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Dodici tavole, Legge delle.

Codice di leggi redatto a Roma e risalente all'opera svolta dal decemvirato legislativo intorno alla metà del V sec. a.C. Secondo la tradizione, in uno dei momenti più gravi del conflitto tra patriziato e plebe, nel 462 a.C., il tribuno C. Terentilio Arsa avrebbe proposto che si creasse una magistratura composta di cinque membri incaricata di redigere un codice di leggi comuni alle due classi. Di fronte all'aspra reazione del senato, la proposta sarebbe stata rinviata e ripresentata l'anno successivo da tutti i tribuni, i quali, nel 457 a.C., avrebbero ottenuto di portare il proprio numero da cinque a dieci. Accettata l'idea, ma sorta una divergenza circa i legislatori (se cioè dovessero essere tutti patrizi o patrizi e plebei) si sarebbe cominciato col mandare una legazione ad Atene per studiare le leggi di Solone e le istituzioni delle altre città greche. Ritornati i legati e nominati i decemviri nel 451 a.C. (la direzione della magistratura l'avrebbe avuta Appio Claudio, verso il quale andava il favore della plebe), costoro in quell'anno avrebbero redatto dieci tavole di leggi, poi sottoposte al giudizio e alla discussione pubblica ed infine al voto dei comizi centuriati; successivamente ne furono aggiunte altre due. Incise nel bronzo ed esposte nel Foro, le Dodici tavole dei decemviri costituirono per secoli il monumento legislativo dei Romani. Il testo delle Dodici tavole, andato perduto nell'incendio di Roma ad opera dei Galli e giuntoci quindi attraverso l'opera di scrittori, conteneva norme in gran parte riguardanti la procedura civile, il diritto penale, le forme dei negozi giuridici, l'usucapione, la successione. Più che esaudirne di fatto le rivendicazioni, esse comportarono per la plebe una maggiore sicurezza del diritto.