Atto ed effetto del disarmare. ║ Limitazione o
abolizione degli armamenti bellici intrapresa autonomamente da uno Stato (
d.
unilaterale) o da più Stati (
d. bilaterale o
plurilaterale). Si tratta di un atto politico militare teso a stabilire
una situazione di equilibrio fra Stati e a garantire il mantenimento della pace
internazionale. ● Dir. internaz. - Dopo la prima guerra mondiale, la
Società delle Nazioni affermò (art. 8) che il mantenimento della
pace esigeva "la riduzione degli armamenti nazionali al minimo compatibile con
la sicurezza nazionale". Tuttavia ogni iniziativa delle organizzazioni
internazionali in questo senso, nel periodo tra le due guerre, non sortì
effetti sostanziali. Nel 1922 fu stipulato a Washington un trattato fra USA,
Gran Bretagna, Giappone, Francia e Italia che stabiliva un limite numerico e di
tonnellaggio delle navi da guerra e delle portaerei per ciascun Paese: dopo
pochi anni, tuttavia, il trattato fu rigettato. Di
d. parlava anche un
trattato di mutua assistenza, presentato nel 1923 all'Assemblea della
Società delle Nazioni da parte di una Commissione temporanea incaricata
del problema, che fu respinto. Nel 1925, con il
Protocollo di Ginevra
siglato da più di cento Stati, venne proibito l'uso, ma non la
produzione, di gas asfissianti o velenosi. Nonostante questi primi accordi,
all'inizio degli anni Trenta alle proposte di pace e di
d. vennero meno
forza e credibilità. La
Conferenza generale del d., aperta a
Ginevra nel 1932, si chiuse definitivamente nel 1934 senza nulla di fatto mentre
la Germania dava avvio ad un riarmo unilaterale. Il
d. fu nuovamente
affrontato nel secondo dopoguerra da parte delle Nazioni Unite che, all'art. 26
del proprio statuto, proposero l'istituzione di un sistema di disciplina degli
armamenti. Il bipolarismo USA-URSS, però, e il clima della guerra fredda
bloccarono a lungo ogni realizzazione in questo senso. Solo verso la fine degli
anni Cinquanta si cominciarono a ottenere dei piccoli risultati: nel giugno
1954, Francia e Gran Bretagna presentarono uno schema di
d. da attuarsi
per fasi successive e sotto la garanzia di controlli; nel settembre dello stesso
anno l'Unione Sovietica presentò il piano Visinskij e nel maggio
dell'anno successivo il piano Malik, anch'essi basati sulla graduale riduzione
degli armamenti e sul controllo internazionale. Nel marzo 1958, l'Unione
Sovietica annunciò la sospensione unilaterale degli esperimenti atomici
cui seguì un avvicinamento russo-americano, la costituzione di una
commissione di esperti per stabilire un sistema di controlli e la convocazione
nell'ottobre-novembre 1958 di due conferenze per il
d. Nel corso del 1959
il processo di distensione continuò con un incontro diretto (a Camp
David, negli Stati Uniti) fra il capo di Stato sovietico N. Krusciov e del
presidente americano D. Eisenhower e con la presentazione all'Assemblea delle
Nazioni Unite di uno schema di
d. generale, da attuarsi entro quattro
anni. Le trattative subirono però nuove battute d'arresto; la Conferenza
di Ginevra per l'abolizione degli esperimenti atomici non approdò a nulla
e, nel 1961-62, Unione Sovietica e Stati Uniti ripresero i propri esperimenti
nucleari. La commissione insediata a Ginevra nel marzo 1962, il cosiddetto
"Comitato dei 18", tuttavia continuò a lavorare e nel 1968
presentò un piano di non-proliferazione nucleare. Tale trattato,
presentato alle Nazioni Unite, fu approvato dall'Assemblea con 92 voti a favore,
22 astensioni e 4 voti contrari. Esso si basava essenzialmente sull'impegno da
parte delle nazioni in possesso di tecnologia nucleare, ma non ancora delle armi
ad essa relative, di non costruirne in futuro e, da parte delle potenze
nucleari, di non fornire armi o tecnologia atomica ai loro alleati.
