Riformatore protestante italiano. Rifugiatosi a Ginevra nel 1556 per sottrarsi
alla persecuzione religiosa, vi incontrò e divenne amico di altri
profughi protestanti italiani che erano passati come lui dall'inquietante
esperienza della filologia biblica erasmiana al radicalismo teologico di
Calvino. Da questo gruppo di profughi italiani ebbe origine il movimento
antitrinitario, la più radicale e rivoluzionaria delle correnti religiose
del tempo. Nel loro profondo travaglio culturale e nella loro revisione radicale
delle basi del cristianesimo, gli antitrinitari, di cui
G. fu uno dei
massimi esponenti, insieme con Lelio e Fausto Socini, Francesco Stancaro, Giovan
Paolo Alciati, Bernardino Ochino e Giorgio Biandrata, non indietreggiavano
neppure di fronte alla critica di dogmi fondamentali come la redenzione e la
trinità, convinti che solo l'influsso aberrante di Attanasio, nei primi
secoli della cristianità, avesse portato la Chiesa a fare della
Trinità un inutile e irrazionale mistero. Costretto a lasciare Ginevra
dov'era stato condannato come "eretico", per la sua opposizione all'ortodossia
calvinista, si rifugiò a Farges, poi a Grenoble e a Lione, raggiungendo
infine la Polonia (1562), dove avevano trovato ospitalità vari
antitrinitari italiani in seguito alla nomina di Francesco Stancaro alla
cattedra di Ebraico nell'università di Cracovia. Essi erano stati bene
accolti dai capi delle comunità calviniste polacche, ma la pubblicazione
nel 1562 di alcune opere, tra cui gli
Antidota di
G. allarmarono a
tal punto i calvinisti moderati polacchi da costringere gli antitrinitari, prima
a separarsi dalla comunità calvinista polacca e a fondare una loro
Ecclesia minor poi a lasciare la Polonia nel 1564. Rifugiatosi in
Transilvania, ritornò poi in Svizzera per diffondervi le idee
antitrinitarie. Arrestato a Berna, venne processato come eretico e condannato a
morte mediante decapitazione (Cosenza 1520 - Berna 1566).