Scienza che studia i popoli. Il termine fu introdotto nel secolo scorso in
connessione con i primi studi condotti in questo campo. Nel linguaggio comune
non esiste una netta distinzione tra
e. ed
etnografia e in genere
viene fatto rientrare nell'ambito dell'
e. ciò che rientra
propriamente in quello dell'antropologia sociale. Compito dell'
antropologia
sociale (V.) è quello di formulare e
dimostrare le ipotesi sui sistemi e sui mutamenti sociali e quello
dell'
etnografia consiste nella raccolta di dati che avviene mediante
l'osservazione diretta e sulla descrizione della società studiata, senza
tener conto dei problemi teorici generali. L'
e., invece, è lo
studio della società umana in base alla tradizione storica, alla lingua,
ai caratteri fisici e morali dei vari popoli. Si tende a limitare l'ambito
dell'
e. all'esame della storia passata dei popoli dei quali non esistono
testimonianze scritte. Essa perciò viene a trovarsi in stretto rapporto
con l'archeologia. L'interesse di sempre più larghi strati di opinione
pubblica sugli aspetti caratteristici della vita dei popoli extra-europei ha
consentito di far uscire l'
e. dall'ambito della cultura accademica.
Tuttavia i numerosi
reportages giornalistici e cinematografici, e la
maggior parte delle monografie e opere divulgative immesse sul mercato
editoriale non hanno molto contribuito a chiarire gli aspetti caratteristici dei
popoli extra-europei. Spesso, anzi, tali opere presentano aspetti tipicamente
razzistici o tendono a deformare la realtà. Accanto a questa produzione
scadente sono però apparse anche molte opere scientifiche di alto valore,
in cui sono state enunciate nuove teorie. Fra queste ha suscitato particolare
interesse quella che si fonda sul principio dello
strutturalismo
sostenuta dal francese C. Levi-Strauss. Questa teoria (
antropologia sociale
strutturale) afferma l'originalità delle culture cosiddette
"primitive" il cui valore non dev'essere considerato "più scadente"
rispetto a quello delle culture "letterate e tecnologiche" euroasiatiche.
Già da tempo l'
e. aveva fatto presente che le culture dei popoli
cosiddetti primitivi potevano essere valutate col metro delle acquisizioni
tecnologiche e culturali dei popoli industrialmente progrediti. Pertanto, la
giusta conoscenza e valutazione degli aspetti caratteristici delle culture
"primitive" deve seguire criteri essenzialmente scientifici di classificazione,
analisi e confronto dei dati raccolti. Questo criterio è seguito dalla
moderna
e. e antropologia sociale. Nella metodologia d'indagine si segue
in genere il criterio suggerito da L. Frobenius che si avvalse delle tecniche
cartografiche per lo studio e la comparazione delle varie aree culturali e dei
loro aspetti specifici (V. DIFFUSIONISMO). Tra le
varie scuole quella che conta tuttora il maggior numero di seguaci è
quella storico-culturale che ebbe fra i suoi iniziatori l'austriaco G. Graebner
e che ricevette grande impulso grazie soprattutto all'opera di W. Schmidt e W.
Koppers. Questa scuola si basa sulla teoria dei cicli culturali, ossia
sull'evoluzione delle culture umane attraverso livelli ben caratterizzati; si
suppone un primo
ciclo primitivo caratterizzato da un sistema di vita
basato sulla raccolta dei prodotti naturali del suolo e sulla caccia di piccola
selvaggina. A questo ciclo primitivo seguirebbe quello dei cacciatori superiori,
basato sulla caccia e su un'organizzazione della società più
articolata. Seguono poi gli stadi
paleomatriarcale e
neomatriarcale, basati sull'agricoltura e sulla divisione della
società in due classi. Si ha quindi lo stadio delle
signorie, in
cui si afferma il patriarcato e, nel quale la società si presenta divisa
in classi, e vengono introdotte la tessitura e la metallurgia. Per quanto
presenti alcuni aspetti interessanti, tale suddivisione schematica non
rispecchia interamente la realtà. Per esempio, la supposta società
matriarcale, dedotta sulla base della scoperta dell'esistenza di società
con discendenza in linea femminile, non è probabilmente mai esistita. Su
questo punto infatti la maggioranza degli studiosi ritiene che, da una
società inizialmente ugualitaria e paritaria, cioè con diritti
uguali per la donna e per l'uomo, si sia passati successivamente a una
società autocratica, nella quale le leve del potere vennero assunte
interamente dagli uomini. Inoltre, sulle modificazioni di ogni società
umana influiscono caratteristiche ambientali. Tali processi sono la base della
teoria della diffusione, secondo cui le civiltà si sono irradiate da
pochi centri a tutto il mondo (V. DIFFUSIONISMO).
Per quanto processi di scambio culturale siano rintracciabili sin
dall'età più antica, tale teoria non ha mancato di sollevare
contestazioni e perplessità, dato che tende a limitare il numero dei
popoli "produttori" di cultura, considerando gli altri solo dei "consumatori".
Per contro, viene fatto osservare che le grandi civiltà del Mediterraneo
e dell'Asia, pur avendo svolto nella storia una funzione egemone, non mancarono
di subire a loro volta l'influenza di popoli di cultura minore. Il rapporto
d'interdipendenza con l'ambiente costituisce la base delle teorie della scuola
funzionalista, da cui è derivata l'antropologia culturale. Tale scuola
considera le culture umane come un fenomeno unitario, ritenendo che i singoli
elementi culturali svolgano una funzione di primo piano nell'evoluzione e nella
diffusione delle culture stesse (V.
FUNZIONALISMO). Tenendo conto di ciò, la antropologia culturale
intende studiare le culture dei singoli gruppi umani e comparare i processi e le
caratteristiche dei vari fenomeni culturali.
"Etnologia e cultura" di Vinigi L. Grottanelli