Particella biologica con sede nel cromosoma, considerata l'unità del
materiale erediatrio della cellula. È un piccolo segmento della catena
dell'acido desossiribonucleico (DNA). Il
g. è composto da una
sequenza di unità più piccole e potenzialmente mutabili, detti
mutoni; ogni
g. è presente due volte nella cellula, poiché
i cromosomi delle cellule degli organismi eucarioti superiori sono contenuti nel
nucleo in coppie omologhe, cioè associati a due a due (uno è di
origine materna, l'altro paterna). Il
g. esiste quindi in coppia col
proprio omologo, ma uno stesso
g. può presentarsi in diversi
aspetti (detti alleli), che sono le forme alternative del medesimo carattere
ereditario. Gli alleli sono situati nel cromosoma nella stessa posizione (o
locus) e si producono in seguito a mutazioni, cioè a cambiamenti
di natura chimica che investono un singolo nucleotide componente del DNA. Gli
alleli più rari sono detti mutanti, quello che si trova in una posizione
naturale è chiamato allele selvatico. Un
g. può avere
un'azione unitaria e determinare un solo carattere oppure controllare la
comparsa di più caratteri correlativi (
g. pleiotropo). Più
spesso un carattere ereditario è controllato da più
g.
cumulativi. Il
g. dominante è un
g. il cui carattere si
manifesta in ogni caso, mentre quello recessivo si presenta solo allo stato
omozigote, perché in quello eterozigote la sua azione è
prevaricata dall'allelomorfo dominante. La struttura chimica dei
g.
è rappresentata dalla catena degli acidi nucleici formata da molecole di
nucleotidi che si succedono con diverse combinazioni, creando le "parole" del
codice genetico. La loro proprietà fondamentale è
l'autoriproduzione: possono duplicarsi uguali a se stessi; nel corso della
moltiplicazione cellulare le cellule figlie ricevono così le informazioni
genetiche; gli errori che vengono commessi durante tale processo sono appunto le
mutazioni (V. DESOSSIRIBONUCLEICO, ACIDO).