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Duesenberry, James Stembel.

Economista statunitense. Professore alla Harvard University, è noto soprattutto per la teoria del consumo che da lui prende nome. Partendo dall'ipotesi keynesiana sulla relazione tra reddito e consumo e tenendo conto anche del tenore di vita acquisito e delle influenze ambientali, il D. è giunto alla formulazione di una teoria che supera la semplice analisi economica e rappresenta una vera e propria teoria sociologica del consumo, ricca di spunti inediti e di ampie analisi statistiche. Il D. osserva innanzi tutto che, tanto la teoria neoclassica del consumo quanto quella keynesiana, partono da un'ipotesi non accettabile. Tale ipotesi è che le preferenze di ogni consumatore sono indipendenti da quelle degli altri consumatori. Essa è di fondamentale importanza per simili teorie, poiché senza tale ipotesi non sarebbe possibile ottenere la curva di domanda globale dei vari beni di consumo sommando la domanda dei singoli consumatori. Si tratta, però, di un'ipotesi che presuppone l'assenza di una qualsiasi influenza, nella condotta del consumatore, da parte degli altri consumatori. è perciò un'ipotesi non accettabile per una collettività industriale moderna, caratterizzata da un elevato grado di mobilità sociale e in cui rilevanti (com'è dimostrato da varie ricerche sociologiche e statistiche) sono le influenze reciproche nel consumo, soprattutto di beni voluttuari. Rifiutando tale ipotesi, l'analisi del problema del consumo diviene però molto più complessa. Infatti, se si ammette che le preferenze del singolo sono influenzate dalla condotta degli altri consumatori, si deve impostare l'analisi del consumo sull'assunto dell'interdipendenza dei gusti e delle spese in beni di consumo, così che il problema si trasforma da statico in dinamico. La teoria del d. si articola nei seguenti punti: 1) i bisogni e l'attività culturale e sociale richiedono il consumo di certe specie di beni; 2) ciascuno dei beni (fisici, culturali o sociali) può essere soddisfatto da beni di qualità diverse; 3) i consumatori sono generalmente concordi nel riconoscere la superiorità di un bene rispetto agli altri beni concorrenti, quale che sia la ragione asserita per tale superiorità; 4) di conseguenza vi è una graduatoria di questi beni concorrenti, graduatoria generalmente accettata; 5) i beni non sono solo acquistati per la loro riconosciuta superiorità; è necessario anche tener conto delle variazioni quantitative, per quanto, nella maggior parte dei casi, tali variazioni quantitative si palesino come variazioni qualitative. Nessuna delle proposizioni esposte appare in contraddizione formale con la teoria delle preferenze e con quella dell'utilità, teorie che pongono l'accento sulle variazioni del consumo di un certo gruppo di beni, ma che hanno il difetto di sottintendere che le variazioni del consumo siano dovute a variazioni quantitative. è ovvio, invece, che un miglioramento del tenore di vita, oltre che a comportare un eventuale aumento quantitativo di un determinato bene, in genere comporta soprattutto una diversificazione qualitativa, ossia il passaggio al consumo di beni di qualità superiore. Ed è questa diversificazione o miglioramento qualitativo che costituisce il nocciolo della teoria del D. Viene fatto rilevare che ciascun individuo, avendo da soddisfare non soltanto bisogni attuali, ma anche dei bisogni futuri, si viene a trovare nella necessità di dover decidere quale frazione del proprio reddito destinare al consumo e quale al risparmio. Il desiderio di migliorare il proprio tenore di vita rappresenta uno stimolo che porta a espandere il consumo immediato a scapito di quello futuro, ossia del risparmio. Vi è un periodo di transizione in cui ha il sopravvento lo stimolo a risparmiare per provvedere a un certo benessere futuro. Ma l'impulso al miglioramento del tenore di vita attuale, assopito per un certo tempo riemerge e finisce col prendere il sopravvento sullo stimolo al risparmio. Se migliorare il proprio tenore di vita significa espandere il proprio consumo, tale espansione non avviene acquistando una