Economista statunitense. Professore alla Harvard University, è noto
soprattutto per la teoria del consumo che da lui prende nome. Partendo
dall'ipotesi keynesiana sulla relazione tra reddito e consumo e tenendo conto
anche del tenore di vita acquisito e delle influenze ambientali, il
D.
è giunto alla formulazione di una teoria che supera la semplice analisi
economica e rappresenta una vera e propria teoria sociologica del consumo, ricca
di spunti inediti e di ampie analisi statistiche. Il
D. osserva innanzi
tutto che, tanto la teoria neoclassica del consumo quanto quella keynesiana,
partono da un'ipotesi non accettabile. Tale ipotesi è che le preferenze
di ogni consumatore sono indipendenti da quelle degli altri consumatori. Essa
è di fondamentale importanza per simili teorie, poiché senza tale
ipotesi non sarebbe possibile ottenere la curva di domanda globale dei vari beni
di consumo sommando la domanda dei singoli consumatori. Si tratta, però,
di un'ipotesi che presuppone l'assenza di una qualsiasi influenza, nella
condotta del consumatore, da parte degli altri consumatori. è
perciò un'ipotesi non accettabile per una collettività industriale
moderna, caratterizzata da un elevato grado di mobilità sociale e in cui
rilevanti (com'è dimostrato da varie ricerche sociologiche e statistiche)
sono le influenze reciproche nel consumo, soprattutto di beni voluttuari.
Rifiutando tale ipotesi, l'analisi del problema del consumo diviene però
molto più complessa. Infatti, se si ammette che le preferenze del singolo
sono influenzate dalla condotta degli altri consumatori, si deve impostare
l'analisi del consumo sull'assunto dell'interdipendenza dei gusti e delle spese
in beni di consumo, così che il problema si trasforma da statico in
dinamico. La teoria del
d. si articola nei seguenti punti: 1) i bisogni e
l'attività culturale e sociale richiedono il consumo di certe specie di
beni; 2) ciascuno dei beni (fisici, culturali o sociali) può essere
soddisfatto da beni di qualità diverse; 3) i consumatori sono
generalmente concordi nel riconoscere la superiorità di un bene rispetto
agli altri beni concorrenti, quale che sia la ragione asserita per tale
superiorità; 4) di conseguenza vi è una graduatoria di questi beni
concorrenti, graduatoria generalmente accettata; 5) i beni non sono solo
acquistati per la loro riconosciuta superiorità; è necessario
anche tener conto delle variazioni quantitative, per quanto, nella maggior parte
dei casi, tali variazioni quantitative si palesino come variazioni qualitative.
Nessuna delle proposizioni esposte appare in contraddizione formale con la
teoria delle preferenze e con quella dell'utilità, teorie che pongono
l'accento sulle variazioni del consumo di un certo gruppo di beni, ma che hanno
il difetto di sottintendere che le variazioni del consumo siano dovute a
variazioni quantitative. è ovvio, invece, che un miglioramento del tenore
di vita, oltre che a comportare un eventuale aumento quantitativo di un
determinato bene, in genere comporta soprattutto una diversificazione
qualitativa, ossia il passaggio al consumo di beni di qualità superiore.
