Mit. - Ninfa della Beozia, chiamata anche
Oreade (o
Orestiade)
che, per gli antichi Greci, significava "ninfa abitatrice dei monti". Il suo
nome è rimasto in varie lingue europee a indicare il fenomeno acustico
della riflessione del suono. Tre sono i principali miti che la riguardano: il
primo di essi, descritto anche da Ovidio, racconta che
E., ninfa
chiacchierona e maliziosa, impediva col suo continuo cicalare ad Era (Giunone)
di tener d'occhio il suo intraprendente marito che spesso si aggirava tra i
boschi per insidiare le giovani e graziose fanciulle divine che li popolavano.
Un giorno Era scoprì che
E. la distraeva volutamente per impedirle
di scoprire le numerose infedeltà del suo potente sposo; allora
punì la ninfa rendendola incapace di parlare per prima e condannandola a
ripetere l'ultima sillaba delle parole pronunciate in sua presenza. Secondo
un'altra versione del mito,
E. si sarebbe innamorata di Narciso che non
l'avrebbe corrisposta; tanto fu il suo dolore che si trasformò in una
roccia e di lei non rimase che la voce. Il terzo mito, accolto anche da Longo
Sofista, narra che
E. avrebbe fatto adirare il dio Pan per aver respinto
le sue attenzioni amorose. Per vendicarsi dello smacco il dio dei boschi e delle
montagne avrebbe spinto un gruppo di pastori, a lui fedelissimi, ad ucciderla. I
suoi miseri resti furono raccolti da Gea, ma la sua voce continuò a farsi
udire anche dopo la morte.