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Elegìa.

Forma della melica monodica fiorita presso i popoli ionici in Asia Minore e in Grecia nel VII sec. a.C. Le strofe dell'e. erano distici, costituiti da un esametro dattilico e da un pentametro. La recitazione veniva accompagnata dal suono del flauto. Fu impiegata per componimenti di contenuto svariato: Callino di Efeso se ne servì per canti guerrieri; Mimnermo di Colofone per canti d'amore; Tirteo scrisse in distici i suoi incitamenti patriottici; Solone, il legislatore, fu il più antico a piegare l'e. ad intenti gnomici. Nell'età alessandrina, l'e. riacquistò il suo tipico carattere di poesia effusa e lamentosa. A Roma fu imitata attraverso i modelli ellenistici: Catullo e Licinio Calvo portarono il distico elegiaco a perfezione. Nella metrica italiana, il distico elegiaco fu usato soltanto nell'Ottocento, soprattutto da Carducci, da D'Annunzio e dai loro imitatori. Un metro che ricorda il distico elegiaco classico fu invece largamente usato in Germania: Opitz, Fleming, Schiller, Goethe, Hölderlin e altri.