Stato (1.127.127 kmq; 69.314.000 ab.) dell'Africa orientale. Confina a Ovest con
il Sudan, a Sud con il Kenya, a Est con la Somalia e la Repubblica di Gibuti, a
Nord-Est con l'Eritrea. Capitale: Addis Abeba. Città principali: Harar,
Gimma, Macallè, Gonder, Dessiè. Ordinamento: Repubblica
presidenziale. Moneta:
birr. Lingua: amarico; sono diffuse altre lingue
semitiche (tigrè, tigrinio) e camitiche del gruppo cuscitico (galla,
sidama, dancalo, somalo). Religione: predomina il cristianesimo copto
monofisita; rilevante però il numero dei musulmani e dei pagani.
Popolazione: comprende per un terzo Amhara e Tigrini, insediati nelle zone
centro-settentrionali dell'altopiano, dove si registrano le densità
maggiori; un terzo Galla, diffusi nella metà meridionale dell'altopiano;
il resto Somali, Dancali,
Sidama.
GEOGRAFIAIl
territorio è costituito prevalentemente da un vasto e tormentato
altopiano, diviso in due parti dalla Fossa dei Galla, che fa parte del grande
sistema di fratture dell'Africa orientale. Si distingue quindi l'altipiano
etiopico, a Nord-Ovest, dall'altopiano somalo, a Sud-Est. Il primo ha
un'altitudine media compresa tra i 1.500 e i 2.400 m; è caratterizzato
dalla presenza di aspri massicci isolati, con cime appiattite e fianchi
profondamente incisi dai corsi d'acqua (il Nilo Azzurro o Abbai, uno dei rami
sorgentizi del Nilo; l'Om; l'Awash); culmina a 4.620 m nel Ras Dascian. Al
centro del massiccio si estende il lago Tana, il più vasto dell'
E.
(3.600 kmq), da cui nasce il Nilo Azzurro. L'altopiano somalo raggiunge le
maggiori altezze (Encuolò, 4.340 m) sul ciglione che incombe sulla Fossa
dei Galla, per poi digradare uniformemente verso la regione somala. Nella parte
centro-settentrionale del Paese, tra le pendici dell'altopiano e il Mar Rosso,
si estende il bassopiano desertico e paludoso della Dancalia che nella parte
settentrionale raggiunge i 116 m sotto il livello del mare. Il clima varia a
seconda delle zone geografiche del Paese: caldo nei bassopiani e nelle zone
più basse dell'altopiano somalo; temperato con abbondate piovosità
sull'altopiano (medie di 18°C con escursioni limitate); freddo nelle zone
più alte.
Cartina dell'EtiopiaECONOMIALe
principali fonti di reddito dell'
E. sono l'agricoltura e l'allevamento.
Tra le colture industriali primeggia quella del caffè che nell'altopiano
etiopico cresce spontaneamente e costituisce il più importante prodotto
dell'esportazione. Le principali regioni produttrici sono Caffa, Limmu, Sidamo.
Le colture alimentari includono cereali (frumento, orzo, mais, sorgo, tef),
patate, legumi e frutta. Scarsa importanza hanno il cotone e la canna da
zucchero. Molto diffuso è l'allevamento, che consente di esportare in
larga misura cuoio e pelli. Le risorse minerarie si limitano ai giacimenti
petroliferi dell'Uolleggà e a modeste quantità di oro. Scarsamente
sviluppate le industrie manifatturiere (concerie, cotonifici, zuccherifici,
lavorazione del tabacco).
