanni Battista.
Figli d'arte, Domenico Parodi e Lorenzo De Ferrari condussero l'esperienza tardo-barocca attraverso la prima metà del Settecento, cimentandosi anche in sfarzose "gallerie degli specchi", rimpicciolite reinvenzioni di Versailles. Nel panorama pittorico un posto speciale spetta alla potente visionarietà di Alessandro Magnasco.
Settecento, tra Rococò e Neoclassicismo
La dipendenza culturale dalla Francia, in gran parte conseguente al bombardamento navale del 1684 e riscontrabile in molteplici campi, in architettura raggiunse l'apice poco dopo la metà del secolo, con il Palazzo Durazzo Bombrini eretto a Genova Cornigliano da Pierre Paul de Cotte, grandiosa residenza parigina trasferita alla foce del Polcévera, con notevoli innovazioni strutturali e abitative.
Scaduto il Rococò, gli anni Settanta e Ottanta del Settecento vissero intensamente l'affermarsi del neoclassicismo, con nuove costruzioni e ammodernamenti di palazzi e giardini, in città e in villa, avviati da Charles de Wailly e poi condotti da Andrea Tagliafichi, Gregorio Petondi, Giambattista Pellegrini e altri nomi. Il lombardo Simone Cantoni ricostruì il corpo centrale del Palazzo ducale devastato dall'incendio del 1777. Suo fratello Gaetano innalzò nel 1781 il Duomo di Porto Maurizio.
Alla fine dell'antico regime, la scena genovese fu dominata fino al 1835 da Carlo Barabino, architetto e urbanista che gestì l'avvio della città moderna, con piani regolatori e vari edifici, tra cui il teatro Carlo Felice e l'adiacente sede dell'Accademia di Belle Arti, istituzione fondata nel 1751 dall'aristocrazia illuminata che, con donazioni dalle proprie quadrerie, la dotò di un museo via via ampliato, per lo studio degli allievi.
Architettura e urbanesimo: le forme del moderno
Nello sviluppo ottocentesco e di primo Novecento, il capoluogo e gli altri centri della regione - dopo un iniziale richiamo alle forme degli antichi palazzi patrizi ridotte a superficiali decorazioni per caseggiati borghesi - adottarono la variegata gamma di soluzioni architettoniche e decorative comuni a molte aree italiane e straniere, muovendosi tra stili storici, eclettismo e liberty, con esiti interessanti ma di non particolare originalità. Tra le poche eccezioni, le fantasmagoriche e spregiudicate creazioni del fiorentino Gino Coppedè, nel Castello Mackenzie di Genova e in altre ville e palazzi.
Due belle piazze genovesi degli anni Trenta sono emblematiche degli opposti orientamenti dell'architettura italiana alla vigilia della seconda guerra mondiale: piazza della Vittoria, di Marcello Piacentini, richiama con retorica enfasi non priva di eleganza le aspirazioni del regime alla romanità imperiale; piazza Rossetti, di Luigi Carlo Daneri, propone con raffinatezza la semplice attualità del razionalismo europeo.
Nel panorama architettonico contemporaneo, gli ultimi decenni hanno espresso opere di rilievo, oggetto di appassionati dibattiti. Fra i tanti esempi, a Genova si possono citare i musei di Albini e Helg; il viadotto sul Polcévera di Morandi e Cherubini; le ricostruzioni dello stadio Ferraris (Gregotti), del teatro Carlo Felice (Rossi, Gardella, Reinhart) e del complesso di S. Silvestro per la nuova facoltà di Architettura (Gardella, Grossi Bianchi); la progettazione del Centro di S. Benigno, dello studio americano "S.O.M"; la ristrutturazione del Porto Antico per l'Expo'92 di Renzo Piano.
Il secolo XIX era stato anche il periodo della scoperta della Liguria da parte delle élites straniere attratte dall'ambiente e dal clima, di cui rimangono molteplici testimonianze. Il parco di Villa Pallavicini a Genova Pegli, inaugurato nel 1846, fu concepito non più solo per privato diletto, ma come attrazione turistica di fantastica scenograficità. Quasi al confine con la Francia, l'inglese Thomas Hanbury avviò nel 1867 un importantissimo parco di acclimatazione di piante esotiche. Bordighera presenta architetture di Charles Garnier, l'autore dell'Opéra di Parigi. A Sanremo il soggiorno della zarina Maria Alexandrovna nel 1874 è ricordato dalla chiesa russa del Cristo Salvatore, disegnata da A.V Scusev, progettista del Mausoleo di Lenin.
Una straordinaria presenza di arte orientale in Italia si deve a Edoardo Chiossone, che donò al Comune di Genova le collezioni raccolte nel lungo soggiorno giapponese (1875-98), poi integrate da ulteriori acquisizioni ed esposte in un moderno museo.
Altri musei documentano pittura e scultura degli ultimi due secoli, di autori sia liguri sia forestieri, nel variegato panorama dell'arte moderna e contemporanea, contemplata e promossa anche da varie gallerie private.
Tra i musei d'ultima generazione emerge l'"Amedeo Lia" di La Spezia, frutto del mecenatismo di un collezionista d'arte antica. Parallelamente allo sviluppo del nuovo, già nel secondo Ottocento si era affermato l'interesse per le memorie del passato, con l'inizio di ricerche e restauri che - dapprima ad opera di Alfredo D'Andrade e con libertà oggi impensabili - hanno restituito immagini di un Medioevo perduto e in buona parte reinventato, ma di grande fascino: citiamo Palazzo S. Giorgio, porta Soprana e S. Donato a Genova; S. Paragorio a Noli e ad Albenga il Battistero. Con criteri diversi, il recupero dell'antico prosegue ora insieme alle nuove realizzazioni, accompagnando le città verso il futuro.
I PARCHI CULTURALI
Non sono parchi come tutti gli altri, con un territorio delimitato e dei confini precisi, ma sono parchi virtuali, luoghi della mente. I Parchi culturali hanno l'ambizione di spostare l'attenzione verso una maggiore consapevolezza e conoscenza di un territorio ricco sia dal punto di vista storico e architettonico che naturalistico e culturale.
Parco Culturale Riviera dei Fiori-Alpi Marittime
Il Parco interessa il territorio di tutta la provincia di Imperia e guarda con attenzione alla vicina Francia, in particolare alla regione di Nizza con la quale esistono storici legami. Copre un territorio molto vario: dalle spiagge di famose località balneari come Sanremo e Bordighera agli oltre duemila metri delle cime delle Alpi Marittime. Un territorio che presenta numerosi motivi di interesse: naturalistici, storici ed artistici.
Un territorio molto conosciuto che però, e forse proprio per questo, può riservare piacevoli sorprese.
Italo Calvino è nato a Cuba, ma è cresciuto a Sanremo, una città da cui si è allontanato dopo la seconda guerra mondiale per trasferirsi a Torino, poi a Parigi e a Roma; una città, Sanremo, dalla quale non è mai riuscito a liberarsi, quasi un'ossessione per lo scrittore che aveva sempre presente la Liguria nel suo immaginario quando si accingeva a scrivere. In questi luoghi sono ambientati quasi tutti i primi racconti e romanzi, tra cui
Il barone rampante. Un itinerario calviniano a Sanremo conduce il visitatore in giro per la città nei posti frequentati dallo scrittore - la villa dove è cresciuto, la scuola, il cinema, la passeggiata Imperatrice - ma anche nei luoghi descritti da questo autore, ormai non più ligure né italiano, ma di fama internazionale.
Imperia è forse meno conosciuta di Sanremo, ma è altrettanto invitante con uno dei centri storici più conservati della costa, il Parasio. In più ha avuto un ruolo di rilievo nella letteratura del Novecento. L'industria Sasso, oltre che produrre olio, divenne un luogo d'incontro letterario, tramite la rivista "La Riviera Ligure", alla quale collaborarono, sotto la guida dal poeta Mario Novaro, figlio del fondatore dell'oleificio, i migliori scrittori e poeti della prima metà del Novecento, tra cui Pascoli, Pirandello, Capuana, Deledda, Alvaro, Ungaretti, Campana, Rebora, Saba, Sbarbaro e Boine. Due itinerari, che si snodano tra Diano Marina, Oneglia e Porto Maurizio, conducono sulle tracce lasciate dalla famiglia Novaro e da Giovanni Boine. Il patriota Giovanni Ruffini, invece, ha ambientato tra Bordighera e Taggia il primo romanzo che descrive la Riviera. Aveva una casa a Taggia ma fu costretto a vivere in esilio in Gran Bretagna dove pubblicò il romanzo
Doctor Antonio, che fece conoscere le bellezze della Riviera ai sudditi della Regina Vittoria che affluirono numerosi alla fine dell'Ottocento. Un itinerario a Taggia conduce nei luoghi descritti e "vissuti" dallo scrittore. Infine un pittore, il grande Claude Monet che trascorse dieci settimane a Bordighera.
Lungo questi itinerari il Parco organizza visite guidate musicate ed animate con la presenza di attori e musicisti che accompagnano i visitatori alla riscoperta di questi luoghi carichi di storia ed atmosfera. Inoltre, ogni anno all'inizio dell'estate nei suggestivi giardini Hanbury, adagiati sul promontorio della Mortola, ha luogo il Premio Hanbury, dove vengono premiate opere dedicate alla botanica. è promosso dal prestigioso Premio Grinzane Cavour che è stato il primo in Italia a concepire il progetto dei parchi culturali.
Parco Culturale del Tigullio
Il Parco Culturale del Tigullio nasce nell'estate 1999, per creare un'ulteriore occasione alla conoscenza dei luoghi e della cultura di tutto il territorio, dalla costa all'entroterra, e offrire nuove opportunità a un turismo qualificato e di cultura. Sono stati così predisposti numerosi percorsi, sulle tracce di quelle presenze, attraverso reperti, testimonianze, opere, per condurre il visitatore nei luoghi e nelle atmosfere che furono scelti da scrittori, artisti, musicisti di tutto il mondo e di ogni tempo (Andersen, Cascella, Capote, D'Annunzio, Dante, Duse, Freud, Gadda, Garibaldi, Hesse, Kandinskij, Kokoschka, Lamartine, Manzoni, Marconi, Maupassant, Nietzsche, Petrarca, Picasso, Pound, Quasimodo, Sbarbaro, Sibelius, Stendhal, Wagner, Yeats). Un ricco programma di iniziative rivolte alle scuole di ogni ordine e grado contribuisce a radicare nelle giovani generazioni del Tigullio un concetto del territorio fatto di rispetto e valore.
Parco Letterario Eugenio Montale
Per secoli gli abitanti di Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore hanno vissuto isolati nei loro paesi.
Secoli di povertà, di fatica, di incursioni saracene: hanno ricamato le loro montagne che corrono ripide giù verso il mare, costruendo muretti a secco e terrazze per coltivare olivi e vigne, quelle "fasce" rubate ai pendii che, viste dall'alto, sembrano gironi infernali.
Certo Montale era un osservatore del tutto particolare. La casa che i suoi genitori fecero costruire a Monterosso all'inizio del secolo, è proprio di fronte alle cave del Mesco. Il poeta ci trascorreva le vacanze con la famiglia, le sue estati da bambino. Passava ore affacciato alla balaustra del giardino. è il paesaggio delle Cinque Terre fino a Portovenere, l'elemento a cui ricorrerà spesso per costruire la sua poetica, un paesaggio invadente, sempre presente nella memoria, dal quale cercherà di liberarsi senza riuscirci mai.
Il Parco Letterario Eugenio Montale, a cura della Fondazione Ippolito Nievo, cerca di far rivivere al visitatore le emozioni intense che Montale ha fermato sulla pagina: guide esperte accompagnano i visitatori tra le terrazze a picco sul mare, alla ricerca delle tracce lasciate dal poeta, mentre alcuni attori leggono le sue poesie.
Parco Culturale Lerici
Golfo dei Poeti: già nel nome di questo spicchio di Liguria è racchiuso lo spirito che anima gli itinerari letterari. Qui soggiornarono gli Shelley, e qui il loro struggente rapporto d'amore ebbe fine: Percy B. Shelley morì annegato vicino alle coste toscane, mentre Mary, l'autrice del "Frankenstein", lo aspettava nella villa di San Terenzo, situata di fronte al mare. Qui trascorse qualche giorno Lord Byron, qui scelse di fermarsi D.H. Lawrence, di qui è passata Virginia Woolf.
Parco Culturale Val di Magra - Terra di Luni
La Val di Magra non è stata ancora presa di mira dal turismo di massa, anche se è uno dei posti più incantevoli della regione. è situata al suo limite estremo, laddove la Liguria si confonde con la Toscana. Il Magra, dopo essersi arricchito della acque del Vara, sfocia nel mare vicino a Luni, un tempo splendente città romana abbellita dal marmo delle Apuane.
Le guide d'eccezione, che conducono il visitatore a percorrere l'itinerario attraverso i borghi della valle arroccati sulle colline, sono i classici Dante Alighieri, Petrarca, Boccaccio, Mary Shelley ma anche i poeti e gli scrittori del Novecento come Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Eugenio Montale, Elio Vittorini, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir, Vittorio Sereni, Franco Fortini, Giorgio Bassani, Mario Soldati, Mario Tobino, Giovanni Giudici, Maurizio Maggiani e l'editore Giulio Einaudi.
L'itinerario parte da Ameglia e si conclude a Romito, attraversando Montemarcello; il monastero dei Benedettini di Santa Croce del Corvo visitato da Dante; Bocca di Magra, "posto di vacanza" degli intellettuali che hanno fatto la storia letteraria del dopoguerra; Fiumaretta, dove c'era un tempo la pista da ballo descritta da Marguerite Duras; Luni, decantata dai grandi poeti della tradizione; Ortonovo, il borgo immerso negli ulivi fonte d'ispirazione del poeta Ceccardo; Castelnuovo Magra, il paese di cui Maurizio Maggiani ha descritto la storia e Mario Soldati la cucina e i vini; Sarzana, delle cui bellezze parla Guicciardini e Mario Soldati; e poi Ponzano, Santo Stefano, Vezzano dove Mario Tobino ha ambientato
La Brace dei Biassoli; Masignano dove prendono il sole le vigne predilette da Soldati; Arcola e Trebiano descritti da Simone de Beauvoir.
LE CITTÀ
Genova
(604.732 ab.). La
città di
Genova,
capoluogo della Liguria, si trova nel punto più interno del golfo omonimo
ed è disposta ad anfiteatro digradante dalle colline verso il mare.
Importante per l'economia della città è il porto che alimenta una
notevole attività commerciale e industriale. Fra le principali industrie
sono quelle siderurgiche, metallurgiche, meccaniche, tessili, alimentari, i
cantieri navali, le raffinerie, gli stabilimenti chimici e farmaceutici.
STORIA. Le origini della città di Genova sono antichissime e ancora oscure. Di certo si sa che fu fondata dai Liguri, popolazione costituita da famiglie isolate che si riunivano soltanto per difendersi dagli attacchi nemici. Il suo nome pare derivi dalla parola celtica
genua, adito o entrata, in quanto sbocco sul mare e via d'accesso verso l'alta Italia e l'Europa centrale. La storia della città ha avuto inizio nel 205 a.C., anno in cui il cartaginese Magone, fratello di Annibale, la invase dal mare e la saccheggiò, distruggendola, a causa della sua amicizia con Roma. Due anni dopo furono proprio i Romani del pretore Spurio Lucrezio a portare a Genova 8.000 lavoratori allo scopo di riedificare la città, ingrandirne il porto e dotarla di una cinta muraria di protezione. Per questo motivo Genova restò fedele a Roma e diventò il centro commerciale e marittimo della Liguria. Rimasta indipendente, anche dopo le invasioni barbariche, per aver offerto asilo politico ai profughi lombardi e al vescovo di Milano, Genova fu conquistata e distrutta dal longobardo Rotari nel 641 e in seguito (773) fece parte dell'Impero di Carlo Magno, sempre godendo di notevoli privilegi. Normanni e Saraceni ebbero spesso mire sull'importante porto ligure, tanto che questi ultimi attaccarono la città in forze nel 934. Genova si difese con coraggio e scacciò gli invasori, i quali però, a due soli anni di distanza, raggiunsero la città con un flotta ancora più imponente, la attaccarono, la saccheggiarono e fecero numerosi prigionieri. I Genovesi non si diedero per vinti e inseguirono i Saraceni fino all'isola dell'Asinara, ritornando in possesso dei beni e liberando i prigionieri.
Il Medioevo è un periodo importante per la città, soprattutto per un evento storico eccezionale: le crociate. Intraprendenti e coraggiosi, i Genovesi parteciparono alle spedizioni in Terra Santa con notevole impeto, spinti anche dal desiderio di conquistare nuovi mercati in Oriente. A guidarli fu Guglielmo Embriaco (1099) che con la sua intelligenza contribuì efficacemente all'espugnazione di Gerusalemme. Nel 1155 Genova edificò una nuova e più imponente cinta muraria per difendersi da possibili attacchi di Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, il quale nel 1062 venne a patti con la città in cambio di un aiuto contro i Normanni. Nuove imprese furono inoltre attuate dai Genovesi contro i Mori di Spagna e di Barberia, imprese che si conclusero nel 1231 con le vittoriose battaglie di Almeria e Majorca. In questo periodo e fino al 1339, anno in cui fu eletto doge Simone Boccanegra, Genova fu caratterizzata dallinstabilità politica causata dalla rivalità fra le numerose famiglie nobili della città, ciascuna delle quali aveva una piccola porzione dell'abitato con i suoi palazzi, la sua piazzetta e la sua chiesa. Si passò così, alternativamente, dalla Compagna comunale ai consolati, dai governi dei podestà stranieri a quelli dei dogi, sempre sotto gli altalenanti protettorati di Milano e della Francia. Nonostante ciò, comunque, Genova rimase sempre uno dei massimi centri commerciali ed economici d'Europa, grazie al suo popolo di navigatori e di mercanti appassionati e spregiudicati.
Il Cinquecento è anche noto, nella storia d'Europa, come il secolo dei genovesi. In questo periodo, infatti, la potenza finanziaria della città e la sua situazione politica erano tali da farne una vera e propria potenza di livello europeo, capace di prestare denaro ai maggiori governi, dalla curia romana all'Impero spagnolo, alle grandi corti europee. Tutto ebbe inizio nel 1528, quando Andrea Doria, detto il Principe, stanco di servire la Francia, che aveva allora la sovranità su Genova, si appoggiò all'imperatore Carlo V, allestì una flotta di dodici galee e conquistò la sua città. Da quel momento iniziò un periodo di grande splendore e ricchezza per la Superba, anche grazie a una ritrovata tranquillità politica e all'eliminazione delle numerose fazioni avverse che da tempo si contendevano il potere. Dal 1528 al 1797, anno della definitiva caduta della Repubblica di Genova, non si ebbero più dogi perpetui, ma ogni doge stava in carica due anni. Ricca, importante e libera, come sempre aveva voluto essere, nel Cinquecento Genova si abbellì di straordinari edifici e di opere d'arte di grande valore. Lavorarono in città figure artistiche di grande livello come Pierin del Vaga, Galeazzo Alessi, Luca Cambiaso e Rubens. Del 1626-32 è l'edificazione dell'ultima e più possente cinta muraria genovese, progettata fra gli altri da Ansaldo de Mari e G.B. Baliani, eretta per proteggere efficacemente la città dalle preoccupanti aggressioni dei Savoia. Pochi decenni più tardi (1684) Genova fu oggetto di un bombardamento via mare da parte dei Francesi, mentre nel 1815 cadde sotto il potere del Regno di Sardegna.
