Mat. - Rappresentazione grafica di legami funzionali
tra più variabili o di entità o proprietà matematiche. Il
termine viene comunemente usato con il significato di grafico di una funzione,
cioè di rappresentazione dei punti individuati da coppie di numeri reali
all'interno di un piano cartesiano (
d. cartesiani). Il grafico di una
funzione offre una prima visione generale della funzione stessa e del suo
andamento, consentendo di distinguerne le principali proprietà. Il
d. risulta particolarmente utile nel caso esso rappresenti una funzione
empirica, costituita da una serie di dati sperimentali ricavati da un
determinato fenomeno. Esistono numerosi tipi di
d. (a scala
semilogaritmica, a doppia scala logaritmica, a coordinate polari, a spirale,
ideogrammi, istogrammi, ortogrammi), fra i quali è possibile scegliere
quello più adeguato al fenomeno che si intende rappresentare. Nel caso di
funzioni a più variabili, si possono ricavare
d. considerando una
variabile alla volta (mantenendo le altre costanti). ║
D. di Venn:
rappresentazione grafica degli insiemi e delle relazioni che eventualmente
intercorrono fra loro. ● Inf. -
D. di flusso o
d. a blocchi:
d. utilizzati nella codifica degli algoritmi, la cui stesura precede la
fase di traduzione degli algoritmi stessi mediante un linguaggio di
programmazione. Sono costituiti da una serie di figure geometriche (ellissi,
rettangoli, rombi, ecc.), ciascuna delle quali rappresenta una fase in cui si
compone l'algoritmo. Ogni figura geometrica è collegata alle altre
tramite segmenti orientati, indicanti la sequenza nella quale si incontrano i
vari blocchi. ● Chim. -
D. di stato: rappresentazione grafica di
una relazione fisica che lega fra loro un certo numero di parametri o variabili
sia intensivi che estensivi. Si dicono
estensivi i parametri che
dipendono dalla massa di sostanza considerata, come il volume, la massa, la
superficie, l'energia cinetica, mentre si dicono
intensivi quelli che non
dipendono dalla massa di sostanza considerata, quali la pressione, il volume
specifico (per unità di peso), la temperatura, la composizione chimica.
Si consideri come esempio un blocco di lega rame-nichel: le grandezze intensive
(pressione, temperatura, composizione chimica, potenziale elettrico) non
dipendono evidentemente da quanto esso è grande, mentre è evidente
che quelle estensive (massa, volume, superficie) sono proporzionali alla sua
grandezza. Nei
d. di stato almeno una delle variabili legate fra loro in
forma grafica è intensiva; spesso anzi esse sono tutte intensive. Se
tutte le variabili fossero estensive si parlerebbe invece di
d.
termodinamico. Nelle considerazioni che seguono ci si riferirà sempre
ad un sistema, intendendo con questo una porzione di materia qualsiasi,
delimitata dal resto della materia (detta
ambiente) da un
contorno
(anche ideale) ben definito, in modo che siano chiare le azioni che il sistema
esercita sull'ambiente e viceversa. Il sistema potrà avere al suo interno
materia in uno stato di aggregazione qualsiasi (solido, liquido, gas, plasma).
Se entro il sistema (entro il suo contorno) la pressione è costante, esso
si dice
omobaro, se è costante la temperatura si dice
omotermo, se sono costanti la composizione, le proprietà
meccaniche, ecc. si dice
omogeneo; se il sistema non presenta
caratteristiche di omogeneità si dirà
eterogeneo.
Componenti del sistema sono tutte le specie chimiche che esso contiene: queste
si distinguono in
primarie o
indipendenti e
secondarie o
dipendenti, poiché possono derivare dalle prime per modificazioni
chimiche. Ad esempio, in un pallone di vetro che contenga del cloruro di ammonio
NH
4Cl questo sarà l'unico componente primario, anche se si
troverà la presenza di ammoniaca NH
3 e di acido cloridrico
HCl. Infatti questi due derivano dal cloruro di ammonio per effetto della
reazione chimica di
dissociazione:
NH
4Cl

NH
3 +
HCl
Si dirà
fase del sistema
una sua porzione omogenea per stato di aggregazione (solido, liquido, ecc.) e
per composizione; essa può essere condensata (solido o liquido) oppure
gassosa. Una fase può essere un blocco unico, unito entro un unico
contorno, oppure può essere dispersa entro un'altra fase. Ad esempio,
un'emulsione di olio in acqua è costituita dalla fase acqua e dalla fase
olio, anche se questa si trova in forma di innumerevoli goccioline. Analogamente
dello zucchero in un bicchiere d'acqua dà origine ad un sistema composto
da due fasi: l'acqua (nella quale si può essere sciolto un po' di
zucchero) ed i granelli di zucchero, cioè la fase zucchero solida. Quando
questa si è sciolta del tutto, si ha come unica fase la soluzione di
zucchero in acqua. Se questa viene mescolata diventa anche omogenea, altrimenti
la parte di acqua in fondo al bicchiere resta più zuccherata di quella
superiore. Ogni fase è di per sé omogenea, quindi un sistema
monofasico (cioè contenente una sola fase) è pure omogeneo;
viceversa un sistema bifasico sarà sempre eterogeneo. Consideriamo un
primo semplice caso di
d. di stato per un sistema omogeneo, quale ad
esempio un gas ideale, che obbedisce alla legge di
Boyle:
pV =
RTove
p è la pressione,
V il volume,
T la temperatura e
R una costante che dipende
solo dal peso molecolare del gas. Questa legge può essere diagrammata
riportando la pressione del gas in funzione del suo volume specifico e della
temperatura.