STORIALa prima
organizzazione politica storicamente accertata fu il regno di Aksum, sorto nei
primi secoli dell'era cristiana, durante i quali il Cristianesimo monofisita si
diffuse nel Paese. Dal VII sec. fu soggetta alla penetrazione dei Musulmani che,
stabilitisi nel Sud, rappresentarono un grave pericolo sotto Ahmed ibn Ibrahim
(1529), vinto con l'aiuto dei Portoghesi. Dal XVI al XVIII sec. il Paese
subì l'invasione dei Galli, che causò il frazionamento del
territorio in piccoli Stati feudali. L'usurpatore Kasa (Teodoro II, 1855-1868),
iniziò la restaurazione dell'autorità monarchica e
dell'unità del Paese. Giovanni IV (1872-1879) ne continuò l'opera
combattendo contro Menelik dello Scioa, gli Egiziani (1875-1876), gli Italiani
(Dogali, 1887) i Mahdisti (1889). Le manovre coloniali delle potenze europee
portarono l'Italia (maggio 1889) a imporre all'
E. un trattato di
protettorato (trattato di Uccialli) che il negus Menelik, potendo contare
sull'appoggio della Francia, sconfessò, dando inizio a una controversia
sfociata nella guerra italo-etiopica. L'opera riformatrice avviata da
Hailé Selassié, divenuto imperatore nel 1930, subì una
battuta d'arresto in seguito all'attacco sferrato dall'Italia fascista
nell'ottobre 1935 e all'assorbimento del territorio etiopico nell'Africa
orientale italiana. In seguito all'occupazione britannica del 1941, Hailé
Selassié fu riportato sul trono. Ottenuto uno sbocco al mare, con la
costituzione di una federazione con l'Eritrea (1950), fu avviata una politica
tendente a modificare le vecchie strutture feudali del Paese. La
necessità di una radicale ristrutturazione si palesò chiaramente
in occasione del fallito colpo di Stato militare nel dicembre 1960. Consapevole
dell'impossibilità di conservare intatte le prerogative autocratiche
della monarchia, l'imperatore adottò provvedimenti liberaleggianti, tra
cui l'aumento delle responsabilità del Governo e il ridimensionamento
della posizione privilegiata del clero e dell'aristocrazia. Inoltre, in
coincidenza con l'accesso all'indipendenza di numerosi Stati africani,
Hailé Selassié impostò una politica di allineamento col
neutralismo, avviando un'intensa attività diplomatica. I maggiori
problemi che il Paese dovette affrontare in seguito derivarono, oltre che
dall'opposizione interna, dalle controversie confinarie con la Somalia, le cui
rivendicazioni territoriali portarono nel febbraio 1964 a gravi incidenti di
frontiera. Il problema più grave fu costituito però dalle
aspirazioni secessionistiche di una parte della popolazione dell'Eritrea,
divenuta provincia dell'Impero nel 1962. Il contrasto si rivelò
immediatamente sul piano socio-politico, data la maggiore emancipazione della
popolazione eritrea. Fu costituito il Fronte di Liberazione Eritreo (FLE) che
ricorse presto al metodo della guerriglia. Progressista, anti-israeliano
(Israele forniva all'
E. sostanziosi aiuti), il FLE si avvicinò
sempre più agli Stati socialisti arabi, ricevendo forti aiuti soprattutto
dalla Libia. Dopo alcuni clamorosi dirottamenti e attentati contro gli aerei
dell'
Etiopian Airlines, operati nel corso del 1969, l'azione del Fronte
si concentrò all'interno del Paese. L'attività di guerriglia
costituiva una minaccia diretta agli interessi statunitensi in
E., Paese
al quale erano indirizzati la maggior parte degli aiuti economico-militari degli
Stati Uniti all'Africa. Data la particolare posizione personale di Hailé
Selassié, promotore di numerose iniziative progressiste e neutraliste,
egli godette anche dell'appoggio dell'Unione Sovietica, e nessuna organizzazione