Benché oggetto di polemiche anche sostanziali, soprattutto da parte di
Cina e Francia che lo denunciarono come un tentativo delle superpotenze di
"congelare" la loro superiorità, il trattato fu approvato da parte di un
gran numero di Stati. Nel 1972 furono siglati gli accordi SALT I, trattati
relativi alla limitazione numerica delle armi strategiche e al congelamento
degli arsenali missilistici. Tuttavia la situazione politica mondiale
impedì per tutti gli anni Settanta la realizzazione di accordi diretti ad
un
d. generale sia in campo atomico sia convenzionale. Al problema del
controllo e della riduzione quantitativa degli ordigni e degli armamenti in
genere, infatti, si sovrappose quello della qualità dei medesimi, dal
momento che la strategia militare delle superpotenze tendeva ormai al
perfezionamento delle armi e della tecnologia nucleare offensive e difensive
più che alla mera produzione. Tale perfezionamento consisteva per lo
più nell'innalzare il grado di precisione nel raggiungimento
dell'obiettivo da parte delle testate nucleari dei missili, aumentando
considerevolmente il pericolo di un attacco a sorpresa. Contemporaneamente
crebbero gli investimenti per gli armamenti convenzionali in base alla
cosiddetta dottrina della "risposta flessibile", secondo la quale la presenza
ingente di forze convenzionali avrebbe impedito a un conflitto di assumere, sin
dall'inizio, carattere nucleare. Perciò tanto maggiore la forza
convenzionale a disposizione, tanto minore sarebbe stata la probabilità
di impiego di armi atomiche. Nei primi anni Ottanta l'installazione dei missili
russi SS-20 nei Paesi satelliti disattese gli accordi SALT (già incrinati
dalla mancata ratifica americana dei SALT II nel 1979); gli Stati Uniti
risposero con l'installazione in Europa dei Pershing-2 (in Germania Occidentale)
e dei Cruise (in Belgio, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Italia). La questione
degli Euromissili fornì una giustificazione all'interruzione delle
trattative ginevrine (novembre 1983), proprio in coincidenza col manifestarsi
dei primi estesi movimenti pacifisti e antinuclearisti in Europa. Il processo di
d. subì un altro duro colpo con il programma statunitense
comunemente chiamato "scudo stellare" (SDI: Strategic defense initiative),
annunciato da Reagan nel 1983. Fortunatamente l'elezione di Gorbaciov alla guida
dell'Unione Sovietica aprì possibilità di dialogo e di intesa sul
tema del
d. con gli Stati Uniti. Il primo vertice svoltosi a Reykjavik
nel 1986 tra Reagan e il nuovo capo del Cremlino permise la ratifica di un
accordo che prevedeva la riduzione del 50% delle armi nucleari strategiche entro
cinque anni, il ritiro dei missili a medio raggio in Europa e l'eliminazione dei
missili balistici nucleari entro il 1996. Il trattato firmato a Washington nel
1987 da Gorbaciov e Reagan sancì la decisione relativa alla rimozione
totale degli euromissili; l'operazione, denominata "doppia opzione zero", ebbe
inizio nel 1988 con lo smantellamento degli SS-12 sovietici e dei Pershing-2 e
Cruise americani. Nel 1989 il Patto di Varsavia e la NATO intrapresero un
negoziato sulla riduzione delle armi convenzionali in Europa (CFE) mentre, nello
stesso anno, l'URSS decise unilateralmente di ridimensionare la presenza di sue
truppe nell'Est europeo. In seguito gli Stati Uniti proposero la messa al bando
delle armi chimiche, mentre Mosca avanzava l'ipotesi di una "tripla opzione
zero" che prevedesse lo smantellamento delle armi nucleari a corto raggio. Tale
questione, però, creò un contraddittorio tra Stati Uniti e
Germania Occidentale, quest'ultima favorevole alla neutralizzazione di tali
armi, dislocate per lo più sui due versanti del suo territorio, a
differenza degli USA più reticenti nell'adesione. I rivolgimenti politici
verificatisi in Europa orientale a partire dall'inverno del 1989 diedero un
impulso notevole agli accordi di riduzione degli armamenti convenzionali, grazie
anche al volontario disimpegno dell'Unione Sovietica. Nel 1990 i negoziati tra
Patto di Varsavia e NATO sortirono la firma di un trattato che stabiliva i tetti
massimi relativi alle forze convenzionali delle due parti, mentre nel 1991 Stati
Uniti e Unione Sovietica ratificarono gli accordi START che determinavano un
tetto fisso per le armi nucleari strategiche. Tale limite fu ulteriormente
ridotto l'anno seguente, all'indomani della disgregazione politica dell'Unione
Sovietica in diversi Stati Indipendenti. I Paesi dell'ex URSS hanno negoziato
fra loro le quote militari (sia convenzionali sia nucleari) che i trattati
avevano stabilito per l'ex superpotenza. Il clima di intesa affermatosi in
Europa fu parzialmente turbato nel 1990 dall'invasione irachena del Kuwait e dal
successivo intervento delle forze dell'ONU in aiuto all'emirato occupato. La
guerra del Golfo rivelò infatti le contraddizioni del dibattito sul
d.: mentre i Paesi industrializzati da una parte dialogavano
costruttivamente a proposito della riduzione del potenziale bellico in Europa e
in Occidente, le industrie belliche dei medesimi Paesi lavoravano a pieno regime
per rifornire di armi le zone del pianeta potenzialmente a più alto
rischio di conflitti: Paesi in via di sviluppo o Nazioni del Terzo Mondo.
● Edil. - Operazione di rimozione delle armature provvisorie e di
sostegno, solitamente in legno, da strutture ormai terminate e lasciate a riposo
per 4-8 o più giorni. In relazione al materiale impiegato e alle tecniche
di costruzione il
d. può essere condotto con diverse
modalità, ma sempre con accorgimenti tali da non compromettere la
stabilità della costruzione.