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Didascàlico.

Relativo all'insegnamento e all'educazione. ║ Letteratura d. o d.: genere letterario cui appartengono componimenti, in versi o in prosa, finalizzati alla diffusione di insegnamenti o istruzioni di carattere morale, scientifico, religioso, filosofico, storico, tecnico. La cultura greca non aveva coscienza della d. come genere autonomo, in quanto una funzione di questo tipo era sentita come intrinseca ad ogni tipo di produzione letteraria; infatti l'intera epica omerica può essere vista come un veicolo di conservazione e trasmissione del patrimonio socio-culturale di un gruppo etnico. Tuttavia la grande imitazione delle opere esiodee cui l'epoca alessandrina si dedicò, indica proprio nella Teogonia e in Le opere e i giorni i più antichi esempi di natura d. Pur essendo annoverabili nel genere i trattati filosofici in esametri del periodo presocratico e parte della letteratura in prosa del IV sec., la d. assunse grande vitalità con gli autori alessandrini della prima metà del III sec., mediante la ripresa di temi astronomici, geografici, etologici, scientifici o presunti tali. Fra molti autori è possibile citare Arato di Soli, che lasciò un poemetto di imitazione esiodea Le opere e uno di argomento astronomico I Fenomeni, o Nicandro di Colofone, che fu autore di poemetti farmacologici quali i Veleni o gli Antidoti, ma anche delle Georgiche e delle Metamorfosi. Attraverso la d. greca, che ebbe in seguito un momento di rifioritura durante l'età adrianea, il gusto per la poesia erudita fu assorbito dalla cultura latina. L'indole pragmatica della civiltà romana si era rivolta già in epoca arcaica al genere gnomico e della trattatistica - si pensi a Catone il Censore con il De Rustica o il Carmen de moribus - ma in seguito molti suoi poeti si impegnarono nella traduzione o nell'imitazione delle dotte opere d. alessandrine: tale fu Ennio in tante sue opere minori (Epicarmus, Euhemeros); tali furono i poetae novi, con le traduzioni di Varrone Atacino o la sua Chorografia; tale fu Cicerone che tradusse i Fenomeni di Arato di Soli. La d. latina raggiunse però il suo apogeo con le opere di Lucrezio e di Virgilio. Nel De rerum natura Lucrezio rielaborò in versi le dottrine materialistiche di Democrito, mentre nelle Georgiche Virgilio rivendicò apertamente Esiodo di Ascra come suo modello, ma ebbe di sicuro ben presente anche l'opera di Nicandro di Colofone. Lo stesso Nicandro fu una delle fonti cui si ispirò Ovidio nella composizione delle Metamorfosi, lui che, pur con una facezia sui generis, alla d. appartenne ad esempio con gli Halieutica, sulla pesca, l'Ars amandi, i Remedia amoris e i Medicamina faciei o l'incompiuto poema dei Fasti. L'Ars poëtica di Orazio, trattazione tecnica del genere poetico, fu un altro altissimo esempio della d. latina. Decaduta come genere letterario in età tardo-antica, la d. non ebbe maggior fortuna in età paleocristiana, dal momento che gli autori di quella fede si affidarono con maggior fortuna all'apologetica. Significativo d. cristiano può tuttavia considerarsi Prudenzio, autore di un'Apotheosis in difesa del dogma della Trinità e di un Contra Symmachum, in polemica con il Senato di Roma. Nel Medioevo la d. ebbe larghissima diffusione nelle compilazioni dedicate alle proprietà e agli influssi degli animali (bestiari), delle pietre (lapidari), delle erbe (erbari), come anche nelle opere didattico-allegoriche di tipo enciclopedico quali il Roman de la Rose o il Tesoretto di Brunetto Latini. Anche la Commedia di Dante ebbe legami col genere d.: basti pensare alle "visioni", alle "finzioni" e alle "allegorie" di cui è tributaria e, dall'altra parte, alle numerose imitazioni, spiccatamente d., che ispirò (Dittamondo, Quadriregio). Nel Quattrocento la tradizione italiana della poesia d. trovò i suoi interpreti nel Petrarca dei Trionfi, o in F. Berlinghieri, autore della Geografia o in M. Palmieri, autore del poema filosofico Città di vita. Nel Cinquecento la spinta all'imitazione della classicità portò, oltre ad una fioritura di poemi d. in lingua latina, a composizioni in volgare di alto livello quali la Coltivazione dei campi di L. Alamanni, la Nautica di B. Baldi, la Caccia di E. di Valvason, Le api di G. Rucellai, Il podere e La balia di L. Tansillo. In quello stesso secolo anche la Francia vide un fiorire del genere d., mostrando però maggior difficoltà ad affrancarsi dall'allegorismo medioevale. Estranea al gusto barocco (possiamo comunque ricordare del Seicento lo Stato rustico di G.V. Imperiali e la Creazione del mondo di G. Murtola), la d. si riaffermò con grande vitalità nel Settecento, quale risposta all'esigenza illuminista di un'arte socialmente utile. Fiorì un gran numero di poemi, per lo più in versi sciolti, di argomento georgico, tecnico, scientifico, metafisico, filosofico, teologico, economico, che ora attribuiamo però più alla storia della cultura che non a quella della poesia. Il gusto della composizione di poemi d. continuò nel XIX sec. con autori quali C. Arici (La coltivazione degli ulivi), o P. Costa (Arte poetica). Alla poesia d. può, per certi aspetti, essere accostato il poema di Parini Il Giorno, nel quale tuttavia il prevalere del tono ironico toglie consistenza al motivo d. che, anzi, viene parodiato nei suoi aspetti maggiormente stucchevoli e ripetitivi. Per quanto riguarda le letterature straniere, si può affermare che il genere raggiunse ovunque il suo culmine durante il Settecento: ricordiamo in Francia il Discours en vers sur l'homme di Voltaire o, in Inghilterra, le opere di Pope e le Seasons di Thompson, o ancora, in Spagna, il poema Arte nuevo de Hacer comedias di Lope de Vega. Della d. tedesca si può ricordare il poema controriformista Cherubinischer Wandermann del gesuita A. Silesius (1657). Il Romanticismo e le teorie letterarie che affermarono l'autonomia dell'arte, e perciò anche della poesia, rispetto alle altre dimensioni della cultura, sancirono il declino definitivo del genere d.