Durante tutto l'800 Genova vive un periodo di opacità, soprattutto dal punto di vista intellettuale, culturale e finanziario, ma nei salotti delle ville del genovesato iniziano a farsi breccia quei discorsi di libertà fondamentali per la nascita dell'Italia unita. Mazzini, Garibaldi, Cavour, questi i nomi dei personaggi storici che hanno dato vita all'unità del Paese. La storia successiva della città è strettamente legata a quella d'Italia, con lo scoppio della prima guerra mondiale, l'avvento del fascismo - con la realizzazione della Grande Genova (1926) - e con il secondo conflitto mondiale del quale la città porta ancora tracce indelebili. Nel '900 Genova perde un po' del suo carattere prettamente mercantile e, in particolare nel secondo dopoguerra, si rivolge, non senza reticenze, all'industria. Sorgono ferriere, acciaierie, industrie di base e zuccherifici, mentre riprende vigore l'importante settore della cantieristica navale. L'industria pesante resta comunque la più importante per tutta la seconda metà del secolo. In questo periodo la città si espande occupando le due valli laterali, Bisagno e Polcevera, e la costa, e raggiungendo, negli anni Trenta, i 239 kmq.
ARTE. Stretta tra il mare e le colline appenniniche, la
città ha assunto una particolare conformazione urbanistica estesa in
lunghezza che alterna slarghi di ampio respiro (le signorili piazze della
Vittoria, De Ferrari e Corvetto) a zone anguste intersecate da vicoli tortuosi,
i tipici carugi. Il ricco patrimonio monumentale genovese si nasconde proprio
qui, nel cuore della città bassa attorno al porto, dove ancora si
può cogliere il vero volto popolare della vita cittadina.
Il
Medioevo è rappresentato dalle chiese di San Donato, romanica (1189), di
S. Giovanni di Pré (XII sec.), di Santa Maria di Castello, romanica, con
due bei chiostri quattrocenteschi, di San Luca (1138), S. Stefano, risalente al
X sec., Sant'Agostino, (1260 circa) gotica, S. Matteo in stile romanico-gotico e
interno rinascimentale (nella cripta, tomba del celebre ammiraglio Andrea
Doria). La Cattedrale di S. Lorenzo, consacrata nel 1118, reca nella facciata
evidenti influssi francesi (portali e rosone) e pisani (paramento a bande
bianco-nere).
Da visitare il Tesoro, che annovera tra i pezzi più
importanti anche una coppa romana (I sec. d.C.) in vetro (Sacro Catino),
identificata dalla tradizione col Santo Graal. Fanno parte dell'antico tessuto
urbano medioevale anche il Palazzo San Giorgio (1260), le Case dei Doria, che si
affacciano sulla piazzetta San Matteo, Porta Soprana (1155) con il chiostro di
S. Andrea (XII sec.) e la piccola Casa di Colombo dove si ritiene sia vissuto il
grande navigatore. Il periodo di maggior splendore per quanto riguarda la
costruzione di nuovi palazzi residenziali per le famiglie patrizie più in
vista della città è quello rinascimentale. Tra il XVI e il XVII
sec. sorgono infatti i sontuosi palazzi Cambiaso, Parodi, Doria, Doria Tursi,
Cataldi, Palazzo Bianco (ampliato e rimaneggiato nel XVIII sec., è sede
di una notevole Pinacoteca con opere soprattutto fiamminghe e locali), Palazzo
Rosso (anch'esso ospita un'interessante Galleria, celebre per le collezioni di
ritratti di Van Dyck e dipinti di Caravaggio, Veronese, Tiziano).
La
Galleria Nazionale d'Arte Antica ospitata nei saloni di Palazzo Spinola (esempio
fulgente di dimora gentilizia genovese) vanta tra i capolavori esposti un
Ecce Homo di Antonello da Messina e la
Madonna in preghiera di Joos van Cleve. Nel XVII sec. la famiglia Balbi aprì la propria strada monumentale con sontuosi edifici tra cui spicca il Palazzo reale, divenuto proprietà dei Savoia nel 1824 e sede di un Museo d'Arte.
Eleganti esempi di architettura e decorazione barocche sono le chiese di S. Siro (rifacimento di una costruzione del X sec.); di S. Caterina, di S. Luca, con interno completamente affrescato, e della SS. Annunziata del Vastato la cui facciata è opera di C. Barabino.
Da non dimenticare una visita all'ottocentesco Cimitero di Staglieno, (vi
è sepolto Giuseppe Mazzini), al Palazzo dell'Accademia Linguistica di
Belle Arti (1831) del Barabino con Pinacoteca; al Museo Chiossone di arte
orientale e al Palazzo ducale, con facciata neoclassica di Simone Cantoni
(1806).
Piazza della Vittoria a Genova
Genova: chiesa di Santo Stefano
Tour virtuale del porto di Genova
LA PROVINCIA. La provincia di Genova
(873.604 ab.; 1.838 kmq) comprende il versante meridionale e parte del versante
padano dell'Appennino Ligure ed è bagnata dal Mar Ligure. Prodotti
principali dell'agricoltura sono frutta e ortaggi, vino, olio, agrumi, cereali e
foraggi. Le industrie, per lo più concentrate nel capoluogo, sono quelle
meccaniche, tessili, chimiche, alimentari, delle costruzioni navali. Sono anche
presenti cave di marmo, di ardesia, e di lavagna nonché giacimenti di
pirite, rame e manganese.
È tuttora presente la tradizione
artigianale della lavorazione dell'oro, dell'avorio, del tombolo, del
macramé, e delle sedie. Altra importante risorsa è il turismo,
sviluppato soprattutto nelle stazioni balneari di fama internazionale e nelle
località climatiche. Fra i centri principali ricordiamo Arenzano,
Bogliasco, Camogli, Cavi di Lavagna, Chiavari, Cogoleto, Moneglia, Pegli,
Portofino, Rapallo, Recco, Santa Margherita Ligure, Sestri Levante, Sori,
Zoagli.
Panorama di Sori (Genova)
Luoghi di interesse
Acquario
Costruito in occasione di Expo '92, cinquecentesimo anniversario della scoperta del Nuovo Mondo, nell'area del porto Antico, l'Acquario di Genova fu progettato per la parte esterna dall'architetto genovese Renzo Piano e per gli interni dallo statunitense Peter Chermayeff. Aperto al pubblico il 15 ottobre 1993, è il più grande acquario d'Europa, e ogni anno accoglie circa 1.200.000 visitatori con le sue 71 vasche e i suoi 10.000 metri quadrati. Questi ultimi comprensivi della Grande Nave Blu dove a pesci e crostacei si affiancano rare varietà di rettili e piante provenienti dal Madagascar. L'Acquario di Genova è una struttura in continua evoluzione: i popolamenti e gli allestimenti delle vasche sono rinnovati costantemente. La sua missione è di sensibilizzare il pubblico alla conservazione e gestione razionale degli ambienti acquatici. Particolare attenzione viene dedicata al mondo della scuola, con attività didattiche ed educative conformi ai programmi ministeriali e realizzate in collaborazione con gli insegnanti.
Bigo
Ascensore panoramico, originariamente una gru montata sulle navi da carico, è stato trasformato da Renzo Piano nel simbolo architettonico del porto Antico di Genova, per offrire un panorama mozzafiato della città. Salendo su questo ascensore panoramico si può osservare la città a 360 gradi: è possibile ammirare la bellezza di Genova da un'altezza di 40 metri, grazie alla cabina rotante e trasparente di questo spettacolare ascensore.
Levandosi al di sopra delle usuali prospettive la voce dell'accompagnatore richiamerà la vostra attenzione sulla storia e sulle caratteristiche delle principali strutture presenti nell'area: una panoramica sulla storia e sulla vita del famoso centro storico di Genova, che si estende sino a comprendere l'ormai famosa sfera di Renzo Piano, realizzata nel cuore del porto turistico, proprio di fronte all'acquario.
Casa di Cristoforo Colombo
In questa casa Colombo venne ad abitare, intorno all'età di 4 anni, nel gennaio 1455, e vi trascorse l'infanzia. Il 7 agosto 1473 suo padre Domenico la vendette. La casa di Colombo fu ricostruita dopo il bombardamento del 1684, che rase al suolo tre quarti di Genova. Oltre 10.000 bombe e proiettili furono scaricati su di essa, per sei giorni, dalla flotta di Luigi XVI, al comando di Abraham Duquesne. Nel 1887 la casa fu acquistata dal Comune di Genova, che da allora ne assicura la conservazione. Numerosi restauri sono stati effettuati sia nella casa sia nel quartiere dove essa si trova.
Cattedrale di S. Lorenzo
Più di mille anni da cattedrale: fondata nel sec. IX, fu preferita a S. Siro perché racchiusa nella prima cinta muraria. All'inizio del sec. XII ne fu avviata una ricostruzione in stile romanico: testimoniano tale fase, rimasta incompiuta, i due portali laterali, detti rispettivamente di S. Giovanni - accanto al Battistero - e di S. Gottardo, affacciato su via S. Lorenzo. Il Duomo cominciò ad assumere l'aspetto odierno, prevalentemente gotico, nei primi decenni del '200, con la realizzazione, da parte di maestranze normanne, del primo ordine della facciata: caratterizzata, peraltro, da quel motivo a strisce orizzontali bianche e nere assai comune nell'area tirrenica. A tale periodo risalgono anche i due
leoni stilofori e il cosiddetto
arrotino, in realtà una figura di santo con meridiana. Verso la fine del secolo venne ultimato il secondo livello del fronte, con bifore; l'ordine superiore, ornato da polifore e dal rosone, sarebbe stato aggiunto nel '400, così come la loggia della torre sinistra. Il sec. XVI vide il completamento del campanile e la costruzione della cupola, progettata da Galeazzo Alessi, mentre nel 1840, conseguentemente all'apertura di via S. Lorenzo e all'abbassamento di livello della piazza, fu aggiunta la scalinata, cui fanno cornice due leoni a firma di Carlo Rubatto. L'interno, a tre navate, presenta sulla controfacciata un notevole affresco del primo '300 (
Giudizio Universale e Glorificazione della Vergine). Sulla navata sinistra, subito dopo l'ingresso al Battistero, si apre la Cappella di S. Giovanni Battista, con un raffinato frontale eseguito nel 1451 da Domenico ed Elia Gagini; si devono invece a Matteo Civitali e Andrea Sansovino le statue al suo interno, che accoglie anche l'urna delle presunte ceneri del santo (inizio sec. XIII). In fondo alla navata, la Cappella Lercari è ornata da affreschi a firma di Giovanni Battista Castello (
Assunta, Incoronazione di Maria, santi e profeti) e Luca Cambiaso (
Sposalizio della Vergine, Presentazione di Gesù al tempio), datati 1565-69. Nella navata destra si segnala, oltre a un proiettile d'artiglieria caduto nella cattedrale - e rimasto inesploso-durante un bombardamento del 1941 - una pala (
Crocifisso con Maria, Giovanni e S. Sebastiano) dipinta nel 1597 da Federico Barocci, custodita nella Cappella Senarega. Certamente degni di nota anche il
coro ligneo, cui lavorarono Anselmo de' Fornari, Gian Michele Pantaloni e Francesco Zambelli (1514-46), e gli affreschi sul catino absidale e nella volta (
S. Lorenzo che indica nei poveri il tesoro della Chiesa e Martirio del santo), eseguiti nel 1622-24 da Lazzaro Tavarone.
La Città dei Bambini
è il più grande spazio ludico-didattico-educativo esistente in Italia per bambini e ragazzi di età compresa tra i 3 e i 14 anni. La Città dei Bambini di Genova è stata realizzata su concezione della Cité des Sciences et de l' Industrie di Parigi. Sono 2.700 mq. realizzati e gestiti pensando ai bambini. I percorsi, diversi a seconda delle età (3-5 anni e 6-14 anni), propongono elementi espositivi statici e dinamici con i quali bambini e adulti possono interagire per giocare e fare "piccole-grandi" scoperte divertenti e utili alla loro crescita.
La Città dei Bambini propone un metodo semplice: "fare o fare insieme per scoprire ed apprendere mentre ci si diverte". I bambini hanno l'opportunità di esplorare in sicurezza un piccolo mondo dove avere stimoli e risposte utili ad ampliare il proprio orizzonte di conoscenze. L'adulto che li accompagna è chiamato alla funzione di mediare questo incontro. Sarà la sua sensibilità a fargli comprendere quando intervenire per spiegare e quanto stare vicino ai piccoli senza dare risposte ma sostenendo l'attesa che permetta loro di "trovare" risposte.
Complesso di S. Maria di Castello
Sul sito della chiesa odierna era sorto un tempio paleocristiano, assurto nei sec. X-XI al ruolo di concattedrale. Risale all'inizio del sec. XII, la costruzione dell'attuale edificio romanico, con pianta basilicale a tre navate e finto matroneo sopra gli archi: colonne e capitelli sono, in buona parte, romani (sec. II-III) e di reimpiego. Nel 1441 papa Eugenio IV assegnò S. Maria di Castello ai domenicani, che vi aprirono le cappelle delle grandi rasate cittadine ed edificarono l'annesso convento; la costruzione della cupola - a pianta ottagonale - data al secolo successivo.
All'interno della chiesa si segnala il
Martirio di S Pietro da Verona nella quarta cappella destra, a firma di Bernardo Castello (1597). I lavori di maggiore rilievo artistico, però, sono racchiusi nelle sale dei Ragusei, dette così perché utilizzate, nei sec. XVI-XVII, da mercanti originari dell'odierna Dubrovnik. Accessibili attraverso la sagrestia (ingresso nel transetto destro), custodiscono, tra le altre opere, una
Madonna col Bambino di Barnaba da Modena e un'
Incoronazione della Vergine dipinta da Lodovico Brea (1513). Notevole interesse riveste anche il convento: sul secondo dei tre chiostri affaccia la
Loggia dell'Annunciazione, con un superbo affresco eseguito nel 1451 da Giusto di Ravensburg. All'artista tedesco si deve l'ideazione dell'intero impianto decorativo dell'ambiente, con motivi a foglie fiammeggianti e tondi figurati. La Cappella Grimaldi, attigua alla loggia superiore, custodisce il grandioso polittico dell'
Annunciazione, opera di Giovanni Mazone (1469). A sinistra della chiesa si innalza per ben 41 m la Torre degli Embriaci del sec. XII: è l'unica sopravvissuta a un'ordinanza, datata 1296, che limitava l'altezza di tutte le costruzioni cittadine.
Lanterna
Monumento simbolo della città, è stato nei secoli torre di segnalazione, di guardia armata, palcoscenico di funamboli, prigione. Oggi è semplicemente la "Lanterna": simbolo di Genova, unico faro ad identificare la città. Alta 76 metri, è costituita da una torre su due ordini di sezione quadrata, costruita in pietra naturale delle cave di Carignano, con terrazza aggettante alla sommità sia del primo che del secondo ordine.
Secondo alcune fonti non ufficiali, nel 1128 venne edificata la prima torre, alta poco meno dell'esistente, con una struttura architettonica simile all'attuale, ma con tre tronchi merlati sovrapposti. Alla sua sommità venivano accesi, allo scopo di segnalare le navi in avvicinamento, fasci di steli secchi di erica ("brugo") o di ginestra ("brusca"). Nel 1318, durante la guerra tra Guelfi e Ghibellini la torre subì rilevanti danni alle fondamenta ad opera della fazione ghibellina; nel 1321 vennero effettuati lavori di consolidamento e venne scavato un fossato allo scopo di renderla meglio difendibile. La prima lanterna venne installata nel 1326; la lucerna era alimentata ad olio di oliva. Per meglio identificare la lanterna con la città, nel 1340 venne dipinto alla sommità della torre inferiore lo stemma del Comune di Genova opera del pittore Evangelista di Milano.
Nell'assedio alla Briglia - forte fatto costruire dal re Luigi XII durante la dominazione francese su Genova, ubicato sullo stesso colle dove sorgeva la torre del faro - la torre venne centrata dai colpi di bombarda sparati dagli insorti genovesi e parzialmente demolita. Per trenta anni la bella torre rimase monca e la sua brillante luce non fu più di aiuto ai naviganti. Solo nel 1543 venne ricostruita e fu posta in opera alla sua sommità una nuova lanterna costruita con doghe di legno di rovere e ricoperta con fogli di rame e di piombo fermati con ben seicento chiodi di rame. Fu quella occasione che la torre assunse il suo aspetto definitivo.
Nel 1565 si ritornò a lavorare sulla cupola per renderla stagna e nel 1681 si ricostruì la cupola con legno di castagno selvatico calafatando il tutto con pesce e stoppa e ricoprendola con fogli di piombo stagnati ai bordi sovrapposti. Nel 1684 durante i bombardamento di Genova ordinato dall'Ammiraglio francese Seignelai per ordine di re Luigi XVI, un colpo centrò la cupola distruggendone l'intera vetrata, che venne provvisoriamente ricostruita; nel 1692, la vetrata venne modifica aggiungendovi un nuovo ordine di vetri.
A seguito dei ripetuti danni causati dai fulmini e dagli avvenimenti bellici nel 1771 la torre venne incatenata a mezzo di chiavarde e di tiranti che ancora oggi sono visibili all'interno. Nel 1778 venne dotata di impianto parafulmine che fu realizzato dal fisico P.G. Sanxais e nel 1791 vennero effettuati alla base della prima torre, lavori di consolidamento per renderla più stabile.
Dopo le lampade di metallo o di vetro a stoppino senza riflettore prima e con riflettore metallico poi, nel 1840 venne posta in opera un'ottica rotante su carro a ruote con lente di Fresnel il cui studio era stato eseguito dal Piana. L'accensione del fuoco, ancora ad olio di oliva, con la nuova ottica avvenne il 15 gennaio 1841. L'impianto si componeva di una lanterna del diametro di 4 mt., di forma dodecagonale a 4 ordini di cristalli piani sul lato verso mare mentre la parte verso monte, nel settore fra 110° e 290° era oscurata con lamiere di rame di forma circolare. Le principali caratteristiche della lanterna erano: luce bianca fissa con portata fino a 15 miglia a cui erano sovrapposti splendori intervallati di 1 minuto visibili fino a 20 miglia circa.
Nel 1881 il faro di Genova venne potenziato in modo da ottenere la copertura della costa a Est fino al settore del faro del Tino ed ad Ovest fino al settore del faro di Capo Mele. L'apparato a riflettori metallici, in opera nella Lanterna dal 1841 venne sostituto con un sistema ottico composto da otto pannelli lenticolari che con la sorgerne luminosa alimentata con olio di oliva, fece aumentare di miglia 3.7 la portata luminosa del faro. Nei 1913 il sistema ottico a pannelli venne sostituito con una nuova ottica rotante sospesa in bagno di mercurio e avente un diametro di 1.840 mm costruita dalla ditta Henry Lepant di Parigi. La sorgente luminosa posizionata nel fuoco dell'ottica, ancora a vapori di petrolio fu potenziata a 520.000 candele decimali. La rotazione dell'ottica era ottenuta da un congegno ad orologeria e peso motore con autonomia di carica di 5 ore. Tale impianto senza ulteriori modifiche restò in servizio fino al 1936, quando il faro, in seguito all'elettrificazione, venne dotato di sorgente ad incandescenza con potenza luminosa 745.000 candele decimali, che aumentò la potenza luminosa a 33,3 mgl ne fu modificata la caratteristica luminosa che divenne a gruppi di due lampi con periodo di 10 secondi. Il Lanternino - che all'Unità d'Italia si trovava alla sommità della torre, a seguito degli ultimi avvenimenti bellici, della vetustà dei materiali della progressiva corrosione dei montanti dei cristalli e della cupola in rame ormai ridotti a pochi millimetri di spessore, della evidente deformazione della vetrata con conseguenti continue lesioni dei cristalli, dell'antiquata armatura girevole e non ultimo a causa della sagomatura della vetrata a vetri piani causa di anormale propagazione dei fasci luminosi - venne rimosso nel 1956, unitamente a tutti gli impianti, che furono sostituiti con quelli che ancora oggi vediamo.
