(dal latino
ergastolum: casa di lavoro). Pena detentiva perpetua che
comporta l'obbligo del lavoro. ║ Stabilimento di pena in cui sono detenuti
gli ergastolani. Negli antichi ordinamenti giuridici e in quelli italiani
anteriori all'unità, il nome di
e. era esteso a qualsiasi pena
detentiva, anche temporanea, purché scontata in un penitenziario
così denominato. ● St. - Istituto giuridico connesso alla
società schiavista e alla struttura economica latifondista, l'
e.
era previsto dall'antica legislazione romana e largamente applicato nei
confronti degli schiavi. Trattandosi di una condanna ai lavori forzati, gli
ergastolani erano adibiti ai lavori più pesanti, nell'agricoltura e nelle
miniere (
ad metalla), tenuti sotto stretta sorveglianza e ricondotti in
catene nei locali in cui pernottavano e che generalmente erano sotterranei. La
condanna all'
e., prevista nell'ordinamento giuridico greco e romano, non
va confusa con la condanna al carcere, essendo le pene detentive piuttosto rare.
Nelle società greca e romana, gli individui sospettati di aver commesso
un reato, così come i rei confessi, venivano processati a piede libero o
tenuti in prigione sino al processo che poteva risolversi con una condanna a
morte o all'esilio (accompagnata dalla confisca dei beni e dalla perdita dei
diritti civili) o alla relegazione, ossia al confino (più tenue
dell'esilio e che non comportava la perdita dei diritti civili). Particolarmente
frequenti erano le pene pecuniarie (i debitori erano detenuti sino
all'estinzione del debito), mentre le punizioni corporali erano riservate agli
appartenenti alle classi inferiori e soprattutto agli schiavi. In età
repubblicana, esisteva già l'istituto dell'
e., come condanna ai
lavori forzati, ma non erano previste pene detentive di carattere carcerario e
solo più tardi vennero pronunciate condanne al carcere, per un certo
periodo di tempo. In età imperiale, si ebbe un inasprimento delle pene,
ma nell'erogarle si continuò a differenziarle, per lo stesso tipo di
reato, tenendo conto della condizione sociale dei condannati, se cioè si
trattava di
honestiores (appartenenti alla nobiltà), di
humiliores (plebei) o di ex schiavi, per i quali più frequenti
erano le condanne all'
e. Gli ergastolani erano affidati ai grandi
proprietari terrieri che non mancavano di esercitare su di essi abusi di vario
genere, tollerati dalle autorità che intervenivano per reprimere solo gli
abusi più gravi, tra cui quello, non infrequente, della detenzione come
ergastolani, di uomini liberi per sfruttarne il lavoro. Tra le forme successive
di lavori forzati, ossia di condanna all'
e., particolare rilevanza
assunse la pena della galea, diffusasi in tutta Europa nel XVI sec., dopo essere
stata introdotta da papa Paolo II, con un'ordinanza del luglio 1471 al Senato
romano, in cui si dichiarava l'assegnazione alle galee genovesi dei rei di
delitti capitali. ● Dir. - Come pena detentiva perpetua, l'
e. non
è contemplato dalle legislazioni di tutti i paesi, in molti dei quali
peraltro è prevista la pena di morte. L'
e. è la più
grave delle pene previste dal Codice penale italiano, non essendo contemplata la
pena di morte, dichiarata non ammissibile (se non nei casi previsti dalle leggi
militari di guerra), dall'art. 27 della Costituzione. Le disposizioni
costituzionali hanno comportato la soppressione dell'art. 21 del Codice penale,
riguardante la pena di morte, stabilendo che, per i casi in cui il codice ne
prevedeva l'applicazione, essa doveva considerarsi sostituita dall'
e.,
inteso come "pena perpetua", secondo quanto stabilito dall'art. 22 del Codice
penale, modificato nel testo originario dalla legge 25.11.1962, n. 1634, con cui
sono stati soppressi due capoversi, mitigando le precedenti disposizioni,
riguardanti il lavoro obbligatorio e l'isolamento notturno, stabilendo inoltre
che l'isolamento diurno del condannato è ridotto a un periodo non
superiore ai tre anni. Secondo quanto stabilito dagli artt. 29 e 32, la condanna
all'
e. comporta, oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici,
anche l'interdizione legale, la perdita della patria potestà e delle
capacità di fare testamento, annullando anche il testamento fatto prima
della condanna. Ricorrendo una circostanza attenuante comune
(V. CIRCOSTANZA), la pena dell'
e. non viene
applicata ed è sostituita dalla reclusione da 20 a 24 anni (art. 172).
Se, per il delitto commesso, è previsto l'
e., la condanna alla
reclusione non può essere inferiore ai 10 anni, anche nel caso in cui
ricorrano più attenuanti (art. 67). La pena dell'
e. può
essere estinta per amnistia, indulto o grazia (art. 184). Come per tutti i
condannati, la grazia viene concessa agli ergastolani dal presidente della
Repubblica, su proposta del ministro della Giustizia. Le norme di legge
riguardanti l'applicazione della pena dell'
e. sono state notevolmente
mitigate dopo l'entrata in vigore della L. 25.11.1962, n. 1634, sulla base della
quale è consentita la liberazione condizionale del condannato dopo 28
anni di detenzione. La competenza per la concessione della libertà
condizionale, spettante in origine al ministro della Giustizia, è passata
nel 1975 alle Corti di appello. Questa normativa, per quanto largamente
applicata, non ha tuttavia comportato l'abolizione, di fatto, della pena
dell'
e., considerata da molti giuristi non solo contraria a ogni senso di
umanità, ma non rispondente ai dettami di una legislazione civile e allo
stesso art. 27 della Costituzione, secondo cui le pene "devono tendere alla
rieducazione del condannato". Sulla base di queste considerazioni, non sono
mancate ipotesi di illegittimità costituzionale dell'
e., fatte
proprie dalla Corte d'assise di Verona, ma respinte dalla Corte costituzionale,
con una sentenza del 1974. Non sono inoltre mancati i progetti di legge e
l'elaborazione, da parte di alcuni ministri della Giustizia (G. Gonnella, O.
Reale, M. Zagari), di un disegno di legge che prevedeva la sostituzione
dell'
e. con una pena da 30 a 40 anni. Accantonate dal Governo e dal
Parlamento, impegnati a fronteggiare l'ondata della criminalità comune
organizzata e del terrorismo, con l'approvazione di leggi d'emergenza, la
proposta di abolizione dell'
e. venne sottoposta al giudizio diretto degli
elettori. Per iniziativa del Partito radicale, nel 1980 furono raccolte le firme
necessarie per indire un referendum, votato il 17.5.1981 e respinto dalla
maggioranza degli elettori (favorevoli sono il 22,7%, con una punta massima del
31,7% in Emilia-Romagna), nonostante si fossero ufficialmente schierati sul
fronte abrogazionista PCI e PSI. La legge di modifica alla riforma penitenziaria
10.10.1986, n. 663, ammette la concessione agli ergastolani di permessi-premio
dopo 10 anni di reclusione, non superiori ai 45 giorni annui. è prevista
anche l'ammissione del condannato al regime di semilibertà dopo
l'espiazione di almeno 20 anni di pena.