Figura 1: diagramma di stato di un gas ideale: p asse della pressione; V asse del volume; T linee della temperaturaDato che le variabili sono tre
(
p,
V e
T) occorrerebbe un
d. tridimensionale. Per
comodità grafica si usa invece rappresentarlo a due dimensioni, tenendo
costante una delle variabili, ad esempio la temperatura. Nel
d. avente in
ascisse il volume
V e per ordinate la pressione
p avremo quindi
una linea che rappresenta la legge di Boyle. Per avere più informazioni,
si possono rappresentare più linee, corrispondenti a diverse temperature
(
T1, T2, T3, ecc.), come si è
fatto nella figura 1. Questo
d. è assai semplice: esso è
però relativo ad un gas ideale, che non esiste in natura anche se ad esso
assomigliano molti gas portati ad alte temperature e/o basse pressioni. Nel caso
di un gas ideale si osserva che in certe condizioni di pressione elevata
(superiore ad una pressione detta
critica) e temperatura relativamente
bassa, inferiore a quella detta anch'essa
critica, il gas può
essere fatto condensare in liquido per effetto di un raffreddamento, di una
compressione o di entrambe le azioni in concomitanza. Il
d. di stato di
un gas reale assume quindi l'aspetto della figura 2.
Figura 2: diagramma di stato di un gas reale: p asse della pressione; V asse del volume; T linee della temperatura; K punto criticoSi vede qui come le isoterme
abbiano un andamento molto diverso da quello ideale. In particolare esse
presentano un tratto pressoché orizzontale, compreso in una curva detta
di Andrews: all'interno di questa il sistema non è più
costituito da solo gas ma da due fasi, gas e liquido, perché ci si trova
in condizioni di pressione e temperatura tali per cui una parte del gas si
trasforma in liquido. L'isoterma
Tk che passa per il punto
più alto K (detto
punto critico) della curva di Andrews si chiama
isoterma critica; a tale punto corrisponde infatti questa temperatura ed
una certa pressione che è la
pressione critica. Inoltre a sinistra
della curva di Andrews e, verso l'alto, dell'isoterma critica, il sistema non
è più gassoso ma liquido o addirittura solido o miscela di solido
e liquido. Consideriamo ora lo stesso
d., estendendolo anche al campo
delle pressioni molto basse ed indicando solo l'isoterma relativa alla
temperatura critica e le linee di separazione fra il solido ed il liquido. Esso
può essere costruito sperimentalmente, considerando un sistema costituito
da una certa massa di una sostanza (ad esempio vapor acqueo) ed osservando cosa
succede quando si diminuisce la pressione o se ne varia la temperatura od il
volume. Risulteranno 7 zone corrispondenti alle fasi: solido, solido + liquido,
liquido, liquido + vapore, solido + vapore, vapore e gas. Di qui si vede che
tutti i possibili stati di aggregazione (comuni) della sostanza esaminata
compaiono sul
d. e che quindi è possibile predire lo stato di
aggregazione di un sistema costituito di tale sostanza sulla scorta di due
parametri soli (ad esempio, pressione e volume ovvero pressione e temperatura).
Se si conoscono pressione e volume, basta trovare sul
d. il punto che
corrisponde alle coordinate di pressione e volume dati e osservare in che campo
si trova per sapere in quale stato di aggregazione sia il sistema. Se invece si
conoscono pressione e temperatura, si cerca il punto di intersezione fra la
linea orizzontale corrispondente a tale pressione (letta sulle ascisse) e
l'isoterma corrispondente alla temperatura data: il punto trovato indica di
nuovo lo stato del sistema. Analogamente si procede se sono noti il volume e la
temperatura. Ovviamente, per prescindere dall'entità fisica del sistema,
i
d. sono tracciati per un certo volume fisso della sostanza in causa, ad
esempio 1 cm
3, 1 m
3, ecc., oppure per il volume
corrispondente a 1 kg di tale sostanza. Ogni sostanza ha un suo
d.,
diverso da quello di tutte le altre; per le sostanze più comuni (acqua,
ammoniaca, metano, ecc.) questi
d. sono riportati sui testi
specializzati. La loro costruzione, come si è accennato, è del
tutto sperimentale. Si prende in esame un certo volume di sostanza, chiusa in un
recipiente ben definito, e si fanno variare le condizioni di pressione e/o
temperatura, osservando i suoi cambiamenti di stato di aggregazione: si trovano
così una serie di punti di passaggio da uno stato all'altro che si
riportano sul
d. Si ripete poi l'esperimento con un volume diverso e si
trovano altri punti, e così via. In alternativa si può operare
fissando la pressione e variando volume e/o temperatura. Quando si hanno punti a
sufficienza, si uniscono con delle curve e si ottiene così il
d.,
che si dice
di stato appunto perché permette di predire le
condizioni di un sistema, cioè i suoi stati di aggregazione. In tali
d., detti di stato completo in quanto comprendono tutte le possibili
aggregazioni, viene riportato un campo detto
gas e uno detto
vapore, mentre nel linguaggio corrente questi due termini sono sinonimi.