Palazzo ducale
I Capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria fecero edificare il Palazzo degli Abati sull'area urbana preesistente fra le chiese di S. Lorenzo e S. Matteo. Nella nuova costruzione venne inglobato anche l'attiguo Palazzo con torre di Alberto Fieschi, acquistato dalla Repubblica nel 1294. Da questo nucleo si sviluppò il palazzo, che venne detto "ducale"
dal 1339, quando divenne sede del primo Doge genovese, Simon Boccanegra. Parte della costruzione medioevale è oggi ancora visibile. Alla prima fase edilizia dell'edificio appartenne anche la "Torre del popolo", sopraelevata poi nel 1539, che domina tuttora sul centro storico genovese. Nel corso dei secc. XIV-XV il palazzo venne progressivamente ampliato con l'aggiunta di nuove costruzioni, fino a chiudere sui quattro lati la piazza antistante. La struttura medioevale scomparve con i lavori del XVI sec., quando venne conferita al palazzo una nuova fisionomia, più adeguata all'importanza e al cerimoniale della nuova Repubblica oligarchica. Nel 1591 venne affidato al ticinese Andrea Ceresola detto il Vannone l'incarico di ricostruire il palazzo. All'intervento di quest'artista si deve l'impostazione generale del nuovo edificio, caratterizzato da un grandioso atrio coperto, fiancheggiato da due cortili porticati. Al Vannone è attribuito anche l'ampio scalone che si divide in due rampe contrapposte e collega l'atrio con le logge del piano nobile. La rampa di Ponente immette negli ambienti di rappresentanza, con le Sale del Maggiore e Minor Consiglio e gli Appartamenti del Doge. Qui si trova anche la cappella dogale, un semplice vano rettangolare interamente decorato da Giovanni Battista Carlone (1653-55). Nella volta un ciclo di affreschi rappresenta la
Madonna incoronata Regina di Genova. L'intento celebrativo delle glorie genovesi attraverso la pittura è evidente soprattutto negli affreschi delle pareti laterali, con episodi gloriosi della storia genovese inseriti in una cornice architettonica dipinta a trompe l'oeil. Della fase decorativa seicentesca si conserva anche l'affresco di Domenico Fiasella sulla rampa di sinistra dello scalone, con le figure di
Dio Padre con Cristo morto, della
Madonna e dei
Santi protettori della città. Nel 1777 un grave incendio distrusse alcune parti del palazzo. La decorazione del Salone del Maggior Consiglio venne irrimediabilmente rovinata. Successivamente, nel 1875, Giuseppe Isola affrescò nella volta un'allegoria del commercio dei Liguori. La ricostruzione del corpo centrale dell'edificio venne affidata al ticinese Simone Cantoni, affermato architetto neoclassico. Il Cantoni progettò anche la decorazione interna degli ambienti di rappresentanza: il salone del Maggior Consiglio fu coperto con un'enorme volta a botte con testate a padiglione, ornata di stucchi. Le pareti furono ritmate da una serie di paraste con capitelli in stucco e basi di marmo giallo. La Sala del Minor Consiglio fu ornata con lesene scanalate in stucco dorato e gli affreschi furono affidati al Ratti, pittore che utilizzava bozzetti di Domenico Piola. Gli interventi effettuati nel XIX e agli inizi del XX secolo hanno contribuito a falsare l'originaria fisionomia del palazzo, che venne avulso anche dal suo contesto urbanistico. Con la costruzione della nuova piazza De Ferrari, prospiciente il lato Est del palazzo, Orlando Grosso vi realizzò appositamente una facciata con decorazioni pittoriche. Alla sua riapertura (14 maggio 1992) il Palazzo ducale di Genova, con 38.000 mq di superficie e 300.000 mc di volume, costituiva il più esteso intervento di restauro realizzato in Europa. Il progetto di Giovanni Spalla ha portato al recupero dell'architettura tardo-cinquecentesca del Vannone, senza tuttavia distruggere le testimonianze della vita del palazzo attraverso i secoli (strutture medioevali, intervento del Cantoni, facciata del 1935).
Palazzo del Municipio
Sede di grandissimo prestigio per il Comune di Genova, sistemato dal 1848 nel palazzo (1565-79) già conosciuto come Doria Tursi. Balzano subito all'occhio le straordinarie dimensioni del fronte, dalla lunghezza tre volte superiore a quelli simmetricamente uguali degli altri palazzi: segno della potenza del committente Nicolò Grimaldi, principale creditore del sovrano spagnolo Filippo II. Furono Domenico e Giovanni Ponzello a ideare lo scenario di scala, introduzione a un cortile colonnato con scalone a due rampe per il loggiato superiore. Alla decorazione dei prospetti, già esaltati dal gioco di marmi bianchi, pietra rosa e lastre d'ardesia, partecipò anche Taddeo Carlone, cui si deve l'imponente portale. Nel 1596 il palazzo passò ai Doria, che l'anno successivo avviarono la costruzione delle logge laterali e la sistemazione del giardino. Ulteriori interventi si ebbero nel 1820 - che vide l'aggiunta della torretta dell'orologio - e nel 1960-65, con la realizzazione, sul fianco della collina di Castelletto, del Palazzo degli Uffici, progettato da Franco Albini e Franca Helg. Di fronte a tanto splendore architettonico, sorprende non poco l'essenzialità dell'apparato decorativo. Compensata dalla presenza, nella Sala della Giunta, di un violino (1742) appartenuto a Niccolò Paganini.
Palazzo reale
Appellativo derivatogli dai Savoia, venuti in possesso dell'edificio (1643-55) nel 1824. Ed è degno in tutto e per tutto di una reggia lo spettacolo al di là del portale d'ingresso, definito dall'intervento di Carlo Fontana (1705): con i prospetti laterali, dipinti a vivaci colori, che cingono il cortile d'onore.
Sullo sfondo, oltre un fornice a tre arcate, un giardino pensile affacciato al mare, con un pavimento a mosaico di ciottoli dicromi recuperato dal demolito monastero delle Turchine. Lo scalone di sinistra sale al piano nobile, che accoglie la Galleria nazionale di Palazzo reale. Affreschi seicenteschi e raffinati arredi dei sec. XVIII-XIX fanno cornice a importanti opere d'arte: connubio particolarmente felice nella fastosa Galleria degli Specchi, dove spiccano quattro statue (
Giacinto, Clizia, Amore - o
Narciso - Venere) di Filippo Parodi e un gruppo marmoreo (
Ratto di Proserpina) eseguito da Francesco Schiaffino. La Sala delle Udienze accoglie, invece, due dipinti di gran pregio, quali il
Ratto di Proserpina di Valerio Castello e il
ritratto di Caterina Durazzo, a firma di Antonie Van Dyck: autore anche del
Crocifisso custodito nella camera da letto del Re. Seguono, nella sala successiva, due tavole di scuola fiamminga (
S. Caterina e gli Eretici,
S. Agnese condotta alla casa di piacere), opera del cosiddetto Maestro dell'Adorazione dei Magi di Torino. Senza dimenticare le sete, dipinte da Giovanni Francesco Romanelli a imitazione di arazzi, alle pareti della Sala della Pace.
Palazzo San Giorgio
Il Palazzo delle Compere di S. Giorgio, situato tra i portici della Ripa (l'odierna via Sottoripa) e piazza Banchi, ha rappresentato a lungo il fulcro dell'attività marittima e commerciale della città. Il palazzo, esempio di architettura civile medioevale ricostruita, rimane il simbolo dei momenti gloriosi della storia della Superba. L'edificio originario venne costruito nel 1260 dal monaco cistercense dell'abbazia di S. Andrea di Sestri (l'odierna Sestri Ponente), frate Oliverio, per ordine del Capitano del Popolo Simone Boccanegra. Per la prima volta, la città si dotava di una sede politica separata da quella civile e religiosa, gravitante ancora sulla Cattedrale di S. Lorenzo. Il duecentesco palazzo fu sede del Comune solo per due anni, sino al 1262, quando Simone Boccanegra fu deposto e mandato in esilio. Nel 1451 il palazzo divenne sede del Banco di S. Giorgio, una delle banche più efficienti ed organizzate d'Europa, che gestì l'economia della Repubblica di Genova sino al XVII secolo. Nel 1570 il palazzo venne ampliato verso mare, con l'aggiunta di un nuovo corpo sul lato orientale. Nelle nuove sale furono collocate le statue dei protettori delle Compere di S. Giorgio, tra cui quella di Francesco Vivaldi. Tra il 1606 e il 1608 Andrea Semino (1525-1594) e Lazzaro Tavarone (1556-1641) affrescarono le facciate principali e laterali del nuovo corpo; nel 1912 Ludovico Pogliaghi ridipinse le facciate e i suoi disegni servirono da modello per i lavori di ricostruzione pittorica dei prospetti eseguito nel 1989 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici. L'edificio fu restaurato nel 1899 dall'architetto di origine portoghese Alfredo D'Andrade che vi intervenne con l'intento di ripristinare l'intero nucleo medioevale. D'Andrade riaprì la loggia sul versante di piazza Banchi con il vestibolo e la sala (da lui chiamate del Capitano del Popolo e La Manica Lunga) e sistemò un nuovo portale sul lato a mare. Lo scalone d'onore fu aggiunto dell'architetto Marco Aurelio Crotta. Dal 1904 il palazzo è proprietà del Consorzio Autonomo del Porto di Genova, oggi Autorità Portuale.
Porta di S. Andrea o Soprana
Oggi segna il confine tra il centro storico e l'abitato moderno, posizione che, insieme all'oggettiva bellezza, ne ha fatto uno tra gli scorci più celebri del capoluogo ligure. Il baluardo, già compreso nella cinta del sec. IX, venne riedificato nel 1155, con forme simili alla coeva porta dei Vacca: tra le due torri, dalla pianta semicircolare, si apre perciò un varco ad angolo acuto, con archetti marcapiano, merlature e cammino di ronda.
I Musei di Genova
Galleria di Palazzo Rosso
Arrivati all'apice della potenza verso la metà del '600, i Brignole-Sale non poterono sottrarsi al fascino di "Strada Nuova". Richiese sei anni di lavori (1671-77) la sistemazione dell'edificio, con due piani nobili destinati a essere spartiti fra altrettanti assi ereditari; sulla facciata, un paramento a conci rossastri da cui il palazzo avrebbe preso il nome. Non da meno gli ambienti interni, che conferiscono ulteriore fascino alle opere raccolte nell'istituzione. Aperta da un
ritratto d'Uomo (Principe moscovita) già attribuito a Pisanello, e oggi riferito al Giambono; è invece autografo il
ritratto di Giovane eseguito nel 1506 da Albrecht Dúrer. Nella sala successiva è conservata una splendida
Giuditta con la testa di Oloferne del Veronese, cui seguono un'
Annunciazione di Ludovico Carracci e il
S. Sebastiano di Guido Reni; superba anche la
Morte di Cleopatra a firma del Guercino. è poi il turno di Orazio Gentileschi (
Madonna col Bambino dormiente), Mattia Preti (
Clorinda libera Olindo e Sofronia), Bernardo Strozzi (
La cuoca,
Madonna col Bambino e S. Giovannino) e del Grechetto (
Viaggio della famiglia di Abramo), prima di salire al piano superiore, che si apre con un bozzetto (
Fetonte al cospetto del padre Apollo) di Gregorio De Ferrari, relativo all'affresco già sulla volta del salone, distrutto dai bombardamenti del 1942: cui, per fortuna, scamparono le
Allegorie di stagioni eseguite dallo stesso De Ferrari (
Primavera, Estate) e da Domenico Piola (
Autunno,Inverno). Degna cornice per i superbi ritratti di
Geronima Brignole-Sale con la figlia Aurelia, di
Anton Giulio Brignole Sale e di
Paolina Adorno Brignole Sale, capolavori di Antoine Van Dyck.
Galleria di Palazzo Bianco
Altra residenza voluta dai Brignole-Sale, e impostata da Giacomo Viano (1712-16) sul modello di Palazzo Doria Tursi: con esito, invero, non troppo felice, testimonianza di un'architettura dalla vena creativa ormai inaridita. Considerazione certamente non valida per la galleria, che propone, nella prima sala, un pallio d'altare (
scene della vita dei Ss. Lorenzo, Sisto e Ippolito) donato nel 1261 dall'imperatore d'Oriente Michele VIII Pateologo. I due ambienti successivi accolgono, rispettivamente, opere di pittura genovese e italiana del '500. Seguono quattro sale dedicate ai fiamminghi, a partire da Hans Memling (
Cristo benedicente) e Gerard David, cui si devono i tre scomparti di un polittico (
Madonna col Bambino, S. Gerolamo, S. Mauro abate e Crocifissione); per continuare con Jan Provost (
Annunciazione), Jan Metsys (
Carità), Peter Paul Rubens (
Venere e Marte) e l'immancabile Van Dyck, rappresentato dal
Cristo della moneta e dal
Vertumno e Pomona. La visita continua con una sezione riservata a Caravaggio (
Ecce Homo) e ai suoi seguaci, che precede una raccolta di pittori spagnoli, dove si distinguono la
S. Orsola e la
S. Eufemia di Francisco Zurbaràn. Da qui in avanti la galleria si concentra sugli artisti genovesi dei sec. XVII-XVIII: accanto ai nomi
la
S. Cecilia e la S. Teresa in gloria), il Grechetto (
Crocifissione) e Valerio Castello (
Madonna del Velo), rivestono particolare interesse i lavori di Gioacchino Assereto (
S. Francesco in estasi), Giovanni Andrea Ansaldo (
Salomè offre a Erodiade la testa del Battista) e Alessandro Magnasco, autore del celebre
Trattenimento in un giardino d'Albaro.
Galata. Museo del Mare
Vicino all'Acquario, il Galata Museo del mare ha sede nell'antico Arsenale, in cui la Repubblica di Genova costruiva e varava la propria flotta. I quattro piani dell'edificio, realizzati in epoche diverse, hanno attraversato quattro secoli di storia, utilizzati nel tempo come fonderia di cannoni, laboratorio di veleria, piazzaforte militare, e deposito per le merci. Guillerme Vazquez Consuegra, l'architetto spagnolo che ha curato il progetto Galata, fa rivivere l'antico edificio avvolgendolo in una nuova "pelle" di cristallo, acciaio e legno, e creando un gioco di trasparenze che regalano inaspettati scorci sulla città circostante. Realizzata secondo una concezione museale che prevede cambiamenti ed evoluzioni, questa esposizione presenta la storia della navigazione genovese dal XV secolo fino agli anni '30 del Novecento e unisce le esigenze del rigore scientifico alla spettacolarità delle ambientazioni. Particolare attenzione è dedicata a tutti gli elementi della cultura materiale (costruzione della nave e vita a bordo) con una straordinaria raccolta di strumenti da lavoro e oggetti di uso comune che alla funzionalità della tecnica uniscono il design della forma.
Galleria nazionale di Palazzo Spinola
Fu costruito dai Grimaldi (1593) l'edificio sede dell'istituzione, posto a separare le piccole piazza inferiore e piazza superiore di Pellicceria, sulle quali rivolge due ingressi contrapposti. Donato allo Stato nel 1958, conserva arredi barocchi e decorazioni di grande pregio, con una preziosa Galleria degli Specchi - al secondo piano - decorata da affreschi (
Venere e Bacco con Amore, Pan battuto da Amore, trionfo di Galatea) a firma di Lorenzo De Ferrari. Scenario adeguato per una quadreria di notevole prestigio, aperta da una
Risurrezione attribuita a Tintoretto; nella sala successiva si distinguono il
ritratto di monaca di Bernardo Strozzi e il
Viaggio di Abramo del Grechetto. Repertorio ancora più ricco al piano superiore, con il secondo salotto che accoglie i
quattro Evangelisti di Antonie Van Dyck, cui si affiancano l'
AmorSacro e AmorProfano di Guido Reni e lo
Sposalizio della Vergine, opera di Valerio Castello. Pezzi pregiati della terza sala sono, invece, un bozzetto (
Ultima Cena) di Giulio Cesare Procaccini e la
Vergine in preghiera di Joos van Cleve. Il terzo piano è riservato alle opere non comprese nella donazione degli Spinola, con due capolavori quali l'
Ecce Homo di Antonello da Messina e il
ritratto equestre di Gio Carlo Doria eseguito da Peter Paul Rubens. Senza dimenticare due dipinti (
Ss. Erasmo e Cerolamo,
Santo Vescovo e S. Pantaleo) a firma di Carlo Braccesco, una raffinata specchiera (
Mito di Paride) di Filippo Parodi e la
Giustizia scolpita da Giovanni Pisano per il sepolcro di Margherita di Brabante.
Museo del Tesoro di S. Lorenzo
Sistemato in quattro ambienti sotterranei - un vano centrale a pianta esagonale e tre thòloi innestati sui vertici alterni - fu progettato nel 1956 da Franco Albini. Tale scenario, con i muri rivestiti di pietra nera di Promontorio, confernsce ulteriore fascino ai reperti in mostra: a partire dal
Sacro Catino, simbolo dell'istituzione, tradizionalmente identificato con il Santo Graal ma in realtà opera d'arte islamica (sec. IX). All'epoca romana (sec. I) data invece il
piatto di S. Giovanni, in calcedonio: lo smalto raffigurante la testa mozza del Battista e la legatura in argento dorato furono aggiunte nel '400. Nella stessa sala, sono conservate l'
arca delle Ceneri del Battista, opera di Teramo Danieli e Simone Caldera (1438-45), tuttora impiegata per la processione del 24 giugno, e l'
arca del Barbarossa, che si vuole donata alla cattedrale da Federico I nel 1178. Di grande rilievo anche la
croce degli Zaccaria, reliquiario bizantino (sec. X, ma rifatto nel '200) in lamina d'oro con gemme e perle orientali: secondo la tradizione, i frammenti di legno al suo interno apparterrebbero alla croce di Cristo.
