Stato (267.667 kmq; 1.197.000 ab.)
dell'Africa equatoriale. Si affaccia ad Ovest sull'Atlantico; confina a Nord con
la Guinea Equatoriale ed il Camerun; a Est e a Sud con il Congo di Brazzaville.
Capitale: Libreville. Città principali: Masuku, Port Gentil e
Lambaréné. Ordinamento: Repubblica presidenziale; il presidente
è eletto a suffragio universale diretto per 5 anni. Il potere legislativo
spetta a Parlamento, eletto a suffragio universale per 5 anni e formato da due
camere: l'Assemblea Nazionale e il Senato. Moneta: franco Cfa. Lingua ufficiale:
francese; diffusi anche dialetti bantu. Religione: prevalente è il
cattolicesimo, ma ancora largamente diffusi sono i culti animistici. La
popolazione è formata prevalentemente dai Fang.
GEOGRAFIA
Ha coste basse con ampie baie e lagune. Dalla
fascia costiera, il suolo s'innalza gradatamente verso l'altipiano interno,
dominato da una catena centrale; altezza massima: monte Birogou (1.190 m). Il
fiume principale è l'Ogoué; sull'estuario del Gabon si trova la
capitale. Il clima è caldo - umido, con scarse escursioni termiche e
precipitazioni abbondanti. Gran parte del territorio è coperto dalla
foresta equatoriale pluviale.
Cartina del Gabon
ECONOMIAIl
Paese è ricco di risorse minerarie (petrolio, gas naturale, manganese,
uranio, ferro, oro), per lo sfruttamento delle quali l'economia è in fase
di crescita. L'agricoltura, principale occupazione della popolazione, è
praticata con metodi arretrati e non soddisfa il fabbisogno interno. Si
coltivano principalmente mais, manioca, batate, cacao, banane e caffè.
Buona è la produzione di legname pregiato (okoumé e ozigo), in
gran parte esportato. Le industrie comprendono stabilimenti per la lavorazione
del legno, tessili, chimici, alimentari. Poco sviluppati l'allevamento e la
pesca; le vie di comunicazione sono
insufficienti.
STORIAIl
territorio dell'attuale Stato del
G. fu raggiunto nella seconda
metà del XV sec. da navigatori portoghesi, ma sino al XIX sec. gli
insediamenti europei furono limitati ad alcune stazioni costiere, adibite al
traffico di schiavi dal Golfo di Guinea alle Americhe. Alle origini della
presenza francese nella regione ci fu un accordo stretto nel 1839 dal Governo
parigino con i capi locali, che prevedeva la concessione di territori di
reinsediamento per gli schiavi liberati (da cui il nome dell'attuale capitale
Libreville) e la repressione per mano francese delle residue pratiche schiaviste
nella zona. Con gli anni si verificò però l'occupazione delle
coste e dell'interno e l'unione del Paese con l'allora Congo francese. Nel 1910
il
G. diventò parte dei territori dell'Africa Equatoriale
Francese. Il processo di decolonizzazione gabonese ebbe inizio attraverso un
referendum istituzionale, tenuto nel 1958, che sancì la volontà di
distacco dalla potenza coloniale. L'indipendenza vera e propria fu attuata nel
1960 e gestita dal Partito democratico gabonese (PDG) di Léon M'ba, che
diventò presidente. Nel 1967, anno della sua morte, gli succedette alla
guida del Paese e del partito, ormai formalmente istituito come unico,
Bernard-Albert Bongo, da anni stretto collaboratore di M'Ba e da lui stesso
designato alla successione. In politica estera Bongo continuò secondo la
linea tracciata, contraddistinta da una stretta collaborazione con la Francia e
con gli altri Paesi occidentali, che trovarono conveniente contropartita ai loro
aiuti nelle rilevanti risorse naturali del
G. (uranio, oro, petrolio,
manganese, ebano e altri legnami pregiati). Relativamente alla politica interna,
quello di Bongo si configurò nel tempo come un regime di tipo
autoritario: le reiterate conferme alla carica presidenziale, data la mancanza
di altri candidati, non contraddicono tale giudizio. La classe dirigente veniva
