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Diocleziano, Gaio Aurelio Valerio.

(Caius Aurelius Valerius Diocletianus). Imperatore romano. Di origine dalmata, intraprese la carriera militare divenendo comandante della guardia del corpo imperiale sotto Caro. Nel 283, alla morte dell'imperatore, rimase con Numeriano in Oriente, mentre Carino, fratello di Numeriano, continuò a governare l'Occidente. Nel 284, quando Numeriano fu ucciso dal suocero Arrio Apro, D. venne proclamato imperatore dall'esercito; nel 285, sconfitto Carino nella valle del Margo, D. rimase unico imperatore. Con l'intento di fronteggiare efficacemente i numerosi problemi che gravavano sull'Impero, in particolare le rivolte in Gallia e le minacce ai confini, egli si risolse a istituire la cosiddetta diarchia, dividendo il potere con il fedele ufficiale Massimiano (comandante delle legioni d'Occidente), al quale fu assegnato il titolo di Cesare-Augusto (286). Malgrado ciascuno dei due imperatori regnasse su una sezione specifica dell'Impero (D. l'Oriente, Massimiano l'Occidente), lo Stato conservò un carattere unitario e D. mantenne sempre la supremazia. Entrambi gli imperatori assunsero epiteti divini, D. quello di Iovius e Massimiano quello di Herculius, confermando nella scelta dei nomi la dipendenza del secondo dal primo, essendo Eracle figlio di Giove. Massimiano in Gallia si impegnò nella repressione dei bagaudi, contadini della Gallia abitanti in zone a scarsa densità abitativa, e nella difesa contro gli attacchi dei Germani; D., in Oriente, cercò di pacificare le regioni e, alleatosi con il re di Persia Bahram II, riuscì a riconquistare parte del territorio della Mesopotamia e a riaffermare il protettorato romano sull'Armenia. Nella seconda parte del suo regno, dal 293 al 305, D., per impedire usurpazioni, volle risolvere il problema della successione e della stabilità del potere, nominando per tempo e al di fuori delle pressioni dell'esercito due successori. La scelta cadde su Costanzo Cloro (adottato da D.) e Galerio (adottato da Massimiano). L'Impero venne così diviso tra quattro sovrani secondo lo schema noto come tetrarchia: D. stabilì la propria sede a Nicomedia; Massimiano a Milano; Galerio a Sirmio, in Pannonia; Costanzo a Treviri. La capitale morale dell'Impero rimase tuttavia Roma, e D. conservò l'autorità suprema, garantendo così l'unità dell'Impero. Con grande efficacia i quattro sovrani-condottieri domarono ribellioni e secessioni interne e respinsero le minacce esterne. Galerio e Massimiano combatterono con successo contro i Goti e i Carpi (294-95); Costanzo riconquistò la Britannia sconfiggendo nel 286 Carausio (comandante della flotta della Manica nominato imperatore da elementi locali) e nel 297 Aletto, sostituitosi nella rivolta a Carausio; D. nel 296 domò una sommossa in Egitto scatenata dai Blemmi e riuscì a sconfiggere un altro ribelle, Achilleo. L'imperatore rafforzò inoltre la linea del Danubio portando guerra contro i Sarmati mentre Massimiano trasferitosi in Africa riuscì a sconfiggere le tribù libiche dei Quinquegentanei (297) e Costanzo ad avere la meglio sugli Alamanni a Langres (298). Nello stesso tempo D. riprese la guerra contro i Persiani comandati da Narsete. Dopo aver soccorso Galerio sconfitto a Carre D., riuniti gli eserciti, affrontò il nemico catturando parte delle truppe di Narsete. Con la pace di Nisibi stipulata nel 298 l'imperatore riuscì a estendere il dominio romano su parte della regione oltre il Tigri; in quella zona vennero istituite cinque piccole province, nelle quali Roma ebbe il controllo sul commercio carovaniero, da svolgersi solo attraverso la città di Nisibi. Con grande impegno D. si dedicò ai suoi compiti politici, cercando di dare solide basi al potere imperiale. Sotto di lui l'Impero romano assunse il carattere di una monarchia assoluta e teocratica e fu definitivamente cancellato quanto ancora rimaneva delle antiche istituzioni repubblicane. La divisione amministrativa dello Stato fu ristrutturata e aumentò il numero delle province, raggruppate in dodici diocesi. Furono attuate inoltre importanti riforme militari e si ebbe un considerevole aumento dei contingenti. L'esercito sedentario di frontiera (costituito dai limitanei) venne separato dall'esercito di manovra (composto dai comitantes), che venne dislocato all'interno con funzioni di riserva. Particolare importanza assunse la riforma fiscale fondata su due tipi di imposte: la iugatio e la capitatio. La capitatio era una tassa calcolata sulla capacità produttiva degli individui (capita); la iugatio era invece un'imposta fondiaria misurata in iuga, un'unità di misura corrispondente a una determinata estensione di terra, diversa a seconda delle regioni e del tipo di coltura. Tutti i territori soggetti a Roma (compresa l'Italia che perse i suoi privilegi fiscali) vennero classificati secondo la loro capacità produttiva. Venne stabilito una sorta di catasto, che doveva servire come base della tassazione, da rinnovare periodicamente, inizialmente ogni cinque anni e in un secondo tempo ogni quindici (indictio). Fu inoltre operata, attraverso il corso forzoso del denaro d'argento, una riforma monetaria, fallita per l'impossibilità di imporre una moneta fiduciaria. D. avviò infine una politica antinflazionistica, stabilendo prezzi di calmiere con un editto (edictum de pretiis venalium rerum); tuttavia, anche questa politica fallì, provocando un ampio fenomeno di borsa nera e un consistente aumento del costo della vita. L'energia con cui furono represse le ribellioni e contrastate le diverse forme di opposizione ebbe una diretta ripercussione sull'atteggiamento verso i culti considerati pericolosi per la sicurezza e l'unità dello Stato. D. continuò, in linea con i suoi predecessori, ad assimilare il culto imperiale a quello divino. Promulgò un editto contro il Manicheismo e tra il 303-305 prese alcuni drastici provvedimenti contro i cristiani. Questi ultimi furono duramente perseguitati, in particolare a partire dall'Editto di Nicomedia, con cui l'imperatore ordinò il loro allontanamento dall'esercito e dalle cariche pubbliche, imponendo fra l'altro l'obbligo di compiere sacrifici alle divinità pagane. Nel 305 D. abdicò e altrettanto fece Massimiano; dal suo ritiro di Salona fu, in seguito, costretto ad assistere al rapido crollo della tetrarchia. Per salvare il sistema da lui creato partecipò, nel 308, al convegno politico di Carnunto, insieme con Massimiano e Galerio, nel quale fu nominato imperatore Licinio (Salona, od. Spalato 243 circa - 313).