Museo di Storia Naturale
Il Museo di Storia Naturale prese vita il 24 aprile 1867, quando il Consiglio Comunale approvò all'unanimità la proposta del marchese Giacomo Doria relativa alla sua istituzione. Fondatore, e quindi direttore del Museo per oltre quarant'anni, Giacomo Doria (1840-1913) è iniziato alle Scienze Naturali da padre Armand David, futuro esploratore della Cina e del Tibet, e da Luigi De Negri, futuro preparatore del Museo. Si tratta di un uomo di grande iniziativa, animato da sincera passione naturalistica, che dedicò all'Istituzione la sua preziosa attività di studioso e organizzatore, sostenendola anche con gran parte del suo patrimonio. La prima sede del Museo era nella villetta Di Negro, una palazzina appartenente al marchese Gian Carlo Di Negro, situata nel centro della città e già nota ai genovesi come luogo di incontri di letterati e poeti. Il Comune l'acquistò e l'affidò a Doria con il compito di trasformarla in una struttura in grado di collocare e presentare al pubblico le raccolte. Queste furono inizialmente rappresentate dalle preziose collezioni zoologiche donate dallo stesso Doria, comprendenti esemplari rinvenuti durante i suoi viaggi in Persia (1862) e all'isola di Borneo (1865, insieme al botanico Odoardo Beccari), e da due importanti collezioni ereditate dal Comune: la raccolta geologica e paleontologica del marchese Lorenzo Pareto e quella malacologica del principe Oddone di Savoia. La successiva crescita delle collezioni, soprattutto zoologiche, avvenne grazie ai numerosi viaggi di esplorazione promossi da Doria, sotto gli auspici della Società Geografica Italiana (di cui egli fu per molti anni presidente). Le mete di questi viaggi furono l'Arcipelago Indo Malese, varie regioni dell'Asia, dell'Africa e del Sud America, e vi parteciparono una serie di illustri studiosi che spesso divennero anche autori della descrizione di specie nuove. Si possono citare, tra i tanti, Luigi Maria D'Albertis, Leonardo Fea, Arturo Issel, Orazio Antinori, Odoardo Beccari. L'affluenza di esemplari divenne nel tempo tale da non poter più essere contenuta dagli angusti spazi di villetta Di Negro, così venne decisa la costruzione di una nuova sede, anche in considerazione della fama acquisita dal Museo. Il progetto fu affidato all'architetto Cordoni, il quale, insieme a Raffaello Gestro, prima di iniziare i lavori, visitò i maggiori musei d'Europa.
L'inaugurazione dell'attuale sede avvenne il 17 ottobre 1912, in occasione della riunione annuale della Società per il Progresso delle Scienze. Alla cerimonia, che vede affluire studiosi da tutto il mondo, non assiste però Giacomo Doria, da tempo costretto all'immobilità nella sua villa di Borzoli dalla malattia che lo condusse alla morte il 19 settembre 1913. Alla morte di Doria venne nominato direttore Raffaello Gestro, collaboratore e ricercatore del Museo fin dalla sua fondazione, che rimase in carica fino al 1934, lasciando un' impronta rilevante della sua opera.
Teatro Carlo Felice
L'esigenza di dotare la città di Genova di un teatro in grado di ospitare spettacoli di prestigio e agire così da motore della vita cittadina cominciò a farsi sentire sul finire del XVIII secolo, allorché i due teatri esistenti, il Falcone e il Sant'Agostino, non furono ritenuti più in grado di svolgere un ruolo così importante.
Del resto nel 1799 l'architetto Andrea Tagliafichi aveva presentato un progetto per un teatro a palchetti e il poeta genovese Martin Piaggio si era fatto portavoce di questa esigenza, assai sentita dai genovesi.
Il 24 dicembre 1824 venne costituita l'Eccellentissima Direzione dei Teatri, presieduta dal marchese Ettore Veuillet d'Yenne de la Sauniere, governatore della città di Genova: l'area urbana adatta ad ospitare il nuovo edificio era stata individuata in precedenza nel cuore della città, in piazza San Domenico (l'attuale piazza De Ferrari), sulle rovine dell'antico convento. Dopo lunghe discussioni, nel 1821 ciò che rimaneva del complesso religioso era stato abbattuto; il 31 gennaio 1825 Carlo Barabino presentò il progetto per la costruzione di un nuovo teatro. Il Carlo Felice venne inaugurato il 7 aprile 1828 con la rappresentazione di
Bianca e Fernando di Vincenzo Bellini. La struttura architettonica era assai originale. Un teatro, in genere, è costruito secondo una successione rettilinea di più corpi, dall'atrio alla sala al palcoscenico; Barabino ha invece piegato a 90 gradi l'edificio, che guardava così al centro storico e nello stesso tempo si volgeva con la facciata principale verso la nuova piazza, destinata a divenire il fulcro della Genova moderna. Il teatro, di gusto neoclassico, si presentava come un corpo massiccio se pur elegante. La facciata a Sud del teatro era dotata di un colonnato in stile dorico, realizzato con marmo di Carrara. Ai lati era possibile far accedere direttamente le carrozze all'ingresso del teatro. In cima al pronao giganteggiava una statua raffigurante il genio dell'Armonia, opera dello scultore Giuseppe Gaggini. Si accedeva all'interno attraverso tre porte arricchite, sopra le cornici, di bassorilievi raffiguranti rispettivamente la Musica, la Commedia e la Tragedia. Sul timpano era sistemato lo stemma civico e in seguito venne posto anche un orologio destinato a diventare il regolatore ufficiale della città.
Una scalinata immetteva ai portici esterni e un'altra introduceva nel vestibolo dal quale si saliva al ridotto (composto da una galleria, due grandi sale e un salone centrale) utilizzando tre rampe di scale; la sala era considerata una delle migliori del tempo per la risposta acustica.
Come in quasi tutti i teatri dell'epoca erano previsti in platea anche posti in piedi; cinque erano gli ordini di palchi (contenevano 33 palchi ciascuno) e alla sommità era posto il loggione, capace di 141 posti. Il teatro poteva ospitare una totale di circa 2500 spettatori.
Numerose furono le opere di restauro e ammodernamento che subì il teatro a partire dal 1859 fino al 1934, anno dell'ultimo intervento. Un momento drammatico fu quello vissuto dal teatro e dalla città durante la seconda guerra mondiale: molti furono gli edifici colpiti e le bombe non risparmiarono neppure il Carlo Felice: colpito una prima volta nel novembre 1942 fu ristrutturato per permettere la ripresa dell'attività. Il 26 marzo Alberto Erede vi diresse un concerto con la partecipazione di Gina Cigna, Toti Dal Monte, Giovanni Malipiero e Enzo Mascherini: fu l'ultimo importante appuntamento nel vecchio Carlo Felice integro. L'8 agosto in una fatale incursione aerea, l'edificio del Barabino venne colpito da spezzoni incendiari che spazzarono via l'intera struttura lignea. Subito dopo la fine della guerra si cominciò a parlare di ricostruzione; il primo progetto presentato fu quello di Paolo Antonio Chessa nel 1951. Nel 1963 questo venne definitivamente accantonato e le autorità comunali affidarono l'incarico a Carlo Scarpa; dopo diverse modifiche il progetto venne approvato nel 1977 ma la morte improvvisa di Scarpa a Tokyo bloccò il progetto. Si arrivò così all'appalto-concorso, che venne vinto dal progetto di Aldo Rossi. Il 7 aprile 1987, a 159 anni dall'inaugurazione dell'edificio del Barabino, ha avuto luogo la cerimonia della posa della prima pietra. Nel giugno 1991 il Carlo Felice è stato ufficialmente consegnato al Teatro Comunale dell'Opera.
Il nuovo teatro, costruito da Aldo Rossi, recupera un'idea già presente nei progetti di Chela e di Scarpa: la creazione di una piazza coperta di 400 mq di superficie, dove il teatro fosse il collegamento ideale tra Galleria Mazzini e piazza De Ferrari. La piazza è un foyer all'aperto; le pareti sono rivestite con lastre di pietra e sono arricchite da colonne e travature in metallo. Sono due le esigenze che gli architetti hanno voluto tenere presenti nella realizzazione del nuovo teatro Carlo Felice: anzitutto la necessità di ricostruirlo esattamente dov'era e in secondo luogo il voler dotare la nuova struttura della più avanzata tecnologia. Da quest'ultima necessità nasce l'imponente torre scenica alta circa 63 metri. In pratica del vecchio teatro opera del Barabino rimangono le colonne, il pronao, l'iscrizione latina e il terrazzo che si affaccia su via XXV Aprile al quale si accede da uno dei foyer; la struttura odierna è molto compatta e geometrica, la torre scenica è un parallelepipedo sviluppato in altezza molto lineare, adornato soltanto da un cornicione. La platea, i foyer e i servizi per il pubblico sono contenuti in un parallelepipedo più piccolo, sul quale hanno rilievo il pronao e il portico.
Quanto alla costruzione del nuovo teatro sono stati usati per gli esterni la pietra, l'intonaco e il ferro, per gli interni il marmo e il legno. Si tratta di materiale duraturo che suggerisce un'immagine di eternità e di sicurezza. Un'ampia scala immette nell'atrio. Dall'ingresso del teatro, scendendo una scalinata, si entra in una sala capace di circa 200 posti. Fornita di un piccolo palcoscenico e indipendente dal resto del teatro, la sala ospita convegni, conferenze e incontri musicali. Dall'atrio si raggiungono la sala stampa e il primo foyer. Il foyer principale ha una superficie di 660 mq ed è arricchito da affreschi e arazzi. Un elemento caratteristico del nuovo Carlo Felice è la lanterna poligonale visibile nel foyer sovrastante l'ingresso; si tratta di una sorta di piramide o cono luminoso che percorre l'edificio in tutta la sua altezza e ne attraversa tutti i piani, portando la luce dal tetto alla piazza coperta.
Imperia
(39.518 ab.). La città di Imperia è
composta dai centri di Oneglia e Porto Maurizio che sono uniti
amministrativamente dal 1923. Oneglia e Porto Maurizio conservano ognuna il
proprio porto.
Risorsa della città è l'industria, legata
soprattutto alla preparazione dell'olio che viene prodotto e raffinato, seguono
poi pastifici, industrie farmaceutiche e saponifici.
STORIA. Oneglia e
Porto Maurizio hanno una storia ben distinta. Oneglia era un possedimento dei
vescovi di Albenga che la cedettero nel 1298 alla famiglia Doria. I Doria furono
signori della città fino al 1576, anno in cui la acquistò Emanuele
Filiberto di Savoia. Nel XVI e XVII sec. fu spesso occupata dagli Spagnoli e,
dopo un periodo di dominazione francese (1794-1814), ritornò ai Savoia
entrando a far parte del Regno di Sardegna.
Porto Maurizio era invece
feudo dei marchesi di Clavesana dal cui dominio si emancipò nel XII sec.
quando costituì un territorio autonomo. Nel XIII sec. la città
venne però annessa alla Repubblica di Genova sotto cui rimase nonostante
le occupazioni straniere (Piemontesi, Francesi, Spagnoli) fino al 1794 anno in
cui la occuparono le truppe napoleoniche.
Nel 1814 venne assegnata al Regno
di Sardegna.
ARTE. Ben visibile è ancora il vecchio abitato
medievale di Porto Maurizio con le case disposte a grappolo lungo le piccole vie
del paese che salgono per i fianchi del colle sino all'imponente Duomo
neoclassico, dedicato a S. Maurizio. Iniziato nel 1781 da G. Cantone fu
completato nel 1832; tra le varie opere d'arte custodite nell'interno spicca il
Crocifisso ligneo dello scultore secentesco A. M. Maragliano. Un bel presepe in
legno del medesimo artista si trova nel Convento delle Carmelitane. Un
interessante pittore d'origine locale, Gregorio De Ferrari (1674-1726), ha
lasciato una delle sue tele più vivaci nell'Oratorio di S. Leonardo.
Monumento maggiore di Oneglia è la collegiata di S. Giovanni
Battista, documento di un'architettura barocca più vicina agli esempi
piemontesi che genovesi. La sua costruzione spetta a G. Amoretti che ha impresso
alla facciata della chiesa un dinamico ritmo curvilineo. Degno di nota
nell'interno un tabernacolo dei Gagini (1516).
Completa il nostro
itinerario di visita della città la chiesa di S. Maria Maggiore, tra le
più antiche del territorio di Imperia.
LA PROVINCIA. La provincia di
Imperia (205.998 ab.; 1.156 kmq) è situata all'estremo limite occidentale
della Liguria e occupa un territorio quasi totalmente montuoso e collinare.
Principali risorse sono la floricoltura, la coltivazione di olivi, viti e alberi
da frutta che alimentano le industrie alimentari e dei profumi. Altre
attività sono la pesca e l'industria turistico-alberghiera nelle
località del litorale.
Fra i centri principali ricordiamo
Bordighera, Diano Marina, Pieve di Teco, Sanremo, Taggia, Vallecrosia,
Ventimiglia.
Porto Maurizio, il nucleo più antico di Imperia
La Spezia
(91.279 ab.). La città di La Spezia
è situata nel punto più interno del golfo omonimo dalla
caratteristica forma a quarto di luna (i Romani lo chiamavano Portus Lunae).
Risorse principali dell'economia della città sono le industrie (cantieri
navali, industrie metalmeccaniche, ferroviarie, tessili, chimiche, alimentari) e
il porto mercantile che alimenta un importante movimento commerciale. A questo
è affiancato il porto militare.
STORIA. Le origini vere e proprie della città
sfumano nella notte dei tempi, confondendosi con le vicende della vicina e potente Luni.
Il sito di La Spezia è documentato con certezza a partire dal sec. XII e il toponimo relativo,
a partire dal sec. XIII nelle forme aquaricium de Speca, Aspecia, gulfum Specie. Di fatto,
anche se non in modo chiaro e visibile, il territorio sul quale sorgerà il centro spezzino
mostra già chiari e leggibili segni di presenza umana a partire dalla preistoria con emergenze
archeologiche risalenti all'Età del Ferro. Tuttavia le tracce più eclatanti di frequentazione
del Golfo le abbiamo in età romana: ne fanno fede i resti di alcune splendide ville in località
Muggiano e Varignano. è in questa fase storica che il sito sembra legare e confondere le sue
vicende con quelle della colonia romana di Luni, assumendo, in modo emblematico, la fisionomia
ibrida di terra di confine, non si sa bene se compiutamente ligure o etrusca. è comunque
innegabile che le sponde del Golfo siano state interessate, e non marginalmente, dalla
colonizzazione romana nell'ambito dell'ager lunense. Di queste importanti fasi storiche abbiamo
testimonianza nei numerosi reperti archeologici conservati nelle sale del Museo archeologico
U. Formentoni.
Nel periodo delle invasioni barbariche il territorio rimane sotto la
dominazione bizantina: è in questa fase che si afferma sempre più il prestigio del Vescovo di
Luni quale figura storica di rilievo delle vicende di questo territorio. La fase altomedioevale
e quella successiva appaiono caratterizzate da una realtà assai complessa e frammentata,
ricostruibile a tasselli, anche attraverso la più generale situazione politico-economica della
Liguria orientale. Da un lato abbiamo le cosiddette corti regie appartenenti ai vari rami dei
marchesi Obertenghi, dall'altra i possedimenti del Vescovo di Luni sia diretti sia in mano a
suoi feudatari, dall'altra ancora, il patrimonio fondario di potenti monasteri quali quello di
S. Venerio del Tino, piccola isola che assieme alla Palmaria costituisce la naturale propaggine
del ramo occidentale del Golfo. Nel corso del sec. XI avviene la disgregazione delle corti
obertenghe con la conseguente emergente ribalta di gruppi signorili che, nel tempo, consolidano
le proprie posizioni e si impongono come nuove realtà. Si tratta dei Vezzano, dei Passano, dei
Lavagna: essi, attraverso la loro politica, facilitano l'ingresso del Comune di Genova nel
dominio del Golfo. La Spezia, in questi frangenti, è ancora una piccola e oscura realtà,
conosciuta come pertinenza del castello di Vesigna, appartenente alla corte vescovile di
Vezzano. Sono alcuni borghi vicini, situati ai limiti del Golfo, a rubarle il ruolo storico che
ancora non è in grado di ricoprire. è il caso di Portovenere, citato appunto come portus già
con propria fisionomia fin dall'epoca romana, e depositario di un ruolo strategico importante
nella lotta tra Pisa e Genova per il dominio marinaro. Il borgo viene infatti acquistato da
Genova agli inizi del sec. XII e quindi inserito nell'ambito del sistema della Compagna
genovese. Per quanto riguarda l'interno del Golfo, due sono i poli politici che si affermano:
da un lato il centro di Carpena, situato alle spalle del Golfo con un ruolo in ascesa; dall'
altro Vesigna che, come già accennato, comprende il primo nucleo spezzino propriamente detto.
Nel 1224 Carpena entra a far parte della Compagna, Vesigna già dall'anno precedente n'è parte.
Così anche La Spezia per conseguenza entra nel sistema politico-economico genovese che,
attraverso la forma della Compagna, consente alle popolazioni locali di affrancarsi
progressivamente dal sistema feudale. Nel corso del sec. XIII gli eventi cardine sono
rappresentati dalla conquista genovese di Lerici, altro baluardo al confine orientale del
Golfo, e dal tentativo di Niccolò Fieschi di costruirsi un proprio dominio nella zona, in
aperto antagonismo con Genova. Proprio al centro di questo vasto dominio che va, con successo,
da Lavagna a Sarzana, si situa La Spezia. è a questo punto che l'oscuro borgo spezzino entra
alla ribalta della storia divenendo il fulcro della controffensiva del governo genovese contro
il tentativo dei Fieschi, conclusosi definitivamente nel 1276 con la riconquista definitiva
all'influenza genovese. Già dal 1273, comunque, La Spezia entra a far parte della nuova
podesteria di Carpena, ad essa quindi legata inscindibilmente. è nel corso del secolo
successivo che il centro spezzino viene affermando la propria autonomia, autonomia di carattere
prima economico con fisionomia mercantile a danno delle sopravvissute realtà feudali, poi anche
di carattere politico con la costituzione, nel 1343, della nuova podesteria di La Spezia. Il
borgo si cinge di mura e va lentamente assumendo un ruolo importante nella zona. Le basi
economiche della crescente potenza della città nel contesto del Levante sembrano da ravvisarsi
nel privilegio ottenuto da Genova nella spedizione del sale bianco, condotta sfruttando
l'estrazione locale, con conseguente lavorazione ed esportazione. A testimoniare l'avvenuta
conquista di una propria individuale importanza, il borgo spezzino, nel 1407, si dota di
Statuti. Di questa prima La Spezia non si hanno emergenze monumentali palesi: saranno i
bombardamenti della seconda guerra mondiale a mettere, purtroppo drammaticamente, in luce
brandelli del tessuto urbano quattro-cinquecentesco con l'insediamento dei primi conventi, la
costruzione delle chiese più importanti, gli oratori. Nel periodo del Quattro-Cinquecento si
evidenzia, inoltre, l'opera di numerose confraternite; ad opera di questi numerosi gruppi assai
dinamici sul piano sociale, non solo ferve la vita religiosa attorno alle chiese e agli
oratori, ma si dà impulso decisivo alla costruzione del primo ospedale con fisionomia moderna:
S. Andrea, entro la cerchia delle mura urbane (1480). Con questo tipo di istituti il nucleo
spezzino si allontana sempre di più dalla sua immagine medioevale, per acquisire una fisionomia
che maggiormente lo avvicina ai piccoli centri dell'epoca moderna. Nel corso del Seicento si
assiste alla nascita, o per meglio dire, ad un rafforzamento del ruolo strategico-militare del
centro spezzino ad opera della Repubblica genovese. è veramente per la prima volta che La
Spezia è inserita in un organico quadro strategico e che se ne ravvisa l'importanza come
baluardo genovese nell'estremo Levante, soprattutto in concomitanza con le mire espansionistiche
della Spagna. Oltre alla costruzione di alcune fortezze ex novo, Genova mira a rafforzare i baluardi difensivi già esistenti, come ad esempio la
cosiddetta Bastia. Nei primi anni del sec XVII, il Golfo vede il sorgere di nuove fortificazioni,
la ripresa e l'ampliamento di vecchi nuclei difensivi e il progetto di allargamento della città.
