Stato (48.511 kmq; 8.840.000 ab.) dell'America Centrale, detto anche
Repubblica di Santo Domingo. Occupa la parte centro-orientale dell'isola
di Hispanola (quella occidentale è occupata da Haiti). A nord si affaccia
sull'Oceano Atlantico, a sud sul Mar dei Caraibi, a est è separata da
Portorico dal canale di Mona, mentre a ovest confina con Haiti. Capitale: Santo
Domingo. Centri principali: Santiago de los Caballeros, San Francisco de
Macorìs, San Pedro de Macorìs. Ordinamento: repubblica. Lingua
ufficiale: spagnolo. Moneta: peso dominicano. La religione più diffusa
è quella cattolica. Gli abitanti sono in maggioranza mulatti, ma è
presente un buon numero di bianchi, oltre a una minoranza
nera.)
GEOGRAFIA
Il
territorio della
R.D. è costituito prevalentemente dalla
cordigliera Centrale, che predomina in tutta la regione caraibica. A Nord si
allunga una fertile zona pianeggiante, detta piana del Cibao, dove scorre il
fiume principale, il Yaque del Norte. Il clima è di tipo tropicale con
notevole piovosità nella fascia sud-orientale. La popolazione è
formata da una maggioranza di meticci, seguita da europei e negri, e abita per
lo più in grossi borghi semirurali e villaggi contadini.
Cartina della Repubblica DominicanaECONOMIAProdotti
principali sono lo zucchero di canna, il tabacco, il caffè, il cacao. Le
industrie sono attinenti ai prodotti del suolo: raffinerie di zucchero,
distillerie, manifatture di tabacchi. L'esistenza di un'economia a carattere
esclusivamente agricolo rende l'isola fortemente dipendente dai Paesi
industrializzati dai quali deve importare ogni genere di prodotto finito, in
cambio di un'esportazione fatta esclusivamente di canna da zucchero,
caffè e cacao. Il debito con l'estero ammonta a molte migliaia di
dollari.
STORIACentro
dell'espansione coloniale spagnola, la regione orientale dell'Isola Hispaniola,
nel periodo della colonizzazione, seguì le stesse vicende della vicina
Haiti. Divenuta entità territoriale autonoma nel 1697 in seguito alla
cessione alla Francia della parte orientale dell'isola, ossia di Haiti, Santo
Domingo si oppose a tutti i successivi tentativi d'integrazione a cominciare dal
1795, quando con la Pace di Basilea, fu ceduta alla Francia. Occupata nel 1800
dagli haitiani che si erano sottratti al dominio francese, nel 1809
ritornò sotto la Spagna, rimanendovi sino al 1821. Proclamata
l'indipendenza, si unì alla Colombia, ma l'anno seguente dovette subire
una nuova occupazione haitiana. Insorta nel 1843, sotto la guida di J.P. Duarte,
nel 1844 proclamò per la terza volta la propria indipendenza. Negli anni
seguenti la giovane e debole
R.D. dovette continuare a difendersi contro
haitiani e spagnoli che la rioccuparono nel 1861. Solo nel 1965 poté
liberarsi definitivamente dal dominio coloniale spagnolo e governarsi
autonomamente sotto la presidenza di B. Bàez. La piccola Repubblica
caraibica non riuscì però ad assestarsi su solide basi e fu
costretta ad accettare il controllo statunitense sulle sue fonti produttive e,
nel 1905, ad accettare un trattato di protettorato da parte degli Stati Uniti,
subendone successivamente (1916-24) il governo militare diretto. La tutela
statunitense favorì la creazione di infrastrutture, ma non portò
alcun miglioramento di natura sociale, né rese più democratica la
vita politica del Paese. Deposto H. Vàzquez (1924-30), il Paese cadde
sotto la dittatura del generale Rafael Trujillo Molina, destinata a durare,
salvo brevi intervalli, fino al 1961, quando il dittatore fu ucciso e il regime
rovesciato. Nel 1962 venne eletto presidente Juan Bosch, leader del Partito
Rivoluzionario, il cui Governo democratico fu rovesciato da un colpo di Stato
militare (1963) che innescò una guerra civile, sedata solo nel 1965 dal
massiccio l'intervento militare degli USA. Malgrado le forti critiche
internazionali, le truppe statunitensi occuparono l'isola con
l'etichetta di una Forza interamericana di pace, fino al settembre 1966,
quando nelle elezioni presidenziali Bosch, rientrato dall'esilio, fu
sconfitto da Joaquìn Balaguer, alla testa del Partito Riformista
Social-cristiano. Consapevole della necessità di contenere l'opposizione
progressista sul terreno delle riforme, Balaguer cercò di dare al proprio
Governo un'impronta sociale con l'aiuto finanziario degli Stati Uniti. Di fronte
alla crescente opposizione delle masse popolari, non seppe però trovare
altra soluzione che quella di far ricorso, ancora una volta, alla repressione,
soffocando ogni manifestazione di protesta e arrestando numerosi dirigenti
politici e sindacali. Il susseguirsi delle crisi sociali ed economiche spinse
Balaguer a legarsi sempre più strettamente alle Forze armate, in
particolare alla "milizia nazionale" che ne garantì la rielezione nel
1970 e nel 1974. Nei successivi anni di governo Balaguer, il Partito
Rivoluzionario Dominicano (PRD) lavorò per un'unità di tutto il
fronte di opposizione, con il preciso scopo di risolvere, con l'eliminazione di
Balaguer, i problemi economici e sociali del Paese. La vittoria del PRD nelle
elezioni nel 1978 suscitò tensioni e minacce golpiste, ma fu infine
riconosciuta dall'establishment politico-militare. Il nuovo presidente
Antonio Guzmán cercò soprattutto di ridimensionare il potere
politico delle forze armate, mentre sul piano sociale il suo cauto riformismo
lasciò intatti i gravi problemi del paese. La nuova vittoria del PRD alle
elezioni del 1982 fu seguita dal suicidio di Guzman in seguito alle accuse di
malversazione contro i membri del suo governo e della sua famiglia. Con il nuovo
presidente, Salvador Jorge Blanco, il Paese attraversò momenti difficili:
il rincaro dei prezzi, la disoccupazione e i miseri salari provocarono gravi
disordini che furono repressi duramente dalle truppe governative. Alle elezioni
del 1986 la forte perdita di consensi registrata dal PRD consentì il
ritorno di Balaguer alla presidenza della Repubblica. Venne riconfermato in
questa carica, tra polemiche e accuse di broglio, nel 1990 e nel 1994. Le elezioni politiche del 1996 decretarono l'elezione a presidente di Leonel Fernández Reyna, del Partito rivoluzionario democratico (PLD). L'aumento dei prezzi, l'altissimo tasso di disoccupazione e la povertà aggravarono le tensioni sociali. Eppure nella prima metà del 1997 l'economia visse una crescita eccezionale. Nel tentativo di riportare in pareggio i conti dello Stato, nello stesso anno venne approvata una legge che permetteva ai privati di effettuare investimenti nelle aziende statali, comprese quelle dello zucchero e dell'energia elettrica. Nel 2000 venne nominato alla presidenza Hipolito Mejía Dominguez, leader del PLP. Nel gennaio 2001 le autorità dominicane annunciarono un rafforzamento delle misure di sicurezza lungo il confine, nel tentativo di contrastare l'aumento del narcotraffico e dell'immigrazione clandestina.