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Diàpason.

Strumento metallico, a forma di lunga U e terminante in un piolo, per mezzo del quale può essere fissato a una cassa di risonanza. La vibrazione dei suoi rebbi, quando percossi ad esempio con un martelletto, emette un suono puro, ad ampiezza costante, adottato come campione di frequenza. Il d. classico è stato affiancato prima dal d. elettromagnetico, in cui l'ampiezza dell'oscillazione dei rebbi è mantenuta costante mediante due elettromagneti, e più recentemente da oscillatori elettronici ad altissima stabilità, basati sulle vibrazioni del quarzo piezoelettrico. ● Mus. - Propriamente il termine greco d., adottato anche nel Medioevo, indicava l'intervallo dell'ottava ma, in età moderna, indicò il suono di riferimento rispetto al quale intonare tutti gli altri. Ogni strumento, infatti, può essere accordato in relazione ad un suo proprio d. a partire dal quale si attuano le relazioni di frequenza e perciò di altezza dei suoni. Tuttavia è necessario che, per suonare insieme, i diversi strumenti siano accordati in riferimento ad un d. unico, stabilito convenzionalmente. Nel congresso dell'International Standards Association del 1939, fu prescelta come d. assoluto la frequenza di 440 Hz (vibrazioni al secondo) alla temperatura di 20 °C e corrispondente alla nota la3. Questo campione sonoro, tutt'ora in vigore, sostituì quello precedente detto corista, stabilito alla frequenza di 335 Hz a 15 °C. Il campione di frequenza collegato, detto d. per antonomasia, è quello descritto sopra.