Commedia in tre atti di Luigi Pirandello,
rappresentata nel 1927. Il giovane scultore Sirio Dossi lavora ad una grande
statua di Diana, in cui vorrebbe trasfondere quell'immagine di bellezza che ha
inutilmente ricercato nella realtà quotidiana, capace di rispondere al
suo desiderio solo con la banalità. L'anziano Nono Giuncano, anch'egli
scultore e maestro di Sirio, ha perso invece fiducia e aspettativa nelle forme
dell'arte, che gli paiono morte; egli ammira la giovinezza e la vitalità
e, dunque, più che la creta fredda e distaccata di Diana, apprezza la
fresca grazia della giovane modella. Sirio, per impedire che Tuda posi per altri
artisti, compromettendo l'unicità della sua opera, decide di sposarla. In
breve però la ragazza, esasperata, si ribella all'egoismo di Sirio che,
insensibile al suo amore e alla sua bellezza, vorrebbe trasferire nella statua
anche il tormento del suo desiderio d'amore insoddisfatto. Per vendetta Tuda
decide allora di posare come modella per un altro artista, suscitando
così la gelosia di Sirio che arriva a ferire in duello il "rivale".
Disperata, Tuda si scaglia contro la statua, quasi a volersi riappropriare di
qualcosa che le era stato sottratto. Ma Sirio, credendo che ella voglia
danneggiare la sua opera, si avventa sulla ragazza percuotendola e minacciandola
di morte. Il vecchio Giuncano, allora, gli si getta contro uccidendolo. L'opera,
che porta al suo interno molti spunti auotobiografici e riflessioni teoriche ed
estetiche dell'autore, propone il conflitto radicale insito in ogni espressione
artistica che, da una parte dà voce al desiderio di vita e di
libertà e dall'altra, paradossalmente, tenta di ridurre e circoscrivere
quella stessa vita nei confini angusti ed arbitrari della forma.