Astinenza totale o parziale dal cibo imposta o
volontaria, in seguito a prescrizione medica o a precetto religioso. Nella
categoria del
d. volontario rientrano anche l'anoressia
(V.) mentale e lo sciopero della fame. ║
Fig. - Privazione temporanea o assoluta di una cosa desiderata. ● Med. -
Durante il
d. l'organismo umano continua a consumare energia per il
mantenimento delle funzioni vitali attingendo ai materiali nutritivi accumulati
in precedenza. Essi sono localizzati nei depositi lipidici dei tessuti adiposi,
nel glicogeno epatico e nelle strutture proteiche che, però, prima di
essere utilizzate per il fabbisogno energetico devono essere trasformate in
carboidrati o in grassi. La riduzione di peso del soggetto a
d. non
procede linearmente ma è brusca (1 kg e più
die) nei primi
giorni, a causa della perdita di proteine, di sali minerali e dell'acqua ad essi
associata; più contenuta e regolare (300 g circa
die) in seguito,
mentre l'organismo consuma prima le riserve di carboidrati del glicogeno
epatico, poi i grassi del tessuto adiposo. In questa fase il soggetto presenta
anche lieve ipotermia, rallentamento del polso e dell'attività spontanea,
riduzione del metabolismo basale a circa 1.200 calorie giornaliere, edemi dovuti
a ritenzione di liquidi secondaria a ipoproteinemia o a iperproduzione di ormoni
corticosteroidi. L'organismo è inoltre oggetto di svariati disturbi: la
deficienza dell'apporto vitaminico e di sali minerali comporta una
compromissione poliendocrina e generale avitaminosi, il diretto sfruttamento dei
lipidi come materiale energetico porta a un accumulo di corpi chetonici nel
sangue (V. ACETONEMIA). A tutto ciò si
aggiunge: ipoglicemia, ipoprotidemia, iperuricemia, anemia, leucopatia. Nel
d. protratto a questa
inanizione fisiologica segue
un'
inanizione patologica, spesso talmente ingente da precedere di poche
ore la morte, caratterizzata da una drastica caduta del peso corporeo, da
ipotermia profonda, crisi di ipervomito e collasso. La morte avviene per
intossicazione secondaria al mutato metabolismo per il quale vengono bruciate le
proteine componenti i tessuti, con profonde alterazioni della struttura e delle
funzioni degli organi. In quasi tutte le specie animali esiste un certo
adattamento fisiologico al
d. che consiste, in genere, nella riduzione di
una o più attività funzionali. Nell'uomo sono precocemente
interessate le attività della sfera sessuale, con soppressione della
spermatogenesi e dell'ovulazione e involuzione dei caratteri sessuali secondari.
La resistenza ad un regime di
d. (che si può teoricamente valutare
in un massimo di circa due mesi, purché vi sia un consumo di acqua
adeguato) varia in relazione alle condizioni iniziali del soggetto, al sesso,
all'età: è maggiore in un adulto che in un adolescente, nella
donna che nell'uomo, nell'individuo sovrappeso che nel magro. Al termine del
d. protratto la ripresa dell'alimentazione sostiene innanzi tutto la
ricostruzione dei tessuti usurati e il ripristino delle riserve. Il ritorno a un
normale equilibrio fisiologico è però improbabile quando
l'individuo abbia perso circa la metà del proprio peso. ● Zool. -
Stato di privazione assoluta degli alimenti al quale gli animali possono
temporaneamente resistere mediante l'utilizzo di componenti dell'organismo
(inanizione) o riducendo in modo estremo il proprio metabolismo, come nel caso
delle specie letargiche (V. LETARGO). La
resistenza degli animali al
d. è molto variabile: il cane muore
dopo 30 giorni circa di
d., gli uccelli dopo 10-15 giorni, la rana dopo
12 mesi, la vipera dopo 2 anni. In generale hanno maggior resistenza gli animali
a sangue freddo rispetto a quelli a sangue caldo, e quelli di grossa mole
rispetto a quelli di piccola mole. ● St. delle rel. - In numerose
religioni è presente l'obbligo rituale all'astensione dal cibo, totale o
limitata solo ad alcuni alimenti, come via per il raggiungimento di un
particolare stato di purezza, come momento preparatorio ad un contatto col
sacro, come pratica espiatoria o manifestazione di lutto. Caratteristiche
intrinseche a tale atto cultuale, in tutte le religioni che lo contemplano,
è la sua limitazione temporale e la sua periodicità: il
d.