internazionale si espresse dichiaratamente a favore del FLE. Le tensioni e il
malessere sociali, resi più drammatici dalla situazione economica
aggravata dalla siccità, andarono aumentando sino a sfociare nel febbraio
1974 in sanguinosi scontri tra forze di polizia e dimostranti, scesi nelle
strade per protestare contro l'aumento del costo della vita e per chiedere una
svolta politica che ponesse fine al rigido conservatorismo del Negus. Si aveva
inoltre un ammutinamento di giovani ufficiali di origine non aristocratica,
banco di prova della "rivolta dei capitani" avvenuta il 30 giugno successivo,
contro i maggiori responsabili politici dell'amministrazione, alcuni dei quali
vennero arrestati, mentre il primo ministro Habté Wolde, che reggeva la
politica del Paese da quattordici anni, venne destituito, minando seriamente il
prestigio della classe politica legata all'imperatore e facente capo
all'aristocrazia Terriera. Nei mesi seguenti aumentò il numero dei
dignitari arrestati, mentre il vecchio imperatore sembrava al di sopra delle
parti in lotta. Tutte le leve del potere vennero assunte dalla classe militare
che nell'agosto successivo designava come nuovo primo ministro l'aristocratico
radicale Michael Imru, riservando però i ministeri-chiave a esponenti
delle forze armate. Infine, venne sferrato l'attacco decisivo alla stessa
posizione dell'imperatore, privato di ogni potere in seguito all'abolizione del
Consiglio della corona e deposto il 12 settembre 1974. Seguì, nel
novembre successivo, una sanguinosa prova di forza con l'uccisione di una
sessantina d'importanti esponenti del passato regime (per aver salva la vita
l'ex imperatore doveva promettere di donare alla rivoluzione tutti i suoi beni,
compresi gli ingenti capitali depositati nelle banche europee). Tra i
giustiziati figuravano gli ex primi ministri Wolde, Makonnen, l'ex presidente
del Consiglio della corona e il generale Aman Andom, divenuto capo provvisorio
del Governo dopo la deposizione di Hailé Selassié, ma di tendenze
troppo moderate e troppo legato agli Stati Uniti. Come nuovo uomo forte del
regime s'impose il maggiore Menghistu, anche se la direzione del Governo fu
assunta dal più anziano e moderato generale Tafari Banti. Il programma in
dieci punti, reso noto dal Consiglio militare, pose come punto primo la
necessità che l'
E., contro ogni tendenza secessionistica,
rimanesse un Paese unito. Fu costituito un partito unico nazionalista e
socialista, mentre lo Stato avrebbe direttamente gestito l'economia. Il processo
di rinnovamento procedette speditamente e nel marzo 1975 la giunta militare
annunciò l'abolizione della monarchia, mentre fu annunciata la riforma
dell'agricoltura che prevedeva la distribuzione ai contadini di tutte le terre
confiscate. Inoltre, avanzando sulla via del socialismo, i militari, dopo aver
proceduto a una serie di nazionalizzazioni nel settore bancario, finanziario e
assicurativo, assunsero il controllo diretto anche nel settore industriale. A
questi provvedimenti seguirono la rivolta dei feudatari (1975) e la repressione
delle forze politiche di sinistra che avevano criticato il regime: il CELU (il
sindacato più importante del Paese) venne messo al bando nel 1975 e
l'EPRP (partito rivoluzionario del popolo etiopico) l'anno seguente. Nel 1977 il
generale Tafari Banti venne giustiziato e Menghistu divenne capo supremo del
Governo e dello Stato. Il nuovo capo di Stato riorganizzò la struttura
politica del Paese creando un partito a sostegno del Governo, il MAESON
(movimento socialista marxista panetiopico), e il sindacato panetiopico.
