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Duns Scoto, Giovanni.

Filosofo scozzese. Entrato nell'Ordine francescano intorno al 1280, fu ordinato sacerdote nel 1291. Studiò a Oxford, dove insegnò sino al 1302. Chiamato a insegnare a Parigi, fu dapprima baccelliere (1202-3) e nel 1304 venne nominato "maestro". Ritornato in Inghilterra nel 1306, due anni dopo si trasferì a Colonia dove rimase sino alla morte. Tra i più acuti pensatori del Medioevo, D., in contrasto con la concezione di Tommaso d'Aquino, che aveva tentato di operare una sintesi tra ragione e fede, distingue nettamente il campo della fede da quello della conoscenza razionale. Egli afferma che solo l'ambito della conoscenza naturale è accessibile alla speculazione filosofica e nega che si possa attuare una scienza della fede: "la fede non è un abito speculativo, né è un atto speculativo il credere, né è una visione speculativa la visione che segue al credere". Il fine soprannaturale dell'uomo è inaccessibile alla conoscenza razionale, dato che non esiste un preciso collegamento tra la realtà umana, così come si determina scientificamente, e la realtà soprannaturale. Nel mondo che sfugge alla conoscenza ("mondo della praticità"), la fede, che non è conoscenza, ma volontà, costituisce la dimostrazione. La visione reale del mondo poggia sul principio della conoscenza reale. Il reale, nella sua totalità, è univoco: non si può separare Dio dal mondo, dato che ciò impedirebbe la comprensione sia di Dio sia del mondo. La conoscenza ha tuttavia dei limiti: non tutti gli attributi di Dio si possono dimostrare. Infatti non è dimostrabile l'onnipotenza di Dio, dato che essa rappresenta un intervento diretto di Dio nel mondo che non rientra nell'ordine razionale del mondo stesso. Neppure è dimostrabile l'immortalità dell'anima. Secondo D. la teologia non può essere definita scienza, in quanto non poggia sull'evidenza dell'oggetto. Nessuna proposizione della teologia si può dimostrare mediante i principi dell'essere in quanto tale. A D. va il merito di aver rigorosamente contrapposto mondo della conoscenza e mondo dell'azione; sfera della necessità e sfera della libertà, distinguendo i due tipi di ricerca, teorico e pratico. Solo nel mondo della fede egli vede la garanzia della libertà e dell'iniziativa umana, e perciò della ricerca aperta; ma solo nel mondo della razionalità vede la garanzia della ricerca teorica. Si apre così, da un lato, la strada della fede e, dall'altro, quella della ricerca scientifica. Nell'ambito della scolastica, D. rappresenta la fase critica del distacco del mondo della fede da quello della ricerca razionale, che fu poi approfondita da Guglielmo di Ockham. Nell'ambito della dottrina politica, D. si avvicinò a una teoria dello Stato fondata sul contratto sociale e, nell'ambito della dottrina economica, ebbe il merito di aver posto in relazione il giusto prezzo con il costo. L'opera principale di D. è quella che va sotto il nome di Opus oxoniense. Tra gli altri suoi scritti: De primo principio; Quaestiones in metaphysicam; Reportata parisiensia (Maxton, Scozia 1266 circa - Colonia 1308).