Condizione d'incertezza della mente e dello spirito. Stato psichico in cui
l'individuo è incerto tra l'ammettere o no come vera una nozione.
Nell'ambito della ricerca filosofica il
d. è la situazione
d'incertezza in cui è necessario porsi di fronte ai grandi problemi della
vita, quali quello dell'esistenza e della realtà. Una distinzione
filosofica fondamentale è quella tra
d. scettico e
d.
metodico. Il primo, rappresentato in particolare dallo scetticismo greco,
è la sospensione di ogni giudizio derivata dalla sfiducia nella
possibilità per la ragione umana di pervenire alla conoscenza. Esso
considera perciò l'incertezza come un dato definitivo e ineliminabile. Il
d. metodico, invece, sostenuto in particolare da Cartesio, considera
l'incertezza come un necessario dato preliminare che consente di sottrarre il
pensiero a ogni adesione dogmatica e irrazionale, consentendo di pervenire a una
certezza razionale. Pertanto, il
d. metodico è la sospensione
volontaria dell'assenso a una verità pregiudiziale con lo scopo di
cercarne la ragione prima, per dimostrarla e per delimitarla. Sant'Agostino pone
alla radice stessa del filosofare il fatto che colui che dubita della
verità ha in se stesso la base per superare il
d., in quanto
è certo della verità del suo dubitare. Secondo Giovanni di
Salisbury (XII sec.), l'esponente più brillante dell'umanesimo di
Chartres, poiché esistono delle verità di cui non si può
dubitare e che vengono da tre fonti - sensi, ragione, fede - si deve escludere
il
d. radicale. Consapevoli della nostra ignoranza dobbiamo dubitare di
tutte le questioni di cui né i sensi, né la ragione, né la
fede ci servono da guida sicura.