Questa fase storica della vita spezzina è caratterizzata da un generale ristagno dell'attività
economica: Genova mira unicamente a rafforzare i confini del suo dominio, ma non lascia respiro
alcuno al libero sviluppo delle attività mercantili spezzine. Tuttavia, è possibile ravvisare i
segni d'alcune nobili famiglie locali che partecipano, a vario titolo, alla gestione del potere
politico: sono i Biassa, i Federici, i Massa, i Viano, i Sommovigo.
Quello che era l'antico
palazzo del Comune, sorto nel 1420, ora conosce una fase secentesca di radicale rifacimento,
destinata a rendere manifesto il ruolo di prestigio del Capitano che vi risiede. Tra Sette e
Ottocento la città non pare essere oggetto di grandi lavori di espansione e la nuova ribalta ha
come teatro il periodo napoleonico, quando il centro spezzino si trova a rientrare nel vasto
disegno politico-strategico dell'Impero. Caduta la Repubblica di Genova, con l'avvento della
Repubblica Democratica Ligure nel 1797, La Spezia entra a far parte dell'XI Circondario
marittimo della Repubblica ligure. Dopo la nascita dell'Impero napoleonico, essa diventa sede
di Distretto. Si ha una ripresa generale delle attività imprenditoriali borghesi e mercantili e
si consolida una classe aristocratica cittadina assai vivace. Con le fatidiche date del 1812 e
1813 l'Impero napoleonico si avvia verso la fine: si apre l'età della Restaurazione. La Spezia
si inserisce nell'ordinamento del Regno sardo-piemontese, in qualità di sede dell'Intendenza
della Provincia di Levante (1815). è da questa data in poi che il centro assume dapprima una
vocazione di località balneare, poi la fisionomia di capitale marittima militare. Si aprono
decenni di grande crescita demografica: la città si espande oltre la cerchia delle vecchie mura
nella piana antistante il mare (Prato alla Marina) e viene fondato il civico Teatro, come primo
edificio pubblico fuori cinta (1846), la costruzione del quale prelude al grandioso sviluppo
urbano ottocentesco. Attorno agli anni Quaranta dell'Ottocento riprende corpo l'idea di
costruire l'Arsenale a La Spezia, sulla scorta del vecchio progetto francese. Tale idea subisce
vicende alterne, fino all'avvento di Cavour alla Presidenza del Consiglio. è proprio lui a dare
l'impulso decisivo al progetto: la legge del trasferimento dell'Arsenale da Genova a La Spezia
è approvata nel luglio del 1857. Realizzatore dell'impresa è il giovane maggiore del Genio
Domenico Chiodo. Sua è, inoltre, l'idea di utilizzare come sito di ubicazione la piana di San
Vito, ad occidente della città. Il progetto è definitivamente varato nel 1861: accanto alle due
grandi darsene, ai bacini di carenaggio e ai vari scali sono previsti numerosi edifici quali
officine, magazzini e uffici. Il 1862 vede l'avvio dei lavori, il 28 agosto 1869 l'inaugurazione
ufficiale dell'Arsenale. Una possente cinta a bastione ne racchiude gli stabilimenti. La Spezia
acquista quella fisionomia che è tutt'oggi chiaramente leggibile nel suo tessuto urbano. è il
piano regolatore del 1870 a farsi carico delle pesanti conseguenze che la costruzione
dell'Arsenale ha portato con sé. Esso prevede il tracciato di nuovi assi viari, l'espansione
del centro urbano verso Levante e la costruzione di nuovi e splendidi edifici (l'albergo Croce
di Malta e il nuovo Teatro Politeama Duca di Genova). L'ultima porzione dell'Ottocento spezzino
vede anche la realizzazione del grandioso quartiere operaio Umberto I, destinato
all'alloggiamento della numerosa mano d'opera ruotante attorno alle attività dell'Arsenale.
Agli inizi del nuovo secolo l'ambiente sociale ed economico spezzino è in espansione a
movimento orizzontale: nascono nuove industrie e fabbriche artigiane (sorgono lo Jutificio
della Spezia, l'Odero Terni, i Molini Merello), sia come indotto diretto e indiretto
dell'Arsenale, sia come incremento di quello che si definisce oggi terziario. Tuttavia, non si
può pensare che la costruzione dell'Arsenale sia stata la sola causa dello sviluppo della città
della Spezia: ad essa si accompagnano i lavori di fortificazione del Golfo, che impiegano
notevole mano d'opera, nonché un notevole movimento migratorio stabile d tutta una categoria di
persone legate direttamente o indirettamente all'ambiente della Marina Militare. Infine, ma di
non minore importanza, si colloca la progettazione e la realizzazione del porto mercantile
destinato ad assorbire tutto il movimento delle merci.
Modello tridimensionale della nave Amerigo Vespucci, varata il 22 febbraio 1931 La prima guerra mondiale vede un
generale arresto delle attività portuali e cittadine. Tuttavia, sul piano culturale, a cavallo
del primo e secondo decennio del Novecento si manifesta un vivace rigoglio a seguito del
modernismo. Gli anni che seguono, dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, vedono un
pesante bilancio di distruzione della città: a seguito dei bombardamenti effettuati a tappeto
nel 1943, il tessuto urbano esce gravemente ferito e, più che mai urgente, si pone il problema
della ricostruzione. Questa ultima si svolge sulla scia del piano regolatore del 1946 e,
purtroppo, finisce per far disperdere ulteriormente le tracce degli antichi edifici e le
emergenze storiche. è a seguito di questi eventi che la città assume il volto di centro urbano
industriale, per così dire senza storia, almeno fino alla fine degli anni Ottanta, al centro
di un'economia prettamente incentrata sugli stabilimenti industriali e sul porto, con parallela
decadenza delle attività cantieristiche e navali. Sono gli anni Novanta del XX sec. a costruire
quello che senz'altro potrà, in futuro, essere definito come il terzo nodo temporale importante
della storia spezzina. Siamo di fronte ad un'inversione di rotta: la città cerca di riprendere
il filo della sua storia e si rimette in gioco come polo turistico d'attrazione. Nel novembre
1996 nasce il Museo Civico Amedeo Lia (MAL). Con questa istituzione, che ha alle base
l'importante donazione di opere d'arte da parte dell'ingegner Amedeo Lia e della sua famiglia,
La Spezia si qualifica come città d'arte d'interesse europeo. Tale evento si inserisce nel
quadro di un vasto programma di recupero di antichi edifici storici, di valorizzazione del
patrimonio artistico disponibile, di lavoro d'equipe tra le più importanti istituzioni
culturali cittadine.
ARTE. Gravemente danneggiata durante l'ultimo conflitto mondiale, La
Spezia presenta un aspetto moderno con ampi viali regolari e numerosi spazi verdi. Scarse sono
naturalmente le tracce del suo passato storico-artistico all'infuori del Castello di S.
Giorgio, tra le costruzioni più antiche della città. Risale infatti al 1371 e fu
ampliato a Levante dai genovesi verso l'inizio del XVII sec.
Il Duomo, distrutto in
seguito ai bombardamenti, venne ricostruito nelle originarie forme rinascimentali: conserva
all'interno una bella ancona policroma di Andrea della Robbia, con l'
Incoronazione della
Vergine, e dipinti di L. Cambiaso e D. Fiasella.
Il Museo Civico, presso la
Biblioteca, raccoglie nella sezione archeologica lunense materiali provenienti dagli scavi
della città romana di Luni (vicino a Sarzana) e la preziosa collezione di stele della
Lunigiana, statue-menhir con fattezze maschili e femminili, testimonianze della civiltà
ligure dell'età del bronzo e del ferro.
Una visita all'Arsenale permette di
scoprire nel Museo Tecnico Navale, il più antico d'Italia, interessanti cimeli e
documenti relativi alla storia della Marina.
LA PROVINCIA. La provincia di La Spezia
(215.707 ab.; 882 kmq) occupa un territorio montuoso-collinare compreso fra il Mar Ligure e l'Appennino. L'economia della provincia è basata su agricoltura (ortaggi, frutta, fiori), allevamento del bestiame, pesca e industria (industrie estrattive, dei laterizi e della ceramica, metalmeccaniche, metallurgiche). Notevole è l'attività turistico-alberghiera, diffusa soprattutto nei centri balneari e nelle Cinque Terre.
Fra i centri principali ricordiamo Castelnuovo Magra, Levanto, Lerici, Monterosso al Mare, Portovenere, Rio Maggiore, Santo Stefano di Magra, Sarzana.
La Spezia dalle alture che costeggiano l’arsenale
Savona
(61.997 ab.). La città di Savona si trova
nella Riviera di Ponente ed è un importante centro commerciale (il porto
è il secondo della regione dopo quello di Genova) ed industriale con
industrie metallurgiche, meccaniche, metalmeccaniche, navali, chimiche ed
alimentari.
STORIA. La posizione geografica e il ruolo privilegiato di area di contatto e passaggio tra la costa ligure e la pianura padana ne hanno segnato nei secoli la vocazione a importantissimo nodo di comunicazioni internazionali, favorendo lo sviluppo di dinamiche attività marittimo-commerciali. Nei secoli, giustamente, perché già oppidum dei Liguri sabazi, Savona nasce romana nel II sec. a.C., diventa sede vescovile nel Basso Medioevo e si dota di ordinamenti comunali nel 1191. è il periodo in cui la città sviluppa la propria economia marittima, fortemente avversata da Genova che nel XIII sec. le impedirà ogni tentativo di espansione verso levante. A quellepoca la città innalzava i suoi maggiori edifici pubblici e religiosi sul colle del Priamàr e aveva già completato la costruzione della Darsena Vecchia, tanto ampia da accogliere, nel 1241, lintera squadra navale pisana, impegnata contro la flotta genovese. I genovesi non lo dimenticarono mai e quando Savona cadde finalmente in loro potere (1528) deliberarono linterramento del porto, trasformando così una prospera città in un modesto centro rivierasco. Lassoggettamento a Genova e il tramonto delle ultime libertà furono accompagnati da un clima di rassegnazione e intorpidimento che si protrasse fino al XVIII sec., salvo qualche lampo dellantico splendore durante gli anni di pontificato dei due Della Rovere Sisto IV e Giulio II. Né cambiò la situazione il passaggio di tutta la Liguria al regno sabaudo sancito dal Congresso di Vienna (1815).
ARTE. L'aspra rivalità che per molti secoli divise la
città ligure dalla vicina Genova non poté non avere conseguenze -
purtroppo negative - anche sul suo antico volto artistico. Costretta a
sottostare definitivamente al giogo genovese, Savona dovette assistere nel 1543
alla distruzione del turrito Castello medievale, simbolo dell'aspirazione alla
libertà e del suo spirito d'indipendenza. Sul promontorio dove sorgeva il
nucleo cittadino con la cattedrale, i palazzi e le chiese, fu eretta al suo
posto la poderosa fortezza del Priamar, a guardia del porto (nei suoi
sotterranei Mazzini rimase prigioniero tra il 1830 e il 1831). Uniche vestigia
sopravvissute sono le Torri del Brandale (XII sec.) e di Leon Pancaldo (XIV
sec.).
Il Duomo, ricostruito nel 1605, conserva tra le opere più
pregevoli un trittico di L. Brea (1495), un coro ligneo cinquecentesco
intarsiato e nel battistero romanico il fonte battesimale, con motivi
ornamentali altomedievali. Il grandioso polittico foppesco, raffigurante
Madonna e Santi (1485-90), completato dal Brea e proveniente dall'antica cattedrale, è invece collocato nell'abside dell'Oratorio di S. Maria di Castello. A partire dalla seconda metà del XV sec. Savona si arricchì di splendidi tesori artistici ed edifici monumentali legati al nome dei membri della nobile famiglia Della Rovere e in particolare di Francesco e del nipote cardinale Giuliano, i futuri papi Sisto IV e Giulio II.
Tra le testimonianze che meglio documentano il mecenatismo roveresco citiamo il Palazzo della Rovere, incompiuto, eretto da Giuliano da Sangallo e la cosiddetta
Cappella Sistina (1481-83), voluta da Sisto IV quale chiesa funeraria dei
genitori. Costruita nel chiostro della chiesa di S. Francesco (ex-Cattedrale),
fu totalmente restaurata e trasformata nel XVIII sec. secondo il gusto
rococò.
Al Cinquecento risalgono il Palazzo Lamba Doria e il
Palazzo Pozzobonello, sede della Pinacoteca Civica, le cui raccolte illustrano
con straordinaria ricchezza il panorama pittorico della Liguria nei secc.
XV-XVI, non tralasciando di fornire anche splendidi esempi della stagione
artistica secentesca (tele di Fiasella, Grechetto, V. Castello,
Guidobono).
LA PROVINCIA. La provincia di Savona (276.888 ab.; 1.545 kmq)
si estende su un territorio prevalentemente montuoso nella zona di transizione
fra le Alpi e l'Appennino Ligure. Principale risorsa dell'economia è il
turismo seguito dall'industria (raffinerie, industrie chimiche, petrolchimiche,
navali, tessili e della ceramica). Prodotti dell'agricoltura sono ortaggi,
frutta, olio, vino, agrumi.
Centri principali sono Alassio, Albenga,
Finale Ligure, Vado Ligure.
La darsena vecchia a Savona
LA LIGURIA DEI POETI
Il Golfo di La Spezia è anche chiamato il
Golfo dei Poeti perché all'inizio del XIX sec. vi soggiornarono per
qualche tempo, durante i loro frequenti viaggi in Italia, due fra i maggiori
rappresentanti del Romanticismo inglese: i poeti P. B. Shelley (1792-1822) e G.
G. Byron (1788-1824). Shelley abitò a Villa Magni, fra Lerici e San
Terenzio, dove spesso lo raggiungeva Byron. Quest'ultimo era un ottimo nuotatore
e si dice che riuscisse ad attraversare a nuoto il golfo. Il rifugio preferito
di Byron era la Grotta dell'Arpaia. Shelley amava le spedizioni in barca (su una
barca al largo di La Spezia compose il suo ultimo poema, Il
Trionfo della Vita)
e morì al ritorno da una gita. Il suo corpo fu ritrovato sulla spiaggia
di Viareggio dopo il naufragio della sua imbarcazione a causa di una tempesta.
Nel nostro secolo il grande poeta della Liguria è stato Eugenio
Montale (Genova 1896 - Milano 1981) che nelle sue poesie, soprattutto in quelle
appartenenti alla raccolta
Ossi di Seppia, descrive il paesaggio ligure
della splendida costa delle Cinque Terre dove il poeta era solito trascorrere le
vacanze. Montale coglie gli aspetti più reconditi delle località
costiere, lontano dall'atmosfera festosa dell'estate e delle vacanze, egli mette
in evidenza l'asprezza e la desolazione di una terra corrosa dal sole e dal
mare. È un paesaggio povero e brullo, descritto con un linguaggio
essenziale e preciso, che esprime il pessimismo del poeta e il suo mondo
interiore pervaso da un sentimento di sconfitta.
LIGURIA PREISTORICA
L'uomo preistorico ha lasciato preziose tracce
del suo passaggio lungo la Riviera di Ponente: le Grotte di Toirano e quelle dei
Balzi Rossi. Le prime si trovano a pochi chilometri da Loano, le seconde non
distano molto dal confine francese. Delle Grotte di Toirano, la più
importante è sicuramente la Grotta della Bàsura (Grotta della
Strega) che conserva impronte di piedi, mani e ginocchia lasciate nel fango da
un individuo probabilmente appartenente alla specie Sapiens Sapiens e altre
testimonianze risalenti a circa 12.000 anni fa (particolarmente interessante
è il cimitero degli orsi delle caverne).
Il luogo più
suggestivo è sicuramente la Sala dei Misteri (scoperta nel 1950) che
occupa la parte più profonda della grotta. La sala ha forma ovale e alla
sua estremità vi è una formazione rocciosa, vagamente somigliante
ad un animale, ricoperta di impronte di dita e di piccoli grumi di fango. Gli
studiosi pensano che vi si svolgessero dei riti di iniziazione.
Le Grotte
dei Balzi Rossi, scoperte verso la metà del XIX sec., sono un complesso
di cavità naturali, le cui rocce hanno un colore rossastro, dove
soggiornarono a lungo popolazioni trogloditiche. I resti da loro lasciati fanno
di queste grotte uno dei più importanti giacimenti preistorici in
Europa.
Fra i reperti, alcuni conservati nel museo vicino alla Grotta della
Barma Grande, ricordiamo gli strumenti lirici della cultura musterina
(Paleolitico medio), utensili, armi e ornamenti in pietra, osso e conchiglia
risalenti al Paleolitico superiore, statuette in steatite, resti di fauna
pleistocenica. Molto importante per la ricostruzione dell'evoluzione della
specie umana sono gli scheletri di uomini della razza di Cro-Magnon e di quella
di Grimaldi.
PICCOLO LESSICO
Carrugio
Vicoletto stretto, tipico delle cittadine liguri.
Complesso monumentale di San Fruttuoso di Capodimonte
Tra Camogli e Portofino, in una profonda insenatura nella frastagliata costa del Promontorio di Portofino, sorge la celebre abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte nell'intatto borgo marinaro omonimo. Dopo la prima frequentazione monastica, il complesso di San Fruttuoso di Capodimonte fu umile abitazione per pescatori, spesso covo di pirati, poi proprietà per secoli dei principi Doria: un luogo assolutamente unico, dove l'opera dell'uomo si è felicemente integrata con quella della natura. Sono visitabili il complesso monastico del X-XI secolo con il chiostro, la sala capitolare, la chiesa; e le tombe dei Doria e il corpo a mare gotico del XIII secolo. Gran parte dell'attuale abbazia risale al X-XI secolo, mentre il corpo verso mare, con il bel loggiato a due ordini di trifore, fu realizzato nel XIII secolo grazie alle donazioni della famiglia Doria. La torre è uno dei più antichi elementi architettonici dell'abbazia e della Liguria. Alla calotta sferica, leggermente ovale, nel X secolo secondo i canoni bizantini, è stata poi sovrapposta una torre ottagonale con lesene a vista, secondo la tradizione ottoniana.
Nei due piani del corpo abbaziale del XIII secolo il recente restauro ha rivelato le strutture romaniche più antiche. Qui è stato allestito il Museo, che raccoglie documenti della storia dell'abbazia, del suo tempo e della vita dei monaci. In particolare, i tavoli-vetrina dei due piani accolgono ceramiche da tavola e da cucina usate dai monaci dal XIII al XIV secolo. Le ceramiche hanno varia provenienza (Liguria, Italia meridionale e mondo islamico) e sono state rinvenute in un deposito scoperto nell'abbazia durante i lavori.
Dal livello inferiore del chiostro si accede al profondo vano a volta concesso ai Doria dai monaci come sepolcreto. Le tombe in marmo bianco e pietra grigia alternati nella tipica bicromia, sono disposte a schiera sui tre lati del vano; qui riposano sette membri della famiglia Doria, mentre per altri due sepolcri e un sarcofago romano si ignorano le identità dei personaggi tumulati.
Lungo la strada che collega l'abbazia al borgo dei pescatori, risalente al XVI secolo, si incontra una ripida scalinata che conduce alla torre di Andrea Doria, eretta nel 1562 dagli eredi dell'ammiraglio, Giovanni Andrea e Pagano, per difendere il borgo e la sua provvidenziale sorgente di acqua dolce dalle incursioni dei pirati barbareschi. La torre presenta sulle due facciate rivolte al mare lo stemma della famiglia Doria, l'aquila imperiale, mentre altre decorazioni sono visibili sulle cornici e sulle mensole.