La distinzione qui però è significativa: il campo gas si trova a
temperature superiori alla temperatura critica, mentre il vapore è a
temperatura inferiore. Ciò significa che il vapore può essere
fatto diventare liquido per semplice compressione, mentre il gas non può
essere fatto diventare liquido se non abbassandone la temperatura al di sotto di
quella critica. La temperatura critica
Tk (ed i corrispondenti
valori della pressione
pk del volume critico
Vk) per alcune sostanze comuni sono riportate nella seguente
tabella:
TEMPERATURA CRITICA,
PRESSIONE CRITICA E VOLUME
CRITICO DI ALCUNE
SOSTANZE
|
Sostanza
|
Tk
(°C)
|
Pk (atm)
|
Vk (g/cc)
|
Acqua Alcool
etilico Ammoniaca Argon Benzene Butano Carbonio
diossido (anidride
carbonica) Elio Etano Idrogeno Metano Ossigeno Propano
|
374,2 243 132,3 -122 289 152 31,0 -267,9 32,3 -239,9 -82,1 -118,4 96,8
|
218,3 63,0 111,3 48,0 48,6 37,5 72,9 2,26 48,2 12,8 45,8 50,1 42,0
|
0,32 0,276 0,235 0,531 0,30 0,228 0,468 0,0693 0,203 0,0310 0,162 0,41 0,220
|
Dalla tabella risulta che alcune sostanze
(idrogeno, ossigeno, metano, ecc.) possono essere liquefatte solo a temperature
molto basse, anche se con pressioni relativamente modeste. L'idrogeno e
l'ossigeno liquidi utilizzati come propellenti per missili vengono infatti
raffreddati (e conservati) a temperature inferiori a quelle viste per poterli
utilizzare allo stato liquido, nel quale hanno un volume molto inferiore (a
parità di peso) di quello che avrebbero allo stato gassoso. Il metano
invece viene raffreddato ad almeno -82,1 °C per poterlo trasportare liquido
nelle navi cisterna (in realtà si raffredda anche a -120÷150 °C
per averlo liquido con pressioni basse), mentre in bombole per autotrazione esso
viene compresso anche a 200 atmosfere, ma essendo sopra il punto critico,
è allo stato gassoso. Il gas comunemente usato per autotrazione o per uso
domestico, detto
GPL (gas petroliferi liquefatti), è una miscela
in cui abbondano propano e butano, i quali hanno una temperatura critica molto
superiore a quella ambientale, per cui può essere liquefatto anche a
20÷30 °C. Un altro tipo di
d. talvolta utilizzato per la
rappresentazione dello stato di una sostanza in sostituzione di quello
pressione-volume (o
pV) visto è il
d.
pressione-temperatura (o
pT). Esso sarà relativo ad un volume
costante e presenterà tante linee quanti sono i valori di
V
considerati. In questo tipo di
d., in cui sono evidenziati tre campi
diversi (solido, liquido, gassoso), le linee mostreranno una
discontinuità direzionale nel passare da un campo all'altro, in quanto il
cambiamento di stato avviene in seguito ad una brusca variazione del volume.
Anche in questo caso si può dedurre lo stato del sistema in funzione dei
suoi parametri (pressione, volume, temperatura), come già visto. Nel
d. di stato completo esiste un punto di grande importanza perché
in esso confluiscono i tre campi: è il cosiddetto
punto triplo.
Per una certa sostanza esso è fisso e non influenzabile in alcun modo
dall'ambiente esterno al sistema, proprio come il punto critico. Per l'acqua
esso si trova a +0,075 °C e a 4,60 kg/m² di pressione. Un sistema che
si trovi nel punto triplo è definito esattamente in tutte le sue
variabili intensive, quindi un punto triplo può essere assunto come base
di riferimento per scale di misura di parametri intensivi o estensivi. Per
capire come un sistema che si trovi nel punto triplo non possa essere in alcun
modo modificato nella composizione delle sue fasi (mentre può invece
cambiare la loro quantità relativa), né nella sua temperatura e
pressione dall'ambiente esterno, occorre enunciare la cosiddetta
regola delle
fasi o
di Gibbs. Secondo tale regola la
varianza v di un
sistema (intesa come numero di parametri intensivi che possono variare in un
sistema per effetto di un'azione qualsiasi) è legata al numero dei suoi
componenti indipendenti
C e al numero delle sue fasi
f, dalla
relazione seguente:
v =
C
-
f + 2
Nel punto triplo le fasi sono
tre (solido, liquido e gassoso) e, se ci riferiamo ad una sostanza pura, il
componente indipendente è uno solo: pertanto
v = 1 - 3 + 2 = 0.
Varianza nulla significa che qualsiasi azione che venga tentata sul sistema
(riscaldamento, raffreddamento, compressione, decompressione) non ne modifica le
condizioni finché tutte e tre le fasi esistono, cioè finché
il sistema si trova nel suo punto triplo. Immaginiamo ad esempio di avere un
recipiente chiuso che contiene solo acqua e ghiaccio perché dallo spazio
sovrastante è stata estratta tutta l'aria. Questo spazio si
riempirà di gas, per cui avremo tre fasi: solido, liquido e gas. Se dopo
averlo lasciato riposare in modo che la temperatura si uniformi esiste ancora
del ghiaccio (in funzione di quanto se ne era messo in origine) esso si trova a
0,075 °C e 4,6 kg/m² di pressione, cioè al punto triplo. Un
eventuale riscaldamento del recipiente non modificherà questi due
parametri ma scioglierà unicamente del ghiaccio. Quando sarà tutto
sciolto scomparirà una fase e la varianza
v diventerà
uguale a 1, cioè il sistema diventerà
monovariante.