maggiore quantità di beni di consumo, ma sostituendo questi con beni di qualità superiore o presunta tale. E poiché tali beni sono, di norma, più costosi, il miglioramento del tenore di vita avviene a scapito del risparmio. La sostituzione di beni di qualità superiore a beni di qualità inferiore avviene perché i consumatori subiscono l'influenza di altri consumatori. Per rendersi conto di tale processo, osserva il D., è sufficiente ricorrere alla propria esperienza e ricordare quale reazione produce la vista della nuova automobile di un amico o il frequentare abitazioni più belle della propria. Tale spinta al miglioramento del tenore di vita è rafforzata da talune caratteristiche della nostra società. Essa è infatti caratterizzata da un sistema di posizioni sociali (status) molto diversificate, sulla base del reddito. E, una volta che un certo numero di persone che dispongono di un reddito elevato viene riconosciuto come gruppo avente uno status sociale superiore, il loro consumo diventa uno dei criteri in base al quale si giudica il successo. Pertanto, coloro che ascendono nella scala sociale sono portati a modellare la loro spesa, in beni di consumo, sulla base dei consumi degli appartenenti al gruppo sociale in cui entrano a far parte. Ciò premesso, l'utilità di una data spesa in beni di consumo da parte di un dato consumatore dipende, secondo il D., dal rapporto fra quella spesa e la media ponderata delle spese in beni di consumo dei membri del gruppo sociale con cui il consumatore in questione viene in contatto. Un aumento proporzionale del reddito di ciascuno comporterà un aumento del consumo tale che, nella nuova posizione di equilibrio, il consumo sarà aumentato nella stessa proporzione del reddito. Il D. ha esaminato la sua teoria del consumo alla luce di varie indagini statistiche. Da una di queste, compiuta dall'Office of Public Opinion Research, sullo stato di soddisfazione o meno fornita dagli interpellati sul loro reddito, è risultato che il maggior numero di insoddisfatti si riscontra tra coloro che, all'epoca della ricerca, potevano contare su un reddito settimanale superiore ai cento dollari. La ragione di tale scontento è dovuta al fatto che tale classe di reddito comprendeva un'elevata percentule di professionisti, ossia persone che hanno la possibilità di venire frequentemente a contatto con altre persone che possono contare su redditi molto superiori. Invece, da un'altra indagine tesa ad esaminare il volume del risparmio effettuato dai negri e dai bianchi, risultò che, a pari reddito, i negri risparmiano più dei bianchi e ciò si spiega col fatto che i negri sono prevalentemente in contatto con altri negri e che il campo di variazione del reddito della popolazione di colore è molto minore rispetto a quello dei bianchi. Pertanto, la teoria del D. ha contribuito a un ulteriore indebolimento della tesi secondo cui sarebbe possibile stimolare il consumo, e quindi il reddito e l'occupazione, mediante una redistribuzione del reddito nazionale. Comunque va tenuto presente che l'assunto del D., secondo cui l'aumento del consumo si realizza mediante il passaggio a beni di qualità superiore più che con un aumento della quantità, è accettabile se riferito a una collettività ricca; è invece da respingere, o da discutere come legge generale, in quanto non è applicabile alla situazione di un paese povero in cui la grande maggioranza del reddito è destinata all'acquisto di generi alimentari di prima necessità. Va infatti tenuto presente che, così come la funzione keynesiana del consumo rispecchia il comportamento del consumatore medio inglese, la teoria del D. è sorta sulla base di riflessioni su fenomeni propri di una società come quella statunitense ed è applicabile solo ad altre società industrialmente molto sviluppate. Tuttavia non può essere considerata una teoria del consumo veramente generale. Rilevante è anche il contributo dato dal D. alla teoria dello sviluppo. Opere da ricordare: Income, Saving and the Theory of Consumer Behavior (1949); Business Levels and Economic Growth (1958); Money and Credit: Impact and Control (1946) (n. Princeton, West Virginia 1918).