Farinata
Prodotto tipico ligure è un'invenzione delle truppe romane che occupavano Genova. Per sfamarsi con poca spesa e con molta rapidità pestavano a mortaio la farina di ceci e poi aggiungevano lacqua, dando origine ad un impasto non lievitato che cuoceva su sottili testi di pietra o terracotta.
Pesto
Condimento per pasta, caratteristico della cucina genovese. La sua nascita risale al primo
trentennio dell'Ottocento, quando Giovanni Battista Ratto, raffinato gourmet, ne cita la
ricetta nel suo libro "La cuciniera genovese", edita a Genova dai fratelli Pagano nel 1865.
Nel 1910, Emerico Romano Calvetti, dà una sua versione del pesto, citando la ricetta
come la "battuta o savore d'aglio". Infatti, il pesto deriverebbe dall'aggiadda (agliata);
una salsa a base d'aglio pesto con aceto, olio d'oliva e sale,
risalente al 1200, che serviva per conservare meglio i cibi cotti e per coprire gli aromi
e sapori di carni troppo frollate o già con inizio di putrefazione.
Testaroli
Sottili focacce di farina, acqua e sale che venivano preparati nel testo, contenitore piatto e rotondo fatto di terracotta, abbastanza spesso, che si metteva a cuocere nella brace. I testaroli vengono conditi con pesto, olio e formaggio.
PERSONAGGI CELEBRI
Cristoforo Colombo
Navigatore (Genova 1451
- Valladolid 1506). Poche sono le notizie certe sulle sue origini e sui primi
anni della sua vita. Seguendo le orme paterne si dedicò al commercio ed
iniziò a viaggiare. Nel 1476 si stabilì a Lisbona. Rimase in
Portogallo fino al 1485 e cominciò a pensare alla possibilità di
intraprendere un viaggio che gli permettesse di raggiungere le Indie attraverso
l'Oceano navigando verso Est. Questo disegno era suffragato dalla credenza in
una grande estensione verso Est del continente antico e in una minore lunghezza
del circolo massimo. Ottenuta dai sovrani di Spagna una flottiglia di tre
piccole navi (Santa Maria, Nina e Pinta), con l'obiettivo di raggiungere
le Indie partì da Porto Palos il 3 agosto 1492, con un equipaggio
complessivo di 120 uomini; il 12 ottobre raggiunse un'isola che chiamò
San Salvador. Ritornò a Palos, accolto trionfalmente, il 15 marzo
dell'anno seguente. Ripartì per un secondo viaggio il 25 settembre 1493,
e scoprì Dominica, Guadalupa, Antigua e Portorico. La terza spedizione
(1498) segnò la scoperta dell'isola di Trinidad e della terraferma
americana. Nel maggio del 1502 partì per il suo quarto ed ultimo viaggio.
Durante la via del ritorno, Colombo perse tutte le navi e venne riportato in
Spagna con i marinai superstiti da una spedizione di soccorso. Morì quasi
dimenticato, e solo successivamente si cominciò a fare l'ipotesi che
quella terra potesse appartenere a un nuovo continente.
Andrea Doria
Ammiraglio (Oneglia 1466 - Genova 1560). Grande
figura di condottiero, fu avviato ben presto alla carriera delle armi. Fu al
servizio di Papa Innocenzo III, dei duchi d'Urbino e dei re aragonesi di Napoli.
Dal 1503 al 1506 combatté per la Repubblica di Genova. Per qualche tempo
al servizio del papa Clemente VII, ne seguì i disegni politici che gli
impedirono di cacciare gli Spagnoli da Genova, intento che poi gli riuscì
prestando la propria opera al fianco dei Francesi. In seguito, malcontento di
questi, passò al servizio di Carlo V, a patto che Genova fosse libera e
che ad essa venissero riconosciuti i diritti su Savona.
Goffredo Mameli
Patriota e poeta (Genova 1827 - Roma 1849).
Compì gli studi nelle Scuole Pie e nell'Università di Genova. Nel
1847 prese parte attiva, con Nino Bixio, alle dimostrazioni patriottiche
genovesi. Nel settembre dello stesso anno compose l'inno
Fratelli
d'Italia, musicato da Angiolo Silvio Novaro, oggi inno ufficiale della
Repubblica Italiana. Partecipò alle Cinque Giornate di Milano con un
corpo di trecento volontari. Dopo l'armistizio Salasco compose l'Inno militare,
musicato da Giuseppe Verdi. Combatté con Garibaldi a Palestro, a Velletri
e al Gianicolo.
Niccolò Paganini
Violinista e compositore (Genova 1782 - Nizza
1840). Studiò seguito da maestri di scarso valore, e iniziò a
suonare in pubblico all'età di dodici anni. Iniziò presto a dare
concerti e soggiornò a Parma ed in Toscana (1801-1804). Nel 1805 fu
nominato primo violino e direttore dell'orchestra di corte dalla principessa
Elisa Baciocchi. Lasciò l'incarico nel 1808 per dedicarsi esclusivamente
al concertismo. Risiedette quindi a Firenze e a Milano ed in altre città
italiane, estendendo in seguito la sua attività concertistica anche
all'estero. Dovunque ebbe successi trionfali. Dotato di una tecnica prodigiosa e
personalissima, Paganini è considerato il fondatore della moderna scuola
violinistica.
CENTRI MINORI
Alassio
(11.326 ab.). Centro in provincia di Savona. Cittadina balneare tra le più prestigiose del Ponente ligure sorge con la sua lunga spiaggia nell'ampia insenatura tra capo Santa Croce e Capo Mele. Borgo marinaro risalente ai secc. VI-VII, quando un nucleo milanese si rifugiò qui per sfuggire l'invasione longobarda della Padania, dal 1303 appartenne ad Albenga; da questa ottenne l'indipendenza nel sec. XVI, cui seguì un periodo di notevole floridezza. Attraversata longitudinalmente dalla Via Aurelia, accanto alle nuove costruzioni dovute alla grande affluenza di turismo estivo presenta ancora le caratteristiche del borgo ligure nel cosidetto "budello". Sull'Aurelia sorge la chiesa di S. Ambrogio, interamente rifatta nel corso dei secc. XV e XVI su una più antica; conserva nella facciata ottocentesca un portale in ardesia di forme rinascimentali (1511) con
S. Ambrogio, Cristo e gli apostoli, e l'
Eterno; il campanile del 1507, a bifore e trifore, è un esempio di architettura romanico-gotica attardata; nell'interno a tre navate, barocco, sono conservate interessanti opere cinque e seicentesche.
Albenga
(22.642 ab.). Centro in provincia di Savona. Sorge su una pianura costiera attraversata dal Centa. Le origini della città si fanno risalire al VI-IV sec. a.C. quando fu fondata "Albium Ingaunum", la città degli Ingauni, sottomessi definitivamente da Roma nel 181 a.C. Della città romana, ribattezzata "Albingaunum" e modellata sull'impianto del "castrum", ancora oggi rimane il ricordo nell'abitato scandito in isolati regolari. In seguito alla distruzione da parte di Goti e Vandali, all'inizio del V sec. d.C. fu ricostruita dal generale Costanzo, marito di Galla Placidia e futuro imperatore. Dopo l'invasione longobarda e le continue incursioni dei Saraceni, Albenga diventò capitale del comitato omonimo nell'ambito della Marca Arduinica e nel sec. XI, come libero Comune, partecipò alla prima Crociata ottenendo privilegi commericiali e marittimi nel Levante. Tra i secc. XI e XIII conobbe un periodo di grande floridezza. Ma durante gli anni successivi, nella contesa per il possesso del territorio cui parteciparono anche i signori feudali che intendevano ripristinare i propri diritti, perse progressivamente la propria autonomia fino al definitivo sopravvento di Genova (1251). Nel Medioevo vennero ricostruite le mura, su quelle di Costanzo, e sorsero i principali edifici pubblici che rendono Albenga il centro storico meglio conservato della Riviera di Ponente. Sembra risalire a questo periodo anche la deviazione del corso del Centa a Sud dell'abitato, che sarà all'origine di vistosi mutamenti nelle condizioni topografiche, agricole e commerciali della città: portando all'interrimento del porto, all'allontanamento della linea di costa e, quale diretta conseguenza, al declino di Albenga come potenza navale.
Tra
i monumenti, notevoli sono: la cattedrale, dedicata a San Michele, fu ricostruita in età medioevale sul sito di quella paleocristiana del V sec., e in seguito più volte rimaneggiata; il Battistero, costruito nella prima metà del V sec. per volere del generale Costanzo, rappresenta l'unica architettura tardo-romana rimasta intatta di Albenga e il principale monumento paleocristiano della Liguria; il Palazzo Vecchio del Comune, costruito nell'arco del XIV sec. che con la cosiddetta Torre comunale forma un complesso di forte segno medioevale.
Scorcio di Albenga con le torri medioevali
Bordighera
(10.718 ab.). Centro in provincia di Imperia.
Stazione climatica, a 10 km circa dal confine francese, è difesa a Nord e
a Est da colline di media altitudine, che a loro volta sono protette dalle Alpi
Marittime. La temperatura è dolce, senza forti sbalzi. Il clima è
secco, per la grande scarsità di umidità: il terreno è
sabbioso e ghiaioso, le piogge molto scarse. È ricca di vegetazione quasi
tropicale. Nel IV sec., approdò sul capo di S. Ampelio, a Levante dell'attuale città, l'anacoreta Ampelio proveniente dall'Egitto portando con sé quei datteri che, una volta seminati, avrebbe caratterizzato il futuro sviluppo naturale del luogo: i palmeti. Oggi, nel luogo dove sbarcò Ampelio, ora Santo protettore della città, sorge una chiesetta divenuta nel tempio il simbolo di Bordighera. Sul capo di S. Ampelio ci fu, nel Medioevo, un priorato Benedettino il cui castello fu distrutto nel XIII sec. dai Genovesi. Le vicende storiche della città sono incerte fino al XV sec. e si perdono tra lotte con i pirati saraceni. Il primo nucleo di Bordighera si sviluppò nel 1470/71, dove ore sorge la parte più antica della città, fondato da un gruppo di famiglie provenienti da Borghetto. Il 1682 segnò l'indipendenza dal Comune di Ventimiglia, del quale faceva parte. Dal XV sec., l'economia del borgo si sviluppò con la pesca e la coltivazione delle palme. Il turismo, a Bordighera, fiorì nella seconda metà dell'800, quando furono edificati i primi grand hotel e le ville delle famiglie inglesi. Dall'800 in poi, Bordighera è stata soggiorno di famiglie reali e meta dei maggiori artisti internazionali. Tra gli edifici più significativi ricordiamo la seicentesca chiesa di S. Maria Maddalena, che custodisce sull'altare maggiore un gruppo marmoreo raffigurante la santa, l'oratorio di S. Bartolomeo e un campanile ricavato nel '700 forse un'antica torre d'avvistamento.
Camogli
(5.790 ab.). Centro in provincia di Genova. Il borgo fondato con il nome di Casmona dagli antichi popoli Liguri Cosmonati era già conosciuto da Greci e Fenici che approdavano nel suo porto. Camogli fu conquistata da Roma nel 203 a.C., che con la costruzione della Via Aurelia, contribuì a potenziarne lo sviluppo commerciale. Le più antiche notizie sull'avventura marinara di questa cittadina, risalgono alla prima crociata.
Negli anni successivi, ritroviamo i Camogliesi, a fianco dei Genovesi nella conquista della Siria, al seguito degli Embriaci.
All'inizio del XIII secolo, grazie agli intensi traffici marittimi, Camogli, si allineò a fianco dei più noti centri della riviera: Levanto, Rapallo, Moneglia. Il commercio era anche alimentato dal timore che incutevano le insegne Genovesi, anche grazie a due potenti uomini Camogliesi: il Corsaro Gafforio ed Ottobuono Crocie, ambasciatore presso l'Imperatore di Bisanzio.
Nel XIV secolo, accanto alle attività marittime e commerciali nacquero attività artigianali, come la filatura, la tessitura e la tintura dei tessuti.
Tra il 1315 ed il 1316 però, oltre alla terribile carestia ed alla peste che si abbatté su tutta la regione si aggiunsero le contese tra Guelfi, capeggiati dai Fieschi e Ghibellini e Grimaldi, capeggiati dagli Spinola e dai Doria. Il 3 giugno 1877, grazie ad un decreto emanato Vittorio Emanuele II, Camogli diventò città.
Camogli è un borgo che la conformazione del litorale ha spinto a svilupparsi in altezza, con tanti edifici di notevole elevazione e un variegato reticolo di vicoli, scalinate e passaggi voltati a spezzarne la continuità. Ne è scaturito uno tra gli esempi più felici di architettura costiera nel Levante ligure, con le facciate a vivaci colori delle case allineate a seguire il profilo del litorale che fanno corona al grande scoglio detto "Isola": questo insieme al retrostante quartiere del "Priaro" forma il nucleo originario dell'abitato, raccolto intorno al porto peschereccio. Proprio sull'"Isola" si concentrano le due emergenze monumentali di maggiore rilievo: la basilica di S. Maria Assunta, edificata nel XII sec., ha subito ripetuti interventi di ampliamento e ristrutturazione, all'ultimo dei quali (XIX sec.), va riferita la facciata in stile neoclassico, introdotta da un seicentesco sagrato a ciottoli bianchi e neri. Al Medioevo risale l'attiguo Castel Dragone, con un'unica torre a dominarne le poderose muraglie; analogamente alla chiesa, la fortezza è stata ricostruita più volte.
Camogli (Genova): la città vecchia
Chiavari
(28.086 ab.). Centro in provincia di Genova situato a Ponente della foce dell'Entella, presso la confluenza delle valli Graveglia, Fontanabuona e Sturla. L'abitato assunse un ruolo di rilievo fin dalla preistoria, come testimonia la vasta necropoli, risalente all'Età del Ferro (secc. VIII-VII a.C.), rinvenuta nel 1959 a Ovest della città odierna. Fondata ufficialmente il 19 ottobre 1178, con un lodo consolare della Repubblica di Genova simile a un vero e proprio piano regolatore: l'atto stabiliva, infatti, la costruzione di quattro vie edificabili con andamento parallelo alla costa, destinate a essere intersecate da vicoli ortogonali per creare un tessuto urbano a maglie rettangolari. Protetta da una cinta muraria smantellata nel XVIII sec., Chiavari guadagnò rapidamente importanza, assurgendo nel 1332 a sede del vicariato della Riviera orientale fino al '700. Il 1646 la vide insignita, prima tra le località del Levante, del titolo di città. Il trend positivo sarebbe continuato fino ai primi decenni dell'800, seguito però da una fase di crisi (manifatturiera e agraria) che investì anche il comprensorio e stimolò una massiccia emigrazione alla volta delle Americhe. Il turismo, per molte località rivierasche fonte di cospicui guadagni già alla fine dell'800, si sarebbe affermato solo nel secondo dopoguerra, determinando una rapida crescita urbana. Dal punto di vista architettonico sono da ricordare: la chiesa di S. Giacomo di Rupinaro, la più antica di Chiavari,; l'edificio odierno, però, è frutto della ristrutturazione ultimata nel 1637, con campanile settecentesco e facciata moderna (1938); la chiesa di S. Giovanni Battista, fondata nel 1332 ma riconducibile, nella struttura attuale a un rifacimento del XVII sec.; la Cattedrale di Nostra Signora dell'Orto edificata nel 1613-33 per accogliere un'immagine della Madonna divenuta oggetto di venerazione dopo la pestilenza del 1493; il Palazzo Rocca commissionato a Bartolomeo Bianco dai marchesi Costaguta (1629) e ampliato nel secolo successivo su committenza dei Grimaldi.
Corniglia
Centro in provincia di La Spezia. Suggestivo borgo di crinale un centinaio di metri più in alto delle onde che sferzano il promontorio su cui poggia, ha atmosfere del paese collinare più che marinaro, con la spettacolare eccezione della stupenda vista panoramica. La collega al mare e alla stazione ferroviaria una scalinata di 365 gradini. La sua dispozione urbanistica, la tradizione dei suoi abitanti e il rapporto con le colline limitrofe ne fanno un centro prettamente, agricolo, da sempre dedito alla coltivazione della vite; il suo vino rinomato vanta oltre due millenni di storia: anfore con la dicitura "Cornelia" furono ritrovate negli scavi di Pompei.
Rinomata è la chiesa di S. Pietro, rimaneggiata in età barocca, conserva portale e rosoni gotici.
Diano Marina
(6.267 ab.). Centro in provincia di Imperia. Corrispondente in parte all'abitato di età romana "lucus Bormani"; da tempo è unita in un unico tessuto urbano con le vicine San Bortolomeo al Mare e Cervo. Principale risorsa dei tre centri, ovviamente, l'industria turistica: cui Diano Marina si votò già verso la fine del XIX sec., in concomitanza con la ricostruzione seguita al rovinoso sisma del 23 febbraio 1887. Quasi nulla resta, di conseguenza, dell'abitato antico, tradizionalmente dedito al commercio dell'olio: i suoi proventi garantirono alla "Communitas Diani", comprensiva anche dei borghi satelliti nell'entroterra, una certa autonomia nell'ambito della Repubblica di Genova. Dal punto di vista architettonico è da ricordare la chiesa di S. Antonio Abate (1862) con pianta basilicale a tre navate.
Finale Ligure
(12.302 ab.). Centro in provincia di Savona. Dei tre borghi che formano la cittadina un tempo separati e oggi riuniti dall'espansione edilizia in un unico agglomerato, Finale Pia è il primo venendo da Varigotti. Il suo nucleo più antico si è sviluppato attorno alla chiesa di S. Maria di Pia, già esistente nel 1170 come cappella e poi nel sec. XVI abbaziale dell'annesso convento benedettino; l'edificio si presenta con facciata rococò per un completo rifacimento settecentesco, mentre il bel campanile conserva l'originario aspetto romanico-gotico del sec. XIII-XIV. Nell'interno, barocco, sono presenti un tabernacolo quattrocentesco e pregevoli armadi del sec. XVI (in sagrestia). Posteriormente alla chiesa si dispone l'abbazia cinquecentesca con opere in terracotta di scuola robbiesca, tra cui il gruppo
Madonna col Bambino e i Ss. Luca e Giovanni evangelista.
Di antiche origini, Finale Marina, frequentata località balneare sviluppatasi parallelamente alla costa, si espanse con il rifiorire delle attività marinare dopo il periodo delle incursioni barbaresche, diventando dalla seconda metà del sec. XVI il principale centro commerciale della zona. Nel nucleo storico sono presenti non pochi interessanti palazzi del sec. XVII, mentre a monte dell'Aurelia si trovano i bastioni del Castelfranco, edificato da Genova nel 1365-67; passato più volte sotto il controllo dei Del Carretto, venne rinforzato dagli Spagnoli nel sec. XVII.
