Scrittore russo. Figlio di un medico militare, compì gli studi presso
l'Istituto militare di ingegneria di Pietroburgo. Nel 1843 prestò
servizio in un dicastero del genio militare della capitale, ma entro breve tempo
diede le dimissioni per dedicarsi interamente all'attività di scrittore.
La passione per il gioco, manifestatasi in questo periodo, più che le
incertezze derivate dalla nuova professione, lo condusse a una vita di stenti
con qualche raro periodo di relativa agiatezza. L'apparizione del primo romanzo,
Povera gente (1845), ebbe un'eco assai favorevole presso la critica
dell'epoca. Belinskij in particolare vide in
D. il continuatore di quella
che egli definì la scuola naturale di Gogol. Nel periodo immediatamente
successivo
D., influenzato di volta in volta da Dickens, Sue, Hoffmann,
Hugo, Balzac e Gogol, ma soprattutto dal "naturalismo" di George Sand, si diede
alla sperimentazione, nell'affannosa ricerca di una forma e di un contenuto
personali. Pubblicò allora una serie di racconti (
Il Sosia; Il signor
Procharcin; L'Affittacamere; Romanzo in nove lettere, 1847;
Le notti
bianche, 1848;
Netocka Nezvanova, 1849) nei quali la tematica sociale
passò gradualmente in secondo piano a vantaggio dell'analisi
etico-psicologica della personalità più profonda dei personaggi.
Questo sviluppo gli alienò i favori della critica progressista, che prima
aveva salutato con entusiasmo
Povera gente. I problemi sociali non
cessarono tuttavia di interessare il giovane scrittore, che, sotto l'influsso
(come gran parte degli intellettuali dell'epoca) delle idee utopistiche di
Fourier, aderì al circolo rivoluzionario di M.V. Petrasevkij. Questa
circostanza segnò l'inizio di un profondo mutamento nella vita e
nell'opera di
D., che venne arrestato il 23 aprile 1849 assieme agli
altri membri del circolo. Il 22 dicembre
D. e i suoi 18 compagni
subiscono la macabra farsa della condanna a morte. Vestiti di un lungo camice
bianco munito di cappuccio e preparati per la fucilazione, sospesa all'ultimo
istante e mutata, per concessione dello zar, in quattro anni di lavori forzati
in Siberia, i condannati uscirono da quell'esperienza sconvolti. Scontata la
pena,
D. passò al confino alcuni anni, nel corso dei quali
prestò servizio militare come soldato semplice nella guarnigione di
Semipalatinsk. Qui, nel 1857, sposò Maria Dmitrievna Isaeva, aggiungendo
alla sua vita tormentata anche questa esperienza infelice. Riprese ancora a
scrivere dando alla luce le
Memorie dalla casa dei morti, che
pubblicò qualche tempo dopo (1861-62), opera autobiografica che riflette
tutta la tragicità delle sue esperienze di forzato. Compiuto nel 1859 il
servizio militare, fu permesso a
D. il ritorno nella Russia europea,
dapprima a Tver', e qualche mese dopo a Pietroburgo, dove all'attività di
romanziere affiancò quella di pubblicista, fondando con la collaborazione
del fratello Michail e degli scrittori Apollon Grigorev e N.N. Strachov la
rivista "Vremja" (Il tempo), portabandiera della corrente slavofila del
"Naturalismo" russo, la cui pubblicazione fu vietata dalla censura nel 1863. In
quell'anno
D. intraprese un viaggio in vari paesi europei, ma, trovatosi
in difficoltà finanziarie a causa della smodata passione per il gioco,
dovette rientrare rapidamente in patria. Qui fondò la rivista "Epocha",
costretta in breve a chiudere i battenti ancora per motivi economici. Tuttavia
D. non abbandonò mai totalmente l'attività di pubblicista,
culminata negli ultimi anni della sua vita nella pubblicazione del
Diario di
uno scrittore, fonte utilissima per la comprensione della sua opera. Nel
periodo cosiddetto di frattura, compreso tra il suo ritorno dalla Siberia e la
pubblicazione di
Delitto e castigo, d. scrisse i racconti
Il sogno
dello ziuccio e
Il villaggio Stepancikovo e i suoi abitanti,
riallacciandosi alla produzione anteriore alla condanna, e il romanzo
Umiliati e offesi, apparso a puntate sulla rivista "Vremja". Opera che
può definirsi di appendice,
Umiliati e offesi preannuncia
tuttavia, nel groviglio degli intrecci, la complessità dei grandi romanzi
dell'autore. Ma il punto di partenza, il germe da cui scaturì la
concezione filosofica che sta alla base delle opere maggiori è segnato
dalle
Memorie del sottosuolo (1864). In esse
D. mette a nudo la
terribile complessità dell'uomo nel suo essere più nascosto, la
sua disperata ricerca del bene e l'incapacità di raggiungerlo con il
conseguente bagaglio di rimorsi e di sete di espiazione; già traspare
quindi la concezione secondo cui l'uomo non può esimersi da
un'impostazione morale dei suoi problemi. Nel 1865
D. pubblicò
Il giocatore, opera di notevole valore artistico, ma nettamente
distaccata dalla linea tracciata dall'autore nei due romanzi precedenti. Per la
stesura de
Il giocatore d. si valse dell'aiuto della stenografa Anna
Grigorevna Snitkina, che sposò l'anno successivo e che gli restò
sempre affettuosamente accanto. In
Delitto e castigo (1866), romanzo che
narra le vicende dello studente Raskolnikov, fatalmente spinto all'assassinio di
una vecchia usuraia,
D. scopre nella realtà circostante e nei
personaggi stessi un mondo di antinomie in cui coesistono in stretto rapporto
dialettico necessità e libertà, uomo e superuomo. Ma mentre in
Nietzsche questi conflitti si risolvono nell'assoluto predominio del superuomo
che si avvarrà di ogni mezzo per affermare se stesso, in
D. si
avverte il passaggio dall'etica del superuomo, svincolato da ogni legge
positiva, a un'etica mistica, nel cui ambito i conflitti trovano la loro
soluzione attraverso l'azione redentrice del Dio-uomo, il Cristo. A
Delitto e
castigo seguì
L'Idiota (1868), in cui il dramma del
protagonista, il principe Myskin, proteso invano a modificare in meglio la
triste realtà che lo circonda, si risolve inevitabilmente nella pazzia.
