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Diritto.

Il complesso delle norme giuridiche, considerate nel loro insieme o nei loro particolari raggruppamenti, che regolano i rapporti sociali determinando ciò che è lecito, vietato od obbligatorio. ║ Scienza che si occupa dello studio di tali norme. ║ Facoltà o pretesa, riconosciuta e tutelata dalla legge, di esigere dagli altri un determinato comportamento attivo od omissivo. ║ Per estens. - Facoltà o pretesa, legittimata da validi motivi. ║ Di d.: per legge. Locuzione talvolta contrapposta a di fatto. ║ D. erariali: tributi dovuti dal cittadino allo Stato o ad altro ente pubblico. ║ Compenso dovuto ad enti o a privati, per la prestazione di un servizio. ║ D. d'autore (V. AUTORE, DIRITTO D'.) ║ Filosofia del d.: scienza che studia il concetto assoluto del d., indagandone i fondamenti, la natura e i rapporti che intrattiene con l'etica e la politica. Spesso la filosofia del d. coincide con le dottrine giuridiche dei vari filosofi. ║ Dottrina del d.: scienza che studia il d. positivo. ● Encicl. - Il concetto generale di d. assomma in sé una nozione di oggettività e una di soggettività. Per d. oggettivo (o positivo) si intende l'estrinsecazione dell'attività ordinatrice del corpo sociale in un complesso normativo. Esso rappresenta il corpo giuridico effettivamente posto in atto in un dato contesto e come tale vigente nel suo ambito. Ogni singola norma del d., che agisce sui suoi destinatari sia come movente sia come regola del libero volere, stabilisce il principio ipotetico per cui ad una data fattispecie segue sempre un determinato effetto. I caratteri propri della norma giuridica sono: 1) generalità, in quanto è valevole per ogni fattispecie corrispondente a quella paradigmatica per cui la norma stessa è stata emessa; 2) imperatività, relativa alla modalità della comunicazione del merito della norma; 3) coattività, cioè capacità costrittiva esercitata nei confronti dei destinatari mediante la minaccia di una punizione. Il d. oggettivo si divide in due categorie generali. Il d. pubblico riguarda lo status rei publicae, le sue norme cioè regolano la funzione e l'organizzazione dello Stato e quella degli enti pubblici; a sua volta comprende il d. amministrativo, costituzionale, finanziario, processuale, penale. Il d. privato, invece, disciplina i rapporti fra singoli cittadini e quelli fra i singoli e lo Stato o suoi enti che non esplichino però funzioni di potere politico e sovrano; a sua volta comprende il d. civile, commerciale, agrario, industriale, marittimo. Per d. soggettivo, si intende l'insieme delle facoltà, accordate ai singoli dalle norme giuridiche positive, di esigere una determinata condotta da altri. Per le esigenze sistematiche, dunque, costituisce una categoria unitaria comprendente sia i rapporti fra singoli sia quelli fra singoli e pubblica amministrazione. In relazione al loro contenuto i d. soggettivi possono essere trasmissibili o intrasmissibili (quando siano o meno idonei ad essere trasferiti da un soggetto ad un altro), disponibili o indisponibili (quando il soggetto titolare può farne oggetto di atti di disposizione o no), patrimoniali o non patrimoniali (quando siano valutabili o meno in denaro). I d. potestativi, infine, consistono nel potere del titolare di produrre un effetto giuridico mediante l'espressione di una propria volontà (per esempio la citazione in giudizio) coinvolgendo altre persone che, pur non essendo tenute a prestazioni, debbono però soggiacere a tale effetto. La relazione fra il titolare di un d. soggettivo e la figura cui corre l'obbligo di corrispondervi rappresenta un rapporto giuridico. ● St. del dir. - Nelle prime comunità primitive, il d. coincideva in pratica con regole di comportamento volte a mantenere un equilibrio magico-sacrale, garanzia di prosperità. Solo nell'ambito delle prime culture urbane, in seguito alla differenziazione dei compiti di produzione e alla stratificazione sociale e di potere, si ebbero vere e proprie norme giuridiche corredate dalle relative sanzioni. Tali norme, in quanto trasmesse oralmente in forme di massima, si consolidarono in una sorta di