non eletta, ma cooptata tra la borghesia creatasi sull'onda degli investimenti
stranieri nel Paese: la carica di primo ministro - conferita su indicazione del
presidente stesso - fu esercitata ininterrottamente, dal 1975 al 1990, da
Léon Mébiane. Nonostante il rafforzamento dei rapporti commerciali
con gli Stati Uniti (soprattutto in relazione alle esportazioni di greggio di
cui il
G. era il secondo produttore africano), gli anni Ottanta videro
una brusca riduzione del flusso di capitali esteri e, conseguentemente, del
reddito pro capite gabonese, fino ad allora il più alto del continente
dopo quello del Sudafrica. La caduta dei prezzi del petrolio, verificatasi circa
a metà del decennio, ebbe ripercussioni assai negative sull'economia del
Paese e il presidente Bongo promosse un piano di austerità che prevedeva
nuove tasse, tagli ai salari e alla spesa sociale. Le drastiche misure adottate
per frenare l'ascesa del deficit pubblico provocarono disordini, soffocati da
una durissima repressione militare. Anche in seguito a tali avvenimenti,
l'opposizione si organizzò in un fronte unico - chiamato Mouvement de
Redressement National - e costituì nel 1985 un Governo in esilio avente
sede in Francia, con il compito di denunciare e pubblicizzare i soprusi e la
corruzione del regime. La crescita della protesta popolare e delle
manifestazioni antigovernative spinse la Francia a premere su Bongo
perché intavolasse trattative con le opposizioni. La Costituzione fu
così rivista in senso pluralista e la carica di primo ministro assunta da
Casimir Oye-M'ba. Nel 1990 si tennero le prime elezioni multipartitiche -
ripetute parzialmente due volte a causa di irregolarità e brogli - che
sancirono l'ingresso nell'Assemblea Nazionale di sette partiti, oltre a quello
democratico che pure ottenne la maggioranza. Elezioni presidenziali pluraliste
si ebbero invece solo nel 1993, sempre su pressioni della Francia che rimaneva
il principale partner economico e politico del Paese, con la partecipazione di
una quindicina di candidati, fra cui lo stesso Bongo che non era previsto
nemmeno tra i favoriti. Quando il presidente uscente si autoproclamò
vincitore con il 51% dei suffragi, l'opposizione protestò con violenza,
soprattutto il Rassemblement National de Bûcherons (RNB), il cui candidato
era accreditato con circa il 30% dei voti. La situazione politica ed economica
del
G. si fece particolarmente drammatica. Da un lato il presidente
contestato impose lo stato d'emergenza, dall'altro l'indebitamento nazionale
raggiunse livelli gravissimi, mentre gli introiti delle esportazioni petrolifere
continuarono a diminuire e la moneta nazionale fu costretta alla svalutazione.
Il 1994 fu segnato da uno sciopero nazionale e da forti tensioni sociali che
portarono alla chiusura delle università, a causa di agitazione
studentesche, e all'espulsione di un elevato numero di immigrati clandestini con
la quale si sperava di alleviare i problemi occupazionali del Paese. La Francia,
che pur aveva legittimato la rielezione di Bongo, caldeggiò trattative
fra lo stesso presidente e le opposizioni, riunitesi in un comitato di
resistenza. Le parti raggiunsero un accordo per il quale, dietro riconoscimento
se non della legittimità almeno della temporanea legalità della
carica di Bongo, si varò un Governo di coalizione e di transizione verso
nuove elezioni presidenziali entro diciotto mesi. Nel 1998 il
G. entrò a far parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in
qualità di membro non permanente. Le elezioni presidenziali tenutesi
nell'ottobre 2001 riconfermarono Jammeh nella carica di presidente. Le
consultazioni legislative del gennaio 2002, boicottate dall'opposizione, si
conclusero con la vittoria dell'Alleanza per il riorientamento e la
ricostruzione (APRC), già al potere.