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Esobiologìa.

Settore della biologia che studia gli organismi viventi nello spazio, al di fuori dell'atmosfera terrestre, le condizioni che possono rendere possibile la vita sui corpi celesti e nello spazio che li circonda, i rapporti tra gli eventuali organismi e l'ambiente che li accoglie, l'influenza su di essi esercitata dai vari fattori fisico-chimici che nello spazio si manifestano (radiazioni, venti solari, gravità, ecc.), il comportamento reciproco degli esseri viventi al di fuori dell'atmosfera e in rapporto alle condizioni ambientali e, importantissimo, l'effetto sull'uomo delle radiazioni e dei vari fenomeni noti e ignoti che possono verificarsi oltre i limiti dell'atmosfera terrestre. L'e. è scienza recentissima e come le altre dottrine biologiche anch'essa si basa sulla zoologia, sulla botanica, sulla fisiologia, ecc. ma anche, e in ciò differisce dalle discipline consorelle, sulla astronomia, sulla cosmologia e sull'astronautica, quest'ultima come mezzo per le ricerche ravvicinate. La maggior parte degli scienziati non fa distinzione fra e. e cosmobiologia considerando i due termini sinonimi; tuttavia non pochi biologi attribuiscono alla cosmobiologia, oltre agli studi e alle ricerche di cui sopra che sarebbero di esclusiva competenza dell'e., anche il compito di prendere in esame tutti quei fattori di origine extraterrestre che influiscono sulla vita degli organismi che fanno parte della biosfera (la parte più bassa dell'atmosfera terrestre), l'idrosfera, formata dalle acque del nostro pianeta, e la litosfera cioè la superficie della terra fino a 2.000 m di profondità. Tali fattori s'identificano con le radiazioni cosmiche (neutroni, mesoni K, pioni, muoni, particelle derivanti dalle interazioni di protoni, di elio ionizzato, ecc.; e da elettroni e raggi gamma) provenienti dallo spazio. Altri fattori sono di origine solare (macchie solari, perturbazioni magnetiche varie, ecc.). Che queste attività del nostro astro influiscano sugli esseri viventi (animali e piante) che popolano il nostro pianeta è ormai cosa certa; basti pensare che le perturbazioni solari sono la causa delle "aurore boreali" e di notevoli fenomeni atmosferici quali uragani, tempeste, variazioni di temperatura, glaciazioni, venti. Le condizioni meteorologiche influiscono notevolmente sulla vita terrestre (si pensi a certe epidemie che sono spesso la conseguenza di fenomeni fisici della nostra atmosfera turbata da manifestazioni solari che si verificano in concomitanza con una grande diffusione di microorganismi parassiti). Esiste poi, - anche se non definitivamente provata - una "influenza lunare", per quanto il nostro satellite non emetta particolari radiazioni, limitandosi solo a riflettere sulla Terra i raggi del sole. è accertato che la luce lunare ha un'azione nociva sul marmo e sulle stoffe; secondo alcuni scienziati, poi, essa eserciterebbe una certa influenza sui balbuzienti, su certe malattie nervose, sui bambini strabici. Inoltre essa può disturbare il sonno di persone particolarmente sensibili. Troppo poco, però, si è fatto finora in questo campo per poter affermare come e in quali dimensioni agiscano sulla vita terrestre il Sole, la Luna e le radiazioni che ci giungono anche da lontanissime galassie. Sono enormi le difficoltà che ostacolano le ricerche da parte degli specialisti in questo campo ancora quasi vergine. La maggiore di esse è quella di poter controllare de visu quanto viene espresso nella teoria, data l'enorme distanza dei mondi celesti e l'impossibilità di vivere "liberamente" nello spazio. Certamente l'attuale possibilità di lanciare speciali sonde scientifiche nello spazio, o quella di mandare in orbita a bordo di navi spaziali degli equipaggi di cosmonauti e di farli eventualmente scendere su satelliti o pianeti sconosciuti, possono facilitare le ricerche biologiche al di fuori dell'atmosfera terrestre. Ma, almeno per ora, i dati raccolti - eccezion fatta per la Luna sulla quale molte informazioni sono tuttora riservate - consentono agli scienziati di esaminare, più che altro, le condizioni ambientali di un dato pianeta: esistenza o meno di atmosfera, temperatura, composizione chimica dei gas che lo avvolgono o del terreno di cui è costituito, ecc., ma non di stabilire se nel suo ambiente reale è ammissibile qualche forma di vita. L'e. non si limita a cercar di conoscere se su un pianeta esistano già forme di vita, ma s'interessa anche alle possibilità di colonizzarlo, cioè di trasportare su di esso esseri viventi terrestri e, prima di tutti, l'uomo. Sulla telecamera della sonda automatica Surveyor III, scesa sulla Luna nell'aprile 1967 e riportata poi sulla Terra dagli astronauti dell'Apollo 12, furono scoperti numerosi