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Detersivo.

Prodotto capace di provocare il distacco delle particelle di grasso e di sporco dalla superficie degli oggetti e di disperderle in acqua sotto forma di emulsioni. È detto anche detergente. I d. esplicano la loro azione modificando l'affinità superficiale delle particelle di sporco per le molecole dell'acqua. In una particella di grasso che aderisca a una superficie solida, le molecole del grasso, costituite da atomi uniti tra loro da legami covalenti, aderiscono le une alle altre a causa delle reciproche forze di coesione e non presentano affinità per le molecole dell'acqua, che sono invece costituite da legami di tipo polare. Le molecole dei d. sono composte da una lunga catena di atomi di carbonio legati solo con atomi di idrogeno, cioè da una catena di idrocarburi, la quale porta legato a uno dei suoi estremi un gruppo a struttura polare, dotato cioè di una carica ionica, positiva o negativa, o almeno che contenga legami di tipo tale da conferirgli affinità per le molecole d'acqua: la parte della molecola a carattere di idrocarburo non presenta invece affinità per l'acqua ma un'elevata affinità per i grassi. Una struttura del genere compare ad esempio nell'anione dell'acido stearico che sotto forma di sale di sodio o di potassio e in miscela con gli analoghi sali di acidi a lunga catena, costituisce il prototipo dei d., ossia il sapone. In modo schematico la detergenza di un substrato avviene dapprima attraverso l'immersione in acqua, poi per diminuzione dell'aderenza dello sporco al substrato e infine per sospensione dello sporco nella soluzione di lavaggio per impedire una successiva rideposizione dello stesso. La fase saliente del processo è quella dello scollamento dello sporco dal substrato ed è determinata dalla tensione superficiale del solvente, spesso acqua. Nell'interfase liquida di lavaggio sporco, le molecole di d. si dispongono parallelamente le une alle altre con il gruppo idrofilo immerso nella soluzione acquosa e la catena idrocarburica idrofoba alla superficie dello sporco o immersa in esso: la superficie delle particelle di grasso, che prima respingeva le molecole di acqua, viene così rivestita di uno strato di gruppi affini per l'acqua stessa e la particella può quindi staccarsi e disperdersi nella massa dell'acqua. A partire dall'inizio del XIX sec., la struttura chimica dei saponi ottenuti dai grassi naturali è servita di modello per lo studio e poi per la produzione su scala industriale sempre più ampia di d. sintetici più efficaci e che non presentassero gli inconvenienti dei saponi, quali quello di non esplicare la loro azione detergente nelle acque dure e di presentare reazione nettamente alcalina. I numerosissimi d. sintetici noti rientrano in ogni caso nella struttura generale prima considerata; il gruppo idrofilo può essere a carica negativa, e il d. si dice allora anionico, come avviene nei saponi, oppure può essere a carica positiva, come nei d. detti cationici, o infine può presentare carattere idrofilo ma non cariche positive o negative libere, come nei d. non ionici. I d. per usi domestici sono generalmente di tipo anionico e sono costituiti, oltre che dai sali di sodio, dagli esteri solforici di alcali alifatici a lunga catena o dai sali di acidi benzensolfonici che portano unita al nucleo aromatico una catena analoga. I d. cationici sono in genere meno efficaci e più costosi di quelli anionici. I d. non ionici trovano applicazione quali tensioattivi. Tutti i d. posti in commercio sono formati in percentuali anche sino all'80% di caricanti e coadiuvanti, sia per diminuire il costo, sia per accentuarne o integrarne alcune caratteristiche. Tra essi vi sono sali alcalini, argille, metil-carbossilcellulosa, per favorire la sospensione dello sporco in fase acquosa; fosfati alcalini sia come caricanti sia come addolcenti dell'acqua e comunque aventi un proprio potere detergente; perborati come sbiancanti ottici per fini estetici; alchilammidi come stabilizzanti della schiuma. L'impiego del d. sintetico ha dato luogo a gravissimi inconvenienti dal punto di vista ecologico. Mentre infatti i tradizionali saponi risultano perfettamente biodegradabili, ossia vengono rapidamente trasformati e assimilati dai microorganismi delle acque e del terreno, vari d. sintetici sono estremamente resistenti alla biodegradazione e permangono a lungo inalterati nelle acque di scarico e nel terreno agrario. La tendenza dei d. a essere biodegradabili dipende dalla loro struttura chimica: quelli nei quali le catene di atomi di carbonio sono lineari risultano infatti più o meno rapidamente biodegradabili, quelli invece nei quali tali catene portano delle ramificazioni sono resistenti all'attacco dei microbi. Ormai nella maggior parte dei Paesi del mondo la legge impone l'uso di d. sintetici che siano almeno prevalentemente biodegradabili. In Italia, la L. 26 aprile 1983, n. 136 prevede l'obblido di impiegare d. con biodegradabilità non inferiore al 90%; la L. 1° gennaio 1989 stabilisce che i d. devono contenere una percentuale di fosforo non superiore all'1%.