Menghistu impose anche una svolta alla politica estera: nel 1977, dopo la
decisione degli Stati Uniti di sospendere ogni aiuto militare ed economico
all'
E., cessò la collaborazione
E.-USA e Menghistu si
rivolse all'URSS e ai Paesi dell'Est. Nel 1981 l'
E. riprese i contatti
con l'Occidente e gli organismi internazionali (la Banca internazionale
sbloccava i crediti dell'
E., che negoziava un prestito col fondo
monetario internazionale). Al di là di queste realizzazioni rimaneva
tuttavia aperto e irrisolto il grave problema dell'Eritrea e dell'Ogaden (la
parte occidentale della Somalia), dove le truppe etiopiche venivano sconfitte
dal Fronte di Liberazione della Somalia Orientale (1977). Alla sconfitta
militare seguì la rottura delle relazioni diplomatiche fra
E. e
Somalia. Nel 1984 Menghistu creò il WPE (Partito dei lavoratori etiopici)
di indirizzo marxista-leninista e operò una grande campagna di
alfabetizzazione e di ristrutturazione. Con il referendum del 1987 gli Etiopi
approvarono la nuova Costituzione che trasformava il Paese in Repubblica
democratica popolare. Nello stesso anno si svolsero le elezioni. Con la nuova
Costituzione le 14 province vennero trasformate in 24 regioni amministrative e 5
regioni autonome: Eritrea, Tigré, Ogaden, Assab e Diredaua; ma l'Eritrea
e il Tigré considerarono insufficiente l'autonomia loro concessa e
proseguirono quindi le azioni di guerriglia contro il regime di Menghistu. Nel
gennaio 1989 il Governo etiopico decise di dividere l'Eritrea in due regioni
distinte: quella settentrionale, destinata ai cristiani, quella meridionale per
i musulmani. Il colonnello inaugurò trattative di pace con i
secessionisti del Fronte eritreo, mentre alcune personalità eritree, tra
cui il sindaco dell'Asmara, formarono un comitato di pace per tentare di porre
fine alla guerriglia. La politica di Menghistu non sembrava incontrare il favore
popolare. Nel maggio 1989, in circostanze poco chiare, falliva un tentativo di
golpe militare messo in atto da un gruppo di ufficiali. Gli scontri continuarono
sempre più aspri negli anni successivi. Nel 1991 le forze ribelli del
Fronte eritreo giunsero a controllare tutti i territori del Nord tranne Asmara,
mentre quelle del Fronte Unito dell'
E. liberarono due terzi del Paese,
lasciando a Menghistu Addis Abeba e il Sud. Verso la fine del maggio dello
stesso anno, si ebbe una svolta nella lunga vicenda del Paese: Asmara e Addis
Abeba caddero sotto i colpi del Fronte Rivoluzionario per la Liberazione
dell'
E. e Menghistu fu costretto alla fuga. Il Partito dei Lavoratori, di
osservanza marxista, venne sciolto e venne instaurato un Governo e un Parlamento
provvisori, formato da rappresentanti di vari movimenti indipendentisti
organizzati nel Fronte popolare democratico rivoluzionario del popolo etiopico
(FPDRPE) guidato dal suo leader Meles Zenawi. Il nuovo regime dovette
fronteggiare una disastrosa situazione economica e le aspirazioni
secessionistiche degli Oromo, rappresentati politicamente dall'OLF (Fronte di
Liberazione Oromo). Quest'ultimo decise di boicottare le elezioni dei consigli
amministrativi del 1992 e, accusando l'EPRDF di violazioni dei patti e
prevaricazioni, uscì dal Consiglio dei Rappresentanti. Alle elezioni non
partecipò l'Eritrea che, guidata da un Governo provvisorio, si avviava
verso l'indipendenza, sancita da un referendum nell'aprile del 1993
(V. ERITREA, STORIA). Nel 1995 il Fronte
democratico rivoluzionario del popolo etiope vinse le prime elezioni
multipartitiche, boicottate però dalla maggior parte dei partiti
d'opposizione. Venne proclamata la nuova Repubblica federale, la cui
presidenza fu assunta da Negasso Gidada; il presidente uscente Zenawi divenne
primo ministro e i 17 membri del Governo furono scelti in modo da riflettere gli
«equilibri etnici» del Paese. Nel maggio 1998 scoppiò il
conflitto tra
E. ed Eritrea per il controllo delle terre comprese tra i
fiumi Tacazzé e Mareb. Le ostilità si intensificarono nel gennaio
del 1999 con il bombardamento da parte dell'
