Filosofo italiano. Rappresentante dell'Idealismo hegeliano di destra, è
stato per mezzo secolo, insieme con B. Croce, il massimo rappresentante della
filosofia italiana. Iniziato agli studi umanistici da suo padre, si iscrisse
alla Scuola Normale di Pisa dove seguì i corsi del filosofo hegeliano
Pietro Jaja e dello storico della letteratura Alessandro d'Ancona. Nel 1897 si
laureò in Lettere e filosofia, con una tesi su Rosmini e Gioberti, e fu
questa anche la sua prima pubblicazione. Dopo aver insegnato per qualche tempo
nei licei, all'inizio del Novecento si trasferì a Napoli dove, nel 1903,
conseguì la libera docenza. Lo stesso anno contribuì alla
fondazione di "La Critica", la rivista di Croce alla quale collaborò
attivamente sino al 1920, quando i suoi rapporti con Croce si raffreddarono,
sino al punto di rottura, ed egli fondò "Il Giornale critico della
filosofia italiana" che diresse sino al 1943. Nel 1906 ottenne la cattedra di
Filosofia presso l'università di Palermo dove iniziò un'intensa
attività culturale, contribuendo alla formazione della scuola siciliana,
da cui uscirono filosofi ed educatori, quali G. Lombardo Radice, A. Omodeo, G.
De Ruggero, G. Saitta. Nel 1914 succedette a Jaja nella Scuola Normale di Pisa e
nel 1918 passò all'università di Roma, dove occupò dapprima
la cattedra di Storia della filosofia, poi quella di Filosofia. Rappresentante
del liberalismo di destra, dette la propria adesione al Fascismo e a partire dal
1922, anno in cui fu nominato senatore, partecipò attivamente alla vita
politica. Entrò a far parte del primo Governo Mussolini come ministro
della Pubblica Istruzione, dedicandosi all'elaborazione della vasta riforma
scolastica che porta il suo nome, ma le cui basi erano state già
impostate in precedenza da Croce. A lui Mussolini affidò il compito di
chiamare gli intellettuali al Fascismo con il "Manifesto" che fu diffuso il 21
aprile 1925. Dimessosi da ministro nel 1925, negli anni seguenti ricoprì
vari importanti incarichi, tra cui la direzione della
Grande Enciclopedia
Italiana (Treccani). Egli divenne la massima figura ufficiale della cultura
italiana e nel 1937 fu nominato direttore della Scuola Normale di Pisa. Uomo
generoso, impulsivo, ottimista e, come l'ha definito N. Bobbio, "passionale sino
al candore", nel 1943, quando la maggior parte dei gerarchi fascisti stavano
fuggendo, accettò di incitare il popolo italiano alla resistenza sotto
l'insegna del fascio e, dopo l'armistizio, assunse a Firenze la presidenza
dell'Accademia d'Italia in collaborazione con la Repubblica di Salò. Fu
questo l'atto che gli costò la vita: il 15 aprile 1944, mentre rientrava
a casa dall'Accademia, gli furono sparati contro alcuni colpi di rivoltella su
iniziativa di un Gruppo di azione patriottico (GAP). La sua elaborazione
filosofica avvenne nel ventennio 1913-33, a cominciare dall'opera
La riforma
della dialettica hegeliana (1913). Egli definì il proprio sistema
"Idealismo attuale", volendo con tale denominazione indicare la sua adesione
alla concezione idealistica che egli però modificò, identificando
"l'idea" con "l'atto" del pensiero. Secondo
G., l'Idealismo, in quanto
"idea", è intrinsecamente assoluto, dato che tende a concepire il
"tutto". Ma, affinché un idealismo possa essere veramente assoluto,
è necessario che non lasci niente fuori di sé. Pertanto, vero
idealismo non è quello "trascendente" di Platone, né quello
"immanente" di Berkeley. Lo stesso Kant, pur avendo per primo affermato la
trascendentalità del pensiero, non lo associa al noumeno, ossia al
molteplice da esso unificato. Il passo decisivo verso l'Idealismo assoluto venne
compiuto da Fichte, che concepì la filosofia come "dottrina nella
scienza", pur non riuscendo a liberarsi completamente dell'astrattezza. Hegel,
per primo, giunge a identificare il reale, nella sua totalità, col
pensiero, trovando, nella "dialettica", la legge del pensiero in atto. Secondo
G. però, anche Hegel finisce con ricadere nell'immobilismo
dell'astrazione, anteponendo l'essere e il non-essere al divenire. Pertanto,
ponendosi sulla linea Kant-Fichte-Hegel, attraverso la mediazione di B.