Ciò significa che l'azione esterna potrà far variare uno dei
parametri, ma l'altro varierà da solo in funzione di quanto avremo
variato il primo. Infatti in presenza di due fasi ci si sposta lungo la linea
che divide il campo del gas dal campo del liquido, che congiunge il punto triplo
al punto critico (linea PK), per cui ad una data temperatura corrisponde
univocamente una certa pressione e viceversa. Soltanto se avessimo il recipiente
pieno di solo ghiaccio o di solo liquido o di solo gas, cioè se avessimo
solo una fase, la varianza sarebbe
v = 1 - 1 + 2 = 2, e il sistema
sarebbe
bivariante. In tal caso potremmo variare sia la temperatura che
la pressione del sistema indipendentemente, agendo dall'esterno. Naturalmente
queste variazioni sono possibili entro certi limiti di pressione e temperatura,
quindi il sistema non raggiunge una delle linee di separazione dei campi
perché, qui giunto, comparirebbe una nuova fase e la varianza
ritornerebbe unitaria. Consideriamo un esempio: si abbia un recipiente pieno di
liquido, cioè che si trova nel campo del liquido, ed aumentiamo la
temperatura a pressione costante. Ciò equivale a spostarsi, dal punto che
rappresenta la condizione iniziale del sistema, verso destra lungo una linea
orizzontale. Quando in tal modo si giunge ad incontrare la linea PK, una parte
del liquido evaporerà e non sarà più possibile mantenere
costante la pressione, che assumerà un valore che dipende solo dalla
temperatura cui viene riscaldato il sistema. Volendo mantenere costante la
pressione, non varierebbe più nemmeno la temperatura, nonostante il
tentativo di riscaldare ulteriormente il sistema. Questo fenomeno apparentemente
strano è molto comune nella nostra vita quotidiana. Consideriamo una
pentola di acqua posta a riscaldare su un fornello con un coperchio ermetico a
pressione. Il riscaldamento, che avviene a volume costante, ne fa aumentare la
pressione perché ci muoviamo lungo la linea di separazione liquido-vapore
e quindi il sistema è monovariante. Ammesso che la pentola possa
resistere alle enormi pressioni che si creano, si giungerebbe al termine della
linea PK, cioè al punto critico dell'acqua (374 °C e 218 atmosfere).
A questo punto tutta l'acqua residua si trasformerebbe di colpo in vapore e poi
la pressione dipenderebbe dalla temperatura secondo la legge approssimata
pV
= RT già vista. Nelle pentole a pressione la cottura è
accelerata perché avviene ad una temperatura superiore a 100 °C: il
riscaldamento infatti avviene a volume costante fino ad un certo punto di
pressione (superiore a 1 atmosfera), dopo di che entra in funzione una valvola
che lascia sfogare una parte del vapore generato e mantiene quindi la pressione
costante. Sapendo per quale pressione è tarata la valvola, dal
d.
pT dell'acqua si può sapere qual è la temperatura alla
quale si porta la pentola. Un caso ancora più comune è invece
quello di una comune pentola di acqua che venga scaldata su un fornello
lasciandola aperta (o chiusa con un coperchio non a pressione). Sull'acqua viene
esercitata la pressione atmosferica, pari appunto a 1 atmosfera circa, dovuta al
peso dell'aria che ci sovrasta. Il riscaldamento dell'acqua avviene quindi a
pressione costante e quando si giunge ad una certa temperatura (100 °C se
la pressione è 1 atmosfera) l'acqua entra in ebollizione. Il vapore
generato anche nella massa del liquido, oltre che alla superficie, fa sì
che a tutti gli effetti il sistema si comporti come bifasico (acqua e vapore) e
quindi monovariante. Dato però che una variabile è stata fissata
(la pressione), l'altra variabile (la temperatura) non può essere
modificata. Una pentola che bolle, se la pressione è pari a 1 atmosfera,
contiene acqua a 100 °C né più né meno, e a 100
°C continuerà a bollire finché l'acqua non sarà
evaporata. In un sistema monovariante come questo la determinazione di un
parametro (la pressione) permette di fissare anche l'altro (la temperatura). Un
altro esempio di applicazione dei
d. di stato ad un solo componente si ha
in tutti i comuni frigoriferi domestici. È noto che il frigorifero
funziona da pompa di calore, cioè asporta calore dall'interno per
riversarlo all'esterno, nonostante qui la temperatura sia superiore. Ciò
è ottenuto mediante un ciclo termodinamico che si può disegnare su
un
d. di stato, oppure su altri
d. più complessi, che
riportano anche altre grandezze intensive come l'
entalpia e
l'
entropia. In sintesi il ciclo è il seguente: il compressore
aspira il gas proveniente dall'evaporatore (posto all'interno dell'apparecchio)
e lo comprime, causandone con ciò (dato il comportamento del gas) un
riscaldamento. In tal modo, nonostante l'aumento di pressione, il gas non
condensa per la compressione. Dal compressore esso passa al condensatore, di
solito realizzato in forma di una serpentina posta sul retro dell'apparecchio e
dotata di una fine alettatura, nel quale si raffredda cedendo calore all'aria
esterna al frigorifero. Dato che ora il gas si trova compresso, un
raffreddamento di questo genere basta a farlo diventare liquido, per cui dal
condensatore esce come liquido. Questo passa attraverso una valvola di
laminazione, che ne riduce bruscamente la pressione, e da questa va
nell'evaporatore (che, come si è già detto, è all'interno
del frigorifero). Qui essendo la sua pressione molto più bassa di prima,
evapora, sottraendo calore alle pareti dell'evaporatore e quindi all'interno del
frigorifero. Si ha quindi continuamente un'asportazione di calore dall'interno
del frigorifero ed una cessione dello stesso calore all'ambiente esterno nel
condensatore. Il ciclo si può disegnare in modo del tutto qualitativo sul
d. pT; più correttamente esso potrebbe essere disegnato su
un
d. pressione-entropia. Lo studio di un qualsiasi ciclo frigorifero non
può essere fatto senza un preciso
d. di stato della sostanza
utilizzata, che nei frigoriferi comuni è di solito il
monocloro-difluoro-metano CHClF
2, più noto con la sigla
commerciale di
Freon 22. I
d. di stato sono però utili
anche in numerosi altri campi. In pressoché tutte le operazioni chimiche
(distillazione, estrazione con solvente, raffinazione termica dei metalli, ecc.)
