Econ. pol. - Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di due soli
produttori e venditori di una stessa merce o, viceversa, anche se più
raro, di due soli compratori di una stessa merce. Esso costituisce la forma
più semplice di
oligopolio, situandosi in una posizione intermedia
tra il
monopolio (un solo produttore-venditore) e il
polipolio (un
numero imprecisato di produttori-venditori). Lo studio del
d. risale ad
A. Counot (
Recherches sur les principes mathématiques de la
théorie des richesses, 1838), nella cui ipotesi i due produttori
possono considerare il prezzo fissato dal concorrente o la quantità da
lui prodotta come un dato di fatto al quale adattare la propria produzione o il
proprio prezzo. Tale teoria fu in seguito discussa e respinta da F.Y. Edgeworth
(
Mathematical Psichics, 1881) che considerò l'ipotesi in cui
ciascuno dei produttori miri a danneggiare o a eliminare il concorrente
servendosi dell'arma del prezzo, per cui vi sarà una continua
oscillazione del prezzo, a meno che i due offerenti non pervengano a un accordo
e, in tal caso, il
d. finisce col trasformarsi in monopolio. Più
complesse risultano le successive elaborazioni del problema di cui si è
occupato in particolare H. von Stackelberg (
Sulla teoria del duopolio e del
polipolio, 1934), che ha illustrato il comportamento reciproco dei due
operatori, valendosi di ipotesi basate sul compito di
leader o di
satellite da parte di uno di entrambi i duopolisti. Comunque, ben
difficilmente il
d. puro può sussistere in una realtà di
mercato, e nei trattati di economia esso viene preso in esame per spiegare il
funzionamento dell'oligopolio (presenza di un numero limitato di operatori),
giacché la generalizzazione al caso di più di due venditori non
offre poi alcuna difficoltà.