Spaventa,
G. arriva a sostenere la necessità di una riforma della
logica hegeliana così da ridurre, attraverso l'identificazione del
divenire hegeliano con l'atto del pensiero, il "reale" alla "vera e concreta
realtà che è il pensiero in atto". Secondo
G. essere e
pensiero si identificano realmente solo quando l'essere è ridotto al
pensiero, è un suo prodotto: nella soggettività dell'atto del
pensiero pensante, si risolve ogni oggettività, ogni residuo di
trascendenza. Il soggetto pensante non può, in nessun caso, essere
concepito come oggetto e perciò unica realtà è
"l'attualità dell'Io": Io assoluto, Soggetto trascendentale. Il singolo
individuo (soggetto empirico) non è che un oggetto dell'Io assoluto.
Oggetti sono anche la Natura e Dio. L'Io, essendo assoluta autocreatività
(autoctisi), è assoluta libertà e il pensiero, se è
libertà, non può essere contemplazione di una realtà, ossia
teoria, ma continua creazione, attività. L'attivismo della concezione
gentiliana culmina nella dottrina dell'Atto puro. Secondo questa concezione, la
natura non esiste come realtà presupposta dallo spirito, bensì
come semplice momento del pensiero; altrettanto è per la storia che va
intesa come un processo che coincide con lo stesso pensiero di chi indaga.
Pertanto, poiché anche la storia "confluisce e sbocca
nell'attività del pensiero pensante", storia e filosofia coincidono.
G. svolge la dialettica dello spirito secondo la logica hegeliana
dell'opposizione, riconoscendo tre forme assolute: Arte, Religione, Filosofia;
l'Arte rappresenta il momento dell'individualità immediata dello spirito;
la Religione il momento dell'oggettività, la negazione del soggetto
nell'oggetto, ossia dell'uomo (soggetto) in Dio (oggetto assoluto); la Filosofia
rappresenta la sintesi concreta, nell'immanenza dell'atto, ossia dalle due
astrazioni; tesi e antitesi, soggettività e oggettività, Arte e
Religione. ║
G. e il Fascismo: il maggior contributo
all'elaborazione della dottrina fascista fu dato da
G. Teorico di valore,
ma prigioniero delle sue forme filosofiche, egli era portato a dare per risolti
nella realtà i problemi che riusciva a risolvere sul piano speculativo.
G. espose la dottrina del Fascismo in una serie di articoli raccolti nei
volumi
Che cosa è il Fascismo (1925) e
Fascismo e cultura
(1928), nonché nella voce "Fascismo" dell'Enciclopedia Treccani (1932).
La sua filosofia politica, derivata da un Hegel interpretato da destra, si
basava sul concetto di "Stato etico"; uno Stato che si identifica con la morale
stessa, in modo che l'uomo si realizza solo nella partecipazione totale dello
Stato. Così la dottrina del Fascismo assunse il carattere di una dottrina
dello Stato, della sua supremazia, santità, totalità: "Tutto per
lo Stato, nulla contro lo Stato, nulla fuori dello Stato". Egli giunse ad
affermare, non senza grossolanità, il carattere religioso del Fascismo,
definito "una concezione religiosa in cui l'uomo è veduto nel suo
rapporto immanente con una legge superiore, con una volontà obiettiva,
che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una
società spirituale". Il Fascismo viene da lui presentato come una forma
di alto "idealismo politico", in opposizione al Materialismo marxista e alla
lotta di classe, nonché al Liberalismo, definito come una forma di
individualismo egoistico e antisociale. Per quanto la dottrina gentiliana dello
Stato, nella sua versione fascista, risultasse una vera e propria caricatura
dell'Hegelismo,
G., contribuì tuttavia, in maniera determinante, a
fornire al Fascismo una dignitosa facciata hegeliana, dietro la quale lo Stato
fascista poté operare sino alla catastrofe finale. Molto vasta è
la produzione di
G., che si estende anche a campi diversi da quello
strettamente speculativo e degli studi di storia della filosofia. Opere
teoretiche;
La riforma della dialettica hegeliana (1913);
Sommario di
pedagogia come scienza filosofica (1913-14);
Teoria generale dello
spirito come atto puro (1916);
I fondamenti della filosofia del
diritto (1916);
Sistema di logica come teoria del conoscere
(1917-23);
La filosofia dell'arte (1931). Tra le opere di varia cultura:
Il modernismo e i rapporti tra filosofia e religione (1909);
I
problemi della Scolastica e il pensiero italiano (1915);
Studi
vichiani (1915);
Le origini della filosofia contemporanea in Italia
(3 voll. 1917-23);
Discorsi di religione (1920);
B. Spaventa
(1924);
Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galuppi (1930);
Giambattista Vico (1936);
Studi sul Rinascimento (1936);
La mia
religione (1943) (Castelvetrano, Trapani 1875 - Firenze 1944).