(dal latino
dies: giorno). Scritto in cui si
annotano quotidianamente fatti e pensieri autobiografici. ║ Il quaderno
che contiene tali note giornaliere. ● Ord. scol. -
D. scolastico:
apposito quaderno su cui gli studenti appuntano i compiti e le lezioni loro
assegnati. ║
D. delle lezioni: registro in cui i docenti segnalano
la data e l'argomento delle loro lezioni. ● Lit. -
D. romano:
calendario ecclesiastico, elenco delle ricorrenze liturgiche, delle
festività dedicate ai santi e dei giorni di digiuno. ● Lett. -
Scrittura narrativa, collegabile a diversi generi letterari, estremamente libera
nelle sue forme, nei suoi canoni e nei suoi fini, con il solo vincolo della
scansione giornaliera nelle sue parti. Il
d. nacque in età antica
quale registro quotidiano di annotazioni inerenti a cariche pubbliche o a
collegi sacerdotali
(
effēmerídes
per i Greci;
commentarii per i Romani), senza raggiungere però
autonoma dignità letteraria: anche i
Commentarii di Cesare,
benché sicuramente basati su precedenti appunti diaristici, non sono
formalmente un vero
d. Ancora per tutto il Medioevo il
d. ebbe una
funzione puramente strumentale, assumendo in seguito una maggiore connotazione
cronachistica che lo avvicinò alla storiografia come, ad esempio,
nell'anonimo
Journal d'un bourgeois de Paris (1405-1449): lo scrivente
era in primo piano non tanto come contenuto della narrazione, quanto testimone
oculare o diretto degli avvenimenti narrati. Le esplorazioni geografiche
aprirono una nuova dimensione alla diaristica storiografica, quella del
d. di viaggio e scientifico come il
D. di Colombo, giunto a noi
trascritto e riassunto da Bartolomeo de Las Casas, o quello di Cook che narra le
sue spedizioni nel Pacifico nel Settecento. Già dal Cinquecento,
però, andò affermandosi anche un'accezione più turistica e
di costume del
d. di viaggio, come nel caso del
Voyage en Italie
di Montaigne del 1581. La dimensione più strettamente autobiografica e
intimista del
d. ebbe le sue radici, invece, nell'Inghilterra secentesca,
nei
d. di J. Evelyn e di S. Pepys, in cui peraltro aveva largo spazio
anche l'osservazione di costume, e nello spregiudicato
Diary to Stella di
J. Swift che ricorda assai da vicino l'epistolario, per la forma colloquiale. Lo
scavo interiore e la centralità narrativa accordata alla persona, che era
insieme oggetto e destinatario della scrittura, emersero nettamente nella
seconda metà del Settecento, ad esempio, nei
Tagebücher di
Goethe, nelle
Mémoires di Goldoni o di Alfieri. Sulla linea della
rivelazione piena e sincera del proprio intimo si collocò tutta la
diaristica, assai copiosa, del Romanticismo: Delacroix, Shelley, Tommaseo,
Constant, Baudelaire, Tolstoj, Leopardi. Con Stendhal il
d. tornò
ad affiancare la sperimentazione letteraria, l'analisi sociale e culturale
all'introspezione e all'autobiografia. Verso la fine dell'Ottocento si
verificò una nuova mutazione del genere che, sciogliendo
l'identificazione fra autore e narratore, aprì nuovi spazi all'invenzione
letteraria e tese ad assumere i caratteri che aveva avuto in precedenza il
romanzo epistolare dell'Ottocento: effusione sentimentale e solitaria del
narratore, isolato dal mondo esterno, il cui interlocutore diventa il
d.
stesso. Come esempi di questo genere ricordiamo il
Diario di un pazzo di
Gogol',
Romanzo di un giovane povero di Feuillet,
Diario di un curato
di campagna di Bernanos. Tuttavia il tipo più strettamente
autobiografico rimase assai ricco anche nel XX sec.: ne sono esempi Gide, Woolf,
Pavese, con
Il mestiere di vivere. Caratteristico del XX sec., in cui
d'altra parte il genere diaristico è complessivamente negletto, è
il fenomeno dei
d. dei combattenti e degli internati nei lager nazisti.
Si tratta di una produzione vastissima, nata e concepita al di fuori di intenti
letterari (rispetto ai quali paradossalmente non sono rari i casi di una vera
eccellenza), il cui scopo fu insieme quello di lasciare una testimonianza
inconfutabile delle proprie sofferenze e quello di dare sfogo ed espressione
alla propria interiorità, creando per sé uno spazio di riflessione
e comprensione del reale. Si citano, per tutti,
Se questo è un
uomo, di Primo Levi;
Diario di Anna Frank;
La notte di Elie
Wiesel.