è indispensabile avere una buona conoscenza del
d. di stato delle
sostanze in causa prima di poter affrontare la progettazione di un qualsiasi
impianto che esegua tali operazioni. Normalmente ci si troverà allora di
fronte a sistemi a più di un componente indipendente, secondo la
definizione di cui sopra. La varianza del sistema comunque si otterrà
sempre dalla formula di Gibbs già vista. In questi sistemi
comparirà sempre un'altra variabile intensiva, la
composizione,
espressa come tenore di tutti i componenti indipendenti meno uno. Infatti se i
componenti sono due, basterà dare la percentuale (in peso, in volume, in
atomi, ecc.) di uno perché quella dell'altro si otterrà per
complemento a 100. Se si hanno tre componenti, basterà dare la
percentuale di due e così via. Consideriamo il caso di due liquidi
miscibili in tutti i rapporti (ad esempio acqua ed alcool metilico) che diremo A
e B; allo stato gassoso essi saranno pure completamente miscibili perché
tutti i gas lo sono. Sia
x la percentuale di B nella miscela; ovviamente
quella di A sarà 100 -
x. Si può osservare che partendo da
una miscela liquida qualsiasi e facendone evaporare una parte per riscaldamento
il vapore che si ottiene ha una composizione diversa dal liquido che lo ha
generato. Questo comportamento è illustrato in un
d. di stato del
tipo temperatura-composizione come quello della figura 3, che porta in ordinata
la temperatura ed in ascissa la percentuale di B.
Figura 3: diagramma di stato del tipo temperatura-composizioneL'origine delle
ascisse, 0% di B, equivale al 100% di A (cioè A puro) mentre il 100% di B
equivale a B puro. In corrispondenza a questi due punti il passaggio dallo stato
liquido al vapore (e viceversa) avviene a temperature ben precise, cioè
alla temperatura di ebollizione di A e a quella di B, che diremo rispettivamente
TA e
TB, che dipendono solo dalla pressione.
Dato che questo tipo di
d. è disegnato a pressione costante (ad
esempio 1 atmosfera), possiamo riportare sulle ordinate il punto
TA per
x = 0 ed il punto
TB per
x = 100%. Consideriamo ora (figura 3) una miscela gassosa che contiene un
tenore di B pari a
x* e che si trova alla temperatura
T*,
cioè nel punto Q del
d. Se la raffreddiamo, osserviamo che per un
po' non succede nulla, finché ad un certo punto inizia a formarsi una
certa quantità di liquido. Proseguendo il raffreddamento, sempre
più liquido si andrà formando a spese del gas, finché tutto
questo sarà liquefatto. Sul
d. segnamo, sulla verticale per
x =
x* i punti R e W, corrispondenti rispettivamente alle
temperature
TR di inizio formazione del liquido e
TS di scomparsa del gas durante il raffreddamento. Se si
ripete l'esperienza con una composizione diversa si troveranno due nuovi punti.