è pratica non solo delle cosiddette religioni primitive, ma anche delle
maggiori confessioni, fra cui i culti misterici elleni, Brahmanesimo, Buddhismo,
Giainismo, Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo. ║ I misteri eleusini
facevano precedere alla cerimonia iniziatica un breve
d. (dall'alba al
tramonto) che valeva come atto simbolico di rottura con il mondo materiale, di
cui il cibo era appunto un segno, in vista dell'incontro col sacro. Tale
d.
di purificazione dell'iniziando era accompagnato da un
d. di rispetto
praticato dall'iniziatore, ed entrambe erano volti a stabilire una cesura fra il
tempo del sacro e quello del profano. ║ Caratteristica del
d.
ebraico è la sua valenza essenzialmente espiatoria, rivolta non solo alle
colpe direttamente commesse ma anche agli eventi e agli atti sacrileghi di cui
il popolo fu vittima. Il
d., in quanto manifestazione di lutto e di
dolore per un certo evento, ristabilisce simbolicamente l'equilibrio e l'ordine
dell'universo che tale evento aveva infranto. Sono praticati, ad esempio, un
d. a carattere espiatorio in ricordo dell'adorazione del vitello d'oro da
parte del popolo ebraico e uno in ricordo della prima distruzione del Tempio, da
parte di Nabucodonosor, e della seconda, da parte di Tito. Nella pratica
cultuale dell'Ebraismo, però, è particolarmente significativo il
d. collettivo di espiazione che si celebra a
Yom
Kippùr, della durata di 24 ore. Al
valore di espiazione e purificazione si associa quello di rinnovamento, di un
nuovo inizio consentito dall'atto rituale. ║ Per l'Islām il
d. è uno dei cinque doveri fondamentali
del devoto, anche se l'introduzione della sua pratica derivò forse a
Maometto dal contatto con gruppi ebrei. Il tempo dell'obbligo è
circoscritto dal Corano (sura II, 185) al mese di Ramadan, durante il quale
tutti gli adulti, dai dieci anni in su, tutti i giorni dall'alba al tramonto
devono astenersi dall'introdurre all'interno del proprio corpo qualsiasi
sostanza: non solo perciò astinenza da cibo e bevande, ma anche da
tabacco, profumi, medicine e da rapporti sessuali. Al tramonto il
d.
è sospeso, tanto che il Ramadan è sentito come un tempo di festa,
in cui la notte porta a godere più intensamente ciò da cui ci si
astiene durante il giorno. ║ Il Cristianesimo, e il Cattolicesimo in
particolare, ha mutuato il
d. direttamente dall'Ebraismo, ambito
religioso in cui erano direttamente inseriti Gesù stesso, gli Apostoli e
la Chiesa primitiva. Secondo il racconto evangelico, prima di iniziare gli anni
della Sua vita pubblica Cristo digiunò nel deserto per 40 giorni: anche
se non impose mai questa pratica ai Suoi discepoli, la Chiesa dedicò al
d. il mercoledì e il venerdì. A questi si aggiunse nel III
sec. il
d. preparatorio alla Pasqua della Settimana santa, ampliato nel
IV sec. a tutta la Quaresima. Attualmente la Chiesa cattolica prescrive il
d., obbligatorio fra i 16 e i 59 anni, nel giorno che segna l'inizio
della Quaresima (Mercoledì delle Ceneri per il rito romano, la domenica
successiva per il rito ambrosiano) e nei venerdì di Quaresima. Mentre
tali
d. sono definiti
morali, in quanto prevedono un'assunzione
moderata di cibo nell'arco della giornata concentrata in un unico pasto e
associata all'astinenza dalle carni, esiste un'altro tipo di
d., detto
naturale, che consiste nell'astinenza totale da qualsiasi cibo e bevanda.
Esso è prescritto al sacerdote in preparazione alla celebrazione del
Sacramento eucaristico e ai fedeli che intendano ricevere la Comunione. Fino al
Concilio Vaticano II il
d. eucaristico cominciava dalla mezzanotte, oggi
è limitato all'ora precedente la celebrazione eucaristica. Scopo del
d. cristiano in generale non è solo la purificazione e
l'espiazione ma anche l'esercizio della carità verso Dio e verso il
prossimo: "la rinuncia di chi digiuna vada a beneficio del povero". Sono
dispensati dall'obbligo del
d. ammalati, anziani, donne in gravidanza,
poveri cui non è normalmente garantito un pasto adeguato, lavoratori che
svolgono attività particolarmente pesanti.