d. popolare, rappresentato dalle consuetudini e dagli usi delle singole comunità. Solo con la scrittura si passò da singole massime ad una legislazione e si poté individuare la figura del legislatore da una parte e del giudice dall'altra. Il d. imposto dall'autorità, in fertile competizione con quello scaturito dall'esperienza del popolo, fu il motore nell'evoluzione delle istituzioni. Inoltre, con l'affermarsi di un potere politico distinto da quello religioso, a poco a poco anche il d. cessò di essere una mera applicazione dell'ideologia religiosa vigente per assumere una natura schiettamente civile e sociale. Il celeberrimo Codice di Hammurabi è il primo esempio di autonomia del d. rispetto alla sfera religiosa. Il d. greco fu essenzialmente di ambito cittadino, per cui ogni polis ebbe due leggi e suoi magistrati, ma sono riconoscibili linee guida comuni soprattutto nel d. privato ed in quello commerciale. Tuttavia fu il d. romano a unire la profondità del pensiero giuridico all'efficacia dell'organizzazione e delle istituzioni, influenzando la filosofia e la forma del d. fin oltre il Rinascimento, ampliando il campo dello jus naturale con lo jus civile e lo jus gentium. Con il tramonto della potenza romana, in Europa si svilupparono nuovi istituti fonte di d., che rimasero però sotto l'influenza sostanziale e formale della tradizione giuridica romana: si pensi all'intero d. longobardo o alla produzione giuridica del Medioevo europeo. Ancora nel Rinascimento fu il d. romano ad essere studiato e applicato come d. comune. Solo con la Rivoluzione francese si operò una definitiva frattura che segnò la fine dell'applicazione pratica delle tradizioni giuridiche romane e contemporaneamente portò alle prime compilazioni di Codici nazionali che furono alla base dei nascenti Stati moderni. La nuova produzione giuridica, il cui primo esempio fu il Codice di Napoleone, non si basava più sulle fonti consuetudinarie ma sulla legislazione dello Stato e sulla modalità codificatoria. Tradizionalmente opposto al d. romano è quello anglo-americano, le cui radici affondano nella normativa anglosassone iniziatasi in Inghilterra durante l'XI sec. La Common Law (V.) di matrice normanna si differenziò dal filone romanista della Civil Law, ponendosi rispetto alle normative locali precedenti come legge del re, cui tutti potevano fare ricorso in tutto il regno, prescindendo dalle istituzioni particolari. Attraverso i secoli caratteristica fondamentale del d. anglosassone restò la sua origine ed evoluzione non dottrinale ma legata all'esperienza viva processuale. Si tratta di un d. giurisprudenziale che si distingue dalla tradizione romanista dell'Europa continentale (in cui la dottrina elabora principi generali a prescindere da casi specifici cui viene successivamente applicata) in quanto i suoi orientamenti sono dati dalle sentenze emesse, la cui applicabilità viene valutata caso per caso e caso per caso modificata. ║ D. dell'uomo: tutte quelle situazioni giuridiche ritenute fondamentali per l'esistenza della persona umana e tali da non poter essere negate, compresse od ostacolate nella loro realizzazione dallo Stato. Si possono sommariamente distinguere in: d. politici, civili, economici e sociali. Essi sono volti a tutelare: 1) l'esistenza individuale nella sua integrità (contro cioè l'uccisione, la tortura, la mutilazione, la schiavitù, la privazione della libertà di coscienza, di espressione, di religione); 2) la sicurezza rispetto ai bisogni essenziali (lavoro, giusto salario, giusto riposo, salute, abitazione, istruzione); 3) l'eguaglianza fra gli individui (contro le discriminazioni di razza, sesso, lingua, religione, opinione, condizione sociale); 4) l'esercizio paritario dei d. politici (d. elettivi attivi e passivi, libertà di associazione, elezioni libere, periodiche e con segretezza del voto). La necessità di affermare i d. dell'uomo come universali e irrinunciabili è evidente fin dai primi ordinamenti statali che videro la luce, influenzati dalla cultura illuministica, nell'età moderna. Il Bill of Rights americano del 1775 e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino francese del 1789, poi premessa alla