Eseguendo molte di queste esperienze si trova una serie di punti che sta su due
linee curve, che vanno entrambe da
TA a
TB:
quella superiore fu detta di
vaporus, mentre quella inferiore di
liquidus, con terminologia latina. Sopra la curva di
vaporus tutti
i sistemi, quale che ne sia la composizione, sono gassosi; sotto la linea di
liquidus sono invece liquidi. Fra le due curve i sistemi sono invece
composti da una fase liquida e da una fase gassosa, cioè sono bifasici,
mentre negli altri due campi sono monofasici. Tornando al sistema rappresentato
dal punto Q e raffreddandolo, si può osservare che la formazione di
liquido inizia nel punto R di intersezione con la curva di
vaporus. La
composizione del liquido che si forma inizialmente è però diversa
da
x*: è infatti quella che corrisponde al punto V, di
intersezione della retta orizzontale passante per R con la linea di
liquidus cioè
x1. Analogamente si può
osservare che alla temperatura
TS, quando scompare l'ultima
quantità di gas esistente, il liquido ha composizione
x* ma il gas
che scompare ha composizione
x2, corrispondente a quella del
punto S di intersezione della retta orizzontale per W con la curva di
vaporus. Anche per ogni temperatura intermedia fra
TR e
TS la fase liquida e la fase vapore hanno composizione
diversa: le corrispondenti
x si possono trovare tracciando una retta
orizzontale a tale temperatura e trovando i punti di intersezione con le curve
di
vaporus e di
liquidus. Al primo punto corrisponde la
composizione del gas, al secondo quella del liquido. Durante la condensazione la
fase liquida e la fase gassosa hanno quindi sempre composizione diversa; la
prima si inizia a formare nel punto V e varia composizione (con il procedere
della condensazione) fino a portarsi nel punto W, mentre quella gassosa ha
inizialmente la composizione del punto R (cioè quella del sistema) ma si
porta poi nel punto S. Si può osservare che nel
d. la fase vapore
è sempre più ricca nel componente più volatile di quella
liquida o, se si vuole, che quella liquida è sempre più ricca nel
componente più pesante (inteso come altobollente). Nel caso visto, la
fase gas è sempre più ricca in A che, bollendo più basso,
è più volatile di B. Inoltre, è possibile ricavare dal
d. le quantità relative delle due fasi: volendo separare due
liquidi miscelati e solubili uno nell'altro, si può far evaporare una
parte della miscela, ottenendo un gas più ricco del componente più
volatile. A sua volta questo gas può essere condensato per raffreddamento
e fatto di nuovo rievaporare in parte, producendo un gas ancora più ricco
del componente volatile e così via. Questo procedimento è la base
della distillazione, un processo utilizzato da secoli per produrre i liquori ad
alta gradazione a partire da vino o altri mosti fermentati. In modo un po'
più complesso, ma basato sullo studio degli stessi
d., viene
condotta la distillazione come operazione dell'industria chimica, ad esempio per
il frazionamento del petrolio grezzo nelle varie miscele commerciali (GPL,
benzina, cherosene, nafta, ecc.). Senza questi
d. la progettazione di una
qualsiasi colonna di distillazione sarebbe impossibile. Un
d.
perfettamente analogo a quello di figura 3 si avrebbe se al posto della
temperatura si ponesse in ordinata la pressione e si fissasse la temperatura;
è infatti anche possibile distillare a temperatura costante, giocando
sulle variazioni di pressione. Normalmente nelle colonne si sfrutta sia la
variazione di temperatura che di pressione fra la parte più alta (testa)
e la parte più bassa (coda) della colonna. Di una miscela di due sostanze
A e B in alto esce la più volatile (A nel nostro caso) mentre in coda
esce quella più altobollente. Naturalmente la separazione non può
mai essere assoluta; partendo da una miscela al 50% di A e 50% di B si
può ottenere ad esempio A puro al 99,5% e B puro al 99% o viceversa (in
generale la purezza non è mai uguale per i due componenti). Questi
d. possono avere degli andamenti anomali, in cui la curva di
vaporus tocca quello di
liquidus per una composizione intermedia
fra A puro e B puro. In tal caso si dice che il sistema presenta un
azeotropo di massima o minima secondo i casi. È evidente che per
la composizione azeotropica (cioè corrispondente al punto dell'azeotropo)
vapore e liquido hanno la stessa composizione, per cui la distillazione non
funziona. Partendo quindi da una miscela qualsiasi e distillando anche
all'infinito, si ottiene un componente puro e l'azeotropo, ma mai i due
componenti puri. Se la composizione di partenza è a sinistra
dell'azeotropo, si ottengono A e l'azeotropo; se è a destra, si ottengono
B e l'azeotropo. È questo il caso dell'acqua e dell'alcool etilico, che
presenta un azeotropo di minimo che contiene il 4,5% di acqua e il 95,5% di
alcool. Distillando un mosto fermentato non sarà quindi mai possibile
ottenere alcool (né qualsiasi liquore) con tenore di alcool superiore al
95,5%: questa infatti è la composizione dell'alcool venduto comunemente
come alcool puro da liquori. L'alcool assoluto, puro pressoché al 100%,
è invece ottenuto per altra via, ad esempio disidratando chimicamente
(con calce o altra sostanza igroscopica) l'alcool puro. Un
d. analogo a
quello visto per la condensazione del gas (o per l'evaporazione di liquidi, dato
che questi
d. possono essere costruiti indifferentemente per
raffreddamenti o riscaldamenti, dando gli stessi risultati) si può avere
per la solidificazione di liquidi o la fusione di solidi. Dato che la pressione
ha scarsa influenza sul comportamento delle fasi condensate (solido o liquido),
si utilizza il tipo con composizione in ascisse e temperatura in ordinata, a
pressione costante e di solito pari a 1 atmosfera. Consideriamo ad esempio la
figura 4, che riporta il
d. di stato (per la parte che interessa) del
sistema rame-nichel, due metalli completamente miscibili sia allo stato solido
che allo stato liquido.
