(dal greco
daímon). Entità
intermedia fra il divino e l'umano, spirituale (ma non sempre incorporea) e
immortale. ● St. delle rel. - In tutte le religioni fondate sul principio
della divinità, sia essa articolata in più figure (politeismo) o
concepita come unica (monoteismo), si riscontra la credenza in una
molteplicità di esseri sovraumani (liberamente vaganti, dimoranti in
oggetti o identificati con fenomeni naturali), diversi tuttavia dal principio
divino e quasi sempre portatori di forze negative o malefiche. In ambito
politeista il
d. è anche visto come una diretta creazione della
divinità per il proprio servizio. Le credenze demonologiche furono vive
presso i popoli primitivi, probabilmente anche come stadio evolutivo
(polidemonismo) da una concezione animista del mondo (V.
ANIMISMO) verso il politeismo vero e proprio. Ebbero comunque grande
spazio anche nell'ambito delle religioni antiche e classiche, anche se spesso i
culti tributati ai vari
d. erano puramente di tipo apotropaico. ║
Nell'antico Egitto i
d., la cui sede era la
Duat, cioè il
mondo parallelo a quello reale, erano entità di rango e forza inferiore a
quella degli dei. Tuttavia, nella letteratura sacra escatologica, essi venivano
rappresentati come armati e in grado di ostacolare il cammino notturno del
divino astro solare, che si svolgeva nel mondo infero: di conseguenza essi erano
un pericolo anche per l'iniziato che, una volta morto, ripeteva la vicenda e il
percorso del dio. ║ Nella tradizione religiosa dei popoli della
Mesopotamia, i
d. erano connessi soprattutto alle malattie, come le sette
entità malefiche (
udug) della religione babilonese. L'iconografia
ci ha tramandato figure animalesche o ibride, ad esempio
Lamashtu
(collegata alla febbre) con testa leonina che stringe delle serpi fra le mani o
Lilith (immagine della lussuria) con corpo di donna e zampe di uccello
rapace. Anche in questo ambito, tuttavia, i
d. erano sentiti come
nettamente inferiori alle divinità la cui potenza veniva indirizzata,
attraverso numerosi e complessi riti magici, a scacciare, placare o propiziare
le entità malefiche. ║ Nella Grecia antica il termine
d.
indicava non tanto un'entità necessariamente malefica, quanto
genericamente super-umana. In Omero, per esempio, la parola
daímon
indicava l'aspetto della potenza divina in quanto non esclusivo di un dio
particolare o anche una divinità, quando percepita come presente ma non
riconosciuta nella sua precisa identità. In epoca classica
quest'accezione scomparve, ma rimase quella di essere intermedio fra umano e
divino, anche di natura benefica, come il celeberrimo
d. di Socrate
descritto da Platone nell'
Apologia. In genere non vi è immagine di
questi
d. né viene loro rivolto un culto particolare, all'infuori
della prima libagione che si dedicava, appunto, al buon
daímon. Un
d. poteva assumere anche il ruolo di divinità inferiore,
partecipando, per esempio come Eros, alla duplice natura umana e divina. Platone
fu il primo a introdurre in letteratura il concetto di
d., peraltro da
sempre presente nelle credenze popolari: egli attribuì al
d. anche
la funzione di consigliere e protettore invisibile dell'esistenza di ogni uomo.
║ Nell'antica Roma, i
d. ebbero analogo compito, di custodi durante
la vita e di guida dell'anima dopo la morte verso il Tartaro o verso i Campi
Elisi. Godevano di culti talvolta superiori a quelli riservati alle
divinità olimpiche. Secondo le definizioni date da Apuleio nel
De deo
Socratis, essi erano entità spirituali, immortali, diverse dagli dei
solo per la loro natura sostanzialmente passiva, che, non opponendo resistenza
alle evocazioni e ai sortilegi dei maghi, permetteva la riuscita dei loro riti.
Tutto ciò, ovviamente, non escludeva la presenza nel mondo greco-romano
di figure demoniche di segno negativo, quali la Gorgone, la Chimera, l'Idra di
Lerna, in netta contrapposizione rispetto ai
d. di natura benefica.
║ Negli inni
Yasht, i più antichi testi iranici, erano
citati
d. quali avversari degli dei maggiori; con il medesimo termine
(
asura), tuttavia, venivano definiti anche esseri superumani non
malefici. Nei testi del monoteismo mazdaico (V. MAZDEISMO
E ZOROASTRO), invece, le divinità del precedente politeismo
iranico furono declassate a
d.
(
daēva),
collaboratori dello spirito principio del male
Ahriman, in lotta col dio
supremo
Ahura Mazda. ║ Negli inni dei Veda erano praticamente
inesistenti esseri demonici, in quanto anche gli aspetti più terrifici di
alcune divinità non erano che l'espressione di una natura composita ed
ambivalente delle divinità stesse. In epoca classica e poi tarda, invece,
l'Induismo popolò i suoi testi di categorie di esseri assai feroci e
spaventosi, quali gli
Yaksha o i
Rakshasa,
d. malvagi,
antropofagi e ingannatori, in grado di assumere gli aspetti più vari. La
dimensione intermedia fra umano e divino, che è una caratteristica
demonica neutra o più spesso benefica, nella religione induista era
propria anche dei
rshi (V.), uomini che per
mezzo dell'ascesi eccedevano la natura e il limite umano. ║ Nell'Antico
Testamento le immagini del male compaiono spesso e assai numerose. Nel loro
numero, che comprende animali e mostri del deserto, si possono riconoscere i
d. della tradizione mesopotamica e cananea, in particolare Lilith
(V.) e gli esseri apportatori di malattie e
sofferenza, figli e tributari del
d. per eccellenza: la Morte. Ad essa e
al suo regno (
Sheol) appartengono anche i
d. delle acque:
Leviathan e
Rahab. Tutti i
d., nemici di Dio e del Suo
popolo, sono tuttavia soggetti al volere divino; per non cadere, inoltre, in un
dualismo di tipo manicheo (cioè principio del bene contro principio del
male) la Bibbia non mostra mai una personificazione del Male in opposizione a
Dio, quanto piuttosto un'alleanza degli esseri malvagi in odio alla creazione.
La teologia rabbinica non esclude anche l'esistenza di categorie demoniche
minori: spiriti della natura, invisibili e non sempre malvagi. Il più
importante gruppo di
d. dell'Ebraismo, però, è costituito
dalla schiera degli angeli caduti, dai
d. di origine angelica
(V. DEMONIO). ║ Nella tradizione islamica
è menzionato un sovrano dei
d. (
Iblis) cui è
sottoposta una schiera di
d. minori: i
ğinn. Allah
a volte affida loro l'incarico di attaccare i peccatori o li obbliga al servizio
di uomini virtuosi, come nel caso di Salomone.