Finalborgo è il più interessante dei tre nuclei di Finale Ligure, preservato dalla massiccia urbanizzazione per la sua posizione arretrata rispetto alla costa. Ricostruito da Giovanni I Del Carretto nel sec. XV, dopo la distruzione del primitivo
Burgus Finarii durante la guerra con Genova, fu capitale del marchesato e punto nevralgico dei domini spagnoli nell'Italia settentrionale. Il sistema era difeso da una cinta muraria (ancora in buona parte conservata) collegata al sovrastante Castel S. Giovanni e dai due corsi d'acqua che lambiscono il borgo, sui quali si aprono le porte di accesso. Simbolo di Finalborgo - sito di alta qualità ambientale, i cui sapori antichi si apprezzano percorrendone anche a casaccio strade e piazze, ricche di carattere oltre che di palazzotti storici - può essere considerato il magnifico campanile della chiesa di S. Biagio, di epoca tardo-gotica, impiantato su una torre della cinta muraria; della chiesa - che conserva al suo interno, oltre a un trittico (1513) forse di Bernardino Fasolo, un fantasioso pulpito marmoreo, opera di Pasquale Bocciardo, e una tavola (
Nostra Signora del Rosario) del 1527 con personaggi della famiglia Del Carretto - è rimasto il rifacimento barocco. In prossimità della quattrocentesca Porta Testa è il convento di S. Caterina, fondato nel 1359 dai Del Carretto che trovarono sepoltura nella chiesa, chiusa al culto nel 1864 e adibita a penitenziario fino al 1965: contiene, nella Cappella Olivieri, begli affreschi del sec. XIV-XV. Interessanti sono anche i due chiostri del convento (XV sec.) adattati a sede dell'importante Civico Museo del Finale, con materiale preistorico, romano e medioevale, riferibile al territorio finalese, e una sezione di ceramiche (di età protostorica e dal tardo Medioevo all'epoca moderna).
Lavagna
(13.087 ab.). Centro in provincia di Genova. Sorta sulla sponda sinistra dell'Entella, è appartenuta nei secoli attorno al Mille ai conti di Lavagna (da cui vennero i Fieschi), conserva nel centro antico l'impianto medioevale con prospetti dai vivaci colori. Tra gli edifici più significativi si ricorda la Collegiata di S. Stefano, sede pievana già nel X sec., che subì nel 1653 l'immancabile rifacimento in chiave barocca, cui va riferita la scenografica facciata con due campanili e scalinata, preceduta da un sagrato in acciottolato.
Lerici
(11.284 ab.). Centro in provincia di La Spezia. Lerici fu porto di approdo dei traffici greci e fenici; nel VII sec. a.C. il Golfo del Tigullio fu occupato dagli Etruschi che spaziarono da Pisa a Capo Mesco fondando la città di Luni a cui Lerici per molti secoli legherà la sua storia. Per la sua importanza come porto, Lerici fu conteso dai romani ai liguri e da essi conquistato e utilizzato a scopo militare e commerciale. Lerici fu porto importante nel Medioevo, sempre legato al dominio del Vescovo di Luni: vi approdavano i viandanti, i pellegrini, i mercanti che volevano, attraverso il nodo nevralgico di Sarzana, raggiungere il Nord Italia e il centro Europa. Lerici fu utilizzata dai lucchesi per il traffico di pelli e stoffe, poi a lungo contesa tra Genova e Pisa nel periodo delle Repubbliche marinare. Nel 1241, dopo la battaglia del Giglio, fu occupata dai pisani che edificarono il Castello e il borgo nuovo murato. Dopo quindici anni Genova la riconquistò e ampliò il Castello. Nel 1528 Lerici fu teatro di un avvenimento che cambiò le sorti dell'Europa: fu tra le mura di un suo palazzo che Andrea Doria si rifugiò e decise di passare dalla Francia alla Spagna, togliendo alla Francia il dominio sul Mediterraneo a favore della Spagna. Tra il '600 e il '700 ebbe il massimo sviluppo urbanistico grazie alla presenza in Lerici di una nobiltà armatoriale che aveva le sue dimore nel borgo e di cui restano gli antichi palazzi e le ville. Tra gli edifici più significativi si ricordano: il Castello costruito nel XIII sec. dai pisani fu ingrandito e fortificato dai genovesi, che vi aggiunsero la torre pentagonale (XVII sec.); l'oratorio di S. Rocco con campanile trecentesco su cui sono inseriti due bassorilievi del XVI sec.; la seicentesca chiesa di S. Francesco con notevoli pale d'altare, quasi tutte di scuola genovese.
Levanto
(5.788 ab.). Centro in provincia di La Spezia. In epoca romana esisteva un piccolo borgo denominato Ceula situato sulle colline dell'odierna Montale, in prossimità delle quali giungeva il mare; esso costituiva un nodo strategico di grande importanza poiché era ubicato nel punto in cui l'antica via ligure che proveniva dall'interno toccava la costa. Dopo la caduta dell'Impero romano di Occidente (476 d.C.), Ceula entrò a far parte dell'Impero bizantino. In epoca carolongia (inizio IX sec.) l'attuale campanile della chiesa di San Siro fungeva da torre di avvistamento e di difesa contro i pericoli provenienti dal mare. A partire dal XIII sec. l'importanza dell'abitato iniziò a diminuire a vantaggio di Levanto che stava ampliandosi direttamente sul mare. Levanto, diventò primo feudo dei Malaspina, passò successivamente ai Da Passano e nel 1229 alla Repubblica di Genova. Nei secoli medioevali la vita economica di Levanto si reggeva soprattutto sulle attività mercantili - marmo "rosso di Levanto", vino ed olio locali - alimentate tanto dalle vie di comunicazione verso la Pianura Padana (la via Francigena) quanto dalle vie marittime che si aprivano sull'intero Mediterraneo; ciò è dimostrato dalla presenza della loggia e della darsena. Dopo il Medioevo il borgo antico raccolto attorno alla chiesa di Sant'Andrea ed al colle di San Giacomo conobbe un notevole sviluppo; una seconda fase di espansione è datata XV sec., con l'edificazione del borgo nuovo o Stagno nella piana del Ghiraro dovuta principalmente alle rilevanti funzioni economiche e politiche assegnate a Levanto dalla Repubblica di Genova che rendevano insufficiente il borgo medioevale determinando la nascita del borgo nuovo sull'allineamento della Via dei Monti collegante il borgo con la valle; tale insediamento mantiene ancora oggi il suo carattere lineare con interessanti palazzi dei secc. XVII e XVIII. Un ulteriore fase dello sviluppo urbano si pone tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo a partire dal 1950 il borgo si è ulteriormente esteso raggiungendo negli anni '70 l'attuale configurazione. Tra gli edifici più significativi ricordiamo: la chiesa di S. Maria della Costa, degradata ma impreziosita nel portale da un bassorilievo cinquecentesco raffigurante
S. Giorgio e il drago della scuola dei Gagini; l'oratorio della Confraternita di S. Giacomo; la chiesa di S. Andrea, parrocchiale in stile gotico duecentesco ampliata nel '400; l'elegante facciata a bande orizzontali evidenzia un rosone del XVIII sec. e l'affresco nella lunetta con l'
Incoronazione della Vergine.
Loano
(11.111 ab.). Centro in provincia di Savona. Importante località balneare e residenza estiva; di origine romana, fu feudo della diocesi di Albenga, che nel 1263 la vendette a Oberto Doria. Passata per un breve periodo ai Fieschi, ritornò ai Doria, i quali vi risiedettero (dotandola di monumenti e opere d'arte) fino al 1737, anno in cui diventò dominio dei Savoia. All'interno del borgo, che si affaccia al mare con un lungo viale a palme, vi sono notevoli edifici cinquecenteschi tra cui il Palazzo comunale, costruito per i Doria tra il 1574 e il 1578 da un allievo dell'Alessi: conserva un importante frammento di pavimento romano a mosaico del III sec. e ospita il Civico Museo Naturalistico, con una rimarchevole collezione ornitologica.
Davanti al palazzo si trova la chiesa di S. Giovanni Battista, eretta nel 1633-38 e coperta da una cupola in ferro antisismica fatta costruire dopo il terremoto del 1887. Il cosiddetto borgo Castello è il nucleo medioevale cinto da mura che si trova ai piedi del Castello: quest'ultimo, attualmente in forma di sontuoso palazzo circondato da un parco, fu fatto edificare nei secc. XVI-XVII da Giovanni Andrea Doria sui resti di una fortificazione precedente.
Manarola
Centro in provincia di La Spezia, frazione del comune di Riomaggiore. Il borgo, di notevole impatto scenografico, ricopre un enorme scoglio nero a picco sul mare digradando verso un minuscolo approdo. Il perimetro delle case più esterne ricompone l'originaria compattezza del castello, distrutto nel 1273, e costituisce un colpo d'occhio davvero unico per forme e colori. Notevole e in bella posizione dominante è la chiesa di S. Lorenzo (o della Natività di Maria), costruita nel 1338. La facciata gotica presenta un rosone di Matteo e Pietro da Campilio; all'interno si notino tre opere del '400: un
bassorilievo di S. Lorenzo (già nella lunetta del portale), un trittico e un polittico.
Monterosso al Mare
(1.643 ab.). Centro in provincia di La Spezia, presenta un duplice aspetto. Il borgo vecchio, benché segnato nel volto dal passaggio della strada ferrata, che si frappone tra l'abitato e la sua naturale platea, costituita dalla bella spiaggia, offre la caratteristica atmosfera degli altri borghi delle Cinque Terre, con anguste stradine che si inerpicano sul colle.
La zona turistico-balneare di Fegina si mostra invece quale tipica stazione di villeggiatura, anche se nobile e ricca di tradizione; qui soggiornò, tra l'altro, la famiglia genovese dei Montale, con il giovane Eugenio, futuro Premio Nobel, per la Letteratura (1975), che conobbe luoghi e sensazioni descritti in alcune delle sue liriche più belle e fortunate.
Due chiese di pregio impreziosiscono il nucleo antico. La parrocchiale di S. Giovanni Battista, sulla piazzetta, ha la tipica facciata gotica a bande orizzontali e un magnifico rosone cesellato; nella lunetta del portale, settecentesco
Battesimo di Gesù; sul retro della chiesa, elegante loggiato fronte mare; bello il campanile, trasformazione di una torre d'avvistamento.
La chiesa di S. Francesco (1619), in alto sul colle e annessa al convento dei Cappuccini, custodisce preziosi dipinti: una
Crocifissione (secondo alcuni di Van Dyck),
Cristo schernito di Bernardo Castello,
La Veronica di Bernardo Strozzi,
S. Girolamo penitente di Luca Cambiaso e
Pietà, forse attribuibile allo stesso.
Portofino
(574 ab.). Centro turistico in provincia di Genova, sulla Riviera di Levante all'estremità sud-orientale del promontorio omonimo. è uno tra i paesaggi costieri più celebri d'Italia; il borgo, con le sue case alte e strette dalle facciate in toni pastello, è raccolto intorno al porticciolo. Meno note le antichissime origini del villaggio, documentato in età imperiale con il nome di "Portus Delphini"; la parte centrale del paese conserva ancora oggi l'impianto viario romano, a maglie ortogonali. Nel XII sec., dopo un lungo periodo alle dipendenze dell'abbazia di S. Fruttuoso, Portofino passò sotto la giurisdizione di Genova, che da allora l'avrebbe sempre mantenuta in suo possesso. Conserva il trecentesco oratorio di Nostra Signora Assunta, con un bel portale intagliato in ardesia (1555); la chiesa di S. Martino, edificata nel XII sec. in stile romanico lombardo e rimaneggiata nell'800; la chiesa di S. Giorgio, ricostruita nel 1950, al suo interno sono custodite le reliquie del santo titolare; il Castello di S. Giorgio, riadattamento (1554-57) di una fortezza medioevale; ristrutturato già durante i secc. XVII-XVIII, nel 1870 venne trasformato in residenza privata da Yeats Brown, console britannico nel capoluogo ligure.
Portovenere
(4.507 ab.). Centro in provincia di La Spezia, in una insenatura del golfo. Località balneare tra le più famose, Portovenere fu un centro già noto ai romani e deve il suo nome (dal latino
Portus Veneris) alla presenza di un tempio dedicato proprio alla dea della bellezza. Nel Medioevo fu feudo dei signori di Vezzano, per poi passare a Genova nel XII sec.; fu assalita dalla flotta di Alfonso di Aragona nel 1494, subendo gravi danni. Il primo nucleo urbano, oggi in gran parte scomparso, il Castrum Vetus, occupava la zona prossima alla chiesa di San Pietro. Dopo il 1139, Genova promosse la costruzione della zona disposta ai lati dell'attuale via Cappellini, e si preoccupò di rafforzare le difese del borgo, costruendo un nuovo castello e una poderosa cinta di mura. Proprio il 1139 pare sia l'anno "ufficiale" della sottomissione di Portovenere a Genova, anche se una targa originale, posta su un'antica porta delle mura, dichiara Colonia Jenuensis, 1113. Le case che si affacciano sul porto sono alte e strette, con facciate dai colori forti; sono di tipo romanico genovese, mentre verso l'estremità occidentale ve ne sono di più antiche con arcate a sesto acuto, di tipo toscano. Le case hanno due ingressi, uno verso la spiaggia, per le barche, e uno che dà sulla strada, il carruggio che corre parallelo alla costa, ma ad una quota più alta. Le costruzioni sono addossate le une alle altre anche per ragioni difensive; non esistono strade trasversali, solo alcuni sottoportici detti "capitoli", che con ripide scalette collegano la strada al porto o alla spiaggia. Tra gli edifici più importanti si segnalano: la chiesa di S. Pietro, costruzione romanico-gotica nata dall'integrazione fra un primo corpo paleocristiano in marmo nero della Palmaria (VI sec.) e il completamento genovese, in stile gotico a fasce (XIII sec.) con massiccio campanile a vocazione difensiva; la chiesa di S. Lorenzo, edificata dai genovesi nel XII sec. e più volte manomessa, anche a causa di cannoneggiamenti.
Panorama di Portovenere
Rapallo
(27.676 ab.). Centro in provincia di Genova,
situato nella parte più interna del Golfo del Tigullio nella Riviera di
Levante. Le testimonianze più antiche della presenza umana sono, per Rapallo, i reperti di una tomba a cassetta, rinvenuta occasionalmente in località S. Anna nel 1911 e datata alla seconda Età del Ferro (700 a.C.), quando le popolazioni tornarono a rioccupare i Castellari, insediamenti di crinale.
La nascita dell'insediamento costiero sarebbe da collocarsi all'età romana, epoca in cui fu organizzata la struttura urbana secondo il consueto schema del castrum, identificato nella zona occidentale del borgo medioevale.
Città di confine fra Genova ed i possedimenti dei conti di Lavagna, fu ben presto coinvolta nelle vicende genovesi, a cominciare dalle lotte contro Pisa che ebbe come conseguenza un duro assalto ed un rovinoso incendio del borgo (1070).
Nel 1171 l'influenza politica di Rapallo si estese, fino a comprendere Portofino che era alle dipendenze politiche dell'abbazia di S. Fruttuoso la quale conserva soltanto la giurisdizione religiosa.
La vita cittadina era però turbata dalle rivalità fra le fazioni, che sfociava in episodi sanguinosi, a cui più volte si tentò di porre rimedio attraverso tentativi di pacificazione.
Nel 1549 il pirata Dragut coi suoi compagni fu autore di una delle stragi e dei saccheggi più tremendi che Rapallo ricordi: donne, uomini e adolescenti furono tratti in schiavitù. Questo fatto fu all'origine della costruzione del castello, cui fecero seguito altre fortificazioni costiere che si andarono ad aggiungere alle torri d'avvistamento, da tempo costruite sui crinali.
Nel 1608 Rapallo diviene Capitanato e, resa indipendente da Chiavari, estende la sua giurisdizione da Portofino a Zoagli e, nell'entroterra, sulla Val Fontanabuona.
In questo secolo, seguendo una tendenza comune al territorio della Repubblica, le periferie dei centri abitati iniziano lentamente a popolarsi di palazzi signorili circondati da parchi, posti all'interno di proprietà terriere in cui tradizionalmente si esercita l'agricoltura.
La fine del Settecento apre un'epoca nuova: nuove strade, alcune già progettate dal Governo rivoluzionario francese e portate a compimento dal Regno di Sardegna, cambieranno definitivamente il volto del paesaggio che si avvia verso lo sviluppo dell'epoca industriale, anche attraverso la ferrovia, che è presupposto dello sviluppo turistico di Rapallo.
Inizia così, ed è storia recente, quel fenomeno d'urbanizzazione che porta all'abbandono dell'entroterra e dei suoi tesori ed alla congestione della costa che accoglie le strutture ricettive e balneari.
Ma prima ancora, Rapallo conosce il grande turismo elitario, grazie alla capacità di abili imprenditori che impiantarono, già alla fine del XIX secolo e ancor più nel primo decennio del Novecento, prestigiosissimi alberghi che richiamavano il "bel mondo" di tutta Europa.
Tra gli edifici di maggior rilievo si ricordano: il Castello costruito nel 1551 su progetto del maestro comacino Antonio de Carabo, collegato alla terraferma da una sottile lingua di terra: restaurato nel 1960, è stato destinato ad accogliere esposizioni temporanee; la chiesa di S. Stefano, restaurata nel XVII sec.; la Torre civica, del 1473; la parrocchiale dei SS. Gervasio e Protasio, di fondazione medioevale ma rimaneggiata nei secc. XVII-XX.
La rocca di Rapallo
Riomaggiore
(1.881 ab.). Centro in provincia di La Spezia. La sua via principale è il tratto terminale del coperto torrente Rivus Major, che ha dato nome al paese. Riomaggiore come altri borghi delle Cinque Terre, non ha origini romane e sorge quando gli abitanti della Val di Vara, in cerca di un clima più mite per coltivare vite e ulivo, senza più il terrore delle incursioni saracene, si spostano verso la costa. Il paese si arrampica lungo i crinali a picco sul mare e si caratterizza per le tipiche case in pietra e ardesia dalle facciate colorate di giallo o di rosa. Da Riomaggiore prende avvio la più famosa passeggiata delle Cinque Terre, quella via dell'Amore, scavata nella roccia negli anni Venti del Novecento, che si incunea tra scenografiche formazioni geologiche, in panoramica posizione sul mare, conducendo in mezz'ora circa sino a Manarola. Poco distante dall'agglomerato di case, sul colle di Cerricò, s'innalza il Castello, una fortificazione risalente al XIII secolo e dalla quale si gode una splendida vista sul mare. Nella parte alta del paese si trova la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, costruita nel 1340 dal vescovo di Luni, Antonio Fieschi e l'oratorio dei Disciplinati (XVI secolo), che all'interno conserva un trittico a tempera raffigurante una
Madonna col Bambino fra i Santi Giovanni e Domenico (seconda metà del XV secolo).
Sanremo o San Remo
(57.384 ab.). Città in provincia di Imperia, nell'insenatura racchiusa fra Capo Verde ad Est e Capo Nero a Ovest.
Sanremo sorse in epoca romana con il nome di Villa Matuciana. Nell'Alto Medioevo fu compresa sotto il governo di Albenga, passò poi ai conti di Ventimiglia e quindi a Genova, alla quale restò legata.
Il primo insediamento si stanziò nella zona bassa, ma necessità difensive costrinsero gli abitanti ad arroccarsi sul colle dove, secondo uno schema ad avvolgimento, la città cominciò ad ingrandirsi. L'estrema densità edilizia e la struttura vagamente concentrica della Pigna (come ancora oggi è conosciuta la città vecchia) rispondevano essenzialmente ad uno scopo difensivo, specie contro la minaccia di invasioni e saccheggi dal mare da parte dei pirati saraceni (si ricorda in particolare l'assalto delle orde di Kair ed Din, il Barbarossa, nel 1543).
