Dottrina etica che considera lo stato di felicità come naturale e
necessariamente collegato all'atto morale, assegnando alla vita umana il compito
di conseguire la felicità. Quando è collegato al sentimento e
all'azione empirica, l'
e. tende a trasformarsi in edonismo che fa
coincidere la felicità col conseguimento del piacere immediato. Quando
invece è collegato al razionalismo si presenta come una dottrina
etico-razionale secondo cui l'atto morale comporta la felicità:
poiché l'uomo è felice quando segue l'essenza fondamentale del
proprio essere, e l'azione razionale rappresenta tale essenza. Secondo la
concezione eudemonica, felice è colui che è buono, e la più
alta felicità si consegue seguendo la voce della propria coscienza. Di
ciò era convinto Socrate, secondo cui la coscienza ci avverte sia in
senso positivo sia in senso negativo, facendoci sentire come riprovevole - causa
d'infelicità per noi e per gli altri - un'azione che stiamo per
commettere. Presente in Platone, la concezione eudemonica raggiunge il suo
massimo sviluppo in Aristotele secondo il quale la felicità è
perfezione individuale. Nel pensiero moderno, l'
e. è presente
nella dottrina kantiana. Secondo Kant, infatti, la virtù deve coincidere
con la felicità. Una felicità, però che ponga l'uomo in
rapporto con gli altri considerandoli non come mezzi ma come fini di una
felicità che sia nello stesso tempo nostra e loro.