E. dell'aeroporto di Assab e
di Massaua; solo nel giugno del 2000 i due Paesi firmarono il cessate il fuoco
ad Algeri, confermato dalla pace, siglata sempre ad Algeri nel dicembre
2000. Oltre 70.000 persone perirono durante i due anni di guerra.
L'accordo di pace prevedeva il ritiro dei due eserciti sulle linee precedenti
l'inizio del conflitto; una forza di pace dell'ONU, stanziata in una zona di
25 km posta in Eritrea,
ricevette l'incarico di controllare le operazioni con cui sarebbero stati fissati i nuovi
confini. Zenawi fu rieletto premier nel maggio 2000. Nell'aprile 2001 l'università
di Addis Abeba fu teatro di violenti scontri tra gli studenti, che protestavano
contro una serie di decisioni antidemocratiche del Governo, e forze dell'ordine,
che attuarono una repressione violentissima (almeno 38 furono i
morti). La repressione si estese anche a uomini di spicco dell'opposizione
che furono incarcerati. A maggio il capo dei servizi segreti e della
sicurezza, Kinfe Gebre-Medhin, importante alleato del primo ministro Zenawi,
venne assassinato ad Addis Abeba. Le consultazioni presidenziali dell'ottobre
2001 decretarono la nomina a presidente di Girma Wolde-Giorgis. In quell'anno
il Fronte democratico rivoluzionario del popolo dovette occuparsi, tra le
varie emergenze, della crisi agricola provocata dalla lunga siccità e della crisi
sanitaria, che si manifestò con l'incombere di diverse malattie, tra cui
meningite e colera. Nel maggio 2005 la popolazione etiope fu chiamata al
voto per scegliere i deputati del nuovo Parlamento. Per la prima
volta furono inviati 300 osservatori stranieri a sorvegliare sulla
regolarità delle elezioni, le prime nelle quali i partiti di opposizione
ebbero ampio spazio d'azione dopo la fine della dittatura di Menghistu.
Caratterizzate dal notevole ritardo nella presentazione dei risultati
e da sanguinosi scontri nei quali morirono decine di persone, le consultazioni
riconfermarono premier Meles Zenawi. Intanto, nonostante la firma
dell'accordo di pace e l'accettazione da parte di Eritrea ed
E. di una commissione che si occupasse dell'assetto
della zona di confine e dell'istituzione di una missione delle Nazioni Unite -
UNMEE (United Missione Eritrea and
E.) - in quella regione,
la tensione tra i due Paesi continuò a essere elevata e nel novembre 2005
l'ONU lanciò un monito ai due Stati intimando loro di tornare agli accordi
del 2000. Parallelamente si acuirono anche gli attriti mai sopiti con la Somalia,
con cui l'
E. era già entrata in guerra nel 1964 e nel
1977 a causa dell'Ogaden, regione dell'
E. a maggioranza
somala che, nel corso dei decenni, aveva tentato più volte di conquistare
l’indipendenza. Non vedendo di buon occhio una Somalia unita e forte per
timore di altre pretese, nel luglio 2006 l'esercito etiope, appoggiato
finanziariamente dagli Stati Uniti, penetrò in Somalia per contrastare
l'avanzata delle Corti islamiche, sospettate di collegamenti con al-Qaeda,
che già si erano impossessate di Mogadiscio. Le truppe etiopi giunsero a
Baidoa, sede del Governo di transizione somalo, e combatterono accanto
alle forze governative locali per i successivi mesi del 2006. Attraverso
ripetuti attacchi aerei, oltre che grazie all'azione delle forze di terra,
l'
E. condusse una decisiva campagna militare che
portò al ritiro delle Corti islamiche. Dal febbraio 2007 i militari
etiopi intrapresero il ritiro da Mogadiscio.
