Medico e filosofo greco. Dopo Ippocrate, fu il più grande medico
dell'antichità. Iniziò gli studi di medicina e filosofia nella
nativa Pergamo, si perfezionò a Smirne e quindi soggiornò per
cinque anni ad Alessandria; frequentò le principali scuole dell'epoca,
quella platonica, aristotelica e stoica, studiando in particolare le discipline
matematiche e mediche, soprattutto anatomia, e divenne un profondo conoscitore
della tradizione ippocratica. Esercitò a Pergamo per qualche anno, come
medico e chirurgo dei gladiatori, ma nel 162 si trasferì a Roma, dove
acquistò in breve tempo una tale fama da essere nominato medico personale
dell'imperatore Marco Aurelio e poi del figlio Commodo. Rimase alla corte
imperiale fino a tarda età e ritornò a Pergamo solo nel 192. La
situazione dell'arte medica in Roma era alquanto complessa, soprattutto
perché era oggetto di dispute tra le diverse scuole, l'empirica, la
dogmatica e la metodica. La prima si basava sull'osservazione diretta
(
autopsia) e sulla pratica terapeutica, ma era priva di una qualsiasi
conoscenza fisiologica e anatomica; la seconda invece riconosceva come elemento
fondamentale della medicina l'anatomia e la teoria causale, limitandosi
però ai fenomeni osservabili. I metodici, invece, riconducevano ogni
malattia a due stati principali, la costipazione e il rilassamento, rinunciando
a una analisi approfondita sia delle cause interne sia dei rimedi possibili,
risultando così superficiali sia nell'arte diagnostica, sia in quella
terapeutica. Nella medicina mancava quindi una vera organicità teorica
che potesse essere il fondamento dell'attività professionale.
Perciò
G. si impegnò a riorganizzare la scienza medica,
sulla base soprattutto del sapere biologico e in particolare dell'anatomia. Le
sue descrizioni del sistema nervoso, osseo, vascolare e muscolare, e di alcuni
organi interni, quali cervello, cuore e fegato, rimasero fondamentali e
ineguagliate fino al XVI sec. La precisa conoscenza fisiologica doveva sempre
accompagnarsi a una esperienza diretta e doveva essere condotta secondo i metodi
logico-dimostrativi aristotelici e della geometria euclidea. Questa salda base
scientifica e razionale faceva della medicina il principale mezzo di conoscenza
del reale, attestando in concreto, nella natura stessa degli elementi, la
verità di ciò che la filosofia poteva cogliere solo nella logica
delle parole.
G., infatti, partendo dagli studi anatomici, arrivò
a stabilire quali fossero gli elementi primari che costituiscono i tessuti dei
corpi: aria, fuoco, acqua e terra (corrispondenti agli
umori della
tradizione ippocratica: bile nera, gialla, flegma, sangue); con le rispettive
qualità, freddo, caldo, fluido e solido, combinati in vario modo, questi
generavano, secondo
G., i
temperamenti (collerico, sanguigno,
flemmatico, melanconico), ciascuno dei quali aveva caratteristiche,
facoltà e patologie proprie. In ogni caso determinante è il calore
innato, che ha sede nel cuore, il nodo centrale del sistema arterioso, in cui
circola lo
pneûma zōotikòn, il soffio vitale o anima
irascibile, che presiede alle funzioni involontarie e impulsive dell'organismo,
soprattutto ai fenomeni emotivi, quali collera, paura, passione. Il secondo
organo fondamentale è il fegato, nucleo del sistema venoso, in cui
circola lo
pneûma physikòn, il soffio naturale, che presiede
all'anima concupiscibile e alle funzioni nutritive e riproduttive. Infine le
funzioni psichiche dell'anima razionale sono regolate dal sistema nervoso, il
cui centro è il cervello e dove circola lo
pneûma
psychikòn, o soffio psichico, che presiede alle attività
razionali e volontarie. Per quanto la terminologia adottata sia di ascendenza
platonica, tuttavia
G. ha una concezione materialistica dell'anima, che
può esistere solo in relazione al corpo, come specifica funzione dei tre
organi principali. Così la competenza epistemologica della medicina,
fondata sulla fisica, risultava superiore a quella filosofica e consentiva
quindi di costruire una visione del mondo precisa, la cui veridicità era
garantita dallo stesso rigore scientifico: il mondo è strutturato secondo
un ordine provvidenziale, che determina il fine e il senso di ogni essere. Tale
concezione provvidenziale del cosmo era propria già dello stoicismo
antico, ma in
G. acquistava nuova convinzione, perché era l'ovvia
conseguenza della rigorosa analisi anatomica e fisiologica degli esseri stessi.
Infine, se la metafisica era strettamente determinata dallo stato fisico e
organico degli esseri, anche le qualità morali e intellettuali degli
individui dovevano dipendere dalle proprie condizioni fisiche, ossia da uno
stato di squilibrio tra gli elementi dei temperamenti umorali: era il medico,
dunque, il solo che poteva dare una diagnosi morale e suggerire una terapia, che
ristabilisse gli equilibri fisici, psichici ed etici degli individui.
Determinanti in questo senso erano le condizioni di vita, l'ambiente e il regime
alimentare, ma per
G. anche delle forze oscure e irrazionali, endogene,
provenienti dall'apparato psichico inferiore, erano capaci di provocare una
malattia, sconvolgendo l'equilibrio razionale organico.
G. fu uno
scrittore molto fecondo, tanto che gli si attribuiscono più di 4.000
opere in greco, suddivise in sette parti: anatomia, patologia, terapia,
diagnostica, prognostica, commentari ippocratici, filosofia e grammatica. Di
queste sono giunte fino a noi solo 108 opere, in parte in greco, in parte nella
traduzione latina, tra le quali le più famose sono il
Methodus
medendi, in 14 libri, nota nel Medioevo come
Megategni, e l'
Ars
medica o
Microtegni, il principale compendio di arte medica
dall'antichità fino al Rinascimento (Pergamo 130 circa - 200
circa).