Stats Tweet

Dickinson, Emily.

Poetessa statunitense. Cresciuta in una famiglia di solide tradizioni puritane, frequentò le scuole in ambienti dalla medesima impronta religiosa e culturale: prima la Amherst Academy, poi il seminario femminile di Mount Holyoke. Benché in seguito la D. ripudiasse l'immagine proposta dai puritani di un Dio più temibile che amabile, tuttavia la religiosità vissuta in questi anni giovanili lasciò un segno nella sua creatività e sensibilità, al pari delle dottrine trascendentaliste di Emerson (V. TRASCENDENTALISMO e EMERSON, RALPH WALDO) che cominciò a studiare proprio in quel periodo. L'intera vita della D. si svolse nella più assoluta mancanza di avvenimenti esterni degni di nota; trascorse quasi tutti i suoi giorni nella città natale. Intorno al 1861 si suole datare l'inizio di una pressoché totale clausura domestica, intorno alla quale i suoi biografi hanno dibattuto a lungo. La reale esistenza di un "amore impossibile", che possa spiegare la scelta dell'isolamento, non appare oggi tanto importante, quanto accessoria ad una decisione che già si poteva presagire in tante affermazioni della D., che nella casa paterna vedeva un simbolo, un luogo di pace interiore e di sicurezza che non riusciva a trovare nel mondo esterno. Nel suo appartarsi dal mondo reale si può forse leggere l'espressione di un suo profondo misticismo, in cui traluce il desiderio, di sicura radice puritana, di respingere il mondo per dominarlo e non esserne dominata, mondo con cui manteneva il contatto solo attraverso selezionati rapporti epistolari. I 1775 componimenti oggi compresi nei Complete Poems, edizione critica pubblicata solo nel 1955, furono tutti creati fra quelle mura domestiche e solo sette poesie comparvero, lei vivente, all'interno di un'antologia curata dall'amica Helen Hunt (V. JACKSON, HELEN HUNT) che a fatica le aveva strappato il permesso. L'orizzonte culturale della D. era scandito in particolare, fra gli altri, dalla Bibbia, da Shakespeare, dai poeti metafisici inglesi, da Emerson, dalle sorelle Brönte. Nella poesia della D. emergono i grandi temi dell'amore, della morte, dell'eternità, di una natura magica e, insieme, leopardianamente indifferente e una religiosità ambivalente, in cui Dio è sentito ora assente, ora ferreo direttore dell'universo, ora figura compassionevole (ad esempio nelle poesie dedicate a Gesù, Figlio dell'Uomo). Ogni spunto è giocato in una struttura di pensiero polarizzata fra opposti: astratto e concreto, quotidiano ed eterno, deperibile ed immortale. La qualità della sua poetica è metafisica, possedendo la capacità di esprimere partendo dal finito l'intuizione dell'infinito, di elevare l'oggetto a simbolo, il contingente ad universale. Per raggiungere questa pregnanza espressiva la D. si valse di un liguaggio essenziale e scarno, privo di sovrastrutture in cui le parole dovevano rispondere non solo a funzioni semantiche, ma anche ad esigenze ritmiche e foniche, e dunque erano talvolta neologizzate, abbreviate, manipolate. La sintassi corrispondeva al piano lessicale in un'estrema ellitticità, nell'accostamento di parole chiave, nell'assenza di punteggiatura. Anche la metrica, che aveva le sue radici negli inni puritani, fu rivisitata e spezzata dall'autrice in un gioco di assonanze, allitterazioni e rime interne. La critica, che ha compiutamente rivelato la statura della D. solo intorno al 1950, ne ha sottolineata la modernità e grandezza (Amherst, Massachusetts 1830-1886).