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Gallo d'oro, Il.

Opera lirica in tre atti di Nicolai Andreievic Rimski-Korsakov che ne scrisse anche il libretto. Il soggetto fiabesco è tratto da un poema di Puškin. Prima rappresentazione nel 1909 a Mosca. Successivamente (nel 1914) l'opera venne presentata da Diaghilev come balletto ma con i cantanti sulla scena. Nel 1937 De Basil eliminò anche i cantanti usando solo le musiche per la sua compagnia di balletti. A sipario chiuso si ode il canto del gallo; poi segue un brevissimo prologo tenuto da un vecchio astrologo. Trama: un astrologo regala al re Dodone un gallo d'oro capace di dare l'allarme qualora i nemici si avvicinassero minacciosi al regno. Il re fa collocare il gallo su una guglia della reggia; così lui e i suoi cortigiani, tutti sfaticati come i suoi figli ed altrettanto fifoni, potranno vivere in pace senza essere ossessionati dalla paura di attacchi improvvisi. La corte se ne sta beatamente in ozio quando il gallo dà l'allarme: il nemico si avvicina. Riluttanti, i figli del re e i gentiluomini devono prendere le armi; più tardi anche il re dovrà indossare l'armatura perché il gallo continua a sollecitarlo con il suo canto. Dodone parte per la guerra e trova i cadaveri dei figli ammucchiati l'uno sull'altro; per la loro innata stupidità si sono vicendevolmente ammazzati. Mentre i soldati del re si accingono a combattere, dal quartiere generale del nemico si fa avanti una splendida creatura: la regina di Scemakan. Ella dichiara di non voler impegnare combattimento ma solo d'impadronirsi del regno di Dodone esclusivamente per merito del suo fascino irresistibile. Il re ne viene subito sedotto e la regina ne approfitta per prendersi gioco di lui. Poi, amici e nemici, partono insieme verso la capitale del regno di Dodone. Il sovrano e la regina ricevono gli applausi del popolo che fa ala al corteo nuziale. Ma l'astrologo che aveva regalato il gallo d'oro al re si avvicina a questi e, dichiarando di esser venuto per ritirare la ricompensa promessagli, pretende di esser pagato con la bellissima regina. Dodone, arrabbiatissimo, lo uccide. Ma il gallo d'oro precipita dall'alto della sua guglia e, col becco, colpisce il re uccidendolo. Scoppia un temporale: gallo d'oro e regina svaniscono nel nulla. Nell'epilogo appare l'astrologo che avverte il pubblico di non credere ai propri occhi; soltanto lui stesso e la regina erano esseri veramente reali; tutti gli altri erano solo frutto dell'immaginazione.