Compositore franco-fiammingo. Scarse e non sempre
certe le notizie biografiche riguardanti questo compositore, che fu tra i
più celebrati del suo tempo. Assunto nel 1459 come
biscantator
(cantore di musica polifonica) nel duomo di Milano, nel 1472 entrò a far
parte dei cantori della cappella del duca Giangaleazzo Maria Sforza. Dal 1486 al
1494 appartenne alla cappella pontificia e in seguito (1499-1504) si
trasferì a Ferrara presso la corte del duca Ercole I d'Este, mantenendo
tuttavia rapporti stabili anche con la corte di Francia. Morto il duca d'Este,
D. si stabilì in Francia presso la corte di Luigi XII, rimanendovi
fino al 1515. Successivamente fu nominato canonico di Santa Gudula a Bruxelles e
decano della collegiata di Condé-sur-l'Escaut. Definito dai suoi
contemporanei
princeps musicorum, ebbe grande fama per tutto il '500 e
gran parte del '600. Delle sue opere, che ebbero vasta diffusione in manoscritti
e in raccolte a stampa, ci sono pervenute 20 messe in versione integrale, alcuni
frammenti di altre messe, 90 mottetti, alcuni inni e salmi, più di 30
composizioni profane. La musica di
D. rappresenta una sintesi perfetta
tra la tecnica contrappuntistica fiamminga e il gusto italiano per l'armonia. Le
sue composizioni, infatti, staccandosi dagli schemi della polifonia del
Quattrocento, si basano su nuove concezioni strutturali quali il gioco dei
contrasti, l'utilizzo delle imitazioni e delle progressioni, la creazione di
melodie modellate sul significato delle parole. Quest'ultimo elemento, in
particolare, fa di
D. un precursore della musica rinascimentale, in
quanto egli per primo comprese la grande possibilità della musica di
integrare e potenziare il testo letterario per creare nuove sintesi espressive.
Il musicista francese, inoltre operò scambi tecnico-stilistici tra musica
sacra e musica profana: da un lato semplificò i procedimenti
contrappuntistici delle composizioni sacre (dando maggior rilievo alla voce
più acuta e componendo messe su
cantus firmus, tecnica usata nelle
chansons profane), dall'altro potenziò l'impianto polifonico delle
composizioni profane componendo mottetti e
chansons anche a 6 voci.
Innovativo fu anche l'utilizzo che
D. fece del
tenor nel
cantus
firmus. Egli, infatti, ridusse progressivamente la funzione del
tenor, affidando, invece, l'esecuzione del
cantus firmus a tutte
le voci a turno, così da ottenere una maggiore varietà
ritmico-metrica. Delle numerose opere di
D. ricordiamo: le messe
La
sol fa re mi,
L'homme armé,
Gaudeamus,
Pange
lingua; i mottetti
Ave Maria...virgo serena,
Huc me sydereo
descendere iussit Olympo; lo scherzo
Memor esto verbi tui; il canone
Qui habitat in adjutorio Altissimi (Beaurevoir, Piccardia 1440 circa -
Condé-sur-l'Escaut, Valenciennes 1521 o 1527).