RELIGIONELa
popolazione dell'
E., originariamente di religione animista, fu convertita
al Cristianesimo verso la metà del IV sec. da Frumenzio ed Edesio. Come
nella Chiesa di Alessandria, da cui dipendeva, il Cristianesimo dell'
E.
è di tipo copto e monofisita. Fu riformato, nel XV sec., dal re Zara
Jacòb che sancì nell'unione delle due nature in Cristo, nella
Trinità e nella Madonna, le tre verità fondamentali. Capo della
Chiesa etiopica è il metropolita, detto
Abuna.
LETTERATURALa
letteratura non presenta caratteri originali. Sono tuttavia degne di rilievo le
traduzioni della Bibbia e dei Vangeli (V-VII sec.). Nel XV sec., col Regno di
Zara Jacòb, scrittore egli stesso, si ha il periodo di maggiore
fioritura, con l'accentuazione del carattere religioso. La letteratura etiopica
decadde a partire dal XVI sec.
ARTEL'architettura
etiopica è caratterizzata dallo spiccato ritmo orizzontale degli edifici,
decorati all'esterno con fasce sporgenti e rientranti. Si avvertono le influenze
arabe, siriache, indiane e copte. Famosi il complesso monumentale di Aksum, le
chiese di Lalibelà (XIII sec.) e i palazzi imperiali di Gondar
(XVII-XVIII sec.), ispirati all'architettura portoghese. La pittura, derivata da
quella copto-bizantina con qualche influsso occidentale, è rappresentata
da affreschi su parete o legno, tempere, icone e soprattutto miniature su
manoscritti. In genere, quando si parla di
Arte Etiopica, la locuzione si
riferisce esclusivamente alla cultura dell'Abissinia cristiana ed esclude tanto
le culture cuscitiche quanto quelle nubiano-cristiane. L'arte etiopica si
articola in tre fasi distinte: la "paleo-etiopica" che si riferisce alle
manifestazioni del regno pre-cristiano di Aksum (primi secoli d.C.); la
"medioevale" (dal VII al XVI sec.); la "moderna". Del periodo paleo-etiopico si
conoscono gli edifici soltanto in pianta; essi avevano molto in comune con
quelli del Sud-Arabia - il popolo etiopico era emigrato appunto da quella zona
della penisola arabica - come gli esterni a fasce di muratura o di legno ora
sporgenti ora rientranti, la scalinata esterna di accesso; il podio a gradini su
cui si ergeva la costruzione. In questi edifici è evidente la
trasposizione della tecnica costruttiva delle primitive capanne di fango in
chiave monumentale. Si avevano altri due tipi di costruzioni, uno con due
ingressi (a Nord e a Sud) e l'altro sprovvisto di scalinata di accesso.
L'architettura medioevale è presente in
E. con la Chiesa di Dabra
Dammò, a due piani ma sempre con il tipico esterno a fasce alternate.
L'interno è a tre navate con matronei e termina, in fondo, con tre absidi
di foggia siriaca, cioè rettangolari. La cupola è a costole di
legno, che al centro si chiudono in un umbone cilindrico. Dello stesso schema
erano le chiese dell'Asmara, di Aramò, di Dar'à, ecc. Nel
Lastà si trovano chiese scavate nella roccia, attribuibili al "periodo
medioevale"; tipico esemplare di questa architettura è Imrahànna
Kristòs dal cui tetto si eleva la grande cupola. Notevole è il
complesso di Lalibelà formato da una serie di chiese fatte erigere dal re
Lalibelà del XII sec. Queste costruzioni hanno pianta rettangolare, volte
a botte oppure soffitti caratteristici a cupolette, archi a tutto sesto,
finestrelle quadrate o di tipo indiano con la griglia intagliata in vari modi (a
croce, a stella, a svastica). Esterno a croce greca ha invece la chiesa di
Giyorgis e quella di Madhaniè 'Alèm è interamente
circondata da un porticato. In ogni caso appaiono sempre gli esterni a fasce. Al
periodo "moderno" appartengono le chiese a pianta rotonda ricoperte da un tetto
di paglia a forma di cono; anche in questo tipo di chiese l'interno è
tripartito con il
sancta sanctorum al centro, circondato da un corridoio
anulare - dove si sistemava il coro - e da una zona destinata ai fedeli.