Lungo le strade della Pigna si contano ben undici porte interne come la Porta Santa Brigida, la Porta Bugiarda, la Porta Santa Maria, la Porta della Tana, che dovevano assicurare ulteriore protezione agli abitanti in caso di invasione delle zone periferiche. La Sanremo moderna è quella che si estende sul piano, lungo la costa; la città vecchia, la Pigna, si raggruppa nell'interno. Da corso Matteotti, nei pressi della stazione ferroviaria, sul quale si prospetta il Casinò municipale, costruito nel 1904-06 su progetto di Eugenio Ferret, si entra in corso Imperatrice, dedicato alla zarina Maria Alexandrovna che ne regalò le palme nel 1885 e fiancheggiato dal Parco Marsaglia (con un auditorium per concerti e spettacoli all'aperto). Lì accanto sorge la chiesa russo-ortodossa di San Basilio modello in piccolo delle chiese moscovite con cupole a "cipolla" costruita alla fine dell'800. Su corso Matteotti si affaccia il Palazzo Borea d'Olmo (del XVI-XVII sec.) che ospita il Civico Museo Archeologico, che comprende una sezione preistorica con reperti del Paleolitico, del Neolitico, dell'Età del Bronzo e del Ferro e reperti romani di ville e necropoli locali, e una pinacoteca, oltre ad una raccolta di cimeli garibaldini.
In corso Garibaldi si trova la seicentesca chiesa di Santa Maria degli Angeli e, dietro, la piazza del Mercato dei fiori. Lungo corso Cavallotti si trovano i Giardini della Villa Comunale. corso Trento e Trieste è la passeggiata a mare, che raggiunge l'insenatura del porto. All'inizio del molo sorge il forte di Santa Tecla, costruito nel 1755 dai Genovesi. Poco distante dalla piazza dedicata agli eroi Sanremesi sorge il Duomo di San Siro, edificio romano-gotico del XIII sec. sui resti si una pieve paleocristiana e di una chiesa protoromanica; l'attiguo battistero, modificato nel 1668, è fondato su resti romani e altomedioevali, la casa canonica è un edificio romanico del XII sec. All'interno, sull'altar maggiore, un grande crocifisso ligneo del Maragliano. Sulla parete di fondo del coro, i SS. Siro, Pietro, Paolo, G. Battista e Romolo in una tavola (1548) del Pancalino. Di fronte alla cattedrale vi è il cinquecentesco oratorio dell'Immacolata Concezione che conserva otto quadri raffiguranti episodi della vita della Madonna. Di lì si sale verso il cuore più antico di Sanremo, la Pigna. è attraverso la Porta di Santo Stefano, formata da un arco gotico del 1321, che si penetra in un dedalo di vicoli, scalinate, case con archi e finestre ogivali, colonne in pietra e architravi scolpiti, caruggi coperti o attraversati da archi di controspinta. Oltre piazza Castello sorge il santuario della Madonna della Costa (XVI secolo).
Nell'estremità orientale della città si estende il Parco di Villa Ormond e, verso il mare, Villa Nobel con i suoi giardini, sede di manifestazioni cultuali.
Santa Margherita Ligure
(10.975 ab.). Centro climatico e balneare in provincia di Genova, nel Golfo del Tigullio. La scoperta di un'urna cineraria del III secolo d.C. con un'iscrizione latina ha avvalorato l'ipotesi che, in origine, qui vi fosse un insediamento romano. Devastata da Rotari nel 641, fino al X secolo subì numerose invasioni saracene. Divenne feudo dei Fieschi durante il XII secolo e fu sottomessa a Genova nel 1229. Dopo le incursioni di pirati barbareschi, ci fu il saccheggio dei Veneziani nel 1432 e del corsaro algerino Dragut nel 1549. Le due borgate di Pescino e Corte, spesso divise da lotte vivacissime, entrambe sotto la direzione del capitanato di Rapallo, nel 1797 ebbero amministrazioni distinte.
Ribattezzato Porto Napoleone sotto il Bonaparte, fu annessa al Regno di Sardegna nel 1815. Con un Decreto Reale del 1863, il re Vittorio Emanuele II sancì l'attuale denominazione di Santa Margherita Ligure. Nel 1951 ospitò la Conferenza preliminare della Comunità europea del carbone e dell'acciaio.
La sontuosa villa cinquecentesca Durazzo Centurione, situata in posizione elevata sul colle di San Giacomo di Corte, è circondata da una splendida terrazza con balaustra, ornata di statue del XVII e XVIII secolo. Il suo interno si sviluppa su quattro piani ed è considerata la prestigiosa sede di rappresentanza della città. L'oratorio della Madonna del Suffragio è stato edificato nel 1523 e restaurato nell'Ottocento. La chiesa dei cappuccini risale invece al 1606 e custodisce la scultura in marmo della
Madonna in trono, di scuola provenzale, e un crocifisso quattrocentesco; di costruzione barocca sono la chiesa di San Giacomo di Corte, che reca affreschi ottocenteschi di N. Barabino, e la basilica dedicata a Santa Margherita d'Antiochia e alla Madonna della Rosa.
La badia benedettina della Cervara, sulla strada per Portofino, appartiene al XIV secolo ed è stata restaurata nel 1871-92; l'annessa chiesa di San Girolamo conserva intatta la propria struttura gotica. Un misterioso intreccio di storia e leggenda racconta le visite del poeta Francesco Petrarca, di Papa Gregorio XI e di Guglielmo Marconi. La traccia storica più visibile risulta la prigionia del re di Francia Francesco I sconfitto a Pavia da Carlo V nel 1525.
La Cervara nasce nel 1361, quando si decise la costruzione di un nuovo monastero dedicato a San Girolamo: furono infatti i monaci benedettini a progettare la struttura e risiedervi per i primi tempi. Fu in pieno Umanesimo e Rinascimento che il cenobio godette del maggiore splendore con il suo impianto architettonico e il suo chiostro quadrangolare, mentre la torre cinquecentesca fu edificata per difendersi dai temuti saraceni. L'attuale proprietà fu stabilita nel 1900 con il definitivo progetto di recupero realizzato con la supervisione della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici. Il 29 Giugno del 2000 nacque la Fondazione "La Cervara" con lo scopo di promuovere e valorizzare al meglio in Italia e all'estero tutto il complesso monumentale dell'abbazia di San Girolamo, polo culturale ricco di storia, arte e natura.
Sarzana
(19.803 ab.). Cittadina in provincia di La Spezia, nella bassa valle del Magra. L'origine del nome Sarzana è difficile da stabilire, il nome appare per la prima volta in un diploma dell'imperatore Ottone I il 19 maggio dell'anno 963 dove veniva riconosciuto al vescovo di Luni il possesso del "castrum Sarzanae", situato dove attualmente sorge la fortezza di Sarzanello, comunemente denominata Castracani. Tale castrum, ovvero castello fortificato, doveva avere come scopo il controllo sulle principali strade di fondovalle.
Intorno al 1000 viene citata la nascita del vero nucleo abitato di Sarzana, il cui sviluppo è da mettere in relazione con la decadenza della vicina Luni che, a causa dei continui mutamenti geografici, si andava spopolando. Il borgo di Sarzana pare fosse diviso in due nuclei, gli abitanti dei quali venivano indicati come "illi de Burgo", ovvero quelli del borgo e come "illi de Carcandula", quelli che risiedevano sull'antico letto del torrente Calcandola, nei pressi dell'attuale piazza Matteotti.
Nel 1204 il vescovo Gualtiero II trasferì la Sede Vescovile da Luni a Sarzana guadagnandosi un'indipendenza della città prima che venisse sottomessa al dominio di vari signori vicini. Alla morte del vescovo i sarzanesi si rifiutarono di giurare fedeltà al nuovo vescovo Mazzucco, fino ad un accordo stipulato nel 1219 per ripudiarlo nuovamente cercando allenza con la città di Pisa. Il vescovo Guglielmo, seguito a Mazzucco durante un viaggio verso Roma, per partecipare al Concilio lateranense, venne fatto prigioniero dai Pisani, alleati coi Sarzanesi contro il vicario imperiale Oberto Pallavicino, i quali avevano iniziato la costruzione della Fortezza Firmafede dove oggi sorge la Cittadella.
Dopo la sconfitta da una lega Lucchese-Genovese-Fiorentina, i Pisani riconsegnarono la città di Sarzana nelle mani del vescovo Guglielmo, il suo successore, Enrico da Fucecchio, comunicò i sarzanesi a scopo intimidatorio ma fu rapidamente cacciato dalla città e costretto a rifugiarsi in Lunigiana. Solo dopo l'intervento del Pontefice Bonifacio VIII i cittadini vennero costretti ad accettare il successore di Enrico, Antonio Nuvolone da Camilla. Dopo la dominazione imperiale di Arrigo VII il vescovo Gherardino Malaspina, nominò Castruccio Castracani, visconte della diocesi lunense fino alla sua morte nel 1328, dopodiché la città tornò sotto il controllo dei Pisani per passare successivamente sotto il dominio di varie signorie, concludendosi con la dominazione della Repubblica genovese (1438).
Nel 1465 il papa Paolo II insignì Sarzana della qualifica di città con l'approvazione da parte dell'imperatore Federico III di questo titolo. Nel 1487 avvenne una feroce guerra, denominata "guerra di Serrezzana", tra Lorenzo il Magnifico alla guida dei fiorentini e la Repubblica genovese. A causa della guerra la Fortezza Firmafede venne completamente distrutta e molte case ridotte in macerie.
Lorenzo il Magnifico fece ricostruire la fortezza che denominò Cittadella situata ancora oggi nel Nord-Ovest della città. Attraverso varie vicissitudini Sarzana passò nuovamente nel controllo della Repubblica genovese per oltre due secoli. A causa della guerra franco-austriaca, per strategia la città ai piedi della fortezza di Sarzanello venne rasa al suolo e il popolo dovette emigrare nella zona vicina, chiamata Pian Paganella che in memoria del borgo distrutto venne ribattezzata Sarzanello. Nel 1797 Sarzana entrò a far parte della Repubblica ligure e poi al Regno di Sardegna. La città partecipò attivamente al Risorgimento per l'indipendenza e l'Unità d'Italia. Le numerose opportunità e occasioni culturali rivelano l'importanza che sempre Sarzana ha rivestito nei secoli. La costruzione che testimonia maggiormente questo predominio sul territorio è la fortezza di Sarzana, che, costruita sulle rovine della Fortezza Firmafede, si inserisce nelle mura perimetrali della città. Quest'opera di fortificazione venne costruita nella seconda parte del XV sec. ad opera di Lorenzo de' Medici. La costruzione presenta una pianta rettangolare, divisa al centro in due parti di dimensione equivalente. Al vertice di ogni rettangolo è presente un imponente torre semicircolare dal quale si domina tutta la valle. A supporto della Fortezza Firmafede alla fine del XV secolo venne notevolmente ampliato il forte di Sarzanello situato sul colle che sovrasta la città. La costruzione ha una pianta basata su un triangolo equilatero di oltre sessanta metri di lato ai cui vertici sono presenti delle robuste torri cilindriche che circondano una torre quadrangolare. Altro simbolo dell'importanza e della ricchezza di Sarzana è la Cattedrale di Santa Maria Assunta. La chiesa risalente al 1474 presenta una facciata rivestita interamente in marmo bianco, nella quale spicca il portale gotico fiancheggiato da due corpi laterali realizzati nel XVII secolo ma perfettamente armonizzati con l'antica struttura. Tra le altre chiese è da vedere la Pieve di Sant'Andrea, costruita nel X sec. ma restaurata e rimodernizzata in periodo gotico e successivamente in epoca barocca. Tra i palazzi da segnalare l'edificio che ospita il Comune. Il palazzo realizzato nel XV sec. venne rimaneggiato fortemente cent'anni più tardi. Nel XIX secolo venne aggiunto il terrazzo con porticato che si affaccia sull'odierna piazza Luini. Tra gli altri sono da ricordare Palazzo Podestà Lucciardi, perfetto esempio di architettura neoclassica, Palazzo Neri, che ospita bellissimi affreschi, Palazzo Picedi Benettini, con le sue caratteristiche forme rado rinascimentali e Palazzo Magni Griffi, ottimo esempio di architettura classicistica settecentesca. Merita anche Porta Romana, ingresso storico della città che si inserisce perfettamente nelle mura del bastione Testaforte. L'aspetto attuale della costruzione, interamente realizzata in marmo bianco, risale al XVIII secolo.
Sestri Levante
(20.430 ab.). Cittadina in provincia di Genova, sulla Riviera di Levante. Il nucleo più antico sorge sul promontorio (detto Isola) o sull'istmo che chiudono a Sud-Est il Golfo del Tigullio, la parte moderna si è sviluppata nell'entroterra. Proprio sull'Isola, in epoca medioevale (inizio del X sec.), sorse il nucleo dell'abitato, in posizione naturalmente fortificata. Le origini di Sestri Levante sono però più remote: i primi abitatori furono i liguri Tigullii, che la chiamarono Segestum (Se gesta Tigulliorum). Prima appartenente alla basilica di S. Giovanni di Pavia, poi ai Fieschi (che ne tentarono una riconquista nel 1172) e infine a Genova, fu per un periodo (intorno al 1365) occupata dai Visconti; subì un attacco veneziano nel 1432 e le incursioni dei pirati fino all'inizio del XVII secolo. Oggi il promontorio è dominato dal Grand Hotel dei Castelli, circondato da un magnifico parco. Questa struttura ricettiva fu costruita intorno al 1925 dove un tempo sorgeva la fortezza voluta dai Genovesi nel 1145. Qui si trova la Torretta dalla quale Guglielmo Marconi fece i suoi esperimenti di radiotelegrafia con le onde cortissime. Numerose dimore storiche oggi ospitano alberghi (come Villa Balbi) o uffici pubblici (come Villa Durazzo Pallavicino, sede municipale).
Sempre sul promontorio si trova la prima parrocchiale, San Nicolò all'Isola, costruita nel 1151; dopo i restauri, l'edificio si presenta con la sua antica struttura romanica, un abside semicircolare e un campanile con cuspide e bifore. Altro edificio religioso di notevole importanza è la basilica di Santa Maria di Nazareth (XVIII secolo), con pronao neoclassico aggiunto nell'800, nel cui interno riccamente decorato si conserva una tela del Fiasella; un gruppo ligneo dedicato a Santa Caterina di Alessandria del Maragliano si trova invece nella chiesa di San Pietro in Vincoli. Sul golfo di Levante si affaccia l'ex convento dell'Annunziata, recentemente restaurato con fondi comunitari per farne un polo culturale. Il complesso ospitò dal 1467 al 1797 i padri domenicani soggetti al più antico convento di Santa Maria di Castello a Genova; dopo il periodo napoleonico venne rilevato da benefattori e trasformato in una colonia marina rimasta attiva sino al 1982.
A Sestri Levante si trova anche una prestigiosa raccolta di dipinti, disegni, stampe, mobili e ceramiche: è la Galleria Rizzi, aperta nel 1967 quando la collezione privata dell'avvocato Marcello Rizzi venne donata allo Stato.
Varazze
(13.844 ab.). Centro in provincia di Savona. Rinomata località turistica, vanta origini tardo-romane, in continuità con la "Ad Navalia" citata nella "Tabula Peutingeriana". Verso il 1230 vi nacque quello Jacopo da Varagine che acquisì fama come autore della "Legenda aurea".
Tra i monumenti più significativi ricordiamo la barocca facciata della chiesa dei Ss. Nazario e Celso, dal caratteristico sagrato acciottolato del 1902; la collegiata di S. Ambrogio, con facciata del 1914 e splendido campanile lombardo resto di una precedente chiesa del sec. XIV. All'interno, eccellente polittico di Giovanni Barbagelata con
S. Ambrogio, santi e angeli musicanti (1500), e
Annunciazione, tavola attribuita a Francesco da Milano (1535); fra le sculture,
S. Caterina da Siena, statua lignea policroma del Maragliano, e sull'altare maggiore,
Assunta di Francesco Schiaffino (1740).
Ventimiglia
(26.051 ab.). Città in provincia di Imperia, sulla riviera dei fiori. Città di confine è costituita da due entità distinte amministrativamente unite: la parte alta, arroccata sulla destra del Roia, che reca ancora palesi i segni dell'agglomerato cresciuto nei secoli, e la parte bassa nella piana fra il Roia e il Nervia. Nella zona si ergeva l'insediamento romano di
Albintimilium che, sovrapponendosi al preesistente oppidum ligure di
Album Intemelium, raggiunge un indiscusso benessere nei primi secoli d.C., per poi iniziare a decadere nel IV e V sec., a causa delle invasioni barbariche. Tra il X e XI sec., abbandonata progressivamente l'antica area urbana, la popolazione della zona comincia a insediarsi sul Cavo (la parte più alta del colle), costituendo il primo nucleo di quella che diventerà la città medioevale con il suo palazzo vescovile e cattedrale. Controllando la strada che unisce Roma alla Francia e le vie che collegano la costa ligure con l'entroterra piemontese, nonché la foce del Roia, approdo di navigli, Ventimiglia si afferma come base commerciale ed emporio di scambio per i prodotti dell'interno con le merci provenienti dalla costa e dall'oltremare. In quest'epoca sorge il castello comitale, mentre la cattedrale romanica con le sue tre navate si avvicenda alla precedente aula a unica navata. A valle dell'edificio sorge il battistero e intorno a questo complesso si sviluppa la città già protetta da una cinta fortificata. Il declino di Ventimiglia inizia nel XIII secolo, quando Genova, dopo ripetuti assedi, sottomette la città, per spartirne in seguito il territorio con il Conte di Provenza (Trattato di Aix, 1261), separandola dal suo naturale retroterra e conferendole il ruolo di città di frontiera, ruolo che con fortune alterne conserverà fino ai tempi presenti. Vengono costruiti il Castel Vecchio (poi Forte S. Paolo) e il Castel d'Appio, mentre durante l'assedio del 1222 viene costruito il porto-canale alla foce del Roia. Dal XIII al XV secolo il complesso urbano della città alta assume quasi le dimensioni conservate fino ai nostri giorni, con un tessuto viario che gravita su piazza del Canto. Ordini religiosi si attestano all'interno delle mura, creando conventi e chiese (al XV secolo risale l'edificazione dell'Oliveto, ancora proprietà dei monaci di S. Michele). Il sacco e la distruzione della città compiuti dai Grimaldi all'inizio del Cinquecento, oltre alla dispersione degli archivi cittadini, portano la demolizioni delle mura. Nonostante ciò, sia assiste, piano piano, per merito delle famiglie più potenti, a un rinnovo delle loro dimore nonché degli edifici religiosi. Le confraternite religiose, elemento tipico della vita sociale ligure del Seicento, provvedono alla costruzione e all'arredo dell'oratorio di S. Giovanni Battista al Cavo. La cattedrale, la chiesa di S. Francesco e il battistero subiscono sul finire del XVI secolo pesanti interventi. Successivamente, sulla piazza della cattedrale, viene eretto dal 1668 al 1671 il monastero delle Canonichesse Lateranensi. Con la rivoluzione francese e l'albero della libertà eretto in piazza della Cattedrale, la città diventa per un certo periodo capoluogo di dipertimento. Solo dopo la restaurazione inizia per Ventimiglia (dal 1815 era stata annessa al Regno di Sardegna dei Savoia) una fase di rinnovo urbano che perviene al culmine nel corso della seconda metà dell'Ottocento. Le prime opere realizzate dai Savoia sono comunque a carattere militare come il ripristino del Forte S. Paolo.