Costituzione del 1791 (da cui trassero ispirazione tutte le costituzioni degli Stati liberal-democratici moderni), ne sono la testimonianza. Col tempo tali affermazioni generali, che avevano carattere di premessa al corpus normativo vero e proprio, assunsero contenuti più concreti e puntuali fino a raggiungere efficacia precettiva: primo esempio in tal senso fu la Costituzione belga del 1831, mentre la Costituzione italiana del 1948 rappresenta una delle più alte realizzazioni di concreta protezione giuridica al godimento e all'esercizio dei d. dell'uomo. Dopo la seconda guerra mondiale, in seguito al riscontro di tali e tante violazioni contro l'umanità, la tutela dei d. dell'uomo è stata affidata in particolare al maggior organismo di rappresentanza della comunità internazionale, l'ONU. Nel 1948 l'Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che, benché e purtroppo priva di effetti obbligatori, in quanto raccomandazione internazionale esercita potere di indirizzo rispetto alle codificazioni dei singoli Paesi firmatari. Essa è costituita da un preambolo e da trenta articoli che sviluppano l'affermazione dell'art. 1: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e d. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza". In particolare sono specificati il d. "alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona"; la libertà dallo "stato di schiavitù e di servitù", le garanzie contro la "tortura e le punizioni crudeli, inumane o degradanti"; il d. al "riconoscimento della personalità giuridica", all'eguaglianza dinanzi alla legge e contro l'arresto e la detenzione arbitrari; il d. per ogni individuo accusato di un reato di essere "presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto le garanzie necessarie per la sua difesa"; il d. "alla libertà di movimento e di residenza"; il d. di asilo politico e di cittadinanza; l'uguaglianza dei d. tra uomo e donna nel matrimonio e all'atto del suo scioglimento; il d. di proprietà; il d. di "libertà di pensiero, di coscienza e di religione"; il d. alla "libertà di opinione e di espressione, incluso quello di diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo"; il d. alla "libertà di riunione e di associazione"; il d. di partecipare alla vita politica del proprio Paese e, infine, il d. alla sicurezza sociale, al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, allo sciopero, all'istruzione, alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità e vecchiaia. Alla Dichiarazione si ispirarono anche la Convenzione per la salvaguardia dei d. dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata nel 1950 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa ed entrata in vigore nel 1953. Essa fa obbligo agli Stati aderenti di garantire il rispetto dei d. e delle libertà enunciate. A salvaguardia di tali d. e libertà sono stati istituiti due appositi organismi: la Commissione europea per i diritti dell'uomo e la Corte europea per i diritti dell'uomo. Alla prima possono ricorrere le persone e i gruppi che si ritengano lesi rispetto ai principi enunciati dalla Convenzione ed abbiano esaurito le vie di ricorso nazionali; alla seconda possono invece ricorrere solo gli Stati e la Commissione stessa. La più recente e significativa occasione di dibattito e risoluzione relativa alla tutela dei d. dell'uomo è stata la conferenza sulla sicurezza e la cooperazione tenutasi ad Helsinki (V. HELSINKI, CONFERENZA DI) fra il settembre 1973 e l'agosto 1975, cui parteciparono 35 Paesi compresi USA e URSS. Al termine è stato sottoscritto un atto finale, la Carta di Helsinki, in cui i firmatari si impegnavano al "rispetto dei d. dell'uomo e delle libertà fondamentali incluse quelle di pensiero, coscienza, religione e credo". ║ Associazioni internazionali per la difesa dei d. dell'uomo: in aggiunta agli enti creati a tale scopo dal d. internazionale, sono sorte associazioni e gruppi di azione e di pressione sostenuti da liberi cittadini che intendono contribuire all'affermazione dei d. dell'uomo. Ricordiamo, oltre alla Lega internazionale per la difesa dei diritti dell'uomo, il Tribunale Russel e Amnesty International (V. SINGOLE VOCI).