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Ebraìsmo.

La religione degli Ebrei, dominata dal concetto di alleanza fra l'unico Dio ed il popolo ebraico che è stato prescelto per rendere vivente la testimonianza di Dio sulla terra. Il patto di alleanza è stato stipulato per la prima volta da Abramo ed è stato rinnovato da Isacco e Giacobbe. Questo patto è valido per tutti i loro discendenti. Compito del popolo eletto è quello di assumere su di sé il dolore e le sofferenze dell'esistenza terrena in attesa del Messia che ristabilirà la giustizia e la pace. Nel periodo dei Patriarchi si delineò il concetto di elezione. La successiva legge mosaica vi aggiunse una serie di norme temporali che erano tese a precisare in ogni particolare il comportamento degli appartenenti al popolo eletto. La fase di passaggio dal politeismo delle primitive popolazioni semitiche al monoteismo del popolo ebraico non è facile da analizzare per l'assoluta mancanza di documentazioni scritte. è tuttavia presumibile che questo passaggio al monoteismo sia avvenuto nel corso del II millennio a.C. sull'onda dell'affiorare in tutti i popoli del vicino oriente di forti correnti monoteistiche. Nel monoteismo ebraico sopravvissero tuttavia una serie di elementi derivati dal politeismo delle popolazioni con cui vennero a contatto e, segnatamente, dei Cananei. Il nome di Dio, ad esempio fu per gli Ebrei El, termine comune a tutte le popolazioni semitiche e che stava a significare il più potente o il solo potente. La fede nell'aldilà sembra essere in qualche modo estranea alle credenze ebraiche. L'osservanza della legge e del patto con Dio era considerata più nei suoi aspetti immanenti e storici che nelle sue possibili implicazioni ultramondane. L'etica ebraica non è vista nell'ottica di possibili premi o punizioni da scontare dopo la morte ma piuttosto come una testimonianza da rendersi sul terreno cosmico dove il regno dei vivi e l'aldilà si fondono in un tutt'unico. Le caratteristiche di fondo della religiosità ebraica subirono una profonda evoluzione nel corso del periodo storico dominato dalla figura di Mosè. Quest'ultimo non limitò la sua opera a ripristinare l'antica religiosità patriarcale ma definì anche una serie di norme di legge che servissero a rinsaldare l'alleanza fra Dio ed il suo popolo. La comune soggezione alla medesima legge rappresentò il cemento per l'unità politica fra le dodici tribù di Israele. Il Dio degli Ebrei prese in quell'epoca il nome di Jahvé, che sta a significare "colui che è". Il nome stesso venne circondato da un'aureola di sacralità che lo rendeva pronunciabile solamente in circostanze particolari e attraverso particolari cautele. L'autorità di Dio era simbolizzata dall'Arca dell'alleanza che conteneva le tavole della legge e che seguiva il popolo ebraico in tutte le sue peregrinazioni. La guardia dell'Arca e le funzioni sacerdotali vennero affidate ai membri della tribù di Levi, mentre le altre tribù avevano il compito di provvedere al loro sostentamento. La riforma mosaica fece assumere alla religione ebraica anche una sua precisa struttura liturgica. Questa si accentrava su tre feste principali: la Pasqua, la festa della Pentecoste e la festa dei Tabernacoli. La Pasqua rappresentava la fusione di un'antica festività ebraica di origine agraria con la celebrazione della fuga dall'Egitto. Inoltre un giorno della settimana (il sabato) doveva essere completamente dedicato a Dio. L'essenza della riforma di Mosè non consistette tuttavia nel suo aspetto liturgico, quanto nell'aver riconfermato tra gli Ebrei la fede in un unico Dio dal quale proviene la legittimità di una legge estremamente severa e senza possibilità di trasgressioni. Al di là comunque dell'indubbia influenza che ebbe la personalità di Mosè, il mutamento della religiosità ebraica va evidentemente fatto coincidere con la lunga fase di passaggio del popolo ebraico dalla vita nomade a quella sedentaria. L'ortodossia mosaica venne tuttavia messa in discussione, nel corso del periodo dei Giudici, dalle influenze delle popolazioni circonvicine con le quali veniva a contatto l'espansionismo ebraico. Questa tendenza ad incrinare il rigoroso monoteismo primitivo venne corretta di volta in volta dalla vigorosa azione dei profeti che si sforzarono, attraverso i secoli, di ristabilire l'antico rispetto per la legge. Nell'esperienza religiosa ebraica i profeti non erano soltanto semplici maestri del popolo e dei regnanti ma rappresentavano la parola stessa di Dio che si serviva di loro per mantenere il suo legame con il popolo eletto e per rendere chiare le ragioni degli eventi negativi che su di esso si abbattevano ogni volta che uscisse dall'ortodossia della legge. Nel V sec. a.C., quando si fecero maggiormente insistenti i tentativi di uscire dai fondamenti della religiosità tradizionale, il profeta Esdra riuscì, con la forza della sua personalità, a imporre il ritorno alla fede dei padri. A questo scopo venne sacrificata la figura, ormai inutile e sclerotizzata, del sacerdote che venne sostituita con quella del rabbino, cioè di colui che è incaricato di spiegare i fondamenti della legge. In un periodo successivo fu la fioritura della cultura ellenistica a mettere in pericolo il presupposto della religiosità ebraica. Tuttavia, al di là di alcuni tentativi sincretistici che lasciarono però deboli tracce, lo spirito della religiosità ebraica sopravvisse sostanzialmente inalterato sino al Medioevo. è in questo periodo che la letteratura ebraica procede verso un lavoro di esegesi del testo sacro che possa servire di aiuto ai fedeli. Questo lavoro di commento è compiuto sotto l'aspetto giuridico, storico e morale ed è affidato agli scribi. La riunificazione delle varie dottrine che si rifacevano all'e. tradizionale avvenne nella codificazione della legge orale che assunse successivamente il nome di Talmud. Tuttavia dall'ampio materiale di testi e di interpretazioni non si volle mai ricavare una professione di fede definitiva e dogmatica. Allo spirito della religiosità ebraica è sostanzialmente estraneo affidare a articoli di fede che non siano contenuti nel testo biblico la sostanza del proprio rapporto privilegiato con la divinità. Alle correnti del misticismo ebraico che si svilupparono in periodo medioevale si contrappone l'e. liberale di Mosè Mendelssohn secondo il quale, per quanto riguarda il complesso della religione ebraica, non si doveva parlare di una teologia rivelata quanto piuttosto di una legislazione rivelata. In seguito altri pensatori sostennero che l'e. potesse svuotarsi di ogni contenuto dogmatico per ridursi a religione del colloquio soggettivo con Dio e che potesse anche fare a meno di rituali fissati a priori. Le recenti persecuzioni cui gli Ebrei sono stati sottoposti hanno tuttavia rinsaldato nel popolo ebraico il sentimento di alleanza con la divinità e la consapevolezza dell'elezione.