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Estasi.

Termine di origine greca: distrazione della mente, uscita da sé. Indica, nel suo significato più generale, uno stato d'isolamento e d'evasione, proprio di chi è assorbito da un'idea o da un'emozione particolare. Vari sono gli stati che possono essere definiti come e., e comprendono la meditazione del filosofo, l'esperienza mistica, lo stato delirante di un ammalato mentale. Come stato psichico morboso l'e. consiste nella sospensione assoluta di ogni attività mentale e nel totale distacco dalle cose circostanti. Uno stato analogo si può però attuare anche in soggetti sani, dotati di eccezionale immaginazione rappresentativa. Come esperienza mistico-religiosa l'e. si ritrova sin dai culti più primitivi e spesso è parte di primaria importanza nei riti d'iniziazione. Nella filosofia greca classica, l'e. è intesa come uno stato in cui lo spirito, tutto teso alla contemplazione, sembra immolarsi al di là della materia. Il pensiero cristiano pone l'e. alla sommità dell'esperienza mistica. Il neoplatonico Plotino, nel cui pensiero confluiscono le grandi esperienze della filosofia occidentale e orientale, considera l'e. come l'esperienza più alta dell'anima. Nell'e. l'anima perde la propria individualità e ritrova l'unità con se stessa perché si è ricongiunta con l'Uno. In tal modo, l'anima, che di per sé non è divina, si fa divina. L'e. mistica viene considerata come il vertice dell'elevazione dell'uomo verso Dio da vari padri della Chiesa. Ma è soprattutto nel misticismo medioevale che l'e. viene esaltata come massimo grado dell'esperienza contemplativa. Così Bernardo di Chiaravalle (1091-1153), avversario del razionalismo, nega ogni valore alla conoscenza razionale considerandola "turpe curiosità" ed esalta la pratica della fede vissuta come esperienza mistica. La via mistica presenta tre gradi: 1) riconoscimento della propria miseria; 2) compatimento della miseria altrui; 3) purificazione dell'anima per renderla degna di contemplare Dio. Il vertice supremo della contemplazione è dato dall'e. che, mediante l'amore, avvicina l'anima a Dio. San Bonaventura (1221-1274) considera l'e. come il superamento di ogni situazione intellettuale, definendola come una condizione d'"ignoranza dotta", in cui l'uomo, partecipando alla vita di Dio, riesce a conoscerne l'essenza.