L'altare è sopraelevato e lungo le pareti si affacciano spesso gallerie.
Esempi classici di questa architettura sono a Gondar o nel Goggiam (chiesa di
Martula Maryam). Nella fase moderna, molti edifici etiopici risentono
l'influenza portoghese; numerosi sono infatti le costruzioni quadrangolari, con
torri ai lati, tetto a terrazza, più raramente a cupola, anche a tre o
quattro piani. Questo schema è seguito sia nei palazzi dei ras che nelle
chiese. ║
Pittura: non si può parlare che di pittura della
fase medioevale; del periodo paleo-etiopico non esiste documentazione alcuna. Di
norma si tratta di affreschi su parete o su legno raffiguranti di regola angeli,
santi, re-santi spesso circondati da decorazione di stile geometrico. Le figure
umane appaiono rigide e piatte, caratteristica questa dello stile locale.
Più tardi, anziché all'affresco gli artisti ricorsero alla tempera
su pelle o anche su tela: molti sono i
sancta sanctorum decorati con tele
dipinte e incollate direttamente sulle pareti. Nella chiesa di Tana Qirqos
(Gondar) sono conservati 30 fogli di pergamena raffiguranti gli apostoli e vari
santi. Ogni foglio è piegato a fisarmonica; ma esistono anche altri
dipinti a tempera che formano dei trittici, dei dittici oppure delle semplici
icone. Celebri sono alcuni evangelari miniati antichissimi; in
E.,
infatti, la miniatura era in auge molto tempo prima che tra i bizantini. Le
antiche origini della miniatura etiopica sono provate anche dal fatto che in
esse non viene mai raffigurato Cristo in croce. Uno dei più famosi
evangelari etiopici è quello di Apa Garima, forse dell'XI sec. Dopo il XV
sec. l'arte della miniatura subisce varie influenze: armena, siriaca, copta, e,
più tardi, anche bizantina. Si tratta comunque di una miniatura di tipo
bidimensionale con figure piatte e circondate da decorazioni geometriche o di
genere tessile; i colori sono opachi e pesanti. Nell'epoca moderna le figure,
grazie alla penetrazione del gusto occidentale, assumono rotondità
più plastiche perdendo quella rigidità tipica dei periodi
precedenti. ║
Scultura: quest'arte si manifesta soprattutto nei
fregi, che possono essere intagliati nel legno o nella pietra e spesso sono
colorati. Più rari sono i rilievi che rappresentano per lo più
figure umane (angeli o santi) e zoomorfe. Anche i rilievi sono quasi sempre
colorati (facciata della chiesa di Dabra Mariam), come le formelle a motivi
geometrici o zoomorfi che decorano il soffitto di Dabra Dammò. ║
Arti minori: notevoli i gioielli in filigrana e le croci da benedizione
di legno intarsiato, dipinto e incrostato di metalli o di pietre dure. Anche le
croci da processione, quasi sempre d'argento o di bronzo, presentano ottimi
intagli a disegno geometrico o anche con figure di santi. Motivi geometrici
compaiono sulle incisioni su metallo, tecnica ottimamente sviluppata
nell'
E. medioevale. Attiva è anche la produzione di ceramica,
quasi sempre con motivi decorativi vegetali, zoomorfi o geometrici effettuati
per mezzo dell'incisione. Dell'
E. rimangono anche corone imperiali a
cupola, in metallo e cuoio oppure di forma cilindrica in metallo lavorato a
filigrana.
Etiopia: il lago Tana