Oppresso dai debiti,
D. dovette abbandonare per la seconda volta la
Russia, dove rientrò nel 1871. In quegli anni di irrequieta
peregrinazione in varie città europee, progettò un nuovo romanzo,
La vita di un grande peccatore o l'ateismo, che non sarebbe mai stato
portato a termine, ma dei cui appunti
D. si servì per tre altre
grandi opere:
I demoni, L'adolescente e
I fratelli Karamazov. Per
la composizione de
I demoni (1871) attinse a un fatto realmente accaduto,
l'affare Necaev, il rivoluzionario che aveva fatto assassinare lo studente
Ivanov, contrario ai suoi metodi terroristici. Mentre ne
I demoni, da una
parte
D. rifiuta definitivamente, sul piano sociale, l'ideologia
nichilista esulpiano etico-filosofico condanna l'ateismo, identificato qui con
il Nichilismo rivoluzionario, dall'altra manifesta la sua fede nel popolo russo,
retaggio della concezione "naturalistica" da lui condivisa con N.N. Strachov
all'epoca della rivista "Vremja". Ne
L'adolescente (1875) si nota il
definitivo trapasso dalle concezioni nietzschiane del protagonista di
Delitto
e castigo a quelle del cristianesimo russo dei
Fratelli Karamazov
(1880). Nell'intreccio di quest'ultimo romanzo confluiscono tutti i temi delle
precedenti opere dostoevskiane. Particolare interesse riveste la
Leggenda del
grande inquisitore, che costituisce l'apice della riflessione dell'autore
sul problema del cristianesimo e della libertà dell'uomo, le cui rinunce
e sofferenze appaiono al narratore, Ivan Karamazov, un male necessario ai fini
della futura armonia del mondo. A un solo anno dalla pubblicazione di
quest'ultima opera,
D. morì, stroncato da una grave malattia
polmonare. Profonde sono le contraddizioni nell'opera e nei personaggi di
D., segno peraltro della sua altissima arte, che, di diritto, lo colloca
a fianco dei grandi creatori di anime: da Shakespeare a Balzac, a Tolstoj. Nel
conflitto perenne del dubbio, che è il tormento stesso di
D.,
tanto da fargli dichiarare: "Sono un figlio dell'incredulità e lo
sarò fino alla morte", è spiegato il modo d'essere e di agire dei
suoi personaggi. Il suo bisogno di credere, il suo slavismo, il suo
cristianesimo mistico lievitato dall'amore, il suo slancio verso la giustizia
sono sostenuti dalla speranza, ma sono profondamente scossi dalle ragioni
contrarie immancabilmente presenti nei personaggi: dai Raskolnikov a Sonia, da
Arkadij Dolgorukij al principe Myskin, da Ivan ad Alioscia, i quali peraltro nel
loro autodistruggersi, rappresentano, avverte Lukas, la più alta protesta
contro l'ordinamento sociale del tempo.
D., uomo di fede, forse
più esattamente uomo che "vuole la fede", è sommamente lucido
proprio quando fa parlare gli atei, nelle parole dei quali echeggiano i pensieri
più acuti. Il suo eroe è sempre assetato di verità ed
è alla ricerca di essa che si avvia alla ribellione come a un divenire
logico, della logica delle cose, privilegio delle classi basse, giacché
l'orrore dell'azione, proprio delle classi alte, impedisce il dinamismo che
è indispensabile al rinnovamento sociale, presente in germe nella
società del suo tempo e da
D. perfettamente inteso. Ed è in
questo dinamismo religioso, psicologico, morale e sociale che si svolge tutta
l'opera di
D., oggi universalmente riconosciuta (Mosca 1821 - Pietroburgo
1881).