Figura 4: diagramma di stato del sistema rame-nichelSi
vede immediatamente che esso è perfettamente analogo a quello visto prima
per il passaggio gas-liquido, se non che questo presenta nella parte superiore
il campo del liquido, nella parte inferiore quello del solido e fra i due un
campo bifasico solido + liquido. La curva superiore viene di nuovo detta di
liquidus, mentre quella inferiore si dirà di
solidus. Tutte
le considerazioni fatte a proposito della figura 3 restano qui valide, se si
sostituisce il liquido al gas ed il solido al liquido. Partendo infatti da un
certo sistema liquido e raffreddandolo, allorché si incontra la linea di
liquidus si forma il primo cristallo di solido, la cui composizione
è diversa dal liquido e si trova sulla linea di
solidus alla
temperatura in cui tale cristallo si forma. Proseguendo lentamente il
raffreddamento, aumenta la quantità di solido, mentre nel contempo questo
cambia composizione, portandosi sempre più vicino a quella del sistema
originario. Nello stesso tempo il liquido cambia composizione e l'ultima goccia
che solidifica ha la composizione che si può trovare sulla curva di
liquidus alla temperatura di fine solidificazione. In una lega i cui
componenti, come rame e nichel, sono perfettamente miscibili sia allo stato
liquido che allo stato solido le proprietà variano con continuità
in funzione della composizione: infatti i
cupronichel (leghe rame-nichel)
possono avere composizioni quanto mai diverse. Esistono invece delle leghe le
cui caratteristiche variano molto, anche bruscamente, con piccole variazioni
della composizione perché varia completamente la loro struttura
cristallina. Cercheremo di illustrare questo fatto con un altro tipo di
d. di stato, disegnato per un caso molto frequente (leghe stagno-piombo,
stagno-argento, oro-silice, piombo-bismuto, ecc.): in esso i due componenti
presentano una miscibilità completa allo stato liquido ma non allo stato
solido e la smiscelazione durante il raffreddamento avviene a temperature tali
da interessare la zona del
d. in cui si trovano le curve di
solidus e di
liquidus. Come esempio prendiamo la lega
stagno-piombo il cui
d. (semplificato e non in scala per renderlo
più leggibile) è riportato nella figura 7.
Figura 7: diagramma di stato della lega stagno-piomboIn esso la linea di
solidus è rappresentata dalla spezzata
T
S-M-N-T
P mentre quella di
liquidus dalla spezzata
T
S-E-T
P. La spezzata H-M-N-K è invece la curva che
racchiude i punti in cui i due metalli (solidi) non sono fra loro miscibili. Il
d. presenta vari campi: sopra la linea di
liquidus si ha, come al
solito, solo liquido. Nel campo triangolare T
S-M-E si hanno due fasi:
solido alfa (soluzione solida di piombo in stagno) e liquido;
parallelamente nel campo T
P-E-N si hanno le due fasi
solido
beta (soluzione solida di stagno in piombo) e liquido. A sinistra vi
è poi un campo monofasico di solo solido alfa, a destra un campo
monofasico di solo solido beta. Entro la zona di non miscibilità si hanno
invece due fasi: solido alfa e solido beta. Il solido alfa ha la stessa
struttura cristallina dello stagno, cioè tetragonale, mentre il solido
beta ha la stessa struttura cristallina del piombo, cioè cubico a facce
centrate. A tutti gli effetti il primo si può assimilare a stagno impuro
di piombo, il secondo a piombo impuro di stagno. Nel campo in cui compaiono
entrambi i solidi, la lega si presenta ovviamente come un metallo omogeneo alla
scala macroscopica, ma ad un esame al microscopio appare invece come una miscela
di cristalli di solido alfa e cristalli di solido beta (i primi appaiono chiari,
gli altri scuri). Il punto E viene detto
eutettico e presenta una
qualità singolare: per le leghe che hanno una composizione eutettica (in
questo caso 37% di Pb e 63% di Sn) si passa direttamente dal liquido al solido
(e viceversa) senza attraversare nessun campo solido + liquido, cioè la
lega eutettica si comporta come un metallo puro, almeno fin che la pressione
resta costante. Questo fatto è noto da tempo a chi usa saldare con leghe
stagno-piombo (in elettrotecnica ed elettronica); mentre tutte le altre leghe
Sn-Pb presentano alla solidificazione un certo intervallo di temperatura
(compreso fra la linea di
liquidus e quella di
solidus) in cui non
sono né solide né liquide ma
pastose, la lega eutettica
solidifica bruscamente, a temperatura fissa e costante (183 °C).
L'eutettico, come si dice anche la lega solidificata nel punto E, si presenta di
nuovo come un insieme di cristalli di solido alfa e solido beta, ma questi sono
finemente dispersi uno nell'altro, in modo che la resistenza meccanica della
lega ne resta decisamente migliorata. Osservando il
d. si vede che nel
raffreddamento di una lega si possono verificare diversi casi, che ricordiamo
brevemente. Se il tenore di piombo è minore del 2,5%, raffreddando una
lega fusa si entra, dopo il campo bifasico, nel campo alfa omogeneo;
successivamente però si incontra la linea HM a contatto della quale il
solido si divide in due, uno a struttura alfa ed uno a struttura beta. Lo stesso
succede per tenori di piombo superiori all'80,8%, ma raffreddando ulteriormente
si può incontrare o meno la curva NK di non miscibilità della fase
beta. Se si incontra compaiono le due fasi alfa e beta, se non si incontra
(tenore di piombo superiore a 98% circa) resta fino a temperatura ambiente la
sola fase beta omogenea. Per tenori fra il 2,5% (punto M) ed il 37% (punto E) di
piombo, il raffreddamento di una lega dà luogo ad un comportamento
alquanto complesso. Incontrando la linea di
liquidus una parte del
liquido solidifica dando solido alfa, mentre il liquido cambia composizione,
spostandosi lungo la linea di
liquidus verso il punto E. Qui giunto
solidifica a temperatura costante, come se fosse un metallo puro, dando i fini
cristalli di eutettico di cui si è detto. Nella lega finale quindi
troveremo dei cristalli di solido alfa e dei cristalli di eutettico, composti a
loro volta di una miscela molto fine di cristalli di alfa e cristalli di beta.
