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Diòscuri.

(dal greco Diós: Giove e kyros: figlio). Nome con il quale la religione greca indicava i gemelli Castore e Polluce, figli di Giove, trasformatosi in cigno, e di Leda. Dal nome dello sposo di Leda, Tindaro, vennero detti anche Tindaridi. Il primo era abile domatore di cavalli, il secondo valente nel pugilato e immortale. Quando Castore (secondo altre versioni del mito di Polluce) fu ucciso da Ida, il fratello ottenne dal padre di farlo partecipe della propria immortalità; essi vissero così, a giorni alterni, uno tra gli dei e uno nel regno dei morti. I D. vennero considerati divinità benefiche, una sorta di salvatori, capaci di mediare tra realtà terrena e mortale e realtà divina, probabilmente per il ricordo e la suggestione del racconto mitico. Ai D., venerati anche come protettori del commercio, dell'ospitalità, dei naviganti, venne tributato un culto che si diffuse, dall'originaria regione della Laconia, in tutta la Grecia e a Roma, dove fu riconosciuto ufficialmente dopo la battaglia del Lago Regillo (496 a.C.), nella quale la vittoria romana fu attribuita al loro diretto intervento. In ambiente romano furono chiamati Castori ed ebbero un culto particolare, oltre che nella città stessa di Roma, a Lavinio e a Tuscolo. ● Icon. - Raffigurati preferibilmente nudi e armati, i D. compaiono sia isolati (rilievi e statue), sia in momenti particolari del loro mito (vasi, sarcofagi, monete).