esemplari di Streptococcus mitis che dalla Terra erano partiti sul Surveyor all'insaputa di tutti. Essi rimasero sulla Luna ben 950 giorni senza subire alcun danno visibile. Ma il vuoto lunare e il continuo bombardamento dei raggi cosmici potevano aver indotto in quei microorganismi delle mutazioni genetiche tali da renderli "pericolosi", mentre per loro natura quei batteri sono "innocui". La risposta dei biologi che li presero subito in esame per lungo tempo sottoponendoli a esperimenti d'ogni genere, fu negativa. Nessuna modificazione era avvenuta in essi. Questo fatto, forse apparentemente insignificante, ha invece dimostrato che la vita, proprio quella che noi intendiamo, può esistere anche fuori dall'ambiente terrestre. L'unico dubbio che assillò i biologi incaricati di esaminare gli streptococchi "lunari" fu che essi siano stati deposti sulla telecamera "dopo" il suo ritorno sulla Terra e non "prima". Un'altra direzione di ricerca dell'e. è quella della composizione dello "spazio interstellare", dalla quale possono dipendere le possibilità di vita nel cosmo. La recente scoperta di molecole strettamente legate al mondo organico come quelle dell'ammoniaca o dell'acqua e di altre molecole organiche (acido formico, alcool metilico, formaldeide, ecc.) concentrate in spazi relativamente ristretti dell'Universo, ha avvalorato l'opinione di molti scienziati - e tra questi l'astronomo italiano Maffei - che, ipotizzandola, sostengono l'esistenza di forme di vita anche in sistemi solari lontanissimi dal nostro. Un'antenna parabolica del National Radio Astronomy Observatory americano, ha rilevato in questi ultimi anni la presenza anche di monossido di carbonio (non dimentichiamo che il carbonio è uno dei costituenti essenziali della materia organica) in ben cinque regioni spaziali, compresa la nebulosa di Orione e del Sagittario. Alcuni amminoacidi - che sappiano essere i mattoni costituenti la materia vivente - furono recentemente trovati su una meteorite caduta presso Murchison (Australia) ed espressamente analizzata dal Centro Esobiologico della NASA di Mountainview in California. Il professor Cyril Ponnamperuma, famoso biologo cingalese e direttore del Centro Studi, con la collaborazione dei suoi assistenti, dopo ricerche durate più di un anno, affermò che gli amminoacidi presenti sul campione della meteorite australiana presentavano notevoli differenze dagli amminoacidi finora noti; ne dedusse quindi che essi non "avevano contaminato" la pietra extraterrestre dopo la sua caduta sulla Terra ma che provenivano da una qualche lontanissima regione dello spazio e, molto probabilmente, da un qualche pianeta che ha subito un'evoluzione iniziale simile a quella della Terra date le innumerevoli reazioni chimiche richieste per la formazione della complessa molecola degli amminoacidi. Lo stesso Ponnamperuma divenne famoso perché riuscì a far scattare il meccanismo vitale in una provetta contenente sostanze inorganiche dalle quali, per mezzo di elementi atmosferici, acqua e scariche elettriche, nacquero le proteine, le sostanze organiche tipiche della materia vivente. Da tale sconvolgente esperienza il grande biologo trasse come conseguenza che laddove si trovano amminoacidi, se sono presenti particolari condizioni e certi fenomeni fisico-chimici, può riprodursi il fenomeno dell'origine della vita organica quale noi la concepiamo. Un altro dei problemi che l'e. tenta di risolvere è quello del rifornimento di ossigeno ai cosmonauti impegnati in viaggi lunghissimi nello spazio. Una delle soluzioni proposte è quella del ricorso alla fotosintesi, sfruttando in particolare certe alghe ricche di clorofilla e facili da coltivare come le clorelle. L'anidride carbonica occorrente alla formazione dei carboidrati prodotti nel processo di fotosintesi verrebbe fornita alle alghe dagli astronauti stessi grazie alla loro respirazione. Altri rifiuti umani (escrementi, urina) fornirebbero poi l'azoto necessario al metabolismo delle alghe. Tale soluzione, tuttavia, presenta pericoli quali l'insufficienza d'illuminazione (in tal caso l'astronave sarebbe invasa dall'anidride carbonica espirata dai cosmonauti e non utilizzata nella fotosintesi); oppure le cellule delle alghe, necessariamente sottoposte ai raggi ionizzanti che popolano lo spazio, potrebbero subire gravi mutazioni con conseguenze ignote. Certamente l'e. è ancora ai suoi primi passi e il suo sviluppo dipende anche dal concomitante sviluppo di vari altri settori delle scienze biologiche e di quelle ad esse alleate. è evidente che l'e. si preoccuperà soprattutto dei rapporti ecologici fra l'uomo e lo spazio e del comportamento (esoetologia) degli esseri terrestri trasportati in ambienti ben diversi da quello normale.
"Che cos'è l'esobiologia" di Peter Kolosimo