Analogamente succede per le composizioni fra il 37% e l'80,8% di piombo:
inizialmente si formeranno cristalli di beta e alla fine avremo cristalli di
beta e cristalli di eutettico. Che all'eutettico la solidificazione avvenga a
temperatura costante, oltre che sperimentalmente, si può ricavare anche
dalla regola delle fasi. Infatti in tal punto si hanno tre fasi (solido alfa,
solido beta e liquido) mentre i componenti sono due di cui uno solo
indipendente. Pertanto la varianza
v è uguale a 1 - 3 + 2 = 0 ed
il sistema è invariante finché non è scomparsa una fase (in
questo caso il liquido, a fine solidificazione). In un
d. di questo
genere si è visto che è possibile prevedere il comportamento della
lega durante la solidificazione e la struttura che essa avrà a fine
raffreddamento, indicazioni utilissime per tutte le considerazioni di
metallurgia. Si tratta però di un
d. molto semplice: i due metalli
considerati non danno origine a composti fra loro, né a trasformazioni
una volta giunti alla solidificazione né entro il campo del liquido. La
maggior parte delle leghe utilizzate nella tecnica corrente hanno invece dei
d. alquanto più complessi, che comunque si devono conoscere per
poter produrre delle leghe di date caratteristiche con continuità e
ripetibilità. È il caso ad esempio delle leghe rame-zinco
comunemente note col nome generico di
ottone. Il
d. rame-zinco
(figura 5) è molto complesso per la formazione di più eutettici o
punti singolari simili, dovuti alla presenza di numerose fasi intermedie fra la
soluzione solida di rame in zinco e di zinco in rame.
Figura 5: diagramma di stato della lega rame-zinco (ottone) con più eutetticiUn altro caso molto importante
è quello del
d. ferro-carbonio, del quale normalmente si disegna
solo la parte ricca in carbonio. Anzi, dato che tra ferro (Fe) e carbonio (C) si
forma un composto Fe
3C detto
cementite, contenente il 6,67% di
carbonio, si usa disegnare in realtà un
d. ferro-cementite. Esso
è riportato, semplificato e non in scala per maggior chiarezza, nella
figura 6: i campi monofasici sono stati colorati per renderli più
evidenti.
Figura 6: diagramma di stato del sistema ferro-carbonioNella parte
alta esso non si differenzia da quello stagno-piombo già visto: compare
infatti un eutettico E al 4,3% di carbonio. Nella parte a sinistra però
esso presenta per il ferro puro non solo il punto di fusione (1.536 °C) ma
anche un altro punto a 911 °C: il ferro infatti a questa temperatura cambia
struttura cristallina perché è cubico a corpo centrale (ferro alfa
o
ferrite) sotto quel punto e cubico a facce centrate (ferro gamma o
austenite) sopra quel punto. Questa trasformazione cristallina avviene
allo stato solido a 911 °C per il ferro puro e ad una temperatura minore
(secondo la linea FE') per tenori di carbonio crescenti. Il punto È
è detto
eutettoide e corrisponde allo 0,8% di carbonio e 723
°C di temperatura. Il punto M invece, che rappresenta il massimo tenore di
carbonio ammesso in una fase omogenea diversa dal liquido, si trova al 2,06% di
carbonio e 1.147 °C. Se si assimila il campo omogeneo del ferro gamma ad un
liquido, la parte di
d. in basso a sinistra può essere di nuovo
assimilata a quello della lega Sn-Pb, assimilando l'eutettoide ad un eutettico
(di qui il nome
eutettoide). Tutto lo studio delle leghe ferro-carbonio
(cioè in pratica tutti gli acciai e ghise) si basa sul
d.
ferro-carbonio e tutti i vari tipi di acciaio non legato e ghise non legate
hanno un tenore di carbonio compreso fra lo 0,015 e l'1,7% per i primi e fra
l'1,7 o 2% ed il 4% circa per le seconde. Come si vede, una piccola escursione
del tenore di carbonio dà origine a numerose leghe dotate di
caratteristiche quanto mai diverse. L'importanza dei
d. di stato in
questo caso sta appunto nel fornire al tecnologo una base logica di ragionamento
per interpretare i fenomeni che avvengono nella fabbricazione, nei trattamenti
termici e nel comportamento pratico delle leghe. I
d. rappresentano
quindi un modo estremamente sintetico per rappresentare in forma immediatamente
comprensibile i risultati di un elevato numero di esperienze, che a volte
impegnano un gruppo di ricercatori per molti anni.