Ed è questa diversificazione o miglioramento qualitativo che costituisce
il nocciolo della teoria del
D. Viene fatto rilevare che ciascun
individuo, avendo da soddisfare non soltanto bisogni attuali, ma anche dei
bisogni futuri, si viene a trovare nella necessità di dover decidere
quale frazione del proprio reddito destinare al consumo e quale al risparmio. Il
desiderio di migliorare il proprio tenore di vita rappresenta uno stimolo che
porta a espandere il consumo immediato a scapito di quello futuro, ossia del
risparmio. Vi è un periodo di transizione in cui ha il sopravvento lo
stimolo a risparmiare per provvedere a un certo benessere futuro. Ma l'impulso
al miglioramento del tenore di vita attuale, assopito per un certo tempo
riemerge e finisce col prendere il sopravvento sullo stimolo al risparmio. Se
migliorare il proprio tenore di vita significa espandere il proprio consumo,
tale espansione non avviene acquistando una maggiore quantità di beni di
consumo, ma sostituendo questi con beni di qualità superiore o presunta
tale. E poiché tali beni sono, di norma, più costosi, il
miglioramento del tenore di vita avviene a scapito del risparmio. La
sostituzione di beni di qualità superiore a beni di qualità
inferiore avviene perché i consumatori subiscono l'influenza di altri
consumatori. Per rendersi conto di tale processo, osserva il
D., è
sufficiente ricorrere alla propria esperienza e ricordare quale reazione produce
la vista della nuova automobile di un amico o il frequentare abitazioni
più belle della propria. Tale spinta al miglioramento del tenore di vita
è rafforzata da talune caratteristiche della nostra società. Essa
è infatti caratterizzata da un sistema di posizioni sociali
(
status) molto diversificate, sulla base del reddito. E, una volta che un
certo numero di persone che dispongono di un reddito elevato viene riconosciuto
come gruppo avente uno
status sociale superiore, il loro consumo diventa
uno dei criteri in base al quale si giudica il successo. Pertanto, coloro che
ascendono nella scala sociale sono portati a modellare la loro spesa, in beni di
consumo, sulla base dei consumi degli appartenenti al gruppo sociale in cui
entrano a far parte. Ciò premesso, l'utilità di una data spesa in
beni di consumo da parte di un dato consumatore dipende, secondo il
D.,
dal rapporto fra quella spesa e la media ponderata delle spese in beni di
consumo dei membri del gruppo sociale con cui il consumatore in questione viene
in contatto. Un aumento proporzionale del reddito di ciascuno comporterà
un aumento del consumo tale che, nella nuova posizione di equilibrio, il consumo
sarà aumentato nella stessa proporzione del reddito. Il
D. ha
esaminato la sua teoria del consumo alla luce di varie indagini statistiche. Da
una di queste, compiuta dall'
Office of Public Opinion Research, sullo
stato di soddisfazione o meno fornita dagli interpellati sul loro reddito,
è risultato che il maggior numero di insoddisfatti si riscontra tra
coloro che, all'epoca della ricerca, potevano contare su un reddito settimanale
superiore ai cento dollari. La ragione di tale scontento è dovuta al
fatto che tale classe di reddito comprendeva un'elevata percentule di
professionisti, ossia persone che hanno la possibilità di venire
frequentemente a contatto con altre persone che possono contare su redditi molto
superiori. Invece, da un'altra indagine tesa ad esaminare il volume del
risparmio effettuato dai negri e dai bianchi, risultò che, a pari
reddito, i negri risparmiano più dei bianchi e ciò si spiega col
fatto che i negri sono prevalentemente in contatto con altri negri e che il
campo di variazione del reddito della popolazione di colore è molto
minore rispetto a quello dei bianchi. Pertanto, la teoria del
D. ha
contribuito a un ulteriore indebolimento della tesi secondo cui sarebbe
possibile stimolare il consumo, e quindi il reddito e l'occupazione, mediante
una redistribuzione del reddito nazionale. Comunque va tenuto presente che
l'assunto del
D., secondo cui l'aumento del consumo si realizza mediante
il passaggio a beni di qualità superiore più che con un aumento
della quantità, è accettabile se riferito a una
collettività ricca; è invece da respingere, o da discutere come
legge generale, in quanto non è applicabile alla situazione di un paese
povero in cui la grande maggioranza del reddito è destinata all'acquisto
di generi alimentari di prima necessità. Va infatti tenuto presente che,
così come la funzione keynesiana del consumo rispecchia il comportamento
del consumatore medio inglese, la teoria del
D. è sorta sulla base
di riflessioni su fenomeni propri di una società come quella statunitense
ed è applicabile solo ad altre società industrialmente molto
sviluppate. Tuttavia non può essere considerata una teoria del consumo
veramente generale. Rilevante è anche il contributo dato dal
D.
alla teoria dello sviluppo. Opere da ricordare:
Income, Saving and the Theory
of Consumer Behavior (1949);
Business Levels and Economic Growth
(1958);
Money and Credit: Impact and Control (